Come andò a finire il Pulcino/Mia moglie

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Il romanzo della rosa I pulcini orfani

[p. 200 modifica]Vili. Mia moglie. Ah quanto diversa dalla frivola fidanzata che morì allo spiedo, vittima del suo cattivo carattere ! La giovane gallina che la mia buona padrona mi destinò finalmente in moglie era essa saltava subito dalla bacchetta ove riposava placidamente, e mi veniva intorno con ogni piacevolezza. Voleva che della colazione preparata dalla serva io fossi il primo a giudicare, eppoi, quando uscivamo all’ aperto, non si stancava mai di accennarmi i minuz- quanta dolcezza, pazienza e docilità si può desiderare nel mondo ! àSSgS JNon appena, ai , mattino, io gettavo all’ aria il mio glo- rioso chicchiric [p. 201 modifica]hì, — 201 — zoli più grossi e i bachi più appetitosi, tanto che la mia vita era diventata un paradiso. Come Dio volle, in capo a un certo tempo, Giorgina, così si chiamava la mia sposa, divenne madre di dodici figliolini, uno più vispo dell’altro. Mentre covava le uova da cui dovevano uscire i nostri figliuoli, aveva un monte d’inquietudini a loro riguardo e spesso neppure le mie parole, improntate della più illuminata esperienza, valevano a tranquillizzarla. Sarebbero stati sani i piccini ? Ohi avrebbe loro insegnato a camminare, a mangiare, a parlare ? Avremmo potuto, noi due soli, bastare a tanto ! E se non ci fossimo riusciti, qual sorte era riserbata a quelle creaturine? E io a ripeterle continuamente: — I nostri pulcini nasceranno sani e robusti, perchè noi pure siamo tali. Il buon Dio avrebbe sciolto le loro gambette non appena fossero usciti dal guscio: e in quanto al mangiare non si prendesse fastidio : i pulcini non hanno mai avuto bisogno, per questa scienza, di speciali lezioni. — — [p. 202 modifica]202 — Ma era lo stesso che predicare al muro. Le mamme, anche quando sono galline, hanno sempre paura che i loro figliuoli patiscano. Non so quindi descrivere la gioia di mia moglie quando vide schiudersi le sue dodici uova e dar la via ad altrettanti monelli, biondi, neri, color cioccolata, che si misero subito a sgambettare e a cercare i minuzzoli nel terriccio. La povera madre, nel veder quei cosini così vispi che facevano pio pio come se avessero studiato la lingua inglese da un paio d’anni, piangeva dalla consolazione. — Pròvati a chiamarli ! — le ,? suggerii. — Coccodè ! — esclamò mia moglie tutta trepidante. Ed ecco, come a un richiamo magi [p. 203 modifica]co, tutti — 203 — i pulcini correre intorno alla mamma e rifugiarsi sotto le sue alii — Oh perchè — pensai — i bambini non imitano queste innocenti bestiuole quando la loro mamma li chiama? —: Cocò, — domandò Giorgina — tutti gli uccelli nascono a questa maniera, per mezzo delle uova ? — Sì, mia cara: ma i loro bimbi non sono così svelti e bravi come i nostri. Prima che un passerotto, un fringuello, un canarino o un pettirosso sieno in grado di camminare svelti e di mangiar da sè, senza le imbeccature dei genitori, ci vuol del tempo. Ma, in compenso, come volano in alto quando sono grandi ! B che canti armoniosi escono dalle loro piccole gole ! — Senti ; — mi domandò ancora la Giorgina (ed io odo sempre il tremito della sua voce) — i nostri figli vivranno sempre presso di noi ? Avremo la felicità di vederli, crescere sani e rigogliosi? — Amica mia ! — risposi con accento che mi studiavo di render calmo — noi godremo — [p. 204 modifica]204 — certamente per un pezzo la vicinanza dei nostri figli. Ma aneli’essi dovranno seguire il loro destino. — E qual sarà ì — Oli, secondo ! Possono esser venduti, regalati, possono rimaner nel pollaio o servire, non te lo nascondo, per gli usi della cucina ! Siam nati per morire, mia buona Giorgina, e tanto vale morir di calcinaccio o in umido coi piselli ! — Mia moglie nascose il capo nell’ala e singhiozzò disperatamente. Io rispettai quell’immenso dolore e tacqui. IX. I pulcini orfani. Tanto io che mia moglie siamo tutti rimescolati da una conversazione che il nostro giovane padrone, il signor Masino, ebbe ieri sera col suo professore. Pare che questo signore abbia pranzato in casa, poiché venne a prendere il caffè qui nel giardino. — 20