Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo II/Libro IV/Capo VII

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Capo VII - Medicina

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Capo VII.

Medicina.

I. Fra le scienze, del cui progresso furono singolarmente solleciti gl’imperadori cristiani, deesi annoverare la medicina, a cui essi assai più saggiamente provvidero che gl’imperadori gentili de’ secoli trapassati. Io non trovo che in addietro stabilito fosse per legge che niuno potesse esercitare la medicina, se prima non dava pruove del suo sapere; anzi abbiam udito Plinio il Vecchio di ciò appunto dolersi, che a chiunque vantavasi di esser medico, si aveva fede [p. 681 modifica]QUARTO ()8f senz* altro. Valentiniano 1 promulgò intorno a questo punto alcune utilissime leggi l’anno 368, che veggonsi ne’ Codici di Teodosio e di Giustiniano (Cod. Theod. l. 13 tit. 3 lex 8; Cod. iustin. l. 10, tit. 52, lex 9, 10). In esse egli comanda che in ciascheduno de’ quattordici rioni di Roma vi abbia un medico che dal pubblico sia mantenuto a servigio de’ poveri; che quando un di essi venga a mancare, sette almeno degli altri facciano diligente esame di chi gli debba essere sostituito; e a questa legge allude Simmaco in una sua lettera a Teodosio (l. 10, ep. 40), in cui gli espone ciò che tutto il collegio de’ medici avea deciso in una controversia insorta per l’elezione di un nuovo medico; ordina inoltre che questi medici, ricordevoli dello stipendio loro assegnato, amino meglio di servire a’ più poveri, che di assistere per vergognosa ingordigia a’ più ricchi; che finalmente essi possan ricevere dagl’infermi ciò che questi essendo sani avran loro offerto, ma non ciò che nel pericolo della lor malattia avranno loro promesso. Leggi degne veramente di un cristiano e prudentissimo imperadore. Inoltre molti degl’impera dori medesimi confermarono loro que’ privilegi di esenzioni e di onori che da’ precedenti sovrani erano stati loro conceduti (Cod. Theod. ib. lex 10; Cod. justin. ib. lex 6, 9, Juliani. Op. p. 398). Ma tutte le leggi e tutti gli amplissimi privilegi non bastarono a formare in Roma un medico di cui rimanesse a’ posteri illustre fama; che i privilegi e le leggi non sono abbastanza efficaci a risvegliare l’amor delle scienze quand’esso già [p. 682 modifica]68a libro da lungo lempo si è estinto, e la condizione infelice de’ tempi non permette sì facilmente di ravvivarlo. II. Nè solo non troviam tra’ Romani alcun celebre medico, ma nemmeno tra gli stranieri , che di questi tempi furon famosi in quest’arte, non ne veggiamo alcuno fissare in Roma la sua dimora. Oribasio nativo di Pergamo in Asia fu caro assai all’imperadore Giuliano, e fu forse il medico che avesse a quest’epoca maggior nome; ma non vi è argomento a provare ch’egli soggiornasse mai in Italia. Anche tra quelli che scrissero latinamente di medicina, non vi ha forse alcuno che si possa credere vivul o in Italia. Marcello soprannomato l’Empirico, nativo di Bourdeaux nelle Gallie, visse in Oriente alla corte di Teodosio il Grande, di Arcadio e di Teodosio il Giovane. Prima di lui fiorì Vindiciano medico di Valentiniano I. Ma egli era africano, e vivea in Africa , come raccogliesi singolarmente da S. Agostino che ne dice gran lodi (Confess. l. 4, c. 3; l. 7, c. 6). Africano ancora fu probabilmente Teodoro Prisciano, poichè confessa di aver avuto il suddetto Vindiciano a suo maestro. De’ quali e di alcuni altri medici di questi tempi, e de’ loro libri, oltre la Storia della Medicina di Daniello le Clerc (part 2, l. 4, sect. 1, c. 23), veggasi il Fabricio (Bibl. lat. l. 4 ,c. 12). S. Girolamo fa menzione di un certo Flavio che a’ suoi tempi avea in versi latini scritti alcuni libri di medicina , ma non dice onde egli fosse natìo, e dove vivesse (l. contra Jovinian.). [p. 683 modifica]QUARTO G83 III. I soli medici de’ quali ci sia rimasta notizia che vivessero in Roma, sono alcuni rammentati da Simmaco. Tra essi ei fa grandi elogi di Disario, dicendo (l. 3, ep. 39) ch’egli aveva a ragione il primo luogo tra tutti i medici. Era nato d’Aquitania, come dallo stesso Simmaco si raccoglie, il quale racconta (l. 9, ep. 43) quanto spiacevole fosse a tutti la risoluzion da lui presa di tornarsene alla sua patria. Di Disario fa menzione onorevole anche Macrobio, cl.e lo introduce tra gl’interlocutori de’ suoi Dialogi, di cui dice con una smoderata, ma a questi tempi non insolita, adulazione, che sapeva al pari della natura medesima creatrice ciò che a’ corpi umani meglio si convenisse (l. 7 Saturn, c. 4)- Simmaco rammenta ancora Eusebio valorosissimo tra’ medici (l. 2, ep. 18), e Dionigi, a cui egli scrive (l. 9, ep. 4)j raccomandandogli alcuni giovani che da lui apprender doveano la medicina; ed Epitteto finalmente e Giovanni, da lui nominati nella sopraccennata lettera a Teodosio. Ma di niun di questi sappiamo che cosa alcuna scrivesse appartenente alla sua scienza. E generalmente parlando, ci convien confessare che niun medico ebbe a questi tempi Roma e l’Italia, di cui rimanesse a’ posteri qualche onorevole monumento.