Dalle dita al calcolatore/XII/12

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12. Vaucanson e i contemporanei

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[p. 207 modifica]12. Vaucanson e i contemporanei

Sul fronte delle macchine programmate abbiamo la costruzione degli automi di Vaucanson e, molto più importante anche se meno spettacolare, l’introduzione della programmazione nei telai delle manifatture francesi, anch’essa ad opera di Vaucanson. Ciò avviene mediante la trasformazione dei cilindri dentati, usati negli orologi e negli automi precedenti, in cilindri forati, capaci di muovere le leve che comandano il sollevarsi e l’abbassarsi dei fili della trama al passaggio della navetta.

Intanto, la produzione di automi prosegue. Fra tutti ricordiamo il famosissimo Turco scacchista, costruito a Vienna da Wolfgang von Kempelen nel 1790. Questo oggetto, proposto come un automa capace di giocare a scacchi, percorse le corti d’Europa in lungo e in largo misurandosi pure con Napoleone, e solo molto dopo la morte del suo costruttore fu smascherato come un imbroglio da Poe. Questa “macchina” raggiunse una fama tale da oscurare quella dei suoi contemporanei “onesti”; infatti, in questi anni furono costruiti molti automi capaci di scrivere, suonare strumenti vari e compiere movimenti diversi.

A dire il vero, fu proprio Vaucanson a iniziare la strada delle mistificazioni. La sua famosissima oca, un automa capace di simulare alla perfezione le movenze naturali dell’animale, conteneva un meccanismo che simulava l’ingestione e la digestione del cibo; tale meccanismo era un falso, in quanto i grani venivano [p. 208 modifica]raccolti in un serbatoio nascosto, mentre le “feci” provenivano da un altro serbatoio, altrettanto nascosto, preventivamente riempito.

Per completare la presentazione della figura di Vaucanson, va detto che egli vedeva il suo lavoro come una ricerca finalizzata alla comprensione del funzionamento del corpo umano. Egli cercava di ottenere prestazioni analoghe a quelle dell’organismo mediante procedure che sapeva essere diverse ma che permettevano comunque di allargare l’intendimento del fenomeno. Si tratta di un’impostazione paragonabile ai moderni studi di intelligenza artificiale, nei quali si tenta di far simulare ai calcolatori il comportamento intelligente, anche con l’impiego di metodologie che sono diverse da quelle di cui si serve il nostro cervello.

Si può pure ricordare che Vaucanson profuse somme enormi per cercare di ottenere del caucciù, sostanza di cui si era avuta notizia, allo scopo di riprodurre nei suoi automi le arterie. Il problema da risolvere era la mancanza di un materiale elastico con cui costruire dei tubicini che simulassero le prestazioni delle arterie, in modo da poter verificare se la pulsazione che si avvertiva in quelle periferiche, ad esempio nel polso, fosse dovuta solo al battito cardiaco o anche a contrazione propria dei vasi. Era questo un problema che appassionava la medicina e la fisiologia dell’epoca.

Sul fronte del principio della autoregolazione mediante retroazione, abbiamo la ricomparsa di meccanismi che sfruttano questa possibilità nella tecnologia dei mulini a vento: gli ingegneri inglesi del XVIII secolo approntarono un meccanismo in grado di regolare l’orientamento delle pale in base alla direzione del vento.

Esso si basa sull’esistenza di una girante minore disposta posteriormente e perpendicolarmente rispetto alla girante principale; questa girante secondaria veniva

mossa dal vento se questo non era orientato [p. 209 modifica]
Direzione mulini

direttamente su quella principale, e spostava tutto il complesso fino ad ottenere l’orientamento ottimale.

I mulini a vento, con la loro necessità di adattarsi a una fonte di energia che varia continuamente, hanno richiesto la scoperta di molte tecnologie di autoregolazione, per poter esimere il personale dal continuo controllo del meccanismo: dopo l’orientamento automatico, è venuta la regolazione della distanza tra le macine in base alla velocità di rotazione, ottenuta mediante l’utilizzo del getto d’aria prodotto da un ventilatore centrifugo solidale alle macine stesse; infine, la scoperta del pendolo centrifugo, impiegato per ottenere in maniera molto più precisa ed affidabile lo stesso risultato.

Il pendolo centrifugo fu inventato da Thomas Mead, che lo applicò ai mulini nel 1787, e poi copiato da Watt, che lo applicò al primo motore rotativo a vapore con funzionamento continuo, nel 1790, sempre con lo scopo di impedire che il motore girasse a una velocità tale da distruggersi. [p. 210 modifica]
Pendolo centrifugo

Questo strumento, illustrato nella figura, sfrutta la forza centrifuga prodotta dalla rotazione dell’albero su cui è fissato il pendolo. All’aumentare della velocità di rotazione, aumenta la forza centrifuga, e quindi l’allontanamento del pendolo dalla posizione di riposo: tale allontanamento viene sfruttato per comandare una valvola che chiude l’afflusso di vapore, mantenendo così costante il numero di giri del congegno.

È interessante notare che nello stesso periodo, tra il Sei e Settecento, l’Europa continentale e in particolare la Francia svilupparono lo studio degli automi programmati, mentre l’Inghilterra privilegiò lo studio dei meccanismi di autoregolazione. Alcuni autori spiegano ciò con la differente situazione politica, caratterizzata in Europa dalla nascita e dallo sviluppo delle monarchie assolute, e in Inghilterra dallo sviluppo della giovane democrazia.