Azioni egregie operate in guerra/1672

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1672

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1672.

I
L Re Cristianissimo con quattro eserciti assalì gli Ollandesi sul Reno, e sulla Mosa. Il Marchese Ambrogio Spinola Generale del Re di Spagna tentò d’insinuarsi da quella parte nel mezzo de’ loro Stati, e di portarvi la guerra. Ma le pioggie dirotte in que’ Paesi vallicosi tra quantità di fiumi, e di canali, che li vanno intersecando, e presto si gonfiano ad altezza considerabile, resero inutile qualunque di lui sforzo. Ora il Cielo sereno lasciò quelle Campagne quasi asciutte, come anco bassissimi i condotti d’acque, e le fosse delle fortezze, che di là sogliono ricavare la maggior difesa; sicché in poco spazio di tempo il Re Luigi espugnò quaranta piazze sul Reno, sulla Mosa, sull’Isel, e penetrò fin quasi a veduta di Amsterdam, che si sottrasse dall’imminente pericolo solo col tagliare gli argini, e coll’inondare le soggette Campagne.

Abbattuti da tante perdite, i Magistrati di Ollanda ricorsero al Conte di Monterei Governatore della Fiandra Spagnuola, chiedendo assistenza di truppe, e preservazione da peggiori ruine, col rappresentare il merito, che avevano d’esser soccorsi; giacché essi quattro anni prima avevano, col comporre la triplice Alleanza, attraversate ulteriori perdite alla Corona di Spagna ne’ Paesi bassi Cattolici. Le stesse istanze porsero alle due Corti di Spagna, e di Vienna. La Regina, Tutrice del piccolo figlio Carlo secondo, ordinò subito al Monterei, che contentasse gli Ollandesi, ed esso prontamente introdusse in varie piazze di maggior gelosia quel numero di gente, che questi chiesero. Più [p. 167 modifica]lento, e più irresoluto a determinarsi fu l’Imperator Leopoldo. Il di lui primo Ministro v’era contrarissimo: né avrebbe voluto, che Cesare assumesse verun impegno. Grandi ragioni adduceva a favor suo, ed erano: La forza della Francia, capace di rovesciarsi sopra l’Imperio, e rinnovarvi calamità, non solo eguali a quelle, che gli aveva cagionate prima della pace di Munster, ma più gravi assai, per essere cresciuta in possanza molto maggiore. Adduceva le confederazioni di essa Francia coll’Inghilterra, e colla Svezia. L’avere il Re Luigi favorevoli nell’Alemagna, oltre i due Prelati sopradetti, l’Elettor Bavaro, e il Duca di Hannover, che si temevano fussero di già suoi Alleati; Certamente erano regalati dalla Francia con copioso denaro, col quale sostenevano, e potevano augumentare i loro eserciti. Quanto agli altri Principi di Alemagna, una parte era intimidita dalla prossimità delle armi Francesi, l’altra parte sconsigliava, che Cesare si frammischiasse negl’interessi degli Spagnuoli, e degli Ollandesi. I rimanenti sembravano irresoluti, né mostravano veruna propensione a secondare le mosse di Leopoldo. Il solo Elettore di Brandeburg instava alla gagliarda, perché il di lui esercito fosse augumentato da buon numero di schiere Cesaree. Ma questo Principe, stato sin ad ora assai vario nelle sue leghe, non assicurava la di lui stabilità negl’impegni presi, sicché v’era da paventare, che alla fine i maggiori mali ricadessero sù i Stati Cesarei.

Queste ed altre ragioni metteva avanti il primo Ministro della Corte, per ritirare l’Imperatore dalla mossa delle di lui soldatesche, e da verun impegno coll’Ollanda. All’opposto la Sorella Regina di Spagna colla voce dell’Ambasciatore Marchese de Los Balbases premeva in contrario. Rappresentava, come gli Ollandesi avevano conservato alla Casa d’Austria quanto a lei era rimasto nella Fiandra. Al presente non si poteva negar loro il contraccambio coll’assisterli a mantenere il loro: e con tale benefizio obbligarli ad un vicendevole ajuto in circostanze consimili. Giacché quelle Provincie non volevano servire alla Spagna come Vassalle, almeno le giovassero come confederate. Se esse venivano abbandonate, e lasciate alla discrezione de’ due Re guerreggianti, come potevano poi conservarsi i Paesi bassi Spagnuoli, che al minimo urto della Francia sarebbero caduti nelle di lei mani, e aumentata la di lei possanza. In qual modo poi difendere l’Italia, anzi l’Imperio medesimo. Se ora gli Ollandesi volevano la pace, erano tali, e tante le pretensioni sfoderate da i due Re contra essi Ollandesi, che non potevano soddisfarle, se non col votare i tesori delle loro provincie, e col sguernirle delle più forti piazze di loro dominazione. Se que’ Stati erano costretti con tanto esborso di denaro, e con la cessione di tante Fortezze, quante venivano loro chieste per riavere la quiete, si sarebbero perduti affatto di coraggio; onde più non avrebbero osato di confederarsi a sollevamento di verun Poten[p. 168 modifica]tato vicino che fusse assalito. Anzi né meno l’avrebbono potuto, poiché rimanevano estenuati assaissimo di forze, senza fortezze, le quali coprissero le provincie, che rimanevano loro, e senza comunicazione veruna colla Fiandra Cattolica a cagione delle piazze, che si pretendevano dalla Francia. Essa Fiandra rimarrebbe attorniata affatto da’ paesi, che si volevano dal Cristianissimo, senza veruna apertura, per cui ricevere ajuti dall’Alemagna.

Venti milioni di Franchi chiedere il Re Luigi colle Città di Nimega, e di Grave, colle fortezze di Skenk, di S. Andrea, di Crevecoeur, di Boisleduc, di Breda, di Bergopson, di Domel, e con tutta la Geldria di là dal Reno. La perdita di queste Piazze spogliava gli Ollandesi de’ più forti antemurali, co’ quali tenersi riparati.

L’Inghilterra pretendere quattro milioni di scudi, e quattrocento mila scudi annuali per la pesca delle renghe, e di più in pegno la fortezza dell’Esclusa, ed alcune Isole della Zelanda. Avere gli Ollandesi offerto alla Francia Mastric, e dieci milioni di Franchi con altra somma al Re Brittanico, né aver potuto conseguire la pace a sì caro prezzo.

La Regina di Spagna in virtù della lega, contratta con que’ Stati, non poteva dispensarsi dal somministrare a loro difesa un buon corpo di soldatesche. Questo passo cagionerebbe nuova rottura con la Francia. Prima che questa seguisse, esser necessario, che Sua Maestà Cesarea avvicinasse il proprio esercito al Reno, per essere a portata comoda, di assistere al Nipote Carlo secondo. Con mediocri sussidj che la Spagna, e l’Ollanda fornissero all’Imperatore, esso potrebbe metter in Campagna un’armata, che unita alla Spagnuola, ed Ollandese sormonterebbe quella della Francia, e ritornerebbe gli affari nello stato primiero. L’Alemagna abbondare d’armati, la Spagna, e l’Ollanda di soldo: quando il ferro si collegasse coll’oro, potrebbe far fronte a’ loro nemici, e non altrimenti. Gli Spagnuoli pur troppo essersi disgustati, ed alienati non poco da’ Tedeschi; perché alla pace di Munster, e all’altra di Acquisgrana non furono curati i loro interessi da’ Principi d’Alemagna. Rompersi sempre peggio quel vincolo di comune salvezza, colla quale queste due Nazioni eransi conservate scambievolmente nel secolo antecedente, né potute atterrarsi da assalimenti ostili. Potersi rassodare di nuovo, ed esservi precisa necessità di farlo ben tosto.

In termini consimili, e con aggiunta di altre ragioni, che lungo sarebbe il qui didurre, parlava, e persuadeva l’Ambasciatore Balbases. L’Imperatore risolvette di tenersi ad un partito, come di mezzo, cioè porgere qualche assistenza all’Ollanda, ma non romperla col Re Luigi a tutta forza, e possanza. Radunò sulle frontiere della Boemia da sedici mila soldati, e ne appoggiò il comando al Conte Montecuccoli, con ordine di congiungersi alle truppe, raccolte dall’Elettore. Quali fussero le vere intenzioni di Cesare in questa mossa, varia[p. 169 modifica]no le notizie. Alcuni vogliono, che al Commendatore di Gremonville Inviato di Francia, il quale esclamava alto assai contro a quella spedizione, Leopoldo si lasciava uscire qualche parola, la quale indicasse, come per questo anno non avrebbe commessa ostilità contra il di lui Signore. Altri pretendono, che Cesare mirasse, a far coraggio agli Ollandesi, ed insieme determinasse i due Re, a diminuire le alte dimande, sicché con poco discapito potessero essi Ollandesi ricomprare la pace. Deducono tutto ciò dall’osservare, che Cesare mandò soldatesche in numero minore assai di quello, che avrebbe potuto spedire. Laddove inviandone quasi al doppio, come poi fece l’anno futuro, questi colla unione alle Brandeburghesi sormontando i quaranta mila uomini, non avrebbono trovato ostacolo, e potevano certamente soccorrere affatto gli Ollandesi.

Sembra indubitato, che il primo Ministro della Corte di Vienna desse ordini risoluti al Montecuccoli, che non venisse a battaglia1. Mostrasse faccia di guerra, ma non la facesse. Si compiacessero gli Spagnuoli, e i Brandeburghesi con qualche apparenza; ma la sostanza stesse soda di non romperla affatto col Re Luigi. In oltre aggiungesse lo stesso primo Ministro, che tale era la volontà dell’Augusto Signore. Uscì voce al pubblico, la quale sparse, come l’esercito Cesareo era destinato a difendere l’Imperio, e i di lui confini, giacché le armate Francesi erano entrate negli Stati di più Principi Alemanni, e avevano collocati presidj in varie Piazze loro. Da Egra si mosse il Montecuccoli a traverso la Turingia. In Alberstat tenne consiglio coll’Elettore, e col Duca di Lorena. Il primo propose di passare il Veser, ed entrare nella Vestfalia. Ciò non poteva eseguirsi senza combattere, il che doveva sfuggirsi. Per tanto il Montecuccoli rimostrò, esser meglio, andarsene al Reno verso i confini della Francia, per tirare a quella parte le milizie Regie, e divertirle da nuove conquiste in Ollanda. Approvato il parere, per due strade si venne nel paese di Treviri, e fu chiesto il passo del Reno, e della Mosella a quell’Elettore. Questi lo negò col dire ch’erasi impegnato nella neutralità. Anche l’altro di Magonza, per non esser costretto a darlo, ruppe il suo ponte. Amendue suggerirono due siti facili al tragitto, cioè a Nidersaein, dove il corso delle acque è assai ristretto, oppure dove il Fiume Nero si scarica nel Reno.

Non istettero oziosi i Generali Francesi. Comprarono a prezzo alto, e pronto, quante barche si trovarono sul Reno, per averle in loro balia. Il Governatore di Brisac spiccate quattro barche incendiarie, di notte attaccò fuoco al ponte di Argentina, e lo bruciò, perché non servisse a’ Nemici.

Il Maresciallo di Turena era stato incaricato dal Cristianissimo d’invigilare alle mosse de’ Cesarei, e coprire principalmen[p. 170 modifica]te gli Stati del Coloniese, e Monasteriense. Egli si collocò prima tra i Fiumi Rura, e Lippa, poi sul Fiume Lohm nel pieno dell’Alemagna. Amendue gli eserciti si trovarono più volte schierati l’uno in faccia all’altro; ma niuno osò di venire al cimento. Eravi nella segretaria di Cesare, chi manifestava i segreti del Padrone, e ne faceva correre le notizie alla Corte di Parigi. Nulla rimaneva occulto; E il Montecuccoli medesimo ebbe a lagnarsi, perchè nelle lettere confidenti, scritte a lui per ordine di Cesare, se ne vedevano subito copie in Francia2. Il Turena sapeva i comandi, dati al Montecuccoli, di non combattere; e però mostrava di poter molto, quando era inferiore di gente.

Dimorava nel Campo Imperiale il Baron d’Amerongue Inviato di Ollanda, il quale, osservando il procedere del Montecuccoli, esclamava, perchè non si avanzassero i passi di là dal Reno, sforzando i transiti negati. Rimanere delusi i popoli del proprio paese, e funestati delle concepute speranze sulla buona volontà dell’Imperatore. Rispose il Montecuccoli: Essersi operato non poco, mentre all’avanzarsi degli eserciti Alemanni eransi divertite le maggiori forze della Francia, e li due più eccellenti Generali Condè, e Turena, passati alle frontiere del Reno, e della Mosella. Se Cesare non si fusse mosso, l’Ollanda rimaneva oppressa sotto il peso della formidabile possanza ostile. Essersi arrestati gli avanzamenti Francesi: Ottenuto lo sciogliersi l’assedio di Groninga: Ricuperata Laeverda, e posti in sicuro Bolduc, ed altre Piazze del Brabante; con che erasi dato comodo al Principe di Oranges, di rinvigorire lo spirito de’ Magistrati, e del popolo, di conservar in piedi la loro Repubblica, di difendere le provincie più doviziose. Tanti avantaggi essersi ottenuti senza sparger sangue coll’esercito intatto, e vigoroso.

Ciò non ostante il Montecuccoli fece passare il Reno a Niderstain, e collocò sull’altra sponda sei mila uomini. Poco dopo li ritirò, da che intese, come il Turena erasi avanzato sulla Mosella, e il Principe di Condè sulla Sara; i quali se si univano insieme, la battaglia, vietata severamente, era inevitabile. Anzi l’Elettor di Magonza mostrava lettera, venutagli dal primo Ministro di Vienna, che l’esortava, a non cedere il transito al Montecuccoli anche da parte di Cesare, il quale di mala voglia aveva spedita colà l’armata alle istanze importune di Brandeburg.

Sopraggiunse notizia che il Vescovo di Munster avesse invaso il Paese di quest’Elettore; e però si rivolsero tutti, a ricuperare le piazze perdute. Giunti nella Vestfalia, il Montecuccoli si ritirò, chi volle per malattia, chi perchè fosse annojato di continuare una scena poco decorosa, nè potesse più soffrire quel doversi governare secondo [p. 171 modifica]ondo i comandi impartitigli dal primo Ministro. Rimase al comando de’ Cesarei il Duca di Bornoville. Tutto l’inverno, e la prossima primavera s’andò fluttuando con consigli incerti. I Consiglieri dell’Elettore l’intendevano male, che il loro Padrone si fosse impegnato cogli Ollandesi. Impedirono, ch’esso non venisse a battaglia, quando sopravanzava d’un terzo in truppe3. Lo impressionavano sulla possanza del Maresciallo Francese, assai maggiore del vero. Il Turena accresciuto di soldatesche portò la guerra ne’ paesi Elettorali, e vi conquistò varie Piazze. L’Elettore dava addietro, quando era in forze d’avanzarsi, e di combattere, con isperanza di vittoria. Finalmente nel Giugno del prossimo anno

  1. P. Vagner Istoria suddetta pag. 302, lin. 13.
  2. P. Vagner suddetto tomo I pag. 324.
  3. Istoria militare del Regno di Luigi il Grande t. I p. 346.