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Storia di Torino (vol 2)/Libro V/Capo VI

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Libro V - Capo VI

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Libro V - Capo V Libro VI
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Capo Sesto


Via dell’Arcivescovado. — Arsenale. — Arcivescovado. — Chiesa della Visitazione. — Opera della Provvidenza. — Palazzo de’ marchesi di Cavour. — Palazzo dei conti Piossasco di Rivalta, ora dei marchesi Lucerna di Rorà. — Monache adoratrici del Santissimo Sacramento. Breve storia del loro instituto.


In fine della piazza che s’intitola dal Mercato delle Legna, presso agli olmi annosi che ombreggiano la passeggiata della cittadella, comincia una terza via, quella dell’Arcivescovado.

A destra levasi l’ampia mole dell’Arsenale, insigne fra molte. La fonderia de’ cannoni era in piazza Castello, nei casamenti che ingombravano la piazza Reale. Carlo Emmanuele ii la trasferì nel sito di cui parliamo, e cominciò la fabbrica; Vittorio Amedeo ii la continuò; Carlo Emmanuele iii la riformò sul disegno del commendator De-Vincenti, capo del [p. 638 modifica]Corpo Reale d’Artiglieria. Fu proseguita ai tempi di Vittorio Amedeo iii e di Carlo Felice. Manca tuttavia la porta di cui abbiam veduto un bel progetto di S. A. R. Ferdinando, duca di Genova.

A’ tempi di Vittorio Amedeo iii il conte di Borgaro ha fatto formare una magnifica sala d’armi antiche, e in disuso, pittorescamente aggruppate, secondo i disegni di Bernardino Galliari.

L’Arsenale è uno di quegli edilìzi la cui minuta descrizione ricercherebbe un libro intiero, e però noi staremo contenti allo averne accennato l’origine, ed al ricordare il laboratorio chimico metallurgico fondato nel 1757 dal cavaliere Nicolis di Robilant, ed il monumento di bronzo, fuso dal Conterio, statovi non son molti anni eretto in onore di Pietro Micca.1

Nell’isola che sta di fronte all’Arsenale è l’arcivescovado, che fu già casa de’ preti della Missione, e venne nel 1776 dal re Vittorio Amedeo iii ceduto agli arcivescovi pro tempore. Abbiamo già notato siccome dopoché Emmanuele Filiberto occupò il palazzo degli arcivescovi, questi non aveano avuta più sede fissa.

Monsignor di Rorà, al tempo del quale si fe’ detta cessione, abitava nel palazzo dei conti Perrone, e primo a pigliare stanza nella casa della Missione fu monsignor Costa d’Arignano, poi cardinale.2

Sul fine della seconda isola sono il monastero e la chiesa della Visitazione. Il monastero fu fondato [p. 639 modifica]I’anno 1638 per cura di donna Matilde di Savoia da Santa Giovanna Francesca Fremiot di Chantal.3

La chiesa fu costrutta nel 1661 sui disegni del Lanfranchi.4 Quando cominciarono i lavori era superiora Maria Teresa Valperga; mancala la medesima di vita, si compì l’opera sotto al governo di Maddalena Elisabetta di Lucinge. Giovanni d’Aranthon, vescovo di Ginevra, pose la prima pietra.

La chiesa è piccola, ma graziosa, con tre altari; ed è da notarsi come il Lanfranchi servisse assai meno degli altri al gusto del secolo nemico delle semplici e non ricercate bellezze, come appare dalle tre chiese da lui edificate a Torino (San Rocco, la Basilica, la Visitazione).5

Sotto all’altar maggiore di questa chiesa è una cameretta dove giacciono le spoglie mortali di donna Matilde di Savoia e de’ suoi discendenti marchesi di Simiana e di Pianezza.

La chiesa della Visitazione, chiusa ne’ primi anni del governo francese, fu riaperta solennemente il giorno dell’Ascensione del 1804.

Ora le monache di S. Francesco di Sales sono allogate nel monastero di Santa Chiara, e l’antica loro stanza è posseduta dai preti della Missione, de’ quali terremo discorso quando si parlerà della loro chiesa della Concezione.

In faccia alla chiesa della Visitazione s’apre il ritiro della Provvidenza; Augusto Renalo Birago, [p. 640 modifica]conte di Borgaro, die’ grosse somme onde acquistar questa casa e adattarla all’educazione delle fanciulle. Epperò nel 1746 gli fu posta nella cappella un’iscrizione che ricorda il benefìcio. Un’altra iscrizione rammenta le beneficenze d’Emmanuele dei principi Valguarnera.

L’Opera della Provvidenza ebbe principio privato, come lo ebbero le migliori instituzioni di questo genere nel secolo xvii. Nel 1735 Carlo Emmanuele ii l’accolse sotto la sua special protezione. Nel 1752 fu ricostrutto l’edificio co’ disegni dei conte Alfieri, ampliato poi nel 1826 coi disegni del cavaliere Talucchi.

Nella quinta isola a destra s’incontra il palazzo de’ marchesi di Cavour; fu costrutto nel 1729, sul disegno dell’architetto Planteri, dal marchese Michele Antonio, il quale riportò poscia alla battaglia di Guastalla una gloriosa ferita, e giunse al supremo onore di cavaliere dell’Annunziata.

Sul fine dell’isola che gli sta di fronte a sinistra si trova il bel palazzo de’ marchesi di Rorà stato edificato negli anni 1779-80-81 dal conte Baldassarre Piossasco di Rivalla6 sul disegno del conte Alfieri.7

Continua questa via allato alla Madonna degli Angioli, e poi lungo il giardino pubblico passa dinanzi allo stupendo Anfiteatro anatomico, varca la piazza dell’Esagono, e trova quindi a destra la chiesuola [p. 641 modifica]delle Adoratrici perpetue del Santissimo Sagramerito, delle quali ci converrà addurre qualche breve notizia.8

Gli oltraggi che si fanno a Gesù sotto le specie dell’Eucaristico Sacramento non solo dagli eretici, ma più ancora dai cattivi cristiani, fecero nascere ab antiquo il pensiero destituire solenni espiazioni di tali misfatti. Fin dal secolo xiii fu stabilita pertanto la festa del Sacramento, di cui S. Tommaso d’Aquino compose l’ufficio; e verso gli stessi tempi altre feste particolari d’espiazione e riparazione per ammenda di scandali più clamorosi vennero introdotte in alcune parrocchie di Parigi.

Il medesimo pio pensiero governò la fondazione d’un monastero d’Agostiniane a Marsiglia, fatta da un padre Domenicano, e quella della congregazione delle Benedittine dell’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento, opera di Caterina Bard; ambedue nel secolo xvii.

Le Adoratrici perpetue di cui ci facciamo a parlare non hanno di comune colle antiche da noi mentovate fuorchè la santa intenzione di rendere al divin Sacramento un culto perenne di lode e di adorazione diurno e noi turno.

Instituivale suor Maria Maddalena dell’Incarnazione (Caterina Sordini), nata a Porto Santo Stefano, badessa del monastero dei Ss. Filippo e Giacomo in Ischia (ducato di Castro), del terz’ordine di [p. 642 modifica]S. Francesco; instiluivale in Roma nel 1807, epoca in cui la miscredenza avea fatto maggiori progressi, in cui perciò era quanto opportuno, altrettanto difficile e pericoloso di stabilire una nuova comunità religiosa col fine speciale di riparare con verginale continuo tributo d’amore ed ossequio ai disprezzi fatti ai Sagramento. E quella Provvidenza che inspira la mente e infiamma il cuore de’ suoi eletti, fin di Spagna e di Portogallo trasse le gravi somme necessarie a fondare quel religioso instituto, a cui non mancò per affinarlo il fuoco delle tribolazioni.

Diedero le Adoratrici principio ai divoti loro esercizi nel convento dei Ss. Giovacchino ed Anna, alle quattro fontane. Cacciate poco dopo da Napoleone, vi tornarono e vi fecero solenne professione nel 1818. Nel 1839 si trasferirono al monastero di Sant’Anna al Quirinale.

Intanto la fondatrice era passata di vita con grande opinione di santità il 29 novembre 1834; ma il suo spirito si mantenne fervoroso tra le divote sue figlie, onde l’istituto non tardò a propagarsi. Già nel 1839 alcune pie dame torinesi, dirette dal teologo Rondo, aveano in pensiero d’ordinare in quest’augusta città una società per l’adorazione del Santissimo Sacramento. Il conte e la contessa Solaro della Margarita avendo conosciuto ed apprezzato in Roma le Adoratrici perpetue, consigliarono che si deducesse in [p. 643 modifica]questa capitalo una colonia di quelle sacre vergini. Fu gradito il pensiero, il quale per liberalità del Re, e co’ sussidii che mai qui non mancano della pietà privata, e massime della signora marchesa di Barolo, potè sollecitamente recarsi ad effetto; in ottobre dell’anno medesimo qui giunsero suor Cherubina della Incarnazione, superiora delle Adoratrici, con tre compagne e col confessore, e furono poco dopo seguitate da altre cinque.

Nel giorno dell’Epifania del 1840 si die principio alla solenne esposizione del Sacramento ed all’osservanza religiosa. Ora la prima angusta sede si è per notabili ingrandimenti ampliata; ed un tempio assai più degno della maestà del Dio che dee ricever omaggio di perenne culto da stuolo di vergini elette, è stato costrutto al sud di quest’isola stessa col disegno dell’architetto cavaliere Alfonso Dupuy.9

La via che chiamano dei Carrozzai riesce ai giardini pubblici. Al di la de’ giardini pubblici, ora rinfrescati da una fontana, ingentiliti da una rotonda che serve ad uso di caffè, bel pensiero architettonico del signor Panizza, move in sul finir della piazza del Mercato la via di S. Lazzaro, nella quale è il prospetto della nuova chiesa del Sacramento, e che procede parallela alle vie dei Tintori (prolungamento di quella del Soccorso), dello Spedale e dell’Esagono, fino al viale Lungo Po.

Della chiesa di San Lazzaro, già cimitero, ed ora [p. 644 modifica]succursale della Madonna degli Angioli, che si trova sul finire di questa via, abbiamo già fatto parola.

Ultima verso il meriggio delle vie che scendono fino al Po è quella di Borgo Nuovo, che comincia all’ultima isola della via de’ Conciatori; sebbene non tarderà a diventare una vera strada anche il viale che si chiama Strada del Re, che da un lato già vede levarsi un filare di case più o meno gentili. Nella via di Borgo Nuovo, in fine della seconda isola si è costrutto un bello e capace teatro dal signor cavaliere Odoardo Della-Marmora.

Lo spazio compreso fra i giardini pubblici, la Strada del Re ed il Po forma propriamente il Borgo Nuovo, che è come una nuova città sorta durante il felice regno di Carlo Alberto. Se non può adornarsi ancora di memorie storiche, è tanto più gentile pe’ varii graziosi aspetti de’ casamenti e dei giardini, che interrompono gradevolmente l’uniformità delle fabbriche, rinfrescano l’aria, riposano l’occhio, e che pure a poco a poco s’andrebbero, col crescere della popolazione, diradando, come è accaduto nella città antica, se una cerchia di mura e di bastioni impedisse tuttavia l’allargarsi nella bella pianura che ci si stende dinanzi.


Note

  1. [p. 649 modifica]V. maggiori particolarità sulla condizione presente di questo magnifico stabilimento nella Descrizione di Torino, del chiarissimo cavaliere Davide Bertolotti.
  2. [p. 649 modifica]Morto il 16 di maggio del 1796. Avea vietato, come il suo predecessore monsignor di Rorà, che si conciasse con balsami il suo corpo. Non fu obbedito perchè non si lesse subito il testamento. — Cerimoniale degli arcivescovi.
  3. [p. 649 modifica]Saccarelli, Vita di Giovanna Francesca Fremiot di Chantal, 288.
  4. [p. 649 modifica]Nota del Vernazza, che cita la Descrizione, stampata contemporanea, dei funerali del gran cancelliere Morozzo.
  5. [p. 649 modifica]Nella chiesa della Visitazione si conserva una pietra scritta su cinque lati, uguale a quella che fu posta nei fondamenti, e dice così:

    D. O. M.
    IESV C. DEI FILO
    MARIAE V. DEI MATRI
    IOSEPHO VIRG. SPONSO
    ET
    B. FRANCISCO DE SALES
    PATRI OPTINO

    [p. 650 modifica]

    VISITAT. B. V. TEMPLO
    SVB MARIA TERESIA VALPERGA
    INCOEPTO
    MAGDALENA ELISABETH DELVSINGE
    PRIMVM ET VLTIMVM LAPIDEM P.
    ANNO D. MDCLXI ALEX. VII A. VII



    AVSPICIIS
    MAGNAE CHRISTIANAE FRANC
    MATRIS
    FELICISSIME REGNANTE
    CAROLO EMAN. II
    SAR. DVCE CYPRI REGE



    DOMINVS
    FIRMAMENTVM MEVM



    PONEBAT
    IOANNES DE ARANTHON
    DAEALEX
    EPISC. GEBENN. ET PRINC.

  6. [p. 650 modifica]Notizia favoritami dalla cortesia del signor marchese Lucerna di Rorà.
  7. [p. 650 modifica]Guida di Torino del 1781.
  8. [p. 650 modifica]La nuova chiesa che si sta costruendo sull’angolo delle due vie di S. Lazzaro e del Belvedere, è dedicata a San Francesco di Sales, e più particolarmente destinata al culto delle RR. Madri dell’Adorazione perpetua del Santissimo Sacramento.
    Forma esteriormente un gran corpo rettangolo d’ordine corinzio, su cui si leva un basamento ottagono che sorregge il tamburo del tempio, e quindi la grande cupola terminata da elegante lucernario. La facciala ha un pronao di sei colonne appoggiate ad una gradinala larga quanto il pronao stesso, e sormontala da un frontone decorato di bassorilievi. Il fianco ripete euritmicamente, ma a semplici pilastri, le decorazioni della facciata, soslitituito al frontone un semplice parapetto a balaustri.
    L’aspetto n’è pertanto vario, ed insieme armonico e piramidale. [p. 651 modifica]L’interno mostra una rotonda intersecata da una croce, ai quattro capi della quale s’alzano quattro grandi ai coni sorreggenti la cupola.
    L’arcone che s’apre di fronte alla porta d’entrata costituisce I’ apertura del santuario o presbiterio, dietro il quale il gran coro delle monache, elevato all’altezza dell’interno basamento, di forma elittica, sostenuto da colonne, coperto d’una semicupola con particolare lucernario; i due arconi laterali formano due grandi cappelle.
    Fra i quattro arconi corrono diagonalmente quattro aperture a piattabanda, terminanti con piccole absidi, illuminale da particolari piccoli lu cernarii. Una di esse dà l’accesso alle sagrestie, e ad una porta sussidiaria di uscita; l’altra serve agli usi della vestizione delle monacande, che si fa al cospetto del pubblico; le altre due formano due cappellette.
    Il grande lucernario della cupola maggiore, e gli altri delle cinque absidi, oltre due finestre semicircolari sugli altari laterali, ed alcune altre del coro assicurano un’abbondanza di luce di un effetto assai vago.
    La decorazione ricca, come conviensi all’ordine corinzio stato prescelto, ed alla maestà del cullo cui è il tempio destinato, è a fondo bianco e ornati d’oro, a colonne scanalate (che sono più di 50), la più parte isolate, ed è uniforme ed unica per tutto il tempio co’ suoi accessorii, cioè coro e absidi minori. Le colonne sono sostenute da ampio basamento; la trabeazione sostiene otto gruppi d’angeli rappresentanti varii atti dell’adorazione; la cupola è a cassettoni, o lacunari ottagoni.
    Sotto il coro v’ha una cappella scura, accessibile al pubblico, e attorno alla quale possono assistere ai divini uffici le monache, non vedute, in appositi corridoi.
    Non facile era di combinare in ristrettissimo spazio tutti i comodi delle l’unzioni e del servizio pubblico colle severe prescrizioni della rigorosa clausura, e colle regole particolari del culto delle Adoratrici; il valente architetto ha superato felicemente ogni difficoltà, ed ha tanto maggior merito, inquantochè ha studiato la decorazione architettonica e la distribuzione delle parti in modo, da lasciar libero il campo a soddisfare un desiderio del secolo e del paese, dando luogo ai prodotti della scoltura ch’ivi potrà aver sede e trionfo per la natura dei combinati giuochi di luce, e pel facile, anzi opportuno collocamento di numerose statue e bassirilievi.
    La liberalità della piissima regina Maria Cristina molto si segnalò in favore delle monache Adoratrici; è da sperare che ulteriori prove di Regia e di privata beneficenza permetteranno di compiere questo bel tempio secondo l’originario concetto senza sagrificare, come spesso, anzi quasi sempre accade, le convenienze dell’arte a gretti pensieri di economia. (9) Vita della serva di Dio suor Maria Maddalena dell’Incarnazion.
  9. [p. 651 modifica]Vita della serva di Dio suor Maria Maddalena dell’Incarnazion.