Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/XXV. Il bidet

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XXV. Il bidet

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XXV. Il bidet
XXIV. Montreuil XXVI. Nampont - L'asino morto
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XXV

IL BIDET

Cosí disposti tutti questi affarucci, m’adagiai; né mai né in verun’altra sedia da posta piú agiatamente d’allora: m’adagiai nella mia sedia da posta. La Fleur, mettendo da un fianco del bidet1 uno stivalone da botta, e un altro stivalone dall’altra (le sue gambe non vanno contate), mi precorreva galoppando felice e con l’equilibrato contegno d’un principe. [p. 47 modifica]

Ma che è mai la felicità? che è mai la grandezza in questa dipinta favola della vita? Un asino morto, e non s’era corso una lega, s’attraversa improvvisamente come una sbarra alla carriera di La Fleur: il ronzino non voleva passarvi: vengono a rissa tra loro; e il povero ragazzo fu propriamente sbalestrato fuor de’ suoi stivaloni alla prima coppia di calci.

La Fleur tollerò la sua caduta da cristiano francese, e non disse né piú né meno di «diable!». Rizzasi senz’altro; si rappicca col ronzino: lo inforca; e battealo come avrebbe battuto il tamburo.

Il ronzino salta di qua, risalta di là, e ricalcitra, torna di qua, poi di là, da per tutto insomma fuorché verso l’asino morto. La Fleur voleva spuntarla, e il ronzino te lo scavalca.

— Che hai tu, La Fleur — gli diss’io — con quel tuo bidet? —

Rispose: — Monsieur, c’est un chevai le plus opiniàtre du monde. —

Ed io: — Se la bestia è cocciuta, si trovi la strada a sua posta. —

La Fleur smontò, accomiatandolo con una sonora scuriata; e il ronzino mi pigliò in parola, e si mise la via di Montreuil fra le gambe. — Peste! — disse La Fleur.

Or qui, da che non cade mal-à-propos. noteremo, che, quantunque La Fleur non siasi valuto se non se di due diversi vocaboli d’esclamazione, cioè «diable!» e «peste!», l’idioma francese non per tanto ne ha tre, a guisa di positivo, comparativo e superlativo; ciascheduno de’ quali si adopera ad ogni impensato gitto di dadi nel mondo.

«Le diable!» è primo, positivo grado, regolarmente usitato nelle ordinarie commozioni dell’animo. Poniamo, ti riescono i dadi in doppietto; La Fleur scavalcato; e via via: per la ragione medesima al cocuage2 basta sempre «Le diable!». [p. 48 modifica]

Ma se il caso ti tenta nella pazienza, come questo del ronzino che scappa alla stalla piantando La Fleur tutto d’un pezzo ne’ suoi stivaloni, vuoisi il grado comparativo; e allora: «Peste!».

E quanto al superlativo...

Ma il cuore mi si stringe di compassione e d’amore del prossimo, considerando quali miserie denno esserle toccate in sorte, e quanto deve essere stata martoriata a sangue una nazione si dilicata, se fu violentata ad usarne.

Ispiratemi voi, o potenze che nel dolore snodate la lingua all’eloquenza! Comunque corra il mio dado, ispiratemi esclamazioni timorate, tanto ch’io non nomini invano la mia natura.

Ma questa è grazia che non si può in Francia impetrare; onde mi rassegnai di lasciarmi all’occasione sferzare dalla fortuna senza mandare esclamazione veruna.

La Fleur, che seco non avea questi patti, appostò con gli occhi il ronzino finché gli svaní dalla vista; e allora ma chi vuole, supplisca del suo l’esclamazione con cui La Fleur uscí finalmente di quella briga.

E siccome non v’era verso d’inseguire con gli stivaloni un cavallo adombrato, a me non rimaneva se non il partito di pigliarmi La Fleur o dietro la sedia o dentro.

— Starà meglio dentro — diss’io; e in mezz’ora fummo alla posta di Nanipont.

Note

  1. «Post-horse» [A.]. Voce francese: «cavallino»; e segnatamente il ronzino cavalcato da’ corrieri e da’ battistrada [F.].
  2. Il testo: «cuckoldom». Imitando io, e per quest’unico caso, l’autore che scrive con locuzioni francesi le idee di cui non trova voci proprie nella sua lingua, mi sono giovato del vocabolo «cocuage» da che l’idioma nostro non potrebbe tradurlo senza scandalo e senza perifrasi. E prego i grammatici, umanisti, retorici, vocabolaristi, glossatori, nomenclatori, bibliotecari, accademici della Crusca e gli altri maestri miei, affinché, se possono, ci provvedano [F].