Un picciolo di Astorgio III Manfredi per Faenza

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Giuseppe Castellani

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Un picciolo di Astorgio III Manfredi per Faenza Intestazione 18 marzo 2012 75% Numismatica

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UN PICCIOLO DI ASTORGIO III MANFREDI


PER FAENZA





Non è un pezzo inedito che offro agli studiosi di Numismatica italiana, ma semplicemente un esemplare meglio conservato degli altri finora conosciuti di questo picciolo e che permette quindi di assegnarlo con sicurezza all’ultimo dei principi Manfredi di Faenza.

La monetina, di cui, grazie alla cortesia dei Direttori della Rivista, posso dare ai lettori l’esattissima riproduzione, porta al diritto un Falco o Astorre di prospetto con la leggenda in giro da destra: ASTORGIVS T• M • FA • (Astorgius Tertius Manfredus Faventinus) al rovescio il busto di S. Pietro con le chiavi nella sinistra e in giro: S • PETRVS. È di rame con poca quantità di argento, pesa circa milligrammi 70 e ha un diametro di 17 millimetri.

Il primo a pubblicarla fu il conte Ernesto Tambroni Armaroli1, il quale ne indovinò la giusta [p. 426 modifica]assegnazione attribuendola ad Astorgio III per un mero caso o meglio per erronee deduzioni. Quando egli imprese ad illustrare questo picciolo capitatogli sotto mano nel riordinare la collezione della Biblioteca di Macerata, non conosceva altra moneta di Faenza all’infuori di quella con la lancetta e il San Pietro edita dal Litta2 da un esemplare di cattiva conservazione e quindi di attribuzione allora incerta, mentre nuovi esemplari meglio conservati venuti poi alla luce hanno dimostrato che esso pure appartiene indubbiamente ad Astorgio III. Il Tambroni Armaroli credette trovare nella monetina da lui scoperta, che relativamente all’esemplare prodotto dal Litta era un po’ meglio conservata, un miglioramento di stile, e la ritenne quindi posteriore all’altra che credette di Astorgio II, assegnando quindi la propria ad Astorgio III.

Ognuno sa quanto sia fallace criterio quello dello stile per aggiudicare una moneta ad uno piuttosto che ad altro principe, specialmente se di epoche vicine; nel caso speciale poi questo criterio fu adottato arbitrariamente, perchè il semplice esame anche dei disegni delle due monete basta a convincere il più inesperto che figura e lettere del rovescio sono, non solo dello stesso stile e maniera, ma fors’anco dello stesso conio.

Il distinto numismatico sig. Cav. Giulio Sambon nel compilare il catalogo della celebre collezione Rossi3, non avendo agio di fare nella fretta [p. 427 modifica]confronti e trovandosi di fronte a un tipo nuovo, lo attribuì ad Astorgio I, come quello al quale non erano state attribuite altre monete, pur rilevandone la singolarità e massima importanza.

Da ultimo il sig. Prof. Federico Argnani, che raccolse con amore e diligenza tutto quanto si riferisce alla zecca Faentina4, attribuisce il nostro picciolo ad Astorgio II. È notevole che tra gli argomenti addotti a sostegno di questa sua attribuzione evvi quello dello stile e dei caratteri, che il C. Tambroni Armaroli portava in Appoggio della sua. Il Prof. Argnani, distinto cultore tanto di numismatica che di arte, conosceva esemplari ben conservati della monetina di Astorgio III con la lancetta, mentre dell’esemplare di Macerata con l’Astorre non vide che il disegno del Bullettino di Firenze riprodotto da un esemplare poco conservato e parvegli scorgervi «lo stile dell’arte troppo scorretto nell’insieme dell’Astorre, che si presenta tutt’altro a che elegante, e la forma larga e grossa del carattere che sente ancora del gotico....»5 e la attribuisce ad Astorgio II.

Io non seguirò il Prof Argnani negll ingegnosi ragionamenti che fa per sostenere la sua ipotesi. Il fatto che questo mio esemplare porta dopo il nome del Principe il T ossia la numerazione genealogica identica a quella portata dal picciolo colla lancetta, [p. 428 modifica]e che egli diceva essere inutile cercarvi6, ne rovescia addirittura la base.

Accennerò di volo che lo stile della monetina e la forma dei caratteri rispondono perfettamente all’epoca di Astorgio III, che è quella del risorgimento dell’arte italiana; infatti l’astorre è effigiato con vera delicatezza ed è elegantissimo.

Un fatto che potrebbe servire a determinare l’epoca precisa della coniazione di questo picciolo, e che venne accennato anche dal conte Ernesto Tambroni Armaroli7, è il cambiamento di nome da Francesco in Astorgio che sarebbe avvenuto nell’assunzione al principato dell’ultimo dei Manfredi. Io non ho libri o documenti per accertarlo, ciò che potranno fare agevolmente gli studiosi di cose Faentine; ma, qualora fosse vero, esso segnerebbe l’anno preciso in cui fu coniata questa piccola moneta che sarebbe la prima apparsa sotto il nuovo principe, del cui nome rinovellato portava l’emblema parlante.

Con l’attribuzione di questo picciolo ad Astorgio III la serie dei principi di Faenza, che coniarono moneta, viene limitata a due soli, e cioè a quello che fece coniare le monete col Beato Nevolone, che fu Astorgio I, stando all’Argnani, ed il secondo, stando allo Zanetti, e ad Astorgio III, che oltre alle monete descritte dall’Argnani, fece coniare anche questa coll’impronta dell’Astorre.


Note

  1. Bullettino di Numismatica Italiana, diretto e redatto da A. R. Caucich. Serie II, anno 1867-68, pag. 2, tav. I, n. 1. Firenze, 1867-68.
  2. Famiglie celebri italiane. — I Manfredi di Faenza
  3. Catalogo della Collezione Rossi di Roma. Roma, 1880, nnm. 1071 pag. 82.
  4. Cenni storici sulla zecca, sulle monete e medaglie de’ Manfredi Signori di Faenza e sul Sigillo del Comune e del Popolo della stessa Città compilati dal Prof. Federico Arpiani conservatore della Pinacoteca Comunale. Faenza, Ditta Tipografica Pietro Conti, 1886.
  5. Pag. 26.
  6. Ivi.
  7. Bullettino citato, pag. 3.

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