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Un'avventura a Gerusalemme

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Edgar Allan Poe 1832 1896 Ernesto Ragazzoni Indice:Garrone-Ragazzoni - Edgar Allan Pöe, Roux Frassati, Torino, 1896.pdf Racconti Un’avventura a Gerusalemme Intestazione 7 giugno 2023 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Edgar Allan Pöe


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UN’AVVENTURA A GERUSALEMME




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Pöe si serviva e si compiaceva spesso della sua erudizione estesissima.

In ciò, tuttavia, nessuna pedanteria, chè la erudizione era sempre appropriata e limitata al soggetto.

Nella novella che segue: Un’avventura a Gerusalemme, egli ci trasporta a molti secoli indietro: all’epoca in cui la Città Santa era stretta d’assedio dalle coorti del romano Pompeo.

È un gaio, divertente schizzo dei costumi sacerdotali ebraici, reso a tocchi vivi e sicuri e sottolineato abilmente da quel linguaggio pomposo, figurato, inspirato che troviamo nella Bibbia e in tutti i libri orientali.

Come sempre in Pöe, anche qui la bizzarria della concezione è contenuta da una purezza estrema di forma.

Pöe, nemmeno nella caricatura, non s’abbassa mai, non è mai volgare.



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Un’avventura a Gerusalemme


— Affrettiamoci ai bastioni ― disse Abel-Phittim a Buzi-Ben-Levi e a Simeone il Fariseo, il decimo giorno del mese di Thammuz, l’anno del mondo tremilanovecento quarantuno — affrettiamoci ai bastioni della porta di Beniamino, che è nella città di Davide e che domina il campo degli incirconcisi. È l’ultima ora della quarta veglia, ed ecco, già si leva il sole. Secondo quanto gli idolatri ci hanno promesso, essi devono già attenderci cogli agnelli dei sacrifizi.

Ora: Simeone, Abel-Phittim e Buzi-Ben-Levi, erano i Gizbarim, vale a dire, i sotto-collettori delle offerte, nella città santa di Gerusalemme.

— In vero — replicò il Fariseo — spicciamoci, chè la generosità nei pagani è cosa assai rara, e la malafede è sempre stato il vizio più comune degli adoratori di Baal.

— Che essi siano infedeli e traditori, è vero quanto esiste il Pentateuco — disse Buzi-Ben-Levi — ma infedeli e traditori essi lo sono solamente verso il popolo di Adonai. Si è mai dato il caso di vedere gli [p. 174 modifica]Ammoniti infedeli ai loro propri interessi? In fin dei conti mi pare che gran che di generosità essi non la dimostrino, perchè se è vero che essi ci accordano gli agnelli per l’altare del Signore, è pur vero che noi diamo loro in cambio trenta sicli di argento per ciascuno.

— Ma tu dimentichi, Ben-Levi — rispose Abel-Phittim — che il romano Pompeo, ora empiamente accampato intorno alla città dell’Altissimo, non ha realmente alcuna prova che noi adopriamo gli agnelli comperati per l’altare piuttosto pel nutrimento del corpo che per quello dello spirito.

— Per le cinque punte della mia barba — gridò il Fariseo — per le cinque punte di questa barba, che, come sacerdote m’è vietato di far radere, non siam noi dunque vissuti che per vedere il giorno in cui l’idolatra ed il bestemmiatore di Roma ci accuserebbe di appropriarci, per gli appetiti della carne, gli elementi più sublimi e più santi? Non siam noi dunque vissuti che per vedere il giorno in cui...

— Non andiamo ora troppo indagando le ragioni del Filisteo — interruppe Abel-Phittim — perchè solo oggi noi scendiamo ad approfittarci della sua avarizia o della sua generosità. Piuttosto spicciamoci verso i bastioni, chè le offerte potrebbero mancare all’altare di cui nessuna pioggia del cielo può spegnere il fuoco, e di cui nessuna tempesta può abbattere le colonne di fumo.

La parte di città, verso cui si affrettavano ora i nostri bravi Gizbarim, e che portava il nome del [p. 175 modifica]suo costruttore, il re Davide, era considerata come il punto più fortificato di Gerusalemme, ed era situata sull’alta e scoscesa collina di Sion.

Là, una trincea larga, profonda, circolare, tagliata nella stessa roccia, era difesa da un muro altissimo e solidissimo.

Questa muraglia era interrotta, ad intervalli regolari, da torri quadrate di marmo bianco, la più bassa di sessanta, la più alta di centoventi cubiti d’altezza; ma nella vicinanza della porta di Beniamino essa veniva a cessare, ed in cambio, tra il livello della trincea e la base del bastione, saliva perpendicolarmente una roccia di duecentocinquanta cubiti facente parte della montagna diruta di Moriah.

Per modo che quando Simeone ed i suoi colleghi arrivarono al sommo della torre chiamata Adonì-Pezek, la più alta di tutte le torri che cingevano Gerusalemme e che era il luogo abituale delle comunicazioni coll’esercito assediante, essi poterono contemplare sotto, il campo del nemico da una altezza che sorpassava di molti piedi la piramide di Ceope e di qualcuno il tempio di Belo.

― In verità — sospirò il Fariseo, gettando uno sguardo nel precipizio — gli incirconcisi sono numerosi come le sabbie sulla riva del mare, come le cavallette nel deserto! La vallata del Re è diventata la vallata d’Adommin.

Ed ancora — aggiunse Ben-Levi — tu non puoi mostrarmi un Filisteo, uno solo, dall’Alef, fino al Tau, dal deserto fino alle fortificazioni, che sia più grande della lettera Jod. [p. 176 modifica]

— Calate il paniere coi sicli d’argento — urlò allora un soldato romano, con voce tanto rude e tanto rauca da parere che uscisse fuori dagli imperii di Plutone — calate il paniere con quella moneta maledetta, il cui solo nome basta a scorticare la bocca di un nobile romano! È così dunque che voi attestate la vostra gratitudine al nostro signore Pompeo, che, nella sua indulgenza, tanto si degnò da tendere l’orecchio alle vostre bizzarrie? Il dio Febo, che è un vero Dio, è in viaggio già da un’ora, e voi, non è dal levare del sole che dovevate essere al bastione? Per Giove Statore! credete voi forse che noi, i conquistatori del mondo, non abbiamo nulla di meglio a fare che montar la guardia alla porta di tutti i canili per trafficare coi cani della terra? Orsù! il paniere, vi dico! e badate che la vostra mercanzia abbia buon colore e giusto peso!

— El-Elohim! — esclamò il Fariseo, mentre i rochi accenti del centurione risuonavano lungo le rocce del precipizio e venivano a morire contro il tempio! — El-Elohim! Chi è mai questo dio Febo? Chi mai ha invocato questo bestemmiatore? Tu, Buzi-Ben-Levi, che sei dotto nelle cose dei Gentili e che hai vissuto lungo tempo nei loro paesi, è forse di Nergal che parla l’idolatra? o di Ashimah? o di Nibhaz? o di Tarak? o di Adramalech? o di Anamalech? o di Succoth-Benith? o di Dagone? o di Belial? o di Baal-Perith? o di Baal-Fegor? o di Baal-Zebub?

— No, no, nulla di tutto questo, ma bada alla corda! non lasciartela scivolare troppo rapidamente fra le dita! la panierina potrebbe urtare contro qual[p. 177 modifica]che spigolo di roccia, laggiù, e tu sparpaglieresti deplorevolmente le sante cose del tabernacolo.

Coll’aiuto di un meccanismo, grossolanamente foggiato, il paniere caricato pesantemente era alfine disceso fra la folla; e, dal loro pinacolo vertiginoso, i Gizbarim potevano vedere i Romani stringervisi confusamente intorno; ma l’altezza enorme ed un po’ di nebbia, impediva loro di distinguere distintamente quanto avveniva in basso.

Mezz’ora intanto era già passata.

— Noi saremo in ritardo — sospirò il Fariseo guardando impaziente nell’abisso! — saremo in ritardo ed i Katholim ci cacceranno dal tempio.


— E mai più — continuò Abel-Phittim — mai più potremo regalarci le grascie della terra, mai più potremo profumare le nostre barbe cogli incensi dell’Olibano, mai più potremo cingerci le reni coi finissimi lini del tempio!

― Racca! — bestemmiò Ben-Levi — Racca! Intendono essi forse derubarci del danaro del mercato? Oh! san Mosè! osano essi dunque pesare i sicli del tabernacolo?

— Ecco alfine il segnale! — gridò il Fariseo — ecco alfine il segnale! Tira, Abel-Phittim! tira anche tu, Buzi-Ben-Levi! O che i Filistei si sono attaccati essi pure al paniere, o che il Signore li ha inspirati a mettervi un animale di buon peso!

E i Gizbarin tiravano, ed il fardello ondulava pesantemente nell’aria e saliva attraverso alla nebbia che andava addensandosi sempre più.

· · · · · · · · · · ·
[p. 178 modifica]— Maledizione su di lui! maledizione su di lui!

Tale fu l’esclamazione che sgorgò dalle labbra di Ben-Levi, quando in capo ad un’ora, un oggetto incominciò a disegnarsi confusamente all’estremità della corda.

— Maledizione su di lui! ohibò! è un montone, anzichè un agnello, un montone delle forre d’Engaddi, tanto rugoso quanto la valle di Giosafat!

— V’ingannate! ― proruppe Abel-Phittim — è invece, fortunatamente, il primo nato di un armento! lo riconosco al dolce belato delle sue labbra e alla curva infantile delle sue membra! I suoi occhi sono più splendidi che i diamanti del Pettorale, e la sua carne è simile al miele di Hebron!

— E un vitello ingrassato nelle pasture di Bashan — disse il Fariseo — i Pagani si sono comportati assai lodevolmente con noi! Uniamo le nostre voci ad un salmo! Rendiamo grazie colla tromba e col salterio! coll’arpa e colla buccina! col sistro e colla sacchetuba!

Fu solo quando il paniere fu giunto a pochi piedi dai Gizbarim, che un sordo grugnito rivelò loro un porco di proporzioni fenomenali.

— El Emanu! - gridarono i tre lentamente, volgendo gli occhi al cielo.

E come essi si lasciarono scivolare la corda fra le mani, il porco, abbandonato a sè stesso, rovinò precipitosamente in mezzo ai Filistei.

El Emanu! che Dio sia con noi! È carne innominabile!

E. R.