Don Garzia (Alfieri, 1946)/Atto quinto

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Atto quinto

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Atto quarto

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ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Cosimo, Garzia.

Cosimo Inoltra, inoltra il piè. Ma che? tu tremi?

mercede merti, o pena? Or via, che festi?
narrami; parla.
Garzia   Oh! mi vedesti mai
tremar, pria d’oggi? A coscíenza rea,
saper tu il dei, come il timor si accoppia.
Miei brevi sensi ascolta, o Cosmo. A fine
ho tratto, il sai, la nobil tua vendetta
coll’infame mio braccio. In salvo io porre
Giulia dovei, col trucidarle il padre:
che, per aver d’un innocente il sangue,
tu, generoso, promettevi or dianzi
la libertá d’altro innocente. Ah! dimmi;
riposto hai Giulia in libertade or dunque?
Viva e secura rimarrassi almeno
quella infelice?...
Cosimo   Io vo’, non sol disciorla,
ma teco unirla, se compiuta hai l’opra.
Garzia Meco unirla? oh delitto! — E me tu credi,
me tuo figlio a tal segno? Il son ben io;
ma tanto, no. Se un tradimento io feci,
sa il ciel perché...
Cosimo   Tu meglio il sai. Ma donde

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l’insano ardir, l’orgoglio, il parlar fero,

or si addoppiano in te?
Garzia   Donde? di sangue
io lordo tutto, esecutore io sono
de’ tuoi comandi, e insuperbir non deggio?
Non son io de’ tuoi figli a te il piú caro,
da che il piú reo mi sono?
Cosimo   Or or, fellone,
pur tremerai...
Garzia   Tremai, finché innocente
io m’era: or sto securo. A te sol chieggo,
che adempí la tua fe. Fermo, e per sempre,
ho il mio destino giá.
Cosimo   Piú fermo è forse
il voler mio. Colei non fia mai sciolta,
se non ti è sposa pria: fra eterni ceppi,
o tua. L’antico suo rancor, la nuova
brama che avrá di vendicare il padre,
ch’io recar lasci ad altro sposo in dote?
A lei tu solo.
Garzia   Ahi lasso me! che feci?...
Oh! qual sei tu?... No... mai...
Cosimo   Cessa; dolerti
ciò non ti dee per or: ti è d’uopo pria
ben accertarmi, che Salviati hai spento. —
Come il sai tu? quai me n’apporti prove?
Garzia Quai prove? oh rio dolor! esser quí dunque
fellon, non basta? anco è mestier far pompa
delle commesse iniquitá? Scolpito
mirami in volto il mio delitto, e godi.
L’oprar mio disperato, e gli occhi, e gli atti,
e morte, ch’ogni mia parola spira;
tutto or nol dice? e il sangue, ond’io macchiato
son dal capo alle piante, ancor vermiglio,
fumante ancora?...
Cosimo   Il veggio: ma, qual sia

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questo sangue, nol so. Certezza intera

ho sol, ch’ei non è il sangue ch’io ti chiesi.
Garzia Oh rabbia! e dubbio?... Or dunque vanne; i passi
porta tu stesso entro la orribil grotta;
lá vedrai steso in un lago di sangue
quel misero. Va; saziati del fero
spettacol; va: non che lo sguardo, appaga
ogni tuo senso: con la man ritenta
la piaga ampia di morte; il palpitante
suo cor ti pasci; il sangue a sorsi a sorsi
bevine, tigre; la regal tua rabbia
sfoga in quel petto esangue. Una, e due volte,
e quattro, e mille quel pugnal tuo immergi
in chi non può contender piú: fa prova
del tuo valor colá, scettrato eroe;
giá non ha loco altrove. — Oh nuova morte!
oh martir nuovo! Un parricida io sono,
figlio di Cosmo io sono; ed innocente
me Cosmo vuole?
Cosimo   Che un fellon tu sei,
chi ’l niega? chi? Morte ad un uom desti, il credo;
ma non quella, cui forza aspra de’ tempi,
giusta del par che necessaria or fea.
Uccisor sei, ma non del mio nemico:
altro non so; ma saprò il tutto in breve;
or or vedrò, con gli occhi miei...
Garzia   Ma Piero
non venne a te? non ti diss’ei, ch’ivi entro
per opra sua giá prima era Salviati?...
Cosimo Piero, sí, venne; e a me narrò, che posto
quí non ha il piè Salviati in questa notte,
né col pensiero pure. Or io men vado
lá, dove il suolo insanguinasti. Trema,
se non cadde egli. Il mio furor, che tutto
dovea piombar su l’accennata testa,
chi sa?... può forse,... oggi,... fra poco. — Trema.

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SCENA SECONDA

Garzia.

... Che ascolto? oh ciel! quí non portò suoi passi

Salviati? e Piero il dice? e a Cosmo il dice?
Funesta ambage orribile! Qual dunque,
qual sangue è quello, ch’io versava? Oh, come
rabbrividir mi sento! Eppur, qual altra
uccisíon pari delitto or fora?
Deh! vero fosse, che tutt’altri ucciso
l’empia mia mano avesse!... E chi trafitto
hai dunque tu?... Ma, ben sovviemmi; appunto,
quand’io n’usciva ansante dalla grotta,
quí Piero a me si appresentava; e incerto
stavasi... E che mi disse?... Oh! ben rimembro:
turbato egli era, e brama assai mostrava
di udire il fatto: ei mi attendea: suoi detti
rotti eran, dubbj, timidi... Giá dargli
angoscia tal, mai nol potea il periglio,
né di Salviati, né di me... Ch’ei stesso
ivi entro avesse aguato alcuno forse
teso in mio danno?... Eppur, pareami inerme
l’uom ch’io trafissi: ad assalirlo io primo
era; ei motto non fea... Che val? piú oscuro,
piú della eterna notte orrido arcano,
chi può spiegarti, altri che Cosmo, e Piero? —
Ma, d’insolito orror vie piú mi sento
raccapricciare: entro il mio cor temenza
ignota sorge. — O dubbio, o tu, dei mali
primo, e il peggior, piú non ti albergo omai
in me, non piú. Si vada; io stesso, io voglio
veder qual morte...

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SCENA TERZA

Eleonora, Garzia.

Eleon.   O Figlio, oh ciel! che festi?...

Oimè! fuggi...
Garzia   Fuggir? io? perché? dove?
Eleon. Deh! fuggi, o figlio...
Garzia   Ah! no, non fuggo. Il padre,
spietato il padre a me ordinò il delitto;
non fuggo io, no.
Eleon.   Deh! se di te, di noi,
di me ti cal, ratto sottratti al fero
del paterno furore impeto primo.
Garzia Furor? che feci? e qual furor si aggiunge
alla natía sua rabbia?
Eleon.   Odi? — La reggia
tutta risuona d’alte grida intorno.
Deh! che mai festi? Entro alla grotta irato
Cosmo correva, il precedeano cento
fiaccole; in armi altri il seguiano: il nome
gridavan tutti di Garzía. Che festi?
Ah! ben tu il sai; deh! fuggi. — Oh cielo! ei torna.
Oh qual fragore! Udisti! eccheggia un grido:
«al tradimento, al traditore...» Oh figlio!...
Garzia Egli è di Cosmo il tradimento; è Cosmo
il traditor: ma in me il punisca; io ’l merto.
Venga ei, non tremo.
Eleon.   Ahi lassa me! col brando
eccolo... Almen, tu fra mie braccia...

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SCENA QUARTA

Eleonora, Garzia, Cosimo con brando ignudo,

Guardie con fiaccole ed armi.

Cosimo   Il passo

d’ogni intorno si serri. — Ov’è l’iniquo?
Fra le materne braccia? Invano...
Garzia   Io sciolto,
ecco, men son. Che vuoi da me? Che feci?
Eleon. Pietá! sei padre...
Cosimo   Io l’era.
Eleon.   Oh ciel!...
Garzia   Che feci?
Cosimo Diego uccidesti, e il chiedi?...
Eleon.   Il figlio?...
Garzia   Io?... Diego?
Cosimo Togliti, donna...
Eleon.   Ei pur t’è figlio...
Garzia   Il petto
eccoti...
Eleon.   Ah! ferma...
Cosimo   Muori.
Eleon.   Il figlio? Oh colpo!...1
Cosimo Empia, t’è figlio chi ti uccide un figlio?
Garzia Empj... siam tutti... Il sol... piú iniqua schiatta...
non rischiarò giammai. — Padre, se ucciso
Diego è da me,... ti giuro,... ch’io nol seppi.
Dell’esecrando error... Piero... è... l’autore...
Padre,... io... moro; e non... mento: il ciel ne attesto.

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Cosimo Diego amato, ti perdo!... Oh cielo! e il brando

tinto nel sangue ho di costui?... Sta presso
la consorte a morir: sospetti feri
cadon sul figlio che mi avanza... Oh stato!...
A chi mi volgo?... Ahi lasso!... In chi mi affido?


  1. Cade tramortita.