Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli (1920)/XXIII. Tenzoni di rimatori perugini/VI. Tenzone tra un ignoto e ser Cecco Nuccoli
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VI
TENZONE TRA UN IGNOTO E SER CECCO NUCCOLI
I
I — IGNOTO
Racconta al Nuccoli un caso occorso al suo Trebaldino.
Ser Cecco, vòle udire un novo incialmo?
Quando, dopo colui, bevve a quel nappo
Trebaldin tuo, un serpe i diè di grappo
4in sii nel naso, per maggiore spalmo.
Puoi ci sputò, e disse un cotal salmo;
allor diss’eglie: — S’io da questa scappo,
en simel caso giá mai non rincappo,
8se tu mi dessi di fiorini un palmo. —
Toccando se n’andava cosí ’l naso,
pensando tra se stesso averlo mozzo,
11guardando ancor s’el sangue era rimaso.
Allor diss’io: — Quest’è ben atto sozzo! —
né non vorria veder si fatto caso:
14en pria me gittarebbe giú in un pozzo.
I
2 — SER CECCO
Risponde oscuramente parlando di certi suoi guai.
La verde fronda, ch’io porto sul palmo,
si me ricovre quel, ch’io in acqua zappo;
né ’n tal vagheggio non cadde mal trappo,
4ma per iscusa fo questo timpalmo.
Donna liggiadra, per lo cu’ amor scalmo
si mia persona, ch’io dicer non sappo;
e vesti cotal donna novo drappo;
8 dimora al monte lá, u’ vo ispesso calmo.
Ed hammi d’allegrezza si ’l cor raso,
ch’ira e melenconia porto in gozzo
11 quand’io non veggio el monte de Parnaso.
Ed ogne mal mi dá ’ncontro di cozzo;
ma sempre Amor ver’me destende el passo,
14 ond’i ’ annegar vorrebbe entro’n un lozzo.