Reina d'Oriente/Terzo cantare

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Terzo cantare

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Secondo cantare Quarto cantare

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TERZO CANTARE
10 prego Iddio, che’nfino a qui m’ha dato
lo ’ngegno di rimar si bella storia,
che non guardi secondo il mio peccato,
e doni grazia nella mia memoria,
si ch’io possala, come ho incominciato,
a tutta buona gente far notoria;
e priego voi che ciaschedun m’intenda,
però che questo è ’1 fior de la leggenda.
2
Signori, i’ dissi nel cantar secondo
come lo re si mosse d’Oriente:
or mi convien seguir come giocondo
a Roma giunse con tutta sua gente,
ché ’l non fu mai signore in questo mondo,
che comparisse tanto adornamente;
ché tutta Roma, prima che ’l vi entrasse,
dalli stormenti parea che ’ntronasse.
3
11 papa, e’ cardinali, e’ gran prelati
e tutta baronia imperiale
incontr’ a quel signor ne furo andati
con allegrezze e festa generale.
E, quando insieme furon iscontrati,
ismontar vuole quel signor reale
a piè del padre santo; ond’egli disse:
— Sta’su, figliuolo! — e poscia il benedisse.

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4
Entrato in Roma, tutte le persone
si maraviglian della sua bellezza,
dicendo: — Questi è piú bel che Assalone,
ed angiol par de la divina Altezza. —
E ’l santo papa seco nel menòne
al suo palagio, ché ne avea vaghezza;
e, dismontato, sempre donna Berta
vuol presso a lui, perché di senno sperta.
5
E, poi che il re si fu posato alquanto
e ragionato col sommo pastore,
quando fu tempo, disse al padre santo:
— Andiamo a corte dello ’mperadore. -
E fúrsi mossi e cavalcaron tanto,
che giunti furo al palazzo maggiore;
isceson da cavai, salir la scala,
lo ’mperador trováro in su la sala.
6
E lo re corse e gitòlisi a’ piede,
e salutollo da parte di Dio.
Lo ’mperadore, che si bello il vede,
disse: — Ben sia venuto’l figliuol mio!
Poi eh’è piaciuto al papa, sua mercede,
se se’ contento tu, son content’ io. —
Rispose il re:—Santissima Corona,
io sono vostro in avere e in persona. —
7
Lo ’mperadore allor chiamò la figlia,
e dimandolla se per sposo il vuole.
Ella, che inver’ di lui alzò le ciglia,
e rilucente il vide piú che ’l sole,
rispose, tutta di color vermiglia:
— O padre mio, perché tante parole?
poiché a voi piace, ed io ne son contenta.
Ma lo ’ndugiare è quel che mi tormenta. —

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8
Il padre tenne il dito a la donzella,
presente molti re, conti e marchesi ;
e lo re la sposò con cinque anella
piú rilucenti che carboni accesi,
e valean piú di quindici castella,
de le miglior di lutti que’ paesi ;
e se ne fece festa in tutta Roma,
tal che per tutto il mondo ancor si noma.
9
E1 papa fu partito di presente,
da poi che vide la donna sposata.
Il nuovo sposo poi celatamente
madonna Berta a sé ebbe chiamata;
e’ ragionò della sera vegnente,
dicendo: — Poi che qui sono arrivata,
come farò con quella, che nel letto
stasera aspetta aver di me diletto? —
10
Ed ella disse: — Quando se’ alle prese,
lussuria spregia, loda virgin’tade;
il matrimonio, di’, fatt’hai palese
per non aver col padre nimistade;
forma di maschio mostri in tuo paese,
per me’ signoreggiar le tue contrade.
E sappi tanto dir, che la converta
teco a tener virginitá coperta. —
11
La sera, poi che ’l re ebbe cenato,
le donne si ’l pigliáro senza posa;
l’ebber di peso in camera portato,
dove aspettava con desio la sposa.
E poi che dentro fu con lei serrato,
ed ella disse alquanto vergognosa:
— Spogliatevi, messer, ché vi posiate
prima che a noi le donne sian tornate. —

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12
E lo re disse: — Va’ inanzi a dormire,
però eh’ a Dio vo’ fare orazione. —
E poi s’inginocchiò e prese a dire:
— O Signor mio, — con gran divozione, —
poi che per questo mi convien morire,
alla mia gente campa le persone:
poi ch’io virginitade t’ho servata,
l’anima mia ti sia raccomandata. —
13
E poi, tremando tutto di paura,
da l’altra parte si fu coricato.
E quand’ella fu assai stata alla dura,
disse: — Messer, molto avete fallato.
Per tener questi modi non si giura
il matrimonio, da Dio comandato
anzi per generare e far figliuoli. —
E ’l re piangendo disse con gran duoli :
14
— Tu se’ figliuola peggio maritata
che niun’altra che nel mondo sia;
ed io sono colei che t’ho ingannata,
come udirai contra la voglia mia. —
E tutta la novella ebbe contata,
piangendo fortemente tuttavia,
e disse: — Come tu, femina sono;
di morte degna son, cheggio perdono. —
15
Appresso disse come donna Berta
gli avea insegnato con la mente greve;
e la fanciulla, per esserne certa
(ché non credeva al suo detto di leve),
tutta dal capo al piè l’ebbe scoperta,
che parea pure una massa di neve;
e poi li disse, quando ben i’addocchia:
— Non pianger piú, ch’io ti sarò sirocchia. —

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16
E insieme si promison d’osservare
virginitá, mostrandosi contente,
e cotal cosa non manifestare
in tutta la lor vita ad uom vivente:
poi s’abbracciáro in poco dimorare.
E ne la zambra ritornò la gente,
la qual danzando era gita intorno;
si che levársi, ch’era presso ’I giorno.
17
Lo ’mperador la figlia ebbe chiamata,
perché la vide cosi lieta in viso,
e disse: — Figlia, come se’ tu stata? —
Ed ella disse: — Me’ che ’n paradiso. —
E similmente a chi l’ha domandata,
a tutti dicea: — Bene, per mio avviso. —
E cosi dicie ’1 re, c’ha senno assai:
— r son contento piú ch’i’ fossi mai. —
18
E, poi che donna Berta ebbe sentito
la mattina dal re la veritade,
disse: — Pognam che l’abbi convertita,
in femina non è stabilitade;
si che facián di qui tosto partita. —
Ed e’ rispose: — Apparrebbe viltade! —
Ed ella disse: — Io farò la bisogna
per modo tal, che non ci sia vergogna. —
19
E fe’ fare una lettera, mostrando
che la mandassi la vecchia reina,
ne la qual contenea, breve parlando:
«Sappi, figliuoi, che la mia vita fina.
Da poi che mi lassasti sospirando,
non posai mai né sera né mattina:
però, se metti di mia vita cura,
fa’ che ti mova, letta la scrittura».

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20
E, quando il re fu posto a desinare,
la lettera gli fu appresentata.
Leggendo, incominciò a lagrimare;
onde tutta la corte fu turbata,
e presto fu levato da mangiare.
Ed allo ’mperador l’ebbe portata,
dicendo: — E’ mi convien partir da voi. —
Egli la lesse, e risposeli poi:
21
— Tu hai cagion, ch’io non sarei colui
che ti volessi tenere qui a bada;
va’ tosto, muovi, e la cagione altrui
non dir perché, né dove tu ti vada. —
Disse la sposa: — Io voglio ire collui. —
Ed el rispose: — Fa’ ciò che t’aggrada. —
E fèllo accompagnar da molta gente.
E ’l re la ne menò in Oriente.
22
E, trovando la madre fresca e sana,
fé’ dimostrar come fosse guerita.
Per lo tornar del re, l’alta sovrana
un anno tenne o piú corte bandita.
Quando n’andò la baronia romana
fé* lor ta’ doni, si ch’alia reddita
a lo ’mperador disser: — Signor nostro,
signor del mondo pare il gener vostro. —
23
E, quando donna Berta ebbe ridetto
a la reina come ’l fatto era ito,
molto si contentò, poiché ’l diffetto
del re non era per altrui sentito.
La sposa avea col re maggior diletto
ch’ai mondo avesse mai moglie e marito;
e ’l padre suo n’avea lettere assai,
ch’ella si contentava piú che mai.

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24
Poi che due anni inseme furo state,
amandosi l’un l’altro d’amor fino,
per lo gran caldo avvenne un di di state,
ch’ell’erano spogliate in un giardino.
E donna Berta le trovò abbracciate,
e riprendéle per aspro latino;
ed elle disser: — Vanne, vecchiarella,
ché non cape tra noi piú tua novella. —
25
E donna Berta allor, molto adirata,
fra suo cor disse: — Io ne farò vendetta. —
Subitamente a cavai fu montata,
ed a Roma n’andò con molta fretta,
ed allo ’mperador fu appresentata,
e tutta la novella gli ebbe detta,
dicendo: — La tua figlia è ancor pulcella,
e femina è lo sposo si com’ella. —
26
Ed el rispose: — Io mi maraviglio
ch’ella abbia avuta in sé tanta malizia! —
Di ciò prese co’ savi suoi consiglio,
i quali, accesi tutti di nequizia,
dissero ognuno: — Gli si dia di piglio,
poi se ne faccia un’aspra giustizia. —
Disse il signor: — Se questo fia palese,
condanno al fuoco lui e ’l suo paese. —
27
Appresso scrisse, come savio e dotto,
a la figliuola ed allo re d’Oriente,
che, veduta la lettera, di botto
il visitasser, ché sta gravemente.
A la figliuola e al re non parve motto,
e montáro a cavai subitamente
con molta gente, e tanto cavalcáro,
ch’a la cittá di Roma si trováro.

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28
Lo ’mperadore fe’ di lor venuta
festa e gioia, mostrandosi guarito:
poi domandò la figliuola saputa
s’egli era maschio o femina il marito.
Ed ella si fu allor molt’aveduta,
e disse: — Padre mio, egli è fornito
di ciò che a vero sposo si richiede. —
Ed el per tutto questo nolle crede.
29
Ed ordinò d’andar fuori a cacciare
e di menar la figlia e ’l suo compagno,
e disse a’ servi: — Fate ch’ai tornare
per loro in sala fatto truovi un bagno. —
E questo fe’ per vederlo ispogliare,
mostrando a lui di farli onore magno.
Poi cavalcò, e il re sigui la traccia,
non sapendo perché facea la caccia.
30
Disse un, ch’andando li si accostò allato:
— Lo ’mperador vuol far la cotal prova,
ed havvi ad aspra morte condannato,
se natura di femina vi trova.
— S’io fussi a piè, il t’averei mostrato! —
rispose il re, — ma di questo mi giova. —
E con letizia aspettò il convenente:
poi si parti da lui cortesemente.
31
Cacciando poi per una selva scura,
el re andava pur acqua cercando
per affogarsi, per la gran paura
ch’avea d’essere giunto in cotal bando.
Non trovand’acqua in quella valle dura,
iscese, non potendo ir cavalcando;
e, poi da sé ’l cavallo ebbe cacciato,
fussi nascoso in quel chiuso burlato.

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TERZO CANTARE
32
Piangendo poi ficcò in terra la spada,
e diceva, adorando a quella croce:
— Poi che di tèrmi la vita t’aggrada,
pregoti Cristo con pietosa voce
che la mi togli qui, si ch’io non vada
a morte sofferir tanto feroce. —
In quella venne un cervio per la valle,
bussando colle corna e colle spalle.
33
Giugnendo il cerbio inanzi a lui, soggiorna.
Il re teme che fosser cavalieri;
ed apparigli un angiol fra le corna,
dicendo: — O re, non ti dar piú pensieri:
arditamente alla cittá ritorna,
e colla sposa fa’ ciò eh’è mestieri,
ché tu se’ maschio per grazia di Dio,
ed hai ciò che bisogna; — e poi spano.
34
E ’l re pose la mano a sua natura,
com’ebbe inteso l’angiol prestamente,
e ritrovossi si fatta misura,
che comparir poteva arditamente.
Di che molto nel cor si rassicura,
e cominciò a cantar divotamente:
— Te Deum laudamus-, —e, poi si fu armato,
partissi da quel luogo ov’ era stato.
35
Lo ’mperador, che noi trova la sera,
a Roma fe’ bandir senza dimoro
che ’l si cercasse con gran luminerá
per quella selva, la notte, ogni foro;
e chi ’l trovasse in alcuna maniera,
da corte arebbe poi mille once d’oro;
si che gran gente la selva cercava,
e la sua sposa, che piangendo andava.

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36
E quando venne sii l’alba del giorno,
cercando per la selva, ebber udito
cantar quel salmo, eh’è cotanto adorno,
in quel vallon, ché ancor non era uscito.
Per quella voce andar tanto dintorno,
che ritrováro il re, ch’era smarrito.
Se la moglie fu lieta in su quel tratto,
ben sará piú com’ella saprá il fatto.
37
E come il re fu montato a cavallo,
e la novella a Roma inanzi giá,
com’ el tornava piú chiar che cristallo
con la sua sposa e con la baronia,
lo ’mperadore spera senza fallo
farlo morir, se quel che crede sia,
e come giunse quel signor sovrano,
lo ’mperador li disse a mano a mano:
38
— Perché ti dèi sentir alcuna doglia,
non ti vo’ dimandar, se non ti posi ;
ma di presente in quel bagno ti spoglia,
che v’è unguenti molto preziosi.
Spogliossi il re, ché n’aveva gran voglia,
per far le donne e quei baron gioiosi,
e mostrò lor si bella masserizia,
che tutta gente si ne fé’ letizia.
39
Lo imperador, di voluntate acceso,
la gente caccia e poi al re diria:
— Dove andastú? — Ed ei disse: — I* fu preso
nella foresta d’Enoc ed Elia,
che con certi altri mi portar di peso
dove si sta con gioia tuttavia:
ciò fu nel paradiso luziano,
dov’era Salamone allegro e sano,

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40
el qual mi disse ch’a voi era detto
ch’io (emina era, e non disse da cui.
Si ch’io lassai quel loco benedetto,
per trar d’errore voi ed anche altrui;
e quei, che mi portáro, con effetto
mi puoser lá dov’ i’ trovato fui. —
Disse lo ’mperador: — Lasciamo andare:
tu m’hai contento; vatti a riposare. —
41
E la mogliere sofferia gran pena
del gran disio di trovatosi in braccio,
perché di prima sapeva la mena,
e non sapeva poi il suo procaccio,
presei per mano e in camera si ’l mena,
dicendo: — Amore, andiamci a letto avaccio! —
Poi fér nel letto l’amorosa danza,
come tra moglie e marito è l’usanza.
42
Poi ch’ell’ebbe assaggiato quell’uccello,
disse: — Amor mio, onde avestú questo? —
Ed e’ rispuose: — L’angiol Gabriello,
come Dio volle, me ’1 fe’ manifesto.
Non maraviglia s’egli è buono e bello —
dissele, — se dal ciel venne si presto.
E lo re disse: — Vorrei ch’ai presente
tornassimo a mia madre in Oriente. —
43
Ed ella fu contenta, e ’1 giorno poi
disse allo ’mperadore il suo disio:
— Concedi, padre, in quanto non ti nói,
ch’i mi diparta col marito mio. —
Ed ei rispose: — Quando piaccia a voi,
andate con la benezion di Dio. —
Ond’ei s’apparecchiáro di vantaggio
e dipartirsi con gran baronaggio.

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44
Ed una, ch’era la maggior reina
che in que’ paesi allor fussi trovata,
chiamata era la Donna della Spina,
s’era al bagnar del re innamorata,
e pensò di pigliarlo se ’l camina;
ond’ella molta gente ha ragunata
alla sua ròcca donde dovea gire.
Quando fu giunto ed ella gli fe’ dire:
45
— Il signor d’esta ròcca m’ha mandato,
che parlar vi vorrebbe, se ’l vi lece. —
Ed e’ rispuose: — Sono apparecchiato. —
Usci di schiera e contro le si fece.
Ed ella, come cavalieri armato,
andò ver’ lui ben con piú di diece:
ché n’avea seco ben dieci migliaia;
il re se’ mila e cinque centinaia.
46
Com’clla giunse ed ella a lui, il prese
per man, dicendo: — Venite a posare.
46
— Perdonami, messer, ché in mio paese
rispose il re — ho fretta di tornare. —
Ed ella, ragionando alla cortese,
ad arte il fe’ alla ròcca appressare.
Quando si vidde da sua gente forte,
si ’l mise dentro e poi serrò le porte.
47
Poi disarmata, disse: — Quando ignudo
bagnar vi vidi, fu’ presa d’amore;
onde vo’ che vi piaccia, caro drudo,
ch’io sia la donna e voi siate il signore. —
Ed e’ rispose con aspetto crudo:
— Ogni pensier te ne leva del core;
ch’i’ sofTerrei innanzi d’esser morto
che fare alla mia donna si gran torto. —

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TERZO CANTARE
43
E la falsa reina gli die’ bere
un beveraggio, ond’el fu addormentato.
Poi comandò alle sue camerere
che ignudo fusse subito spogliato.
E messo in letto e fatto il suo volere,
ed ella allor vi si coricò a lato:
poi l’abbracciò e con suo argomento
el fe’ destar d’amoroso talento.
49
E lo re, desto, le baciò la bocca
e fe’ piú volte la danza amorosa,
conciosiacosaché ognor che la tocca,
esser si crede con la vera sposa.
Poi che in prigion si vede nella ròcca,
forte piangendo, non trova mai posa,
né parole el confortan né vivande,
e fuor della ròcca era il pianto grande.
50
La ròcca era si forte, che battaglia
da niuna parte vi si potea dare.
Signor, pensate se briga e travaglia
quella donn’ebbe al marito ad acquistare.
Intendo dirvi nell’altro cantare
come vi pose l’oste di gran vaglia
e come vendicò si fatto scherzo.
Antonio al vostro onor finito ha il terzo.