Sospirava e spargea

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Giovan Battista Marino

XVII secolo Indice:Marino Poesie varie (1913).djvu Letteratura VIII. Cristo smarrito Intestazione 9 settembre 2023 100% Da definire

Or l'ingegno e le rime E cosí, dunque, ornata
Questo testo fa parte della raccolta Poesie varie (Marino)/Versi morali e sacri


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viii

cristo smarrito

     Sospirava e spargea
largo di pianto un fiume
la Dea, la vera Dea,
madre di vero nume,
ricercando il suo core,
il suo smarrito e fuggitivo Amore.
     Iva la Verginella,
qual tortora solinga,
di questa parte in quella,
peregrina e raminga,
de la sacra cittade,
scorrendo or qua, or lá tutte le strade.
     La valle, il piano, il colle
spiò dentro e d’intorno,
e fe’ spesso, qual folle,
donde partí ritorno;
giá seco afflitto e stanco
il santo vecchierel traendo il fianco.
     Tre volte il Sol da l’Orto
rinacque e tre morío,
da poi che ’l suo conforto
dagli occhi suoi sparío;
stende il passo, il piè move
con sollecita cura, e non sa dove.
     Poiché la terza aurora
vide uscir degli Eoi,
né spuntar vide ancora
il Sol degli occhi suoi,
anelando e piangendo
volse i bei lumi al ciel, cosí dicendo:

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     — Oh Dio, chi mi nasconde
il vago, ond’io sospiro?
Il chiamo, e non risponde;
il cerco, e nol rimiro.
Chi l’abbraccia e l’accoglie?
chi ’l contende a quest’occhi? e chi me ’l toglie?
     Oimè, che ’l cor si strugge
infra sospetto e spene!
Lo spirito mi fugge,
fuggito ogni mio bene.
Sparito è il mio trastullo;
perduta ho, lassa! il mio divin fanciullo.
     O figlie di Sionne,
ch’errando ite per via,
voi vergini, voi donne,
voi prego in cortesia,
date, datemi aviso
dove tanto splendor fa paradiso.
     Narrategli il mio pianto
e la mia morte viva;
ditegli come e quanto,
abbandonata e priva
del suo celeste sguardo,
di dolore e d’amor languisco ed ardo.
     Forse non conoscete
il mio sposo, il mio figlio?
se pur qual sia chiedete,
è candido e vermiglio:
non ha bellezza eguale,
lingua, penna o pensier tanto non sale.
     Di colomba amorosa
ha le luci divine,
ha le labra di rosa,
ha d’ambra e d’oro il crine;
appo le guance intatte
fôran vil paragon porpora e latte.

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     Anima sconsolata,
perché non rompi il laccio,
che qui ti tien legata,
e non ne voli in braccio
a lui, veloce e lieve,
ch’aspettar colassú forse ti deve?
     Deh! perché parlo a l’alma,
s’ella non è piú meco,
e fuor di questa salma
in lui vive, ei l’ha seco;
anzi, dipoi ch’io ’l crebbi,
altra mai, che lui solo, alma non ebbi!
     Ma tu, dolce diletto,
pupilla amata e cara,
tesoro pargoletto
di questa vita amara,
deh! per qual strano caso
da le viscere tue stai sí lontano?
     Chi teco, oimè, m’invola
ogni mia gioia e pace?
Lassa! e chi mi consola,
se tu, mio ben verace,
a me non ti riveli?
Dimmi, dimmi, ove sei? perché ti celi?
     qual da me ti diparte
secreto e chiuso loco?
Cercherò, per trovarte,
terra e cielo, acqua e foco,
e ne l’inferno andrei,
s’inferno esser potesse ove tu sei.
     Torna, deh, torna almeno,
o mio gradito pegno!
Come da questo seno,
giá tuo nido e sostegno,
s’Amor punto ti punge,
dolce sospiro mio, viver puoi lunge?

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     Ahi! di cui mi lamento,
forsennata ch’ io fui!
ch’io non devea momento
trar mai, lunge da lui.
Oh mal cauto Giuseppe,
che guardar tanto ben meco non seppe!
     Tu ’l guarda, o sommo Padre,
tu, difensore eterno;
e voi, celesti squadre,
con pietoso governo,
tra le nemiche frodi
del vostro e mio Signor siate custodi! —
     Vergine, a che ti lagni
che ’l tuo ben ti sia tolto?
S’or da lui ti scompagni,
lassa, non andrá molto
ch’andrai mesta e dolente,
sol perché ti sará troppo presente.
     E perché piú, com’oggi,
da te non si divida,
fra solitari poggi
e fra turba omicida,
con immobili piante
staratti affisso ed inchiodato avante.
     Allora in odio avrai
e la luce e la vista,
quand’offrir ti vedrai
imagine sí trista,
senz’alcun’ombra o velo,
se per pietá non la ti copre il cielo.
     Pur langue intanto e manca
a diva Genitrice;
ma ecco, mentre stanca,
tapinella infelice,
a caso al tempio riede,
assiso infra’ rabini il figlio vede.

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     Sí come quando appare
a legno che vacilla
in tempestoso mare
face destra e tranquilla,
sparve ogni nebbia grave
de la sua stella al lampeggiar soave.
     Chi poría dir la festa
de la trovata dramma?
chi di quell’alma e questa
e l’una e l’altra fiamma?
chi l’accoglienze e i baci?
Musa, se nol sai dir, contempla e taci!