Rime (Andreini)/Egloga IX

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Egloga IX

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Egloga VIII Tavola de’ sonetti
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GALATEA EGLOGA IX.


Argomento.


Floribia Ninfa consiglia Galatea sua compagna ad amar Alcone Pastore, che lei grandemente ama; e mentr’ella con alterezza lo nega, veggono venir di lontano Alcone; onde Floribia prega Galatea à nascondersi con lei dietro un cespuglio per udir quant’è per dir Alcone; nascostesi, arriva il Pastore; che doppo essersi lamentato della sua Ninfa, vinto dalla disperazione trà fuori un coltello per uccidersi; e si ferisce. al qual atto divenuta pietosa Galatea corre con Floribia à soccorrerlo; e se li dona in moglie; poi vanno insieme per sanar la ferita.


Galatea, e Floribia Ninfe.


Gala.
N
On vuò seguir Amore,

Ch’amor e fallo, e penitenza insieme.
Flori.Amor del mondo è la salute vera,
D’ogni virtù radice,
Unione dei cori,
Quiete de le menti,
Concordia de gli spirti,
Felicità de l’alme.
Gala.O Floribia, Floribia,
Se ritengon gli effetti
De la propria cagion forma, e natura;
Da gli effetti, ch’io veggio
In questi Pastorelli amanti, io scorgo
Non esser altro amore,

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Ch’amarissima doglia,
Ardor, ch’altri nasconde entro le vene,
Piaga cupa, e mortale,
Lusinghevole inganno,
Grave, e noioso affanno;
I seguaci di cui
Sono speme, timor, pianti, ed angosce,
Sospetto, gelosia
Discordie, liti, sdegni,
Stridi, querele, pianti,
Pallor, pene, sospiri,
Disperazion, martìri
E ’n somma poi maledizzione, e morte.
Dunque solo deriva
Quant’hà ’l Mondo di male
Dal suo pungente avelenato strale.
Flori. O più cruda à te stessa, ch’ad altrui.
S’alcun non è, che schivi
Di sentir quel, che tutto ’l Mondo sente,
Quand’Amor pur sia mal, tù sola sdegni
Di provar quel, ch’ogn’altro in terra prova?
Ben mostri haver nel petto animo vile
Se ’l tormento amoroso,
Ch’ogn’huom sopporta sostener ricusi.
Ricevi anima ingrata,
Ricevi amor, e poi
Saprai di quanta gioia egli è cagione.
Gala.Chi da maligna stella
Vide giamai venir benigno influsso?
Orsù questo tuo mal sia bene, e sia
Apportator di gioia alcuna volta;
Udito hò pur da cento lingue, e cento,

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Che nel Regno d’Amore
Mille piacer non vagliono un tormento.
Flori.Anzi pur nel suo Regno
Un sol piacer mille tormenti appaga,
E se come se’ vaga
Saggia sarai, del tuo fedel Alcone
I giustissimi preghi
Non sarà, che tù sprezzi.
Forsè dirai, ch’ei non sia bello, e ch’egli
Non t’ami, e non sia, ricco,
Non saggio, e scaltro à par d’ogni Pastore?
Tacendo in chiusa fiamma ei si consuma:
Ma bench’ei taccia, parla,
Parla ben la sua guancia scolorita
Quasi del mesto cor tacita lingua.
Ben si legge ne gli atti, e ne’ sembianti,
Ch’egli è servo d’Amor; ma tù crudele
Sorda, e cieca altrottanto
Quanto se’ bella, e fiera,
E non odi, e non vedi,
E quel, ch’è peggio al suo martìr non credi.
Gala. Folle è ben chi si dona
A quei primi sospiri, à quegli sguardi,
A quelle artate prime lagrimette,
A quell’incendio primo
Di vagante Pastore;
Che con arte sospira,
Con arte langue, parla, prega, e piange.
Floribia finto amor destar non deve
In un casto pensier vera pietade.
Flori.Finto chiami l’ardore
Di chi ardendo si muore?

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Facciati del suo foco interno fede
La cenere del volto.
Un lustro è già, ch’ei t’ama, e non se n’ duole.
E tù novello ardor sì antica fiamma
Ostinata, dimandi?
Ahi che nascente amor poco tormenta.
Gala.Ecco, che pur confessi,
Ch’Amor tormenta l’alme.
Sò ben io, che non è tanto nemico
L’inutil loglio à le mature spiche,
Al vecchio tronco il tarlo,
Ed à le fredde nevi il Sol ardente
Com’è nemico Amor d’ogni vivente.
Flori.Amor non è nemico, ei vuol, che s’ami,
E sol legge è d’Amor l’esser amante,
E l’amar non tormenta,
Solo afflige l’amante
La crudeltà de la sua Donna amata.
Deh Galatea (comporta, ch’io ’l ti dica)
Se non ami Pastor sì vago, e bello
O se’ morta, ò se’ cieca, ò non hai core.
Ma certo non hai cor s’amor non senti.
Gala.Nasceran prìa le biade
Ne l’immenso Oceano,
Da l’occaso vedrem sorger il Sole,
Ed attuffarsi in Oriente il giorno,
Prìa trà le nevi, e ’l foco
Sarà continua pace,
E nuoteranno i pesci
Dov’han gli augelli il nido,
Che per esser altrui cortese, io sia
Dispietata à me stessa.

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Non amerò giamai.
Che ’n un pudico petto
E grave colpa l’amoroso affetto.
Flori.Superba Ninfa hor tù gioisci, e godi
D’esser amata non amante? forse,
Forse avverrà, che un giorno
Amante non amata ancor sarai.
Ma troppo è stato insin’ adhor cortese
Lo sfortunato Alcone;
Che devea torre à forza
Quel, che ’n premio d’amor negato hai sempre.
Troppo, troppo l’offendi.
(E voglia il Ciel, ch’io menta)
Egli dal duolo, dal furore spinto
Farà quel, che non pensi.
Darà necessità l’ardir’ al core.
Credimi Galatea,
Ch’amor sempre è potente,
Ma più potente è, quando sdegno il punge.
Non si sdegna così calcato serpe,
Come si sdegna amore
Quando sprezzato viene.
Non è maggior vendetta
Di quella, che si brama, e si commette
Per l’ingiurie, ch’amando altri sostiene.
La forza adoprerà s’amor non vale;
E di modesto amante
Diverrà involator de’ tuoi tesori.
Gala.Prego, e non forza usar l’Amante deve.
Ma sia pur mia la cura, io non pavento.
Andianne homai, vedi il nemico Alcone,
Che di là se ne vien tutto pensoso,
Flori.O misero, ò dolente.

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Veder non sò qual più porti nel volto
O l’amore, ò ’l dolore. ò Galatea
Se ’l Ciel benigno mai non discolori
De le tue belle guancie i vaghi fiori
Pria, ch’ei qui giunga, meco
Dietro à questo cespuglio ti nascondi,
Ed ascoltiam quant’egli dice intente.
Gala.Il tuo prego mi sforza à compiacerti.
Nascondiamoci dunque.
 

Alcone Pastor solo.



O
Stelle al nascer mio,

O stelle al viver mio contrarie sempre,
Voi mi deste ad amare
Ninfa leggiadra sì, ma cruda tanto,
Che non cura il mio pianto,
E superba disprezza amor, e fede.
Nè sò ben come il Cielo
Tanto comporti il suo fastoso orgoglio.
Alma senza pietà se ’l tuo bel viso
Ad arder mi condusse
Mi condurrà ben tosto
Al fin de’ giorni miei.
Così tù sola di mia stanca vita
Sarai l’orto, e l’occaso.
Almen di queste membra
Sia feretro quel seno,
Ch’è tomba del mio core.
Ma se tù vivo mi rifiuti, hor come
Morto m’accoglierai?
Ahi che vivo, ne morto

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Misero non mi vuoi;
Ma pur mi vuoi, poiche tù m’odi morto;
E vivo mi vorresti
Se tù m’amassi ò bella Ninfa. dunque,
Se con l’amarmi solo
A morte puoi sottrarmi, à che non m’ami?
Ma come amar potrai,
Se non conosci amore?
Ma se mai non ti specchi
Ne i cristallini fonti,
Che tù no l’ veggia ne’ begli occhi tuoi
Come non lo conosci?
E com’esser puot’anco,
Che tù, che se’ più che le nevi algenti,
Ed indurata, e fredda
Accendi nel mio cor fiamme sì ardenti?
Ma come posso anch’io,
Che senza vita sono
Amante non amato
Dar vita à te, che del mio duol sol vivi?
Ma se vita non hò morir non posso.
Hor chi sarà, che muoia
Al vibrar del mio ferro?
Morirà la mia doglia.
Ma d’essa priva, come
Viverà la mia Ninfa? ahi folle Alcone
Già non mancano amanti
A singolar beltade,
Nè mancano martìri
A barbara, ed altera crudeltade,
Fuggasi dunque homai,
Fuggasi dal mio petto

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Quel pensier, che non hà per sostenersi
Nè conforto, nè speme.
Salute, e speme è sol de gli infelici
Il non haver giamai speme, ò salute.
Fugace Galatea
La morte, ch’è ’l peggior di tutti i mali
Hoggi da me si brama
Per terminar le mie noiose pene.
E fia dolce il morire
Se amaro fù ’l languire;
Hor se bevesti di questi occhi il pianto
Per tuo maggior contento
Beva ancor questo ferro il sangue mio.
Questa l’ultima prova
Sarà del cor, che disprezzato sprezza
Desio di vita, questo
Sarà l’ultimo giorno,
Che ’l tuo fido Pastor cruda ti chiami.
Godi Ninfa crudele,
Poich’un sol colpo è quello,
Che toglie à te la noia, à me ’l dolore.
Flori.Ohime corriamo tosto.
Gala.Ohime, ch’egli è ferito.
Ma s’à tempo non fui
Di salvargli la vita
Ben sarò à tempo di morir con lui.
Flori. Fermati Alcon. non basta
A spogliarti di vita,
Questa mortal ferita?
Alco.Deh lascia Ninfa, ch’io raddoppi il colpo,
Nè creder, che ’l mio petto il ferro tema;
Che avezzo à le ferite
Le ferite non cura.

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Gala.Sedi ferir se’ vago
Ferisci questo sen; ch’egli è ben dritto
Che se no l’ punse Amore,
E no l’ ferì Pietade
Spietato ferro, e senz’amore ’l punga.
Alco.O celeste soccorso, ò stelle, ò Fato,
O benigno, ò pietoso Amor che veggio?
Flori.S’ei per te corre a morte
Opra almen tù non disperato mora.
Gala.Ahi Alcon così poco
T’è cara Galatea.
Così poco t’è grata
La tua non dico già, ma la mia vita?
Questa vita è la mia.
Tù dunque ciò, ch’è mio levarmi ardisci?
Vivi pur, vivi Alcone,
Deh vivi, acciòch’io viva.
E se pur mi vuoi morta
Con questo acuto ferro,
Con questa ardita, e disperata mano
Uccidi me del tuo morir cagione.
Alco. S’io son morto al gioìre,
Deh lascia ancor, ch’io mora
Cruda Ninfa al martìre.
Gala.Se non è la ferita
Com’io bramo mortale
Altra non è per farne
Questo ferro nemico, e non morrai.
Ah non cred’io, ch’Amore opri tal’armi.
Alco.Anzi per trar d’affanno un’infelice,
Men possenti, e men crude
Armi già non bisogna.

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Flori.Deh consolati à i detti
Di colei, che tant’ami;
Ch’ell’è fatta pietosa
De la tua lagrimosa empia sventura.
Gala.Alcon pur dirò mio
Bench’i’ sia tanto al perderti vicina
Credi a Floribia mia, s’à me non credi.
Alco.Prima di questo cor fiamma gentile
Se gli occhi mi piagaro
Mi risanano i detti.
O piaga avventurosa,
Piaga, che se’ vitale
In sembianza di piaga empia, e mortale.
O bellissima Ninfa, anzi pur Dea
Non senza alto voler d’amica stella
Fui vicino à la morte.
La tua somma bontà ben porge à tempo
Pietosissima aita
A questa mia ferita.
Gala.A la piaga d’amor già non credei.
Ma per virtù di questa
Piaga de la tua mano,
E quella, e questa io credo.
E s’al tuo pianto amaro
Vero sangue del cor non diedi fede
Ben credo à questo sangue,
Che dal tuo petto stilla;
Ilqual così d’amor, e di pietade
Dolcemente m’accende,
Che s’egli è sangue a gli occhi è fiamma al core.
Alco.Quant’hà Morte d’amaro
Queste amorose note han raddolcito.

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Se gradisci il mio sangue
Gradisci quel, ch’è tuo.
Gala.Per quell’amor io giuro,
E per questa ferita,
C’hà fatta l’alma mia
Serva del tuo bel volto,
Ch’à me stessa io non son cara cotanto
Quanto m’è caro Alcone.
Flori.Già de l’Alme curate
Son le ferite, resta
Solo il curar del petto la ferita.
Alco.Non è profonda molto
La ferita; perch’io
Temendo di ferir la bella imago
De la mia Galatea
Al cader de la man ritenni il colpo.
Flori.Feritor, e ferito
De la vittoria hor godi.
Alco.Ne la vittoria mia vinto rimango.
Gala.Di questo braccio amato
Fammi d’intorno al collo
Caro, e dolce monile,
E con l’altro t’appoggia
A la mia fida amica.
Così pian pian n’andremo
Al saggio Alfesibeo,
Ilqual come ben sai
E de la medic’arte alto maestro.
Questi sà del dittamo
L’incognita virtute; onde ben tosto
Sanerà la ferita.
Alco.Quest’amato sostegno

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M’è del viver più caro;
Ma tanto non son’io debile, ò stanco,
Ch’io non basti à condurmi
Al desiato albergo.
Hor prìa d’amor, di maritaggio in segno
Dammi de la tua destra il caro pegno.
Gala.Ecco la mano, ecco pur l’alma istessa.
A dar moto à la mano, a l’amor fede.
Flori.O coppia avventurosa.
Auspice Amore, e Pronuba son’io.
Alco.O bella, e cara mano
Hor prendi questi baci
Per vendetta di quelle,
Che mi facesti al cor dolci ferite.
Gala.Andiamo anima mia.
Flori.O di radice amara
Dolce, e gradito frutto,
O d’infausto principio lieto fine,
O gran virtù d’Amore
Come cangi in contento ogni dolore.