Sotto il velame/Le tre fiere/VIII
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VIII.
Ma il mal del prossimo lo fa anche la violenza! Anzi chi depreda e uccide è punito nella riviera di sangue; sotto il segno, che ho posto, del leone!1
Omicide e ciascun che mal fiere,
guastatori e predon, tutti tormenta
lo giron primo
del primo cerchietto. Se la lupa è l’avarizia divenuta malizia, quest’avarizia maliziosa è raffigurata anche nel leone; e dunque il leone è la lupa. Così può dire alcuno. E rispondo: sì: in vero assomigliano. Famelico il leone, famelica la lupa; terribile in vista il leone, terribile dalla vista la lupa. E rispondo: sì: in vero il leone è dentro la lupa. Come no? guardate: dove è il leone? Dice Dante all’ombra apparsagli:
Vedi la bestia, per cui io mi volsi.
La spiegazione è semplice e chiara. Se la lupa fosse puramente avarizia, figurerebbe un disordine nell’appetito sensitivo, che invece d’essere sommesso alla ragione, vincesse e sommettesse la ragione. La ragione nei peccati d’incontinenza è come non sia: non opera. Se la lupa fosse violenza, oltre il disordine nell’appetito sensitivo, avrebbe un disordine anche in altra potenza dell’anima. In quale? La violenza è compresa nella malizia, di cui ingiuria è il fine. Il fine è l’obbietto della volontà. La volontà dunque entra nella violenza. Ella corre, però, al fine “con ordine corrotto„2 cioè al contrario di ciò che è il suo fine, cioè non al bene, ma al male; e perciò è malizia. Ma insomma la violenza ha un disordine di più che l’incontinenza; quello della volontà. Non ancora un altro? No, perchè la violenza non è dell’uom proprio male, come la frode; questa sì, ha come il disordine nella volontà, perchè è specie di malizia, così il disordine nell’intelletto, perchè persegue un male che solo l’uomo può fare, mediante ciò che più propriamente lo distingue dai bruti: con l’intelletto. Ma la lupa è la frode, come io credo d’aver provato. E riproviamo ancora. La lupa è la frode, e perciò deve rappresentare in sè un disordine nell’intelletto e un altro nella volontà; e un terzo anche, quello nell’appetito. Perchè? Perchè ella è embrionalmente avarizia, peccato d’incontinenza. Ebbene la lupa rappresenta in sè questi tre disordini? Sì, e nel modo più evidente; sì, perchè ella sola rimane, perchè le tre fiere divengono all’ultimo “la bestia„. Ella è l’incontinenza, la violenza e la frode insieme; incontinenza, perchè appetisce fuor d’ordine il bene suo; violenza, perchè ha per fine l’ingiuria cioè il male altrui; frode, perchè questo male lo fa con artifizi propri solo dell’uomo. Ella figura un disordine nell’appetito, come quella che è avarizia; un disordine nella volontà, come quella che ha un fine e questo fine è il male e non il bene; un disordine nell’intelletto, come quella che ne profitta per adempiere il male altrui che vuole, e ottenere il suo bene che appetisce. Il leone è dunque la lonza, più la mala volontà; la lupa è il leone, più l’intelletto. E così quando apparisce il leone, sparisce la lonza:3:
sì che a bene sperar m’era cagione
di quella fiera alla gaietta pelle
l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì, che paura non mi desse
la vista che m’apparve, d’un leone,
La lonza resta lontana; non se ne parla più, come non si parla più del leone, quando apparisce la lupa. Chè questa è una e trina, come appunto Gerione a cui equivale, come appunto Lucifero che mandò Gerione o si mutò in Gerione per tentare Eva, e dipartì dall’inferno questa pessima fiera o in lei si mutò.
È una e trina. Chi la ucciderà o ricaccerà nell’inferno è il suo contrario. Il veltro non ciberà terra, come la lupa. Il veltro non ciberà peltro come la frode. Egli ciberà "sapienza e amore e virtute„. Non è come dire che la lupa ha il contrario di queste tre qualità? Quali sono esse? Non somigliano ai nomi delle tre persone divine?
La divina potestate,
la somma sapienza e il primo amore.4
Non vuole il poeta dire che il veltro sarà simile a Dio? ritrarrà da Dio da cui ha da venire? E così la lupa rassomiglierà al Perverso che cadde di lassù, e ha tre capi come Dio ha tre persone: il vermiglio amor del male in mezzo al bianco e giallo appetito del proprio bene e al nero intelletto che serve al tristo fine dell’ingiuria.
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