Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 139

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Libro II - Capitolo 139

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BREVE ESPOSITIONE DELLE SETTE PETITIONI CONTENUTE NELLA ORATIONE DOMINICALE.

PRIMA PETITIONE, SANTIFICETUR NOMEN TUUM.

Seguitano le sette petitioni, con le quali il nostro Redentore, et Maestro ci ha insegnato, non solo quello che debbiamo dimandare, ma l’ordine del dimandare, conforme alla dignità delle cose istesse che si dimandano, et alla regola della carità. La onde la prima petitione è che sia santificato il nome di Dio, percioche essendo Iddio sommo bene, deve essere amato sopra tutte le cose, et sopra noi medesimi, et tutto quello che all’honore, et alla gloria di Dio appertiene, deve andare innanzi à qual si voglia altro rispetto et desiderio nostro, et de i prossimi nostri. Et questa è quella massima, che per la buona industria paterna deve altamente esser radicata nel petto del figliuolo, si che in tutte le attioni sue metta la gloria di Dio nel primo luogo. Hor non ha dubbio che il nome di Dio è santo per se stesso, si come Iddio è il fonte di tutta la santità, ne se le può accrescere santità nova, ma l’oratione nostra esprime l’affetto del cuor nostro, per il quale desideriamo, che il Santo nome di Dio sia maggiormente conosciuto, et tutte le genti vengano alla cognitione, et alla obedienza del vero Iddio, si che il Regno suo, perilquale regna spiritualmente ne i nostri cuori, si dilati, et accresca, si come nella seguente petitione più espressamente si dice. Quindi sono le allegrezze de i veri christiani della conversione dell’anime, quindi i desiderii ardenti che tutti gli infideli venissero alla luce dello Evangelio, et gli heretici rientrassero nella Chiesa Santa Catholica onde si sono partiti, quindi per contrario il dolore che il nome di Dio sia bestemmiato, et dishonorato. Però il nostro fanciullo sarà allevato di maniera, che non solo con le parole, ma molto più con gli effetti, et con le opere, santifichi in se medesimo, et ne gli altri per quanto potrà il santissimo nome di Dio.


SECONDA PETITIONE. ADVENIAT REGNUM TUUM.

Siamo figliuoli di Rè, ma il Regno nostro non è di questo misero, et fallace mondo, anzi qui siamo esuli, et peregrini, circondati da mille calamità, et miserie, non solo quanto al corpo, ma quello ch’è più grave, quanto all’anima, anchor che ha continua lutta con questa ribella carne, et sta in mezzo di crudelissimi nimici, che di continuo gli fanno guerra; dalle forze, et insidie de i quali niuno saria salvo, se la potente mano di Dio non ci difendesse, perilche stolti sono coloro, che à guisa di animali bruti, non alzano mai gli occhi al cielo, et solo nel fango de i piaceri, et delitie di questa vita hanno collocato il Regno loro. Ma il christiano veramente savio, pensando notte et giorno à quelli ineffabili beni, de i quali è piena la casa del suo celeste padre, grida dal profondo del cuor suo, et dice, Venga il Regno tuo, che è il fine, et il complimento de i nostri desiderii. Ma chi vuole il Regno della gloria, conviene che prima passi per il Regno della gratia, et che Iddio regni in lui, et non il peccato. Et questo preghiamo, et dimandiamo nella presente petitione, che Iddio regni in noi et nel cuore di tutti gli huomini per fede, speranza , et carità, acciò regnando egli in noi qui per gratia, ci faccia poi partecipi del Regno della gloria, la quale come i sacri Theologi dicono è gratia perfetta et consumata. Cerchi adunque il nostro padre di famiglia che il suo figliuolo si innnamori di questo Regno, ricordandogli che tanta felicità, quale occhio non vide, orecchio non udì, ne cuore humano imaginò, non è preparata à gli otiosi, et negligenti, che solamente co’l suono della lingua la dimandano, ma à quelli che si affaticano di piacere à Dio, con le opere della virtù, cooperando con la divina gratia, et combattendo virilmente, percioche è scritto, che il Regno de i Cieli è esposto alla forza, et i violenti et coraggiosi lo rapiscono.


TERZA PETITIONE. FIAT VOLUNTAS TUA.

La via sicura di pervenire al Regno di Dio, è il fare la sua santissima volontà, la quale egli ci ha dichiarata nelle divine scritture dell’antico Testamento, et più espressamente Christo Signor nostro ce la manifestò, et ce la manifesta ogni giorno per mezzo della sua Santa, Catholica, et Apostolica Chiesa. Dice l’Apostolo S. Paolo, questa è la volontà di Dio, che voi siate santi; hor questa volontà preghiamo il celeste padre, che adempisca in noi, et che à noi dia virtù, et vigore di osservare i suoi santi commandamenti, et servirlo in santità et giustitia tutti i giorni di nostra vita. Preghiamo in oltre Dio di non far la volontà nostra, la quale ci ha sbanditi del paradiso, non la volontà della carne, et del sangue, prona al peccato, non la volontà del demonio, cupidissimo della nostra perditione, ma la volontà di Dio; percioche in questa consiste la nostra beatitudine. È aggiunta à questa petitione quella particella, Sicut in Coelo, et in terra; desiderando di obedire alla divina volontà, con quella prontezza, con quella allegrezza, et con quella purità di amore, che fanno gli Angeli, et i Beati in Cielo. Et può questa aggiunta riferirsi alle due prime petitioni anchora, chiedendo che il nome di Dio sia santificato in terra, come nel Cielo, et parimente regni Iddio sopra la terra ne i cuori de gli huomini, come regna ne i Beati in Cielo.

Hor circa la materia di questa terza petitione hà particularmente il padre da instituir il figliuolo, acciò sia risegnato nella voluntà di Dio, et in tutte le sue attioni preghi Dio di poter conformarsi alla sua voluntà, la quale è regola d’ogni bene, et faccia spesse volte sacrifitio et oblatione à Dio della sua voluntà, et per amor di Dio la sottoponga alla obedienza de’ superiori et padri spirituali, i quali tengono il luogo di Dio. In somma lo eshorti à acquietarsi in tutti gli avvenimenti di questa vita nella voluntà di Dio, il che lo liberarà da infinite inquietudini, per ciò che la veduta nostra è molto corta, e spesso alcune cose ci pareno buone, et espedienti per noi, lequali se succedessero conforme al desiderio nostro, sariano cagione della nostra total ruina, et cosi per lo contrario. Et tale con la povertà, con la infirmità ò con le persecutioni andarà in paradiso, che con le ricchezze, con la sanità et col favore de gli huomini saria condannato all’inferno, perciò in mezzo alle onde tempestose di tanti travagli, et pericoli, da i quali siamo continuamente agitati, l’ancora ferma che ci sostiene è il risegnarsi tutto nella voluntà di Dio. Et io per me tale desidero che con la divina gratia, per buona cura paterna, sia il nostro bene, et christianamente allevato figliuolo, nel cui cuore, et nella cui bocca risuoni ad ogni proposito quella veramente christiana sentenza, sia fatta la volontà di Dio.


QUARTA PETITIONE. PANEM NOSTRUM QUOTIDIANUM DA NOBIS HODIE.

Dopo la gloria, et il Regno del nostro celeste padre, et lo adempimento della sua volontà, ordinatamente, et convenientemente nel quarto luogo dimandiamo i beni temporali, et terreni, che à quelli, eterni et divini, come à suo fine si devono riferire, secondo quella sentenza, Cercate prima il Regno di Dio, et la sua giustitia, et le altre cose le haverete in conseguenza, et per giunta. Infinite sono, per modo di parlare, le cose, delle quali habbiamo bisogno per sostentare questa nostra caduca vita, le quali per conseguire fa di mestieri affaticarsi, et sudare, durando tuttavia quella gran sentenza, Nel sudore del tuo volto mangierai il tuo pane, et nondimeno vane sono tutte le nostre diligenze et fatiche, senza la paterna benedittione di Dio, si come altrove s’è detto à bastanza. Et però il padre deve ammonir il figliuolo, che con humiltà et fede vada à i piedi del suo padre, che stà ne i Cieli, et à lui come parvolo chieda il pane; per la qual voce, s’intende tutto quello che è necessario per mantenimento della vita corporale, ma non meno anchora quello, che fa bisogno per la vita dell’anima, del cui nutrimento non debbiamo scordarci giamai. In oltre insegni il padre al figliuolo che il nostro celeste maestro, ci ha insegnato à chieder del pane, cioè la sufficienza, et quanto basta per il moderato vitto et vestire, et non il lusso, et la pompa, et la superflua abondanza, che chiede la sete insatiabile di arricchire. Et questo pane deve essere nostro, cioè giusta, et legitimamente, et non con fraude, et male arti acquistato. Si chiama anchora pane quotidiano, accennando la persimonia detta di sopra, et perche intendiamo che la vita nostra pende giornalmente da Dio, et di giorno, in giorno debbiamo pregarlo che ci sostenti, et non meno i ricchi, che i poveri. Et non solo chiediamo il cibo, et il vestimento, ma preghiamo che Iddio ce lo conceda, percioche quel cibo veramente nutrisce, et quei beni son giovevoli al corpo, et all’anima, che ci porge la mano di Dio, onde viene ogni benedittione. Di più dicendo, che dia à noi, et non singularmente dà à me, siamo avvertiti di non esser solleciti di noi medesimi solamente, ma de i nostri prossimi, et che chi più abonda, deve communicar co’l fratello bisognoso, perche, come altrove s’è detto, Iddio allarga la mano con i ricchi, acciò siano Tesorieri, et dispensieri de i poveri. In somma largo campo di ammaestrare il figliuolo in molti, et importantissimi avvertimenti christiani ha il padre di famiglia in questa quarta petitione. Ma sopra tutto non si scordi del pane spirituale, et del cibo dell’anima, del quale il nostro bene allevato figliuolo sarà sempre famelico, et questo cibo è spetialmente di due maniere, l’uno è la parola di Dio, l’altro è l’istesso Christo nostro Signore, che nel sacramento della santa Eucharistia sustantialmente è contenuto, pane veramente nostro, cioè de i fideli, et de i veri servi, et amici di Dio, i quali si sforzano di vivere in modo, che ogni giorno se ne possano cibare, se non communicandosi realmente, almeno spiritualmente con l’affetto del cuore, ma spesse volte anchora ricevendo con ogni humiltà, et divotione l’istesso sacramento, si come altrove si è ricordato che doverebbe esser costume de i christiani, almeno di prender ogni Domenica la santissima eucharistia, considerando che è pane dell’anima, et pane quotidiano, senza ’l quale per il camino di questa vita, che è à guisa d’un deserto sterile, et faticoso, ci veniamo meno per debolezza; onde non senza cagione diceva santo Ambrosio quelle notabili parole: S’egli è pane quotidiano, perche lo prendi tu dopo l’anno?


QUINTA PETITIONE. DIMITTE NOBIS DEBITA NOSTRA ETC.

Tutti siamo peccatori, et non è alcuno, che possa dire in questa vita, mondo è il cuo mio, puro sono io dal peccato, et perciò siamo rei et debitori della divina giustitia. Ma perche il peccatore è per se stesso impotente a satisfare, però ricorre alla divina misericordia, et questo è quello che ci insegna la presente petitione, cioè di chiedere remissione à Dio de i nostri debiti, cioè peccati, per la infinita sua liberalità, et per il prezzo inestimabile del pretioso sangue dell’agnello immaculato Giesù Christo, ilqual prezzo fu pagato su’l duro legno della Croce, et si applica à noi per mezzo de i sacramenti santi, quando effettualmente ò almeno con verace desiderio gli riceviamo, ne senza questo sangue si fa remissione. Cerchi adunque il buon padre quanto può, di mettere in odio, et abhorrimento al figliuolo il peccato, che ci fa debitori di un tanto debito, che niuna facultà humana può pagarlo, et che ci apporta infiniti mali, percioche è per se stesso bruttissimo, et imbratta, et deforma l’anima sposa di Christo, et Tempio de lo Spirito santo, et la sottopone alla durissima et acerbissima servitù del demonio, tiranno crudele, che non cessa di angareggiarla di peccato, in peccato, sin tanto che con esso se la precipiti ne gli etrni crucciati dell’inferno. Ma sopra tutto deve esserci detestabile il peccato, perche offende l’immensa maestà del nostro clementissimo padre, che tanto ci ama, et tanto altamente et con effetti cosi efficaci, ci ha dimostrato l’amor suo, la onde horribile ingratitudine è offendere un Dio, et padre tanto buono, nondimeno, perche fragili, et miserabili siamo, almeno non ci piacciano le nostre cadute, che rompono le ossa dell’anima, ma desideriamo di risorgere, et ricordandoci con accutissima puntura di dolore, sino nell’intimo del cuore, delle offese fatte à Dio, chiediamogliene humilmente perdono, ilquale Iddio è tanto pietoso, et tanto pronto à perdonarci, ch’egli stesso ci invita, et ci insegna le istesse parole, con le quali li chiediamo venia, et remissione de i nostri debiti. Ma avvertiamo, che troppo presontuosa, et ingiusta dimanda saria, il chieder à Dio, che sia verso di noi liberale, et benigno, essendo noi avari, et acerbi contra il prossimo nostro, però è necessario, che se vogliamo ottener misericordia, siamo anchor noi misericordiosi; et se vogliamo che Iddio si scordi le ingiurie fattegli da noi, ci scordiamo parimente quelle che altri ha fatte a noi. Et benche questa nostra carne ribelle à lo spirito, ricalcitri, et non voglia acconsentire leggiermente di perdonare all’inimico, non cessiamo però di offerir à Dio questa supplicatione, pregandolo che ci dia la vera, et perfetta penitenza, et tutto quello che ci fa bisogno per impetrar total remissione de i nostri debiti, ilche come è detto non può essere, se anchor noi non rimettiamo à chi ci ha fatto offesa, dellaqual materia altrove si è ragionato abondantemente.


SESTA PETITIONE. ET NE NOS INDUCAS IN TENTATIONEM.

E tanta la fragilità della humana natura, sono tante le occasioni de i peccati che ci circondano, et tanti sono i lacci, et le insidie che il demonio nostro irreconciliabile, et perpetuo adversario, à tutte le hore ci tende, che ben ci fa mestieri di vegliare, et di star in continua guardia dell’anima nostra, ma sopra tutto è necessario ricorrere al divino aiuto, et non si fidar di noi medesimi, perche habbiamo à far con uno inimico, che ha gettato per terra tali, che à guisa di torri fortissime poste sopra alti monti, parevano al giuditio humano invitti, et inespugnabili. Et perciò questa sesta petitione ci insegna à pregar Iddio, che non ci lasci tentare sopra le nostre forze, ma ci dia tanta abondanza della sua gratia che restiamo vincitori. Insegnarà per tanto il buon padre di famiglia, al figliuolo quando lo vederà capace, che la vita nostra è un continuo combattimento di mille tentationi, et quanto maggiormente ci studiamo di far la voluntà del nostro celeste padre, tanto più si accende l’ira di Satana, ilquale non i suoi sudditi, et seguaci, ma quelli che con le opere buone gli fanno guerra scoperta, più agramente perseguita. Lo conforti però a non temere, percioche al nimico nostro non è lecito di far contro di noi, tutto quello che egli per le sue forze può, et che per l’odio che ci porta vorria, si come ne pure una pecorella del buon Giobbe poteva egli offendere, se Iddio non gliene dava licenza. Et però in qual si voglia adversità, ò persecutione, et in ogni maniera di tentatione, che ci assalisca, ricorriamo alla torre della nostra fortezza, cioè à Dio, il quale è presente à i nostri duelli, et ci arma della sua gratia, se riconoscendo la nostra debolezza, et diffidandoci di noi stessi, ci mettiamo nella onnipotente mano sua, perilche non dimandiamo di non esser tentati, ma di non esser indotti nella tentatione, cioè che non consentiamo per inganno, ò cediamo per debolezza alla tentatione, laquale Iddio permette per darci maggior corona, se, come è scritto, combatteremo legitimamente.


SETTIMA, ET ULTIMA PETITIONE. SED LIBERA NOS À MALO.

Nella precedente dimanda habbiamo chiesto à Dio, che ci guardi di non cadere nel male della colpa, quì lo preghiamo che ci liberi dal male della pena, cioè da tutti gli incommodi, calamità, et miserie, che affliggono questa nostra penosa vita. Et benche quasi naturalmente quando ci vediamo oppressi da alcun male siamo soliti ricorrere à Dio, deve però il buon padre ammaestrar il figliuolo à invocar Iddio nel tempo della tribulatione humilmente insegnandogli ad haver la principal cosa avanti à gli occhi la gloria, et l’honor di Dio, et però osservi di cuore, l’ordine che il celestial maestro hà stabilito in queste sette dimande, chiedendo prima la santificatione del nome di Dio, il Regno suo, l’adempimento della sua santa voluntà, et il rimanente che segue, et di poi supplichi di esser liberato dall’infirmità corporale, et altri mali simiglianti, rimettendosi sempre al beneplacito di Dio, ilquale solo vede perfettamente, et vuole il meglio dell’anima nostra. Et perciò principalmente debbiamo pregarlo che ci liberi da i mali dell’anima, che sono i peccati, et dalle insidie del malo, et perverso demonio, nostro capital nimico, et autor del peccato et nel resto debiamo esser pieni di buona speranza, che il nostro benignissimo padre, il cui occhio è aperto giorno, et notte sopra di noi non ci lasciarà perire, et non ci abandonarà. La onde il christiano deve esser risolutissimo di sofferir tutta la vita, se sarà bisogno, qual si voglia infirmità, et calamità, prima che ricorrere a i demonii, ò à gli incanti, et superstitioni, ò à qualunque altro mezzo, che sia con peccato et offesa di Dio. Sia adunque il nostro bene allevato figliuolo di generoso cuore, et sopporti con patienza le tribulationi, abbracciando virilmente la Croce dove si trova Christo. Et questa è la via diritta, et regia per laquale sono caminati alla gloria i santi, et il santo de i santi, di cui è scritto: Fu bisogno che Christo patisse, et cosi entrasse nella gloria sua. Et altrove dice la scrittura, Per molte tribulationi ci conviene entrare nel Regno di Dio, à cui piaccia per la immensa sua bontà, esaudire le nostre petitioni, et preghiere, et darci parte nel Regno suo, in compagnia de gli eletti suoi.