Carlo Darwin/V

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Più direttamente connesse colla grande teoria, che egli aveva formulato nel libro sull’origine delle specie, sono le altre opere del Darwin di cui mi resta a far cenno. La prima in ordine di data è l’opera in due volumi sulle Variations of Animals and Plants under domestication, che fu edita nel 1868. Il [p. 40 modifica]Darwin nell’introduzione all’Origin of species aveva promesso di pubblicare in un’opera ulteriore tutti i fatti che servivano di base alle sue conclusioni; ma naturalmente il tempo gli mancò, e sarebbe mancato a chiunque altri, per soddisfare a quella promessa. La teoria dell’evoluzione delle forme viventi è così complessa ed abbraccia un tal numero di leggi biologiche, che nessuna vita umana individuale basterebbe a raccogliere i fatti e gli argomenti che le son favorevoli, quando si volesse procedere col metodo analitico inaugurato dal Darwin. Ce ne persuade la lettura di questi due stupendi volumi sulla variabilità delle forme domestiche, i quali contengono ed addensano le indagini continue e pazienti d’un gran numero di anni. Carlo Darwin s’era pure proposto di trattare anche della variabilità degli esseri organici allo stato di natura, cioè delle individuali differenze che si incontrano negli animali e nelle piante; ma né il tempo, né la salute gliene dettero agio, e l’opera sugli animali e vegetali domestici ci fa rimpiangere la mancanza della sua congenere. Essa infatti fin dal suo primo apparire fu giudicata l’opus magnum di Carlo Darwin: l’Hooker proclamava che nessun altri avrebbe potuto scriverla, tranne il fondatore della teoria dell’elezione naturale. Ogni capitolo, si può dire anzi ogni pagina di questi due volumi è un vero tesoro inesauribile di fatti, di osservazioni, di esperimenti, di analisi minutissime e di deduzioni profonde, di principii pratici e di concetti nuovi ed inattesi. È difficile dire se l’opera sia più commendevole per la quantità e l’importanza dei fatti nuovi che vi sono indicati, o per il numero delle osservazioni neglette e rigettate dagli altri naturalisti, che nelle mani del Darwin assumono invece un’importanza ed un significato di primo ordine. Un carattere invero tutto speciale del genio di Darwin consistette sempre nell’assimilarsi i piccoli fatti, ciò che, al dire del Paget, potrebbe chiamarsi quasi il detrito della scienza: ma come interi strati della crosta terrestre si formarono negli antichissimi tempi per il continuo accumularsi delle minute particelle staccate dalle roccie, così la teoria trasformistica venne formandosi a poco a poco nella mente del suo fondatore coll’esame di quanto era sfuggito o era stato dispregiato dalla scienza sistematica e rigida delle aule accademiche.

L’opera può dividersi in tre parti. Nella prima, che deve riguardarsi il più completo trattato sugli animali e sui vegetali domestici, sono descritte tutte le varietà di cani, gatti, cavalli, [p. 41 modifica]asini, porci, bovi, pecore, capre, conigli, piccioni, polli ed altri uccelli di bassa corte e di gabbia, pesci, insetti, cereali, erbaggi, frutta, alberi d’ornamento e fiori, che l’uomo per mezzo della scelta metodica ha potuto produrre durante i non lunghi secoli del suo incivilimento a seconda che lo ispiravano i suoi bisogni, le sue esigenze o i suoi capricci. Le osservazioni del Darwin sui polli, conigli e piccioni sono così complete che un giudice non sospetto, il Quatrefages, le dichiarava insuperabili. Il Darwin diede una spiegazione soddisfacente dell’origine di molte varietà anomale: le sue conclusioni intorno alla unità o pluralità delle specie domestiche, per esempio dei cani, sono un modello di induzione scientifica: altrettanto nuove e stupende sono le ricerche sui caratteri morfologici delle varie razze di conigli: ma di tutti il più meraviglioso è lo studio dei piccioni. Undici anni di ricerche e di esperienze costano al Darwin i due capitoli da lui destinati a stabilire l’origine delle numerose varietà di colombi domestici, che egli tutte si procurò e coltivò nelle sue terre per giungere a classificarle in cinque grandi gruppi simili a cinque veri generi contenenti ciascuno circa trenta specie (varietà): ma mercè un insieme di fatti precisi e di deduzioni logiche, poté concludere anche alla discendenza delle centocinquanta specie da una sola specie selvaggia, la Columbia livia. Nello stesso tempo Darwin scopriva come la fecondità fra queste specie di piccioni domestici fosse in ragione dell’affinità nei caratteri: donde il risultato importantissimo che la variabilità morfologica s’accompagna sempre da variabilità fisiologica. Ma anche per rispetto alle leggi di questa variabilità delle forme viventi, i capitoli successivi dell’opera forniscono nozioni preziosissime e nuove.

La parte più ampia dell’opera è infatti destinata allo studio di alcuni principii fondamentali della teoria dell’elezione; fra i quali l’ereditabilità dei caratteri, l’incrociamento e i suoi effetti, l’ibridismo, le condizioni diverse di vita, l’elezione umana sia metodica sia incosciente, la variabilità delle forme organiche, le sue cause e le sue leggi, vengono successivamente considerate e confermate mercè un enorme numero di fatti, in parte osservati dal Darwin stesso, in parte raccolti dai più autorevoli naturalisti. Di altissimo valore scientifico sono le ricerche intorno alla variazione delle gemme, che egli spiegò come l’effetto delle mutate condizioni di esistenza della pianta, e dalla quale trasse poi i primi fondamenti per la sua celebre ipotesi della Pangenesi. In [p. 42 modifica]quanto alla ereditabilità dei caratteri resteranno per sempre nella scienza le leggi darwiniane che tutti i caratteri, antichi o moderni, tendono ad essere trasmessi per generazione di semi o per gemme, quantunque talora contrariati da cause diverse: che molti caratteri, resi latenti, compaiono dopo alcune generazioni per un fenomeno speciale di «atavismo» o «riversione», il quale spiega molte anomalie e mostruosità; che la preponderanza di trasmissione può essere limitata ad un sesso solo, o riscontrarsi in ambo i sessi; che l’eredità si fa ad epoche corrispondenti della vita, e che vi ha la tendenza ad uno sviluppo sempre più precoce del carattere ereditario. Né si potevano studiare più profondamente di quel ch’abbia fatto il Darwin, le leggi biologiche delle funzioni riproduttive: i fenomeni dell’incrociamento, l’origine di nuove razze per mezzo del meticismo, l’influenza della domesticità e delle cangiate condizioni di vita sulla fecondità delle specie, gli effetti utili delle unioni incrociate e gli svantaggi delle riproduzioni consanguinee, i rapporti della sterilità colle anomalie di sviluppo, non solo assunsero per sé un altissimo valore per il numero strabocchevole di fatti onde furono scoperte o confermate, ma apersero altresì l’adito all’interpretazione fisiologica dell’ibridismo. In quanto ai capitoli sull’elezione, basta che io ne accenni la parte storica, che è un vero modello del genere: ma gioverà ricordare anche come nessuno meglio del Darwin avrebbe potuto illustrare i processi della scelta metodica od inconscia, che l’uomo ha applicato da tanti secoli alle qualità utili o fantastiche degli animali e vegetali domestici, quantoché nessuno ebbe come lui agio e pazienza di farsi allevatore e coltivatore.

Notevolissime sono le indagini intorno ai rapporti dei cangiamenti nelle condizioni esterne ed interne con la variabilità degli esseri organici, dove appunto egli ritoccò e corresse le dottrine del Lamarck relative all’influenza dell’«ambiente», dimostrando come essa sia del tutto secondaria e come agisca assai meno della organizzazione o costruzione degli esseri, «simile cioè alla scintilla che accende una massa di combustibile, dove la natura della fiamma dipende dalla materia combustibile, non dalla scintilla». Con ciò la teoria trasformistica lamarckiana veniva ad essere subordinata a quella dell’elezione; ma a me è sempre sembrato (e vorrei trovar tempo di dimostrarlo) che il Darwin diminuì soverchiamente la parte spettante alle condizioni esterne nel processo di evoluzione delle forme viventi. Egli toccò invece ampia[p. 43 modifica]mente, se pur non si deve dire che in gran parte le rinnovò, le leggi della variazione, cioè gli effetti dell’uso e non-uso, comprensivi i cambiamenti nelle abitudini e l’acclimatazione, gli arresti di sviluppo, le variazioni correlative, la coesione delle parti omologhe, la variabilità delle parti multiple, la compensazione di sviluppo, e infine le variazioni analoghe, rendendo così più chiaro il processo intricatissimo e quasi inintelligibile di formazione dei nostri prodotti domestici.

Ma le numerose classi di fatti fin qui accennate, relative all’eredità ed alla variabilità degli esseri organici, traevano quasi per forza il Darwin a farsi un concetto che assieme le riunisse con un metodo evidente: ed ei ci presentò nella terza parte del libro sulle variazioni quella sua ipotesi della Pangenesi, che per quanto, al suo dire, puramente provvisoria, appare però fino ad oggi come la migliore e la più degna di attenzione per rilegare tra loro i fenomeni più oscuri del mondo vivente. Nella Pangenesi, ogni atomo od unità componente dell’intero organismo si riproduce, ossia possiede, oltre alla proprietà ordinaria di moltiplicarsi per generazione scissipara, quella ancora di emettere «gemmule» che sono disperse per tutto il sistema. Queste gemmule crescono, si moltiplicano e si aggregano, per costituire gli elementi sessuali, ovuli e granelli pollinici, seme fecondo ed ovo, nonché le gemme, ed esse sono così numerose e piccole da poter essere trasmesse a tutte le successive generazioni in uno stato dormente simile a quello del seme entro terra. Ogni essere organizzato, oltre alle gemmule emesse da ciascuna sua cellula od unità del corpo, dovrebbe contenere gemmule latenti derivate dai suoi avi e antenati più remoti, le quali occasionalmente possono svilupparsi sotto l’influenza di date cause; dimodoché l’animale o il vegetale potrebbe essere assomigliato ad un microcosmo, ad un piccolo universo formato da una immensa quantità di organismi inconcepibilmente minuti, che hanno il potere, sviluppandosi, di riprodurre le cellule od unità morfologiche da cui derivano, colle loro funzioni. I fenomeni oscuri della riproduzione organica, la gemmazione, la metagenesi, la fecondazione ordinaria, l’eredità, l’atavismo, la trasmissione dei caratteri morbosi, la memoria verrebbero nella Pangenesi considerati sotto un punto unico di vista e perciò anche spiegati; e sebbene la Pangenesi darwiniana abbia avuto validi oppositori in Delpino, Mivart, Beale, Wigand, Lewes e Galton, ed oggi la scienza possieda nella ipotesi delle «unità [p. 44 modifica]fisiologiche» di H. Spencer, nella «dinamogenesi» della C. Royer, nella «perigenesi» dell’Haeckel altri tentativi analoghi di spiegazione dei detti fenomeni, tuttavia spetterà anche qui a Carlo Darwin il vanto di avere colla sua ipotesi aperto un utile campo di discussioni e di ricerche.

Ma la più discussa fra le opere del Darwin è quella che riguarda l’origine dell’uomo e la scelta sessuale (The Descent of Man and the selection in relation to Sex, 2 vol. London 1871). Egli nelle sue opere antecedenti, forse allo scopo di rendere più facile l’accettazione della teoria trasformistica, aveva taciuto intorno all’uomo, ma era evidente che l’uomo doveva essere compreso cogli altri esseri organici nelle leggi generali dell’evoluzione, sì per i caratteri fisici che per i mentali. Quando il Darwin si accinse ad applicare i principii del trasformismo alla specie umana, la teoria del trasformismo aveva trovato già numerosi e valorosi sostenitori, ed il problema delle origini naturali dell’uomo era stato in gran parte risolto mercè le ricerche e le induzioni di Wallace, Huxley, Lyell, Vogt, Lubbock, Büchner, Haeckel, Rolle, De Filippi e Canestrini. A Carlo Darwin toccò di coordinare tutti cotesti lavori, specialmente intorno alle prove anatomiche, morfologiche, embriologiche e teratologiche dell’origine dell’uomo da qualche forma inferiore, ed ei lo fece nella prima parte del suo libro in modo ammirabile e con quella modestia che accompagnava la sua profondissima erudizione. Ma in questa parte del libro, oltre a riassumere le indagini altrui, il Darwin dedicò due capitoli ad uno studio insuperabile di psicologia comparata, dimostrando che le analogie fra i poteri mentali dell’uomo e quelli degli animali sottostanti conducono alla conclusione esistervi soltanto una differenza di grado e non di qualità. È difficile dare dell’origine del senso morale una spiegazione più positiva e scientifica di quella fornita dal Darwin, ed anche il capitolo sulla storia dello sviluppo delle funzioni psichiche (facoltà intellettuali e morali) durante i tempi primitivi ed i tempi inciviliti, rende manifeste tutte le qualità eminenti di questo pensatore, che fu al tempo stesso primo fra gli scienziati e sommo fra i filosofi.

Nel ricercare il processo di formazione delle razze umane, e dopo aver trovato che le loro differenze caratteristiche non possono essere spiegate abbastanza dall’influenza delle condizioni di vita e dalle leggi generali della variazione, Carlo Darwin [p. 45 modifica]credette rinvenirne la causa più potente nella scelta sessuale. La seconda parte dell’opera è destinata appunto allo studio di questa legge del regno animale, ed è una rassegna completa dei caratteri sessuali secondari di tutte le classi animali, dai Molluschi agli Uccelli, dai Crostacei ai Mammiferi e infine all’uomo. Il numero delle prove che in questo libro stanno riunite in appoggio della elezione sessuale, sebbene grandissimo, non è parso sufficiente ad alcuni naturalisti, per esempio fra gli Italiani al Mantegazza: eppure, anche ammettendo che il Darwin abbia esagerata l’influenza della lotta che gli individui maschi subiscono per il possesso delle femmine, non resta men vero che nessun’altra teoria può spiegarci le differenze esterne fra i due sessi delle forme animali. I principii generali della scelta sessuale resteranno sempre inconcussi, anche se dessa venisse diminuendo di valore come causa generale delle variazioni morfologiche connesse colle funzioni riproduttrici speciali dell’individuo. La poligamia e poliandria delle specie, la grande variabilità dei maschi per rispetto alle femmine, la comparsa dei caratteri sessuali per la legge d’ereditarietà nei periodi corrispondenti della vita, l’origine dei più importanti e tipici distintivi maschili, per esempio delle armi, dei colori tegumentarii, degli odori, del canto, della statura e della proporzione delle membra, lo sviluppo del senso estetico negli animali, e specialmente negli Uccelli, non solo s’elevarono, mercè il Darwin, ad un alto significato biologico, ma trovarono anche una spiegazione che servisse a subordinarle ad una legge comune. La scoperta di questa legge coordinata alle leggi dell’elezione naturale, è un acquisto definitivo della scienza, anche ammesso che vi possano essere eccezioni (per esempio in alcuni Pesci e negli Aracnidi) o difficoltà molto gravi (quali le divergenze sessuali di certi ordini d’Insetti).

Ad un altro studio di sommo interesse fu spinto il Darwin nel trattare delle origini naturali dell’uomo. Carlo Bell esaminando l’anatomia e fisiologia dell’espressione, aveva sostenuto fino dal 1806 e ripetuto nel 1844 che l’uomo è fornito di certi muscoli col solo scopo di esprimere le sue emozioni; ma poiché questa opinione avrebbe, stante la grande autorità del celebre fisiologo inglese, contrastato palesemente alla teoria della discendenza dell’uomo da qualche specie inferiore, il Darwin riprese l’esame della questione, e senza dimenticare le vie già splendidamente battute da Bell, Duchenne, Gratiolet e Piderit, [p. 46 modifica]seppe dare agli studii fisiognomonici un indirizzo del tutto nuovo (The Expression of the Emotions in Man and Animals, 1872). Il libro del Darwin sull’espressione è a mio avviso, fra le sue opere speciali la migliore per profondità di analisi ed elevatezza di sintesi: essa infatti reca non solo un validissimo appoggio alla teoria evoluzionistica, dimostrando che gli atti emotivi sono comuni alle razze umane superiori, alle razze inferiori, e a molti animali domestici e selvaggi, in modo da doversi spiegare per mezzo dell’affinità di struttura e perciò anche delle relazioni di parentela; ma resta ancora il primo tentativo scientifico serio per coordinare le espressioni emotive sotto alcuni determinati principii generali. Certo, potrà la scienza futura modificare o restringere i tre principii darwiniani dell’espressione — associazione delle abitudini utili, antitesi; influenza del sistema nervoso — : ma vi hanno in quest’opera osservazioni originali e ricerche nuovissime intorno ai mezzi di espressione negli animali e nell’uomo, allo sviluppo psichico del fanciullo, all’estrinsecazione delle diverse emozioni e più specialmente del piacere, della collera, del dolore, del disprezzo e della vergogna, che non scompariranno mai dal patrimonio della fisiognomonia scientifica, perché possono oramai riguardarsi come il punto di partenza per ogni ricerca ulteriore sulle leggi dell’espressione.

L’ultima opera del Darwin è quella intorno all’origine del terriccio vegetale per l’azione dei vermi terrestri (The formation of vegetable Mould through the actions of Worms, London 1881), e fu pubblicata pochi mesi prima della sua morte. Essa è il risultato di indagini pazienti continuate per più di quaranta anni non tanto sulla parte che spetta ai lombrichi nella formazione dell’humus, quanto anche sui loro costumi. Il Darwin aveva già data una primizia di queste sue indagini fino dal 1837 (On the formation of Mould nelle «Trans. geological Society», Vol. V, 505), ma il volume è straordinariamente arricchito di nuovi fatti, i quali confermano sempre più il principio lyelliano della geologia moderna, doversi ricercare l’origine dei grandi cambiamenti della superficie terrestre nell’azione continua, persistente, irresistibile delle piccole cause. Nulla contengono queste pagine ammirabili, che fosse stato detto o immaginato prima del Darwin: eppure migliaia di naturalisti erano passati sui campi ricchi di terriccio vegetale, dove ferve il lavorio modificatore dei vermi, senza indovinarne la profonda influenza, senza comprendere [p. 47 modifica]che il fenomeno geologico, per così dire, banale dell’humus è collegato alle funzioni digestive ed a speciali attività chimico-meccaniche di vilissimi animali. Oggi nessun acquisto della scienza ci par più semplice e facile di questo, che ci mostra la dipendenza mutua di tutti i fenomeni della natura e ci fa assistere al concatenarsi inscindibile di fatti così disparati, come sarebbero lo sviluppo di interi strati terrestri, il denudamento delle montagne, la formazione dei prati, la germinazione delle piante, la conservazione dei monumenti, il trasporto dei germi morbigeni e dei miasmi alla superficie del suolo. Si può dire anzi che coi costumi dei vermi si rannodano anche alcuni fatti elevatissimi del mondo umano, per esempio l’agricoltura, l’archeologia, la storia, l’igiene; donde la conclusione meravigliosa che la nostra civiltà non avrebbe forse potuto svolgersi senza l’azione secolare di questi infimi mangiatori e trituratori di terra. In quanto poi alle ricerche del Darwin intorno ai costumi dei lombrichi, io dirò solo che esse eguagliano, se non superano, quelle ritenute oramai classiche dell’Huber sulle formiche e sulle api: certo sono superiori ad esse per quella serenità nell’osservare e cautela nel dedurre, che mancarono talvolta all’immaginoso entomologo. Si leggano le pagine dedicate allo studio delle funzioni mentali dei vermi: esse mettono in evidenza l’ingegnosità, l’acutezza e la pazienza colle quali Carlo Darwin procedette sempre nell’osservazione diretta della natura e nello sperimentare.

Io nulla dirò delle altre memorie che il Darwin, durante la sua lunga e laboriosa esistenza, ha pubblicato di quando in quando nelle effemeridi inglesi. Esse trattano sempre di argomenti relativi alla teoria dell’evoluzione, e in gran parte vennero poi incorporate nelle sue opere maggiori. Ma il loro numero non corrisponde a tutta l’attività scientifica del Darwin: se questi avesse voluto, per ogni fatto o legge speciale che veniva disco- prendo, pubblicare una memoria, ne sarebbe nata un’inutile dispersione dei concetti generali su cui sono fondate le sue dottrine. Però la grande operosità del Darwin, sebbene spesa durante gli ultimi anni nel comporre le voluminose opere già accennate, trovava modo di manifestarsi anche per mezzo di brevi articoli, i quali ci provano com’egli seguisse incessantemente i progressi delle scienze biologiche, in particolar modo per le parti relative ai suoi studii. Chi legge la Nature ricorda la grata sorpresa che causavano di tempo in tempo le lettere di Carlo [p. 48 modifica]Darwin: erano sempre osservazioni di fatti negletti o sconosciuti da altri, oppure interpretazioni ingegnose e nuove di fatti comunissimi. Così nel 1873 scrisse un lungo articolo sui maschi dei Cirripedi, a proposito della osservazione fatta dal Wyville Thomson di piccoli individui maschili di quella classe trovati aderenti ad un largo Scalpellum scandagliato durante il viaggio del Challenger da grandissima profondità nel mare. Un’altra lettera riferiva curiose osservazioni sui mezzi di trasporto dei Molluschi bivalvi: e per non prolungare l’elenco citerò anche il breve articolo, che ei pubblicò sulla Nature verso la fine del 1881, intorno ad alcune leggi dell’eredità, fra cui quella importantissima da lui scoperta dell’acceleramento dei fenomeni ereditarî per rispetto all’età corrispondente dei genitori.