Poesie (Parini)/VII. Odi/I. Per le nozze di Tommaso Soranzo ed Elena Contarini
Questo testo è incompleto. |
◄ | VII. Odi | VII. Odi - II. Nella festa di sant'Ambrogio | ► |
I
PER LE NOZZE
TOMMASO SORANZO ED ELENA CONTARINI
[1752]
Eternatrice dea di Giove figlia,
ch’ai gran cantor tebano,
mentre coll’arco in mano
al cielo ergeva i polverosi eroi,
5somministrasti amica i dardi tuoi,
deh volgi a me le ciglia,
acciocch’io canti con si nobil vena
questa bella dell’Adria inclita Elèna.
Elena? e chi a costei negar può i versi,
10che fu segno immortale
all’omerico strale?
Ella per lui, che con mentite penne
sé di cigno coperse, in luce venne:
e ben potea vedersi
15agli atti, alle sembianze altere e nuove
non averla prodotta altri che Giove.
Ahi che incendio crudele in petto nacque
dei giovinetti argivi
per que’ begli occhi vivi!
20Ma te tanta beltá lieto sol feo,
o illustre figlio del tantaleo Atreo;
se non che in grembo all’acque
d’Asia ne venne un pastorei ardito,
che ’l tuo nume condusse a stranio lito.
25Allor di Grecia mille navi armate
con instancabil corso
premere a Teti il dorso...
Taci, Musa, che di’? forse conviene
che in Europa non piú sorgano Elène?
30Per noi le laudi alzate
d’altr’Elena vogl’io, di quell’antica
e piú bella, e piú saggia, e piú pudica.
Non le stridenti súbite quadrighe,
né i muscolosi ed unti
35atleti stretto aggiunti
Pindaro avria locati oltra le spere,
se costei fosse giunta al suo pensiere.
Ma ben chi la disbrighe
da’ legami del tempo Italia or doni,
40e per opra di vati in ciel la poni.
Né sola lei, ma in un con lei lo sposo
alma vaga d’onore;
che d’ogni suo maggiore
con ale ad ogni impresa ardita preste
45in sé l’opere alberga e ognor tien deste.
Entro al dolce amoroso
laccio vivete pur, alme onorate,
ed Adria lieta e tutt’Ausonia fate.
Che ti giova, o Soranzo, onore antico
50di porpore e di spade
certo non vili o rade,
or che Imeneo colle tue glorie questa
d’ogni gloria maggiore Elena innesta?
Costei, né falso i’ dico,
53costei quel fa dell’altre glorie belle
che ’l sol fa in ciel delle minute stelle.
O bella Contarmi, e a te che giova,
che de’ tuoi prischi tanti
vestano sacri ammanti,
60e tal di mitra e tale il capo adorno
dell’adriaco porti illustre corno?
Tanto colla sua nuova
gloria Soranzo in mezzo a lor s’estolle
quanto il padre Appennin sopra ogni colle.
65Dimmi, immortai Vinegia, e quando mai
dacché i palustri e scuri,
ma onorati tuguri
pria dièro albergo a’ tuoi famosi duci
vedesti poi due cosí vaghe luci?
70Certo co’ chiari rai,
poiché Amor le congiunse, andranno or sole
sin dove nasce e dove muore il sole.
Ma non ha la poetica faretra
dardo che pronto sia
75a far cotanta via.
Ma di’, o Musa, soltanto: E quai verranno
figli da lor? come famosi andranno
per valor fino all’etra,
e in guerra chiari e in l’onorate paci?
80Ma tu, in vista gentil, sorridi e taci.