Racconti (Hoffmann)/Il vaso d'oro/Veglia V

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Veglia V

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E. T. A. Hoffmann - Racconti fantastici (1814)
Traduzione dal tedesco di E. B. (1835)
Veglia V
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VEGLIA V

Madama la consigliera Anselma. — Cicerone de officiis. Scimmie ed altra canaglia. — La vecchia Lisa. — L’equipaggio.

Una volta per tutte, non se ne, farà mai nulla di quell’Anselmo; disse il rettore Paulmann: tutti i miei buoni consigli, i miei avvertimenti sono superflui, egli non vuole applicarsi a niente, quantunque abbia fatto eccellenti studi scolastici, che sono in fine la base di tutto. “Ma il registratore Heerbrand rispose con malizia e sorridendo in aria misteriosa:” Lasciate ad Anselmo il tempo e lo spazio, onoratissimo Rettore, è un soggetto molto curioso, e vi è in lui di che fare gran cose; e quando dico [p. 63 modifica]gran cose, voglio dire un segretario intimo, o forse anche un consigliere aulico. — Un consigli... balbettò il rettore al colmo della sorpresa; egli non potè finir la parola. — Silenzio! silenzio! seguitò il registratore Heerbrand, io so quello che so! Egli è seduto da due giorni presso l’archivista Lindhorst a copiargli dei manoscritti, e l’archivista mi disse ieri sera al caffè; voi mi avete mandato ìm bravo giovane, o signore, sene farà qualche cosa!” — e adesso pensate alle relazioni dell’archivista! — Silenzio! silenzio! vi dico. — Tra un anno voi me ne parlerete! A queste parole il registratore uscì conservando sempre sulla sua bocca un sorriso misterioso, e lasciò il vice-rettore muto di maraviglia e di curiosità, seduto e come inchiodato sulla sua poltrona da qualche potenza magica.

Ma questo trattenimento aveva prodotto tutt’altro effetto sopra Veronica. “Non sapeva io da molto tempo, pensò ella, che il signor Anselmo era un giovane molto spiritoso e molto amabile, destinato a diventare un giorno qualche cosa d’importante! quanto sarei curiosa [p. 64 modifica]di sapere s’egli mi ama realmente. Ma non mi ha egli, una certa sera che attraversavamo l’Elba, stretto due volte la mano? e, cantando con me il duetto non mi lanciava egli degli sguardi singolari che penetravano sino in fondo al mio cuore? Sì, sì, ne sono sicura, egli mi ama. Ed io...” — Veronica si abbandonò intieramente, secondo il costume delle fanciulle, ai dolci sogni d’un felice avvenire. Essa era madama la consigliera, ed abitava una bella casetta nella strada Maurizio o in quella del Castello, o sul mercato nuovo, il cappellino all’ultima moda, il vero cachemire le andavano a meraviglia. — Essa faceva colazione in vesta da camera elegante nella sua torricella e dava alla cuoca gli ordini necessarii per la giornata. — Ma soprattutto guardate bene dal non guastarmi questo piatto; è la vivanda favorita del signor consigliere!” Dei damerini passano nella strada, e dirigono i loro occhialetti verso la finestra, essa intende distintamente queste parole: “È una donna amabile la consigliera, vedete come quella cuffia di merlo le sta bene!” La consigliera privata Y manda il suo servo per in[p. 65 modifica]formarsi se piacerebbe a madama la consigliera aulica, di fare verso sera un passeggio al bagno di Link? — “Voi farete i miei complimenti alla signora consigliera privata, e le direte che provo il più gran dispiacere di non poter accettare il suo invito essendo già pregata di prendere il tè presso la presidente H.” Il consigliere Anselmo, che era uscito di buon mattino, rientra in quel momento, egli è vestito all’ultima moda. “Veramente già dieci ore! grida egli facendo battere il suo orologio d’oro. Egli dà un bacio alla sua giovane sposa: “Come stai, cara sposina? Sai tu che cosa ti porto?” Egli dice queste parole con aria scherzosa, e tira dalla saccoccia del suo sottabito un pajo d’orecchini, montati all’ultimo gusto, e glieli mette subito in vece degli antichi. “Ah! che begli orecchini! gridò forte Veronica, e corre, gettando il suo lavoro, a mettersi davanti allo specchio per ammirare i suoi nuovi giojelli. “Ebbene che significa ciò? disse il vicerettore Paulmann, profondamente occupato a leggere Cicerone de officiis, al quale questa esclamazione fece quasi cadere il libro dalle [p. 66 modifica]mani. “Hai forse degli accessi come Anselmo?” Ma ecco lo studente Anselmo, che contro il suo solito non si era lasciato vedere da molti giorni, entrar nella camera con grande stupore e spavento di Veronica, poichè si era operato in lui. un cambiamento completo. Egli parlò con una disinvoltura che non gli era ordinaria, d’uno scopo tutto nuovo della sua vita che pur allora gli si era rivelato e della brillante carriera che si apriva davanti a lui e che da molte persone non era per anco nemmeno sospettata.

Il vicerettore Paulmann, pensando ai discorsi misteriosi del registratore Heerbrand non poteva togliersi dal suo stupore. Egli non aveva ancora proferita una sillaba, che lo studente Anselmo, dopo aver detta qualche parola d’un lavoro pressante presso l’archivista Lindhorst, e baciata la mano a Veronica con molta grazia e destrezza, era scomparso da molto tempo. “Era già il signor consigliere, bisbigliò sotto voce Veronica, ed egli mi ha baciata la mano, senza pestarmi sul piede come al solito. Egli mi ha lanciato uno sguardo tenero. [p. 67 modifica]Oh certamente egli mi ama!” Veronica si lasciava andare ancora ai suoi sogni, ma le sembrava sempre che un fantasma nemico venisse a mettersi davanti alle graziose apparizioni che sorgevano nella sua futura economia di consigliera; e questo fantasma rideva con aria beffarda e diceva: “Queste non sono che sciocche e ridicole chimere, e soprattutto bugie; poichè Anselmo non sarà mai consigliere, mai tuo marito; egli non ti ama quantunque tu abbia gli occhi azzurri, una figura snella, e la mano bianca e grassotta.”

Un fremito percorse tutto il corpo di Veronica, ed un orrore profondo succedette agli sguardi compiacenti ch’ella indirizzava allo specchio colla sua cuffia di merlo, ed i suoi eleganti orecchini. Le lagrime caddero quasi dai suoi occhi, ed ella disse ad alta voce; “Ahimè è dunque vero ch’egli non mi ama, e ch’io non sarò mai la signora consigliera!” “Schiocchezze da romando! sciocchezze da romanzo!” gridò il vicerettore Paulmann, e prendendo il suo bastone e il suo cappello, uscì furioso di casa. “Non mancava più che questo,” sospirò Veronica [p. 68 modifica]e andò molto in collera con sua sorella fanciulla di dodici anni, che affatto indifferente a quello che succedeva, non aveva lasciato il suo telajo da ricamo.

Intanto erano già tre ore: bisognava dar ordine alla camera e preparare l’occorrente pel caffè; poichè le signorine Oster si erano fatte annunziare.presso la loro amica. Ma Veronica aveva un bel ritirare una tavola, togliere un quaderno, dal suo pianoforte, prendere dalla credenza le tazze, e la caffettiera; dietro la tavola, sul pianoforte, nella credenza, nelle tazze, in fondo alla caffettiera, dappertutto essa non vedeva che quella figura schifosa che rideva sardonicamente e diceva, gettando scintille dalle sue dita di ragno. “Tu hai un bel fare! Egli non sarà mai tuo marito! mai tuo marito” E quando la povera fanciulla tralasciando le sue faccende fuggiva spaventata in mezzo alla camera, la stessa figura nascosta dietro la stufa ingrandiva a vista d’occhio, e presentando un brutto naso lungo un braccio, ruggiva e muggiva, “Non mai tuo marito!” “Non vedi tu niente, non senti tu niente sorella mia” gridò Veronica tremando e non osando [p. 69 modifica]più toccar nulla. Fanny lasciò il suo telajo con aria seria e tranquilla, e disse: “Che hai tu dunque oggi, sorella mia, tu getti da una parte e dall’altra tutto quello che tocchi, e fai risonare il vasellame con un rumore prodigioso”. Aspetta, io ti ajuterò. Ma già le loro allegre amiche entravano ridendo, e Veronica si accorse allora ch’ella aveva preso il tubo della stufa per un fantasma, e il grido acuto della porta mal serrata per parole minacciose. Presa però da un terror profondo essa non potè rimettersi così presto, che la sua indisposizione, tradita d’altronde dal pallore e dal turbamento del suo viso, potesse sfuggire alle sue amiche.

Quindi interrompendo ad un tratto i piacevoli racconti che avevano cominciati, esse obbligarono Veronica di dir loro quello che la tormentava: ella confessò loro che si era data a strani pensieri, e che subitaneamente, e in pieno giorno aveva avuta una tremenda paura degli Spiriti. Allora essa loro dipinse sì vivamente il piccolo uomo grigio che aveva veduto in tutti i cantoni della camera, ridente sempre e sempre sogghignante, che le signore Oster si guardarono timi[p. 70 modifica]damente intorno, e presto sentirono una inquietudine ed uno spavento non comune. In quel momento Fanny portava la caffettiera fumante, e tutte tre richiamando i loro spiriti non poterono trattenersi dal ridere della loro sciocchezza. Angelica (così si chiamava la maggiore delle fanciulle Oster) era fidanzata ad un ufficiale, allora al campo, da cui per sì lungo tempo non erasi ricevuta nessuna nuova che si poteva dubitare ch’egli fosse morto o pericolosamente ferito.

Questo pensiero aveva immerso Angelica nella più profonda tristezza; ma oggi, essa era d’un’allegria pazza, e Veronica non potè trattenersi dal manifestarne il suo stupore. “Cara amica, rispose Angelica, non credere che io abbia cessato d’amare il mio Vittore, e di pensare a lui tutto il giorno. Ma ecco precisamente il soggetto della mia allegria. — Oh! Dio! — Io son molto felice! poichè il mio Vittore sta bene, e fra poco tempo io lo rivedrò capitano e decorato dell’insegna d’onore ch’egli ha meritata colla sua somma bravura. Una ferita profonda, ma poco pericolosa fattagli al braccio [p. 71 modifica]destro dalla spada, d’un ussero nemico, lo aveva impedito di scrivere, e il cambiamento continuo del suo reggimento ch’egli non vuol lasciare lo mette ancora nell’impossibilità di darmi sue nuove, ma questa sera egli riceverà l’ordine di guarire intieramente avanti di riprendere il suo servizio. Egli partirà domani per venir qui, e al momento di salire in vettura egli riceverà il suo brevetto di capitano. — “Ma mia cara amica, disse Veronica, come sai tu già..? — Non burlarti di me, mia cara, riprese Angelica, e no, tu non burlerai; poichè per punirti, il piccolo uomo grigio uscirebbe sul momento dal tuo specchio e verrebbe a mostrarti la sua brutta figura! — Infine io non posso lasciar di credere a certe cose misteriose, poichè molte volte esse si sono offerte a me in maniera visibile e, direi quasi palpabile. Soprattutto, io non riguardo come troppo strano ed incredibile, che sianvi delle persone dotate d’una vista particolare, che possono mettere in opera questa facoltà con mezzi infallibili a loro noto. Vi è nella nostra città una vecchia che possiede questo dono in altissimo grado. Essa non predice come [p. 72 modifica]le altre indovine, coll’ajuto delle carte, o del piombo fuso; ma dopo certe operazioni alle quali assiste la persona che la consulta si vede comparire in uno specchio di metallo lucido un misto confuso di figure e di forme singolari che la vecchia vi spiega e dalle quali cava una risposta alle vostre domande. Io sono andata a trovarla jeri sera, ed è da lei che ho avute tutte le % nuove del mio Vittore, sulla verità delle quali non vi è nessun dubbio.” — Questo racconto fece nascere prontamente nell’anima di Veronica l’idea di andare a consultare la vecchia intorno ad Anselmo e alle sue speranze. Ella seppe che quella donna si chiamava Rauer, e che dimorava in una strada remota fuori della porta dell’Elba, e che non si poteva trovarla se non il martedì, il mercoledì e il venerdì dalle sette della sera sino al levar del sole, e ch’essa bramava che si andasse da lei senza compagnia. Era precisamente mercoledì e Veronica risolvette sotto pretesto di ricondurre a casa le signorine Oster di recarsi a trovar la vecchia, ciocchè essa eseguì di fatti. Appena ebbe preso congedo, presso [p. 73 modifica]al ponte dell’Elba, dalle sue amiche che dimoravano nella Città nuova, ch’essa oltrepassò rapidamente la porta d’Elba e si trovò presto in una strada stretta e remota, in fondo alla quale essa vide la piccola casa rossa abitata dalla vecchia Rauer. Essa non potè difendersi da un sentimento d’ansietà, dirò anche di terror secreto, quando fu davanti alla porta. Infine superando la sua ripugnanza ella tirò il campanello, la porta si apri, ed essa cercò a tastoni attraverso l’oscuro corridojo la scala che conduceva di sopra, guidandosi per quanto la memoria glielo permetteva secondo le istruzioni d’Angelica. “Non è questa la casa della vecchia Rauer?” gridò essa nel deserto corridojo, quando vide che nessuno si presentava. Ma per risposta, ella intese un lungo e acuto miagolìo e un gran gatto nero col dorso rotondo e colla coda ondeggiante camminò gravemente davanti a lei sino alla porta della camera che si aperse a un secondo miagolìo.” Ah! mia figlia, sei già qui? vieni, vieni! entra pure!” Così parlava una figura,che avanzavasi presso la porta; Veronica restò petrificata: era [p. 74 modifica]una donna lunga e magra inviluppata in negri cenci! — Mentre ella parlava voi l’avreste veduta scuotere il suo mento a punta, sgangherare la bocca senza denti, ombreggiata da un naso da pappagallo, il suo sorriso cambiarsi in una brutta contorsione, e i suoi occhi da gatto fiammeggianti gettare scintille attraverso gli enormi suoi occhiali. Sotto allo straccio a mille colori che inviluppava la sua testa, sfuggivano certi capelli neri e ruvidi come il crino di una cavalla selvaggia, ma quello che maggiormente figurava in lei, e convertiva in orrore il disgusto che dapprima ispirava, erano due larghe scottature che si estendevano dalla guancia sinistra sino al di sopra del naso. Il fiato mancò a Veronica, ed il grido ch’essa voleva gettare per sollevare il suo petto oppresso, si cambiò in un profondo sospiro, quando la strega la prese colla sua mano scarnata, e la strascinò nella sua camera. Nell’interno di quella stanza tutto si agitava, tutto si moveva; era un miagolìo, un pigolìo, uno schiamazzìo, un gracidìo da cagionar le vertigini. La vecchia battè col pugno sulla tavola e gridò: “Silenzio, canaglia maledetta!” [p. 75 modifica]e subito, le scimmie si arrampicarono gemendo sul cielo del letto, i porci d’India corsero sotto la stufa, ed il corvo volò sullo specchio; il gatto solo, come se le ingiurie della vecchia non lo riguardassero, restò tranquillamente sdrajato sui cuscini dell’alta sedia della quale si era impadronito entrando.

Quando il silenzio si ristabilì, Veronica riprese coraggio; essa aveva meno paura qui, che nel cupo corridojo, e la vecchia stessa le sembrava meno schifosa. Allora soltanto essa si guardò intorno nella camera.

Dal soffitto pendevano ogni sorta di brutti animali impagliati; degli stracci, e utensili bizzarri giacevano sotto sopra sul pavimento, e nel cammino ardeva un piccolo fuoco turchino, che non gettava che raramente qualche scintilla giallastra, ma allora si udiva un; sordo mormorio che veniva dall’alto, e schifosi pipistrelli, colla faccia umana che ridendo faceano versacci, volavano pesantemente da un luogo all’altro, e qualche volta lingue di fuoco si alzavano dietro la muraglia incrostata di sego, e si udivano delle grida acute e lamentevoli. Veronica era muta [p. 76 modifica]d’orrore. “Con vostra licenza, mia bella signorina!” disse la vecchia sorridendo; e prendendo una grossa scopa, la tuffò in una pentola di rame ed asperse l’interno del cammino.

Il fuoco si estingue, la camera si riempie di fumo ed una densa oscurità copre tutti gli oggetti; la vecchia che era entrata in una stanza vicina ritornò con una candela accesa, e Veronica non vide più nè gli animali nè i cenci; non era più che un granajo ordinario poveramente ammobigliato. La vecchia si avvicinò e disse con voce rauca: “Io so quello che tu vuoi da me, figlia mia! scommettiamo che tu vuoi sapere se Anselmo ti sposerà quando sarà consigliere!” — Veronica tremava dalla sorpresa ma la vecchia continuò: Tu mi hai già detto tutto nella casa del tuo papà, quando la caffettiera era davanti a te sulla tavola, poichè quella caffettiera era io; non mi hai tu riconosciuta? Ascolta, figlia mia, ascolta! Lascia, lascia correre quell’Anselmo, è una cattiva creatura; egli ha camminato. sul viso dei miei figli, dei miei cari figli, i piccoli pomi dalle guancie rosse, che fuggono dalle saccoccie dei compratori e [p. 77 modifica]ritornano nella mia cesta, egli è d’accordo col vecchio;1 l’altro jeri mi ha gettato in viso uno spruzzo del suo infernale orpimento, e mi ha quasi acciecata; tu ne vedi ancora le scottature! lascialo correre, figlia mia! lascialo correre! — Egli non ti ama: poichè è innamorato della colubra dorata; egli non sarà mai consigliere, egli si è lasciato sedurre dalle salamandre, e vuol isposare la sua colubra, lascialo correre, lascialo correre!”

Veronica, che non mancava d’una certa fermezza d’animo e che sapeva padroneggiare a proposito i suoi femminili terrori, si ritrasse d’un passo, e con tuono serio, e con voce sicura ella disse: Vecchia! mi si parlò del dono che voi possedete di leggere nell’avvenire; troppa curiosità, forse, e troppa fretta mi ha condotta qui per sapere da voi se Anselmo ch’io amo e stimo sarà mio. Conoscendo, dietro quello che mi sembraci miei più secreti pensieri, vi sarebbe stato facile senza dubbio di farmi delle rivelazioni che mi avrebbero tolta d’inquietu[p. 78 modifica]dine; ma dopo le vostre ridicole calunnie contro il buon Anselmo, io non voglio più saper niente da voi. Buonanotte!”

Veronica stava per uscire; ma la vecchia si gettò in ginocchio, pianse, gemette e ritenendo la fanciulla pel lembo della veste, gridò: “Veronica, non conosci tu più la vecchia Lisa che ti ha tante volte portata sulle sue braccia, che ti accarezzava e ti amava tanto?” Veronica non poteva prestar fede ai suoi occhi, poichè, a malgrado della vecchiaja e delle due scottature che la sfiguravano, essa riconobbe la sua antica governante che era, qualche anno prima, sparita dalla casa del vicerettore Paulmann. La vecchia aveva ora un tutt’altro aspetto. Invece del cencio schifoso che copriva un momento prima la sua testa, essa portava una cuffia abbastanza pulita, ed una veste a grandi fiorami era subentrata ai cenci neri; infine essa ricomparve quale era stata una volta al servizio del vicerettore Paulmann. Essa si rialzò e stringendo Veronica pel braccio, tutto quello che ti ho detto, continuò, può sembrarli ridicolo e pazzo, ma ahimè è la pura verità. Il tuo Anselmo mi ha fatto [p. 79 modifica]molto male, quantunque involontariamente; egli è caduto tra le mani dell’archivista Lindhorst, e questi vuol fargli sposare sua figlia. L’archivista è il mio più grande nemico e potrei raccontarti di lui molte cose, ma tu non le udresti senza spavento. Egli è l’uomo saggio, ma io, io sono la donna saggia, ed è perciò forse... infine, basta! Io mi accorgo che tu ami Anselmo, ed io ti ajuterò con tutto il mio potere a sposarlo, e a diventare felice, come tu desideri.”

“Ma in nome del cielo! ditemi, Lisa...” — “Silenzio, figlia mia! silenzio! riprese là vecchia;” io so quello che tu vuoi dire: sono diventata quel che sono, perchè lo doveva, perchè non poteva essere altrimenti. Ritorniamo al nostro discorso. — Io conosco il mezzo di guarire, Anselmo dal suo pazzo amore per la colubra verde, di farne il più amabile consiglier aulico e di condurlo tra le tue braccia; ma mi abbisogna il tuo ajuto”. — “Parla dunque francamente, Lisa! io farò tutto al mondo, poichè io amo molto Anselmo” mormorò Veronica con voce appena intelligibile. — “Io ti conosco per una fanciulla coraggiosa, disse [p. 80 modifica]la vecchia: invano quando tu eri piccina, per addormentarti io ti faceva paura della beffana, poichè, allora precisamente, tu aprivi gli occhi per vederla, tu andavi senza lume nella camera più lontana, e spesso tu ti avviluppavi nel rocchetto del tuo papà per ispaventare i fanciulli dei contorni. Ma ritorniamo a noi. Se tu sei fermamente risoluta di vincere col mio potere l’archivista Lindhorst, e la colubra verde, se tu sei ben risoluta di dare il nome di sposo al consigliere Anselmo, togliti, nella prossima notte dell’equinozio, a undici ore, dalla casa di tuo padre, e vieni a trovarmi; io ti condurrò sulla crociera formata da due strade non lungi da qui nella campagna; noi prepareremo tutto quello ne sarà necessario, e se tu vedi, per caso, qualche cosa di singolare, che importa? Adesso, figlia mia, buona notte: tuo padre ti aspetta a cena.”

Veronica partì in fretta, ben risoluta di non mancare all’appuntamento della notte dell’equinozio; poichè, pensava essa, la vecchia Lisa ha ragione; Anselmo è preso in un laccio molto singolare, ma io ne lo trarrò. Sì, sì, io lo afferro, egli è mio, e mi resterà, il signor consigliere Anselmo...


Note

  1. L’archivista Lindhorst.