Ben Hur/Libro Ottavo/Capitolo IV

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Capitolo IV

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CAPITOLO IV.


Durante la terza ora la strada in faccia al luogo ove riposavano le lebbrose incominciò ad animarsi pel crescente concorso di gente incamminata verso Bethfage e Bethania, ma al principio dell’ora quarta una folla straordinaria comparve sulla vetta dell’Oliveto, e le due donne veglianti videro con meraviglia che tutta quella gente portava in mano rami di palme tagliati di fresco. Mentre cercavano di indovinarne il significato, il rumore d’un altra moltitudine, proveniente da oriente, attirò in quella direzione i loro [p. 458 modifica]sguardi. Fu allora che la madre stimò bene di svegliare Tirzah.

— «Che vuol dire tutto ciò? — chiese quella.

— «Egli viene» — rispose la madre. — «Costoro che noi vediamo escono dalla città e gli vanno incontro; quegli altri di cui udiamo il rumore sono gli amici che l’accompagnano, per cui è probabile che l’incontro abbia luogo proprio qui in faccia a noi.» —

— «Se è così, temo assai ch’egli ci possa udire.» —

Lo stesso timore aveva assalito la vedova.

— «Amrah,» — domandò, — «allorchè Giuda parlò della guarigione dei dieci, con quali parole disse egli che i lebbrosi chiamarano il Nazareno?» —

Essi dissero — «Signore abbi pietà di noi,» — oppure — «Maestro abbi pietà.» —

— «Null’altro?» —

— «Giuda non riferì altre parole.» —

— «Infatti non ne occorrono altre» — mormorò fra di sè la vedova. Lentamente intanto, s’avanzava la moltitudine che proveniva da oriente; quando finalmente arrivò a una distanza relativamente vicina, gli occhi dei lebbrosi si fissarono sopra un’individuo a cavallo di un asino attorno al quale la turba ballava e cantava come delirante. Egli aveva il capo scoperto ed era vestito di bianco; olivastro era il colore del viso incorniciato dai lunghi capelli castani. Non guardava nè a destra nè a sinistra, e pareva incurante del tumulto che lo circondava, mentre l’espressione di profonda malinconia nello sguardo attestava la sua indifferenza alla popolare dimostrazione di cui era fatto segno. Dietro a lui veniva la folla in interminabile processione, con immenso clamore di grida e di canti. Invero non occorreva che alcuno dicesse alle lebbrose:

— «Ecco il Nazareno!» —

— «E’ qui, Tirzah,» — disse la madre — «Vieni figliuola,» — e così dicendo si pose innanzi al bianco macigno e cadde ginocchioni, mentre la figlia e la servente si collocarono ai fianchi.

Al comparire della turba col Nazareno, quelli della città sostarono e si posero ad agitare le verdi palme intuonando ad una sol voce un canto, le cui parole erano: — «Benedetto sia il Re d’Israele, il quale viene nel nome del Signore!» — A quel canto risposero le migliaja di voci dell’altra folla con un grido che scosse l’aria come un improvviso e violento muggito di vento. In quello strepito la [p. 459 modifica]voce delle povere donne si perdeva, ed in verità sarebbe stato un miracolo se si fosse udita. Il momento era giunto e se non ne approfittavano subito, l’occasione era perduta per sempre.

— «Facciamoci più vicini, figliuola; egli non può udirci» — fece la madre.

Si alzò e s’avanzò barcollando. Stese in alto le sue luride mani e mandò il solito grido, con voce orribilmente stridula. Il popolo la vide, vide quel volto spaventevole e ad un tratto ammutolì. Tirzah, debole e sbigottita cadde a terra.

— «I lebbrosi! i lebbrosi!» —

— «Lapidateli!» —

— «I maledetti da Dio! Uccideteli!» —

Queste ed altre imprecazioni vennero a confondersi con gli osanna di altri gruppi della folla, troppo lontani per comprendere il motivo dell’interruzione. Eranvi però alcuni i quali, avendo più lungamente seguito il Maestro, non erano rimasti insensibili al suo esempio, uomini in cui lo spirito di carità era in parte penetrato. Questi se ne stettero silenziosi e guardarono il Nazareno, il quale si fermò innanzi alle donne. La vedova alzò gli occhi e li fissò trepidanti in quel volto calmo, bellissimo, pieno di tenerezza e pietà.

— «Oh, Maestro, Maestro! tu vedi a che siamo ridotte, tu puoi guarirci, — abbi pietà di noi — pietà!» —

— «Credi tu ch’io lo possa?» — chiese il Nazareno.

— «Tu sei Colui di cui parlano i profeti, — tu sei il Messia,» — rispose la donna. A queste parole gli occhi di lui divennero raggianti.

— «Donna,» — esclamò — «Grande è la tua fede; sia di te come tu vuoi!» —

Si fermò un’istante come assorto in sè, e dimentico degli astanti, poi, senza aggiunger parola, si rimise in cammino, mentre la donna riconoscente esclamava — «Gloria a Dio l’Altissimo! Benedetto, tre volte benedetto il Figlio ch’egli ci ha dato!» — e la turba esultante, cantando osanna ed agitando le palme, segui il Nazareno.

Si copri il capo la vedova, ed abbracciando Tirzah esclamò, fuori di sè dalla gioia — «Alza gli occhi, figliuola! Ho la sua promessa; egli è invero il Messìa, e noi siamo salve — salve!» — ed entrambe ricaddero ginocchioni e vi rimasero finchè la processione fu in vista. La coda di questa era appena scomparsa dalla vetta del monte e l’eco dello strepito era ancora nell’aria, che già incominciava a manifestarsi il miracolo.

[p. 460 modifica]Il primo sintomo si verificò nelle regioni cardiache delle lebbrose, ove più viva si fece la circolazione del sangue; questa andò accelerandosi in tutto il corpo, comunicando a quelle povere membra un senso d’ineffabile benessere. Ognuna delle donne si sentiva rinascere e ritornare quale era in un tempo di cui quasi avevan smarrito il ricordo. Contemporaneamente, come a completare la loro purificazione, un novello vigore invase lo spirito esaltandolo in un vero fervore d’estasi, e la coscienza del cambiamento che andava operandosi in loro generò un’inesprimibile sentimento di celeste beatitudine di cui dovevano serbare le traccie per tutta la vita.

A questa miracolosa trasformazione assisteva, oltre ad Amrah, un altro testimonio.

Il lettore ricorderà la costanza colla quale Ben Hur seguiva il Nazareno in tutte le sue peregrinazioni e, s’egli ha presente la conversazione della sera precedente, non sarà sorpreso d’apprendere che il giovane Ebreo era stato presente all’incontro delle due lebbrose: ch’egli aveva udito l’appello della madre, che ne aveva veduto il volto ributtante, che non gli era sfuggita la sua risposta. Il suo interesse pel Nazareno era più vivo che mai, come era vivo in lui il desiderio di risolvere una buona volta ogni dubbio sulla missione di quell’uomo meraviglioso; anzi questo suo desiderio si era fatto più intenso per la convinzione che in quel giorno stesso, prima del cader del sole, sarebbe stata proclamata la verità.

Egli s’era pertanto scostato dalla processione e, sedutosi su un macigno, ne aveva attesa la partenza, scambiando segni d’intelligenza con molti individui confusi nella folla che gli sfilava davanti. Erano Galilei, assoldati da lui, e portanti corte spade nascoste sotto le vesti.

Dopo qualche tempo passò un’arabo, dal volto abbronzato, conducendo per mano due cavalli.

Ben Hur gli fece segno d’avvicinarsi e quando tutta la turba fu lontana, gli disse:

— «Fermati qui; desidero esser presto in città e Aldebran mi sarà utile» — e dopo aver accarezzata la fronte spaziosa del bellissimo cavallo, andò verso le donne.

Non bisogna dimenticare ch’esse gli erano affatto sconosciute e che solo l’interessavano come soggetti d’un esperimento sopranaturale, il cui risultato l’avrebbe forse potuto aiutare a risolvere il mistero che da tanto tempo lo preoccupava.

[p. 461 modifica]Cammin facendo, gettò per caso uno sguardo sopra la vecchierella presso la roccia bianca, che si nascondeva il viso con le mani.

— «Per il Signore vivente, ma quella è Amrah!» — disse fra sè.

Accelerò il passo e si avanzò verso di lei senza badare alle lebbrose. — «Amrah!» — le gridò, — «che fai tu qui?» —

Essa si precipitò ai suoi piedi, acciecata dalle lagrime che le strappava il conflitto fra la gioia ed il timore, ed incapace pel momento di profferire una parola; finalmente potè esclamare:

— «Oh, padrone, padrone! Com’è buono il Signore!» — La cognizione che acquistiamo in forza della simpatia che c’ispirano altri in momenti di dure prove, è un fenomeno poco compreso e vago; è singolare che quella simpatia ci permetta, fra le altre cose, di fondere la nostra identità con gli altri in tal misura che spesso i dolori di quelli e le loro gioie diventano sensazioni nostre. Così la povera Amrah, tenutasi in disparte e nascondendo la faccia, sapeva della trasformazione operantesi nelle lebbrose, senza che le si fosse detta una parola, e sapendolo, divideva pienamente i sentimenti che provavano le due donne. — Il suo aspetto, le sue parole, il suo contegno la tradivano, e con rapido presentimento Ben Hur corse col pensiero alle lebbrose; sentì in sè la certezza che Amrah era li per loro, e si volse nell’atto stesso ch’esse si alzavano da terra. — Il cuore cessò di battergli in petto, — rimase un’istante come pietrificato — muto — atterrito.

La donna ch’egli aveva veduto in faccia al Nazareno era lì colle mani congiunte e cogli occhi bagnati di lagrime, guardando il cielo.

La trasformazione avrebbe bastato in se stessa a giustificare la sua sorpresa, ma questa non era che in pìccolissima parte la causa della profonda commozione da cui si sentiva invaso.

Poteva egli credere ai proprii occhi? Sognava egli o era desto? Chi era costei che tanto assomigliava a sua madre? A sua madre com’ella era nel giorno in cui gli fu a forza strappata dal Romano, salvo che i capelli erano ora brizzolati? E chi le stava allato se non Tirzah? Fattasi più bella e più matura, ma sotto ogni altro riguardo la Tirzah di prima, quale egli se la ricordava quel mattino fatale della loro separazione.

[p. 462 modifica]Ben Hur le aveva credute morte e coll’andar del tempo s’era rassegnato a quella convinzione; non già ch’egli avesse cessato di rimpiangerle, ma coll’estinguersi d’ogni speranza s’erano dileguate le loro immagini, nel senso ch’esse non figuravano più nei suoi piani d’azione, nei suoi sogni d’avvenire. — Ora che se le vedeva davanti, dubitando dei proprii occhi, stese una mano sul capo della servente e tremante balbettò:

— «Amrah, Amrah! — mia madre! Tirzah! dimmi se è vero — se non m’inganno!» —

— «Padrone, parla ad esse, parla,» — rispose quella.

Non attese altro Ben Hur, ma, aprendo le braccia, si precipitò verso le donne gridando — «Madre! Madre! Tirzah! Sono io!» —

All’esclamazione del figlio rispose quella della madre e della sorella, e con non minor impeto le due donne gli si slanciarono incontro; ma ad un tratto la madre s’arrestò, balzò indietro spaventata e mandò il grido d’allarme — «Sono infetta, sono infetta! Fermati Giuda, non avvicinarti!» —

Non era per effetto d’abitudine che la povera donna emise quel grido, era l’amor materno che, superiore a qualunque altro impulso ed a qualunque considerazione, si affermava. Rapido come un lampo s’era affacciato il dubbio che, quantunque guarite, sussistesse il pericolo di trasmettere il morbo all’amato figliuolo, pel contatto delle vesti. Ma un tal timore nulla poteva su di lui, o meglio ei non vi pensò affatto. Un istante appresso, i tre, così a lungo divisi, versavano lagrime di gioia, stretti in un solo abbraccio.

Quando, passata la prima estasi, si ristabilì la calma, le prime parole della madre furono:

— «Nella nostra felicità figliuoli miei, non dimentichiamo la gratitudine. Inauguriamo la nostra nuova vita coll’innalzare una preghiera a Colui cui tutto dobbiamo;» — e caduti ginocchioni, la vedova recitò ad alta voce la preghiera di ringraziamento. Tirzah, ne ripetè ad una ad una le parole, e così pure Ben Hur, ma era evidente che la sua fede non eguagliava quella della sorella, poichè, alzati che furono, domandò:

— «In Nazareth sua patria, si dice che quell’uomo sia figlio d’un falegname. Chi sarà egli mai?» —

Con lo stesso sguardo di tenerezza dei tempi passati, la madre rispose come già aveva risposto al Nazareno:

[p. 463 modifica]— «Egli è il Messia.» —

— «E da dove gli viene il suo potere?» —

— «Possiamo desumerlo dall’uso ch’egli ne fa. Puoi tu dirmi s’egli ha mai fatto del male? —

— «No, mai.» —

— «Se è così, io ti dico ch’egli tiene il suo potere da Dio.» —

Non è cosa facile l’emanciparsi di colpo da abitudini di pensiero cresciute in noi con l’andar degli anni, e quando Ben Hur si domandava quale allettamento potesse mai offrire ad un tal uomo la vanità di questo mondo, la propria ambizione non gli concedeva di riconoscersi in errore, persistendo egli come pur troppo facciamo noi, a misurare Cristo alla stregua di sè stesso. In verità, assai meglio faremmo, se valutassimo noi stessi alla stregua di Cristo.

Naturalmente fu la madre che per la prima si ricordò delle pratiche necessità della vita.

— «Che faremo noi ora, figlio mio? ove andremo?» —

Ben Hur, richiamato alla realtà delle cose, non potè a meno di constatare come ogni traccia del flagello fosse scomparsa e come ognuna delle donne avesse ricuperata tutta l’avvenenza della persona. Egli si levò il mantello e lo buttò sulle spalle di Tirzah, dicendole con un sorriso di fraterno orgoglio:

— «Lo sguardo del viandante ti avrebbe prima schivato ed ora egli non deve offendere il tuo pudore.» —

Quell’atto mise in vista la spada ond’era cinto.

— «E’ tempo di guerra?» — chiese la madre con curiosità.

— «No.» —

— «Perchè allora sei tu armato?» —

— «Potrebbe essere necessario per difendere il Nazareno» — rispose Ben Hur, celandodo in parte la verità.

— «Ha egli nemici? e chi son dessi? —

— «Ahimè! madre, essi non son tutti Romani.» —

— «Non è egli figlio di Israele e pertanto un uomo di pace?» —

— «Nessun altro amò mai la pace più di lui, ma agli occhi dei rabbini e dei dottori egli è colpevole d’un gran delitto.» —

— «Qual delitto?» —

— «Ai suoi occhi il Gentile non circonciso è meritevole della grazia divina non meno d’un Ebreo dei più rigidi costumi. Egli predica una nuova legge.» —

[p. 464 modifica]Tacque la madre, e la comitiva si raggruppò all’ombra dell’albero i cui rami sovrastavano alla roccia. Frenando l’impazienza d’accogliere nella casa paterna i suoi cari e di udirvi il racconto della loro vita, Ben Hur spiegò loro la necessità assoluta di conformarsi alle disposizioni di legge regolanti il loro caso, e concluse col chiamare l’arabo per ordinargli di precederlo coi cavalli fin presso la Porta di Bethesda; poi tutti assieme si avviarono al Monte dell’Offesa. Si comprende come in ben diverse condizioni si compisse il ritorno. Camminando rapidamente, con passo leggiero e la letizia in cuore, arrivarono in breve ad un sepolcro eretto in vicinanza a quello d’Assalonne e dominante la vallata di Cedron. Constatato ch’esso non era occupato da alcuno, le donne ne presero possesso, e Ben Hur le lasciò per prendere sollecitamente le disposizioni richieste dalla loro nuova condizione.