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Poesie (Parini)/VI. Versi sciolti/VIII. Ad un amico che scrive delle osservazioni sui costumi de' suoi cittadini

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VIII. Ad un amico che scrive delle osservazioni sui costumi de' suoi cittadini

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VIII. Ad un amico che scrive delle osservazioni sui costumi de' suoi cittadini
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VIII

AD UN AMICO CHE SCRIVE DELLE OSSERVAZIONI

SUI COSTUMI DE’ SUOI CITTADINI

[Al consultore Niccolò Pecci.]

Frammento.

O saggio amico, che corregger tenti
con ciotte carte il popolar costume,
bell’opra imprendi. E oh te beato assai,
se giugni ad ottenerlo: a te dovrassi
5marmoreo simulacro in mezzo al fóro
cui l’arbor dodonea le tempia infraschi.
Odimi non pertanto. Ampio torrente
il popol è, che rovinoso scende
da la montagna; e seco avvolti mena
10i colli e le foreste. Or che farai
perché men crudi dell’orribil corno
i colpi sieno? Apporterai soccorso
di tronchi e pietre e di possenti travi,
onde arrestar la perigliosa piena?
15Certo non giá: ma, come suol l’alpino
abitator, colle robuste marre
e colle scuri fenderai da’ lati
nuovi cammin per cui dispersa vada
la violenza de le lapid’acque.
20Or quinci intendi, ch’esser cauto debbe
molto colui che a riformar si pone
del popolo i costumi. Invan si sforza
chi a lui s’oppon direttamente, e, come

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il cinico indiscreto, incontro al corso
25de la folla si spinge, e quinci e quindi
urta e percote, e co’ gomiti ponta.
Dall’un de’ lati fia miglior consiglio
a poco a poco, ed a la destra spalla
volgendo il viso, e in su due piè, ristretto
30insinuarsi. Anco tal volta giova
finger di secondar l’impeto folle
de la corrente. Tu ciò sol che opponsi
a la coinun felicitá, riprendi.
Né il riprendi però: loda piuttosto
35la contraria virtute, onde s’accenda
il popolo a seguirla; e non abborra
l’udir d’esserne privo.