Saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del primo trentennio del secolo XIX/L'incendio della Basilica di S. Paolo

Da Wikisource.
L'incendio della Basilica di S. Paolo

../Il Teatro Valle ../Avvisaglie di rivolta IncludiIntestazione 27 luglio 2021 75% Da definire

Il Teatro Valle Avvisaglie di rivolta

[p. 58 modifica]


L'incendio della Basilica di S. Paolo.


La notte del 15 luglio 1823 resterà per sempre nefasta nella storia dell’arte; un terribile incendio, sviluppatosi per ragioni non bene precisate, pose termine in poche ore all’esistenza dell’antichissima Basilica di S. Paolo. I chierici, i sacerdoti ed i domestici, che in quel tempo si trovavano nell’annesso monastero, dopo che i due stagnari, che in quel giorno avevano lavorato sul tetto della grande navata, ebbero interrotto il lavoro, ritornandosene a Roma, s’erano ritirati nelle proprie camere, senza che il minimo timore di disgrazia li tenesse agitati, ed avevano preso riposo. Verso quattr’ore di notte (mezzanotte) mentre più profondo era il sonno dei poveri addormentati, un forte picchiare alla porta ed un gridare ed un chiamare alto ed insistente fece precipitare dal letto i pochi inquilini del Monastero di S. Paolo [p. 59 modifica]fuori le mura. Era il buttero1 del mercante Giuseppe Perna, il quale, custodendo in quella notte il bestiame nel prato sotto le mura del Monastero, aveva veduto sopra il tetto grande della Basilica uno scintillio di faville, e, senza frapporre indugio, era corso a battere al portone del Monastero e a gridare sotto le finestre, avvertendo tutti i domestici del gran pericolo che loro sovrastava. «Ad un siffatto avviso, l’ortolano Pietro Battisti scese subito all’orto, e avendo veduto che ardeva la testata della trave, ove nella giornata precedente avevano lavorato gli stagnari, immediatamente spedi il garzone, perchè di tutta fretta avvertisse il Capo mastro muratore, i monaci di S. Callisto e chiunque avesse incontrato per via, onde avere sollecitamente aiuto e gente da opporsi all’incendio. Frattanto però il detto ortolano con i due preti e i due chierici si portarono nella Chiesa, e procurarono di fare un qualche argine al fuoco divoratore: due dei medesimi, con sommo rischio della vita, si recarono sul campanile per sonarvi le campane a martello, onde sollecitare gli aiuti, gli altri cercarono di salvare qualche arredo sacro, o di chiudere l’adito alle fiamme, che con tutta rapidità minacciavano d’investire i due cori, ed il Monastero: il garzone non fu tardo dal canto suo ad avvertire dell’imminente pericolo le guardie della porta della città, sicché fu dal caporale dei soldati spedita con tutta sollecitudine una guardia alla Piazza, ai Pompieri, alla Cavalleria. Infatti alle ore sei e mezzo giunsero in S. Paolo sei pompieri con una pompa e senza prendere il minimo riposo, subito si accinsero a porre in opera quei ripari che credettero più opportuni per togliere alla violenza del fuoco ciò che per anco non era divenuto sua preda». Il disastro era però ormai completo. Il tetto era caduto fragorosamente, facendo inorridire dallo spavento i pochi presenti, e cagionando la rovina di un muro laterale della gran navata e di quasi tutte le meravigliose e superbe colonne che formavano l’ammirazione di quel tempio; [p. 60 modifica]la porta dì bronzo, meraviglia dell’arte, si era fusa aggiungendo maggior orrore alla notte funesta col mandar fuori dagli architravi fumanti fiamme gravide di minaccia e di spavento. Poche cose insomma erano restate in piedi del prezioso tempio e di queste nei giorni seguenti gran parte andò precipitando miseramente e lentamente. La notizia recò per ogni dove una grande sorpresa e dolore, e la salute del Papa, che in quei giorni teneva tutti in agitazione, passò in seconda linea; il discorso che ricorreva più doloroso ed insistente sulle labbra di tutti era sempre quello dell’irreparabile perdita. Una calca muta di popolo si recò a vedere ed a piangere e per vari giorni seguitò il muto e doloroso pellegrinaggio. La sciagura venne tenuta celata al vecchio Pontefice Pio VII. In vista della pericolante sua vita, e, quando un mese dopo mori e venne eletto in sua vece Leone XII, liberati dallo sgomento del primo momento, tutti rivolsero il loro pensiero a far risorgere dalle ancor fumanti rovine l’antica Basilica. Bisogna pur confessarlo, tutti, dal Papa al più umile cittadino, con nobile slancio, concorsero, col loro obolo, affinchè la Basilica risorgesse e presto sulle ceneri della vecchia e nell’antica sua forma, L’esausto erario pubblico non potè concorrere che per una piccola quota, ma i privati tutti, nobiltà e clero, ricchi e poveri, Romani e stranieri, tutti fecero a gara per concorrere col loro obolo, sia pur meschino, alla risurrezione del meraviglioso tempio al Dottore delle genti.

Cosi ben presto cominciarono a risorgere le belle colonne, ed il nuovo tempio cominciò a delinearsi sotto gli occhi ammirati dei Romani più bello di prima: l’arte si vendicava.

Davanti a tale disastro immane e lagrimoso, suscitò non poco riso il provvedimento escogitato dalla Curia poco dopo. Si era purtroppo costatato che nessuna cura veniva impiegata nella custodia dei monumenti e delle Chiese, e si aspettava di giorno in giorno qualche rimedio che valesse a ridare la fiducia perduta, ma questo rimedio non venne, ed invece nel dicembre 1824 la Curia ebbe la bell’idea di emanare un editto minacciante forti multe contro quei che facessero irriverenze intorno alle Chiese. Il giorno otto dello stesso mese vennero inflitte con grande schiamazzo un numero infinito di multe dì Lire 5, e tanto fu il tumulto che si dovette ricorrere a porre sulle [p. 61 modifica]porte delle Chiese le guardie svizzere per far osservare gli ordini emanati sul rispetto delle medesime. A delineare meglio questa comica situazione chiudo con un curioso aneddoto stralciato dal Diario.

27 dicembre 1824. — «In seguito d’un editto pubblicato giorni sono dal Card. Vicario sul rispetto delle Chiese e particolarmente sul vestiario delle donne che ci vanno, sono seguite nelle Chiese delle scene curiose, e fra le altre ieri avendo la Contessa Montani nata Buonaccorsi (Signora delle più Pie ed esemplari di Roma) condotta a S. Maria in Via una sua bambina di 5 anni, che parve al chierico non vestita convenientemente, questi la obbligò a farla sortire di Chiesa e si espresse che anche la madre avrebbe meritato n simile trattamento».

Con questi energici provvedimenti le Chiese non correvano più alcun serio pericolo, ogni precauzione era presa.


Note

  1. Vedi Diario di Roma 25 luglio 1823. — Relazione esatta e veridica delle circostanze che precedettero il fatale incendio della Basilica di S, Paolo fuori le mura.