Trattato di architettura civile e militare I/Trattato/Libro 3/Capo 1

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Trattato - Libro 3 - Capo 1

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CAPO I.

Economia generale delle città.

Volendo al presente dichiarare le proprietà e parti delle congregate abitazioni, prima è da sapere che di due parti si debba ordinatamente considerare, cioè delle parti estremali, come la circonferenza ovvero mura della città, e delle parti intrinseche come sono strade, piazze e altri luoghi pubblici. Ma perchè la prima parte è più di considerazione del libro quinto che di questo, a quello riferendomi giudico in questo luogo essere da dichiarare le convenienze della seconda, circa alla notizia della quale è prima da vedere le proprietà comuni e a tutte le città competenti, e dopo questo alcune altre più particolari o proprie, secondo varii siti occorrenti1. [p. 193 modifica]

In prima adunque è da sapere che la piazza principale debba nel centro della terra, o più propinqua a quello che si può, essere locata, come il bellico dell’uomo, la quale alla comodità debba essere seconda2. E la ragione della similitudine può essere questa: perchè siccome per un bellico nel principio la natura umana piglia nutrimento e perfezione, così per questo luogo comune gli altri proprii sono sovvenuti. Ma la ragione naturale è in pronto, perchè tutte le cose comuni debbano alle proprie essere indifferenti, come il centro alla parte della circonferenza sua, e per questo debba intorno di fondachi e onorevoli esercizi la piazza essere ornata.

La seconda condizione è questa, che quando per grandezza della città, una sola piazza fusse a molti incommoda nelle estremità della terra abitanti, in questo caso devono più piazzette secondo il bisogno in essa essere ordinate in luoghi che alle dette estremità siano più che si può comuni e comodi.

Terzo: il foro per il mercato di portici e loggie debba esser circondato, acciocchè per ogni tempo commodamente le compre e vendite si possano fare.

Quarto: la cattedrale chiesa debba alla piazza essere vicina per le assegnate ragioni.

Quinto: le chiese parrocchiali siano ai padroni comuni e indifferenti, come la principale, a tutta la terra.

Sesto: il palazzo della signoria, o signore, sia più degli altri elevato ed espedito intorno, più vicino e propinquo alla principale piazza, e possibile per la comodità dell’udienze e congregazioni civili.

Settimo: incontro a questo palazzo debba essere una spaziosa loggia, ovvero portico, in luogo di basilica, dove i mercanti e cittadini con piacere e senza incomodo di piogge ridurre si possano. [p. 194 modifica]

Ottavo: quando la città fosse grande, in più luoghi simili ridotti si facciano.

Nono: la casa degli uffiziali, la prigione, la dogana, magazzino del sale e altri ridotti di uffiziali comuni, per le dette ragioni, siano propinqui alla principale piazza più che si può.

Decimo: che le taverne cocarie e postribolo siano in luogo coperto, non molto da quella distanti per evitare molti inconvenienti che spesse volte in simili luoghi sogliono accadere.

Undecimo: tutti gli altri banchi e fondachi siano insieme propinqui alla detta piazza.

Duodecimo: l’arte della seta insieme e non divisa in quella strada sia locata che più fusse ai forestieri e ai cittadini comune e usata; come principale ornamento della città, e perchè la concorrenza fa sì che l’uno artefice s’insegna fare dell’altro migliore opera.

Decimoterzo: l’arte della lana insieme sia, per questa ultima ragione, ma alquanto separata dai luoghi pubblici e molto usati pei molti strepiti, e per le opere e commodità dell’arte in quel luogo situata che salve le altre commodità più appresso alle acque fosse.

Decimoquarto: i tintori vicini al predetto luogo insieme per commodità loro e dell’arte, e connessi a questi le conce e addobbi per più varii cuoiami, appresso i calcinari e stanze dei pelacani per carte e camosci, siccome a tali esercizi si ricerca alli quali hanno rispetto3.

Decimoquinto: gli speziali, sarti e merciai siano per le principali strade distribuiti per commodità dei privati.

Decimosesto: i fabbri e mastri di legname per gli strepiti, e i calzolari per l’immondezza, siano fuori delle strade principali: vicini però a quelle.

Decimosettimo: siano i beccari distribuiti in quattro o cinque luoghi per la terra più comodi, indifferenti4 e coperti più che si può, per il fetore in quei luoghi inevitabile. [p. 195 modifica]

Decimottavo: nell’estremità della terra si facciano più luoghi ed insieme per ammazzare e scorticare animali per il vitto dell’uomo5.

Decimonono: generalmente tutte le arti che in se hanno bellezza e decoro siano nelle principali strade e luoghi pubblici locate; e così per contrario quelle che in sè avessero qualche sporcizia, in luoghi segregati da queste.

Vigesimo: facciasi in più luoghi coperti della terra bagni, stufe e altre basiliche (sic) secondo la dilettazione degli abitanti.

Vigesimoprimo: a maggiore ornamento e perfezione della città e per fuggire ogni ozio e i suoi perniciosi effetti si faccia alcun teatro ovvero anfiteatro6, nei quali comedie, tragedie e altre favole o storie recitare si possa, e parimenti i giovani ed adolescenti in diversi esercizi agili possano divenire: e questi, secondo il mio giudizio, remoti dalle comuni parti, come accidentali ed estraordinarii, ed acciò che quelli che veder volessero, dell’esercizio partecipino.

Ultimatamente è da ordinare che tutte le dette parti siano alla città tutta corrispondenti e proporzionate, come i membri al corpo umano. E queste regole sieno sufficienti quanto alla generale notizia.

Note

  1. Dopo l’esempio di Vitruvio parve legge agli scrittori d’architettura d’intrattenersi della struttura d’una intiera città: e quest’uso scusabile ancora pei nostri quattrocentisti, è ridicolo negli architetti de’ tempi e paesi nostri. Parlarono delle città l’Alberti, il Filarete, il Cataneo, il Palladio, il Floriani, il Milani, lo Scamozzi, l’Ammannati, il Buontalenti ed altri. Claudio Tolomei nel libro VI delle sue Lettere ne propone a lungo una da fabbricarsi al monte Argentaro nella maremma di Siena. Può anche essere considerata come un compiuto trattato di architettura urbana la lunga descrizione degli edifizi che Niccolò V voleva innalzare in Borgo di Roma attorno al Vaticano giusta i disegni di B. Rossellino, data dal Vasari nella Vita di questi, togliendola da chi più estesamente assai ne aveva parlato, dico da Giannozzo Manetti nella vita di quel Pontefice.
  2. Favorevole.
  3. Addobbi arnesi, masserizie. Calcinai, concie per l’arte del calzolaio. Pelacani conciatori di pelli. Camosci, pelli di camoscio fatte morbide dalla concia. Carte, parola che è qui in lato senso, cioè le membrane che usavano pei libri e le miniature.
  4. Indifferenti qui vale che que’ macelli siano indifferentemente accessibili agli abitanti di qualsiasi rione della città. Lo stesso senso al n.° V.
  5. Ciò è perchè a que’ tempi i pecorai ammazzavano essi le minute greggie che portavano in città.
  6. I trattatisti del XV secolo troppo servili a Vitruvio parlano di teatri e simili edifizi quasi come di uso giornaliero: meglio avrebbero fatto a memorare quelli per le sacre rappresentazioni, avvegnachè rari, come quello di Velletri messo a stampa dal cardinal Borgia e quindi dal d’Agincourt.