Torino e suoi dintorni/Capitolo sesto/VI

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Capitolo sesto - VI

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(Palazzo di Città)

VI.— AMMINISTRAZIONE DELLA CITTA’ DI TORINO.


A’tempi di Roma, ogni città, dice il cav. Cibrario aveva per lontana immagine del senato romano una curia presieduta da Duumviri o Quatuorviri che rappresentava l’universalità dei cittadini. Lo scopo questa istituzione era politico ad un tempo e fiscale.

I decurioni erano scelti tra i più ricchi possessori di terre, godevano onori e privilegi, servivano d’assessori ai magistrali romani; ed alcun di essi col titolo di defensores civium esercitavano in cause di piccolo rilievo l’autorità giudiziaria. Questi onori li rendeano devoti al governo. Erano poi mallevadori dell’intero censo dovuto da tutti i possessori del territorio che ripartivano e riscoteano. Erano tenuti a pagar del proprio pe’campi abbandonati, e pe’debitori fuggiaschi, e perciò questo patriziato si rese in certi tempi tanto gravoso, che bisognarono leggi severissime per costringere i decurioni a star in ufficio, a non preferire per fino la schiavitù al decurionato.

Quest’abbassamento del decurionato seguì nel declinar dell’impero.

Dopo il terzo secolo dell’era cristiana i decurioni presero a chiamarsi curiali, i quali nel IV e nei V furono la più misera e travagliata classe dei sudditi. Ma ne’tempi della repubblica in quella guisa che in Roma il senato con alla testa i suoi consoli era supremo arbitro dello Stato, nelle città, sue suddite, lo erano le curie sotto la presidenza di chi in esse teneva il luogo di consoli. [p. 141 modifica]L’istoria del potere municipale ne’ tempi barbarici è argomento di lunghe contese. Amolone vescovo di Torino, che pontificò dall’anno 880 al 901, ebbe, al dir del cronista novalicense, discordia co’ suoi cittadini che lo cacciarono di città. Fu tre anni fuori del seggio episcopale: fatta la pace, tornò con uno stuolo d’armati e distrusse le dense torri da cui la città era circondata. Questa testimonianza d’autor tanto antico, sebbene non contemporaneo, dice il sullodato cav. Cibrario, sembra di molto peso per provare che Torino doveva avere qualche ordinamento municipale, ed è parere di taluni che nel nono secolo esso fosse una continuazione qualunque dell’antica curia romana, continuazione spesso alterata ma non mai interrotta di poi.

Nei secoli XIII e XIV molte città libere d’Italia dovettero recarsi all’obbedienza de’ sovrani, entro allo Stato de’ quali era rinchiuso il breve lor territorio, ma conservarono per privilegio le loro instituzioni municipali e la ragione di proporre alla scelta del principe il gentiluomo da eleggersi in podestà; il quale nelle terre suddite pigliava poi il nome di .vicario. A quell’epoca sembra risalire l’instituzione del vicariato che esisteva in Torino prima della promulgazione dello Statuto. Nel 1235 era vicario di Torino, per Federico II imperatore e re di Sicilia, un Pietro di Brayda, e podestà Roberto de Guiolardis. Nel 1285 era vicario di questa città, pel conte di Savoia, un Guglielmo di Viriaco, mentre ne era sindaco un Galvagno.

L’ufficio di vicario e quello di sopraintendente della polìtica, che erano divisi, venivano uniti insieme con editto del 19 dicembre 1687.

Il vicariato in Torino era una magistratura complessa, che sosteneva uffizi giudiziari di polizia municipale ed amministrativi. Il vicario sopraintendente generale di politica e polizia era nominato ad ogni biennio dal re sulla proposta di tre decurioni di prima classe formata dal consiglio della città, il quale era composto di sessanta membri, cioè un vicario, due sindaci e cinquantasette decurioni, ossiano consiglieri. I decurioni erano divisi in due classi, cioè 30 di prima, compresi il vicario e il primo sindaco e scelti tra i nobili più qualificati o per nascita, o per dignità o per antico vassallaggio, e 30 di seconda, compreso il secondo sindaco ed eletti tra gli altri vassalli e migliori cittadini, tra gli avvocati e i negozianti di maggior credito. I decurioni venivano tutti ripartiti in diversi ufficii, appartenenti alla pubblica amministrazione. Il consiglio generale della citta radunavasi stabilmente tre volte all’anno. Esso eleggeva tutti gl’impiegati subalterni della città, ed aveva l’autorità omnimoda nelle cose concernenti il pubblico maneggio con la libera ed assoluta [p. 142 modifica]amministrazione di tutti i fondi, effetti, vendite e ragioni della città.

Ordinamento attuale del Comune. — In seguito alla nuova legge 7 ottobre 1848, che regola l’amministrazione dei comuni del regno, la città di Torino è amministrata:

1.° Da un Consiglio comunale;

2.° Da un Consiglio delegato;

3.° Da un sindaco e vice-sindaci.

Consiglio comunale. — È composto di ottanta consiglieri, compresivi il sindaco, i vice-sindaci e i membri del consiglio delegato. I consiglieri comunali sono eletti: l.° dai maggiori imposti nel ruolo delle contribuzioni dirette nel comune in un numero corrispondente all’uno per cento; 2.° dai membri delle accademie, la cui elezione viene approvata dal Re e da quelli delle Camere di agricoltura e di commercio; 3.° dagl’impiegati civili e militari di regia nomina in attività di servizio, o fruenti di pensioni di riposo; 4.° dai militari fregiati di decorazioni per atti di valore; 5.° dai decorati di medaglie per atti di coraggio e di umanità; 6.° da chi ha riportati i supremi gradi accademici delle diverse facoltà nelle università dello Stato; 7.° dai profossori di metodo e dai maestri elementari muniti di diploma delle scuole di metodo; 8.° dai procuratori e notai approvati; 9.° dai geometri, dai liquidatori e dai farmacisti; 10. dai sensali ed agenti di cambio legalmente nominati; 11. dai commercianti, fabbricanti e dagli esercenti professioni, od arti industriali, o meccaniche, anche marittime, che sieno inscritti nei registri del tribunale di commercio, o della marina, che tengano per loro abitazione botteghe ed officine un locale di un valor locative di lire 500 all’anno.

Possono venire eletti a consiglieri tutti gli elettori, ad eccezione dei ministri del culto aventi cura d’anime, degli stipendiati dal comune, e di coloro che hanno il maneggio del denaro comunale. Il consiglio si rinnova ogni anno per quinto: nei primi quattro anni la rinnovazione è determinata dalla sorte, in appresso dall’anzianità: i consiglieri però sono sempre rieleggibili.

Il consiglio comunale si raduna ordinariamente due volte all’anno in aprile o maggio, ed in ottobre o novembre. Le tornate non possono durare piò di quindici giorni.

Consiglio delegato. / È composto di 8 membri e di 4 supplenti. In caso di urgenza prende le deliberazioni che spetterebbero al Consiglio comunale. Le principali funzioni del Consiglio delegato sono le presenti: nomina, sospende e licenzia i salariati dal comune; delibera [p. 143 modifica] sulle spese casuali, forma i progetti del bilancio annuo, compila le liste elettorali, non che dei ruoli delle imposte dirette e delle contribuzioni speciali, delibera sulle proposte assoggettate dal sindaco e rappresenta il comune nelle funzioni solenni.

Sindaco. — È incaricato della parte esecutiva in tutto ciò che riguarda il comune. È nominato dal Re fra i consiglieri comunali, dura in carica tre anni, e può essere riconfermato. Il sindaco gode di una annua somma a titolo di spese di rappresentazione.

Vice-Sindaci. — Sono proposti tra i consiglieri comunali dal sindaco e nominati dall’intendente generale; il loro numero è di 8.

uffizii.


L’amministrazione si compone degli uffizi e divisioni che seguono:

Segretario Capo. — Disimpegna le incumbenze che gli sono assegnate dalla legge del 7 ottobre 1848 e dal regolamento interno.

Primo Uffizio. Gabinetto del Sindaco. — Personale; protocollo generale; corrispondenza generale; archivio; biblioteca. Secondo Uffizio. Segreteria.

Prima Divisione. Servizio generale. — Convocazione e deliberazione dei Consigli; pubblicazioni; scuole; funzioni religiose e civili; beneficenza; contenzioso; contratti; affari non attribuiti ad altre divisioni.

Seconda Divisione. Stato civile. — Anagrafi e statistica della popolazione; atti e registri dello stato civile; elezioni politiche, comunali, provinciali e divisionali; leva militare; Guardia Nazionale; campo santo e cimiteri; atti di notorietà; delegazioni dei ministeri e delle aziende; commissioni comunali; certificati; legalizzazioni di firme; pesi e misure; tassa professionale.

Terza Divisione. Polizia municipale. — Polizia urbana e rurale; costume pubblico; vaccino; soccorsi ai sommersi ed asfissiati; libretto pegli operai e servi; passaporti e certificati di buona condotta; illuminazione; annona; mercati; tasse; occupazioni di suolo pubblico; vie; piazze; strade; vetture pubbliche; esercizi d’arti; mestieri; negozi, ecc.; servizio degli agenti di polizia; guardie del fuoco; incendi; somministranze militari; indennità di via; consegne d’oggetti trovati o smarriti.

Quarta Divisione. Economia. — Opere e provviste minute ad economia: case e beni coltivi della città; molini; dazio; testatico; diritti di sosta, di piazza, di peso e simili; inventario del patrimonio civico; macelli normali.

Quinta Divisione. Contabilità. — Entrate e spese del comune; bilancio; [p. 144 modifica] ordini e mandati; debito costituito del municipio; ruoli delle entrate; cassa di risparmio; depositi giudiziali; pensioni dei poveri mentecatti; altri lavori di contabiliti).

Sesta Divisione. Arte ed edilità. — Opere d’arte; manutenzione vie e strade; costruzioni private; ornati; case e beni della città.

Terzo Uffizio. Catasto. — Trasporti di proprietà: certificati relativi; ruoli delle contribuzioni dirette e delle imposte speciali; conservazione del suolo di ragione della città.

Cassa di risparmio.. — Questa cassa venne fondata dalla città nel 1827, fu ampliata nel 1836, e riformata nel 1840. Una deliberazione del Consiglio Comunale, in data del 17 febbraio 1852, reca che il massimo credito fruttante di ciascuna persona ammessa a far depositi alla cassa, contando per un solo individuo il padre ed i figli, il marito e la moglie conviventi, non possa salire oltre le L. 1200 (invece delle L. 2000 come per lo innanzi), e che il totale dei depositi che ciascun titolare sia per consegnare entro un anno, non superi le L. 1000. In virtù di questa nuova deliberazione, ogni abitatore della città o del territorio può, in qualunque giorno, depositare in questa cassa somme non minori di una lira, nè maggiori di lire 1,000. Sulle somme depositate, e che arrivino almeno a 5 lire, viene corrisposto di semestre in semestre l’interesse in ragione del 3 0|0 all’anno, cominciando dal primo del mese successivo a quello in cui venne fatto il deposito. L’interesse non riscosso si unisce al capitale, e frutta al pari di questo. Ogni somma eccedente lo L. 1,200 per ciascun deposito resta infruttifera. Fuori dell’interesse, non si fanno rimborsi parziali minori di lire cinque. Per somme non maggiori di L. 20 i rimborsi si fanno all’atto della domanda; da L. 20 a L. 300, la dimanda dee precedere di otto giorni, e per somme maggiori ci vuole l’intervallo di giorni 15. I rimborsi si fanno nel lunedi e nel giovedì d’ogni settimana, quando non siano festivi. Nessuna spesa è a carico del deponente, nemmeno quella del libretto che a ciascuno di essi vien consegnato. Il libretto porta un numero d’ordine corrispondente al registro della cassa, sul quale sono scritti il nome del deponente ed altri cenni che servono a contraddistinguerlo. Nessuno può avere più di un libretto.

Consiglio degli Edili. — È noto come l’edilità fu una bella instituzione di Roma antica. I magistrati romani detti edili da aedes, edifici, avevano in cura i templi, i bagni, i portici, gli acquedotti, le cloache e le strade della città. L’abbellimento di Roma era il loro principale ufficio, al quale ne aggiungevano molti altri, che di presente si chiamano uffizi di [p. 145 modifica]polizia. Un sovrano provvedimento in data 16 luglio 1773 creava un congresso di architettura per esaminare e dare il suo parere sopra ogni cosa che appartenesse all’abbellimento della capitale. Questa istituzione fu riordinata per lettere patenti del 23 aprile 1822, in cui si decretò che prendesse il titolo di consiglio degli edili, alle cui deliberazioni sono sottoposti tutti gli oggetti che riguardano l’allineamento delle contrade, gl’ingrandimenti ed abbellimenti interni ed esterni della città, sobborghi e loro vicinanze.

Provvedimenti per ispegnere gl’incendi. — Nel 1824 venne formata la compagnia degli operai-guardie del fuoco, composta di 50 uomini vestiti in modo uniforme e pagati dalla città. Essi hanno caserma nel palazzo civico, ed in quella undici di loro passan la notte. Vi sono inoltre due posti di guardia permanenti, l’uno nel detto palazzo, l’altro nel palazzo reale, piazza Castello. — Diciassette sono le trombe o pompe disponibili: 6 del Re, 3 dell’arsenale, 8 della città, oltre a quelle che stanno in ciascuno de’ teatri. Spettano pure alla città diverse specie di nuove scale e macchine, le quali riescono di gran sussidio in que’ frangenti, e servono a salvar persone e robe di mezzo alle fiamme.

Servizio sanitario de’ poveri. — Questo servizio, da molti anni amministrato per conto della Città dalla Compagnia di S. Paolo, essendo stato richiamato dal Municipio, gliene venne fatta la formale restituzione il 29 dicembre 1851; e col principio del 1852 l’assistenza dei medici-chirurghi e la prestazione delle medicine a favore dei poveri è regolata esclusivamente dal Municipio, il quale, avendo già introdotto in questo servizio notevoli miglioramenti, ha pure stabilito che la farmacia centrale, sita nel palazzo di Città, in via Bellezia, debba sempre stare aperta a servizio del pubblico durante la notte e debba sempre avere di guardia un medico-chirurgo di beneficenza. (V. Indicazioni utili)

Dazio di consumo. — (Ufficio centrale e Deposito, via Alfieri, 12). — Ufficii sussidiarii: Porta Po — Porta Nuova — Porta Susa — Porta Dora — Nell’interno dell’Imbarcadero della ferrovia.

Peso pubblico. — Uffizio stabilito nell’interesse dei venditori e dei compratori, nel quale chiunque ha il diritto di far pesare, misurare, stazzare le merci che formano l’oggetto del contratto e ciò mediante il pagamento di una tassa determinata da speciali regolamenti. Si ha ricorso ai suddetti uffizii in tutti i casi di contestazioni, perchè quei pesi e quelle misure sono i soli reputati legali. [p. 146 modifica]Le bollette rilasciate dai preposti ai pesi pubblici fanno fede in giudizio sino ad inscrizione in falso. (V. Indicazioni utili)