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Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 102

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Libro II - Capitolo 102

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Delle ragioni morali, et christiane contra il furare. Cap. CII.

Non è bisogno di troppo lungo discorso, per dar campo di ragione al nostro padre di famiglia, onde egli renda odioso il furto al suo figliuolo, che già sarà divenuto capace di ragione, et atto a comprendere la bellezza della virtù, et la bruttezza del suo contrario, solamente basta dire, che questo vitio è direttamente contrario alla regina delle virtù, cioè alla giustitia, di cui è proprio offitio di render a ciascuno il suo, la dove il furto, et la rapina ingiustamente toglie lo altrui; et è cosi brutto questo vitio, che non par che possa cader in un’animo ingenuo, anzi sia proprio di servi, et schiavi utilissimi, chiamati per antico proverbio furaci, onde tutte le leggi civili hanno sempre detestato i ladri, et castigatili con pene gravi, sino con la morte istessa, ma con pene, et morte piene [p. 95v modifica]di opprobrio, et di ignominia, per dimostrare la viltà loro. Quanti poi siano gli incommodi privati , et publici che i latrocinii apportano ne i commertii della vita humana, saria longo a dire, et sono tali, che di loro natura distruggono la società, et communione de gli huomini, laquale grandemente si conserva, mentre ciascuno ha, et possiede pacificamente il suo. Ma se le ragioni, et il timor humano, non basta à rifrenar la immoderata avaritia di alcuni, i quali con sottili inventioni ricoprono i scelerati furti, almeno doveria bastare il timore del severo, et inevitabile giuditio di Dio, percioche è scritto, i ladri, gli avari, e i rapaci non possederanno il regno di Dio, perilche è gran maraviglia, che un’huomo christiano si rechi a prendere, ò a ritenere illecitamente lo altrui, sapendo certo che senza restituirlo, non può ottener perdono , nè salute.