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Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 39

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Lettera 38 Lettera 40

[p. 237 modifica]23; A NICOLÒ DA OS IMO (A).

). L’esorta ad essere colonna ferma di santa Chiesa, non schivando alcuna fatica per lei, per nessuna molestia o tentazione contraria del demonio, mostrando il modo di rispondere a tali tentazioni.

II. Conferma il sopra detto con una rivelazione, con la quale manifestò Iddio ad una sua serva quanto li sia grato l’affaticarsi per ’la salute dell’anime, e specialmente per la riforma della santa Chiesa; con che lo stimola a pregare 1 papa, che voglia esser sollecito io stabilire Is pace della ■stessa Chiesa, e nella sua riformazione. * ^ictteta §9.

Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. Solarissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Jesùr Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi colonna ferma, che non si muova mai, se non in Dio, non schivando, nè refutando il labore e la fatica che durate nel corpo mistico della santa Chiesa, sposa dolce di Cristo, nè per ingratitudine, «è per ignoranzia che trovaste in coloro che si pascono in questo giardino, nè per tedio che ci venisse di vedere le cose della Chiesa andare con poco ordine: perocché spesse volte addiviene che quando l’uomo s’affatica in una cosa, e poi non viene compiuta in quello modo ed effetto che esso desidera, la [p. 238 modifica]238 mente ne viene a tedio e tristizia, quasi cogitando in sè medesimo, e dicendo, meglio t’è di lassare questa operazione che hai cominciata e fatta tanto tempo, ed anco non è venuta in fine, e cerca la pace e la quiete della mente tua. Arditamente allora debbe rispondere l’anima con fame dell’onore di Dio e della salute dell’ anime, e.rifiutare la consolazione propria e dire: Io non voglio schifare, nè fuggire fatica, perocché io non son degno della pace e quiete della mente mia, anco voglio permanere in quello stato che io sono eletto, e virilmente dare l’onore a Dio con mia fatica, e la fatica al prossimo mio. Benché alcuna volta il dimonio, per farci venire a tedio le nostre operazioni, sentendovi la poca pace della mente, gli porrà dinanzi questo, dicendo nella mente sua!

In questo io offendo più che io non merito, e però vorrei volentieri fuggire, non per fatica, ma per non volere offendere. O carissimo padre, nè a voi, nè al dimonio, quando vi mettesse questi pensieri nel. cuore e nella mente, non date luogo, nè credete; ma con allegrezza e con santo ed affocalo desiderio abbracciate le fatiche, e senza alcuno timore servile, e non abbiate timore in.quello d’offendere, perocché l’offesa c’è manifesta nella disordinata e perversa voluntà, perocché quando la voluntà non fusse ordinata in Dio, allora è offesa; che perchè l’aniuia sia privata della consolazione e dello esercizio dell’ officio e de’ molti salmi, e di non dirlo a luogo ed a tempo suo (B)f nè con quella mente pacifica che esso medesimo vorrebbe, non è però perduto il tempo suo, anco è esercitato pure per Dio, unde non ne debbe pigliare pena nella mente sua, e specialmente quando s’affatica ed esercita in servizio della Sposa di Cristo, perocché per qualunque modo e di qualunque cosa noi ci affatichiamo per lei, è di tanto merito ed è tanto piacevole a Dio, che lo’ iut elicilo nostro non è sufficiente a vederlo, nè a poterlo immaginare.

II. Ricordomi, dolcissimo padre, d’una serva di Dio, I [p. 239 modifica]alla quale fu manifestato quanto era piacevole a lui questo servizio; e questo dico, acciocché siate inanimato a sostenere fatica per lei. Avendo una volta, fra l’altre, questa serva di D.o, secondo che io intesi, grandissimo desiderio di ponere il sangue e (a vita, e tutte l’interiora sue destruggere e consumare nella sposa di Cristo, cioè la santa Chiesa, levato lo occhio dell’ intelletto suo a cognoscere sè medesima non essere per sè, ed a cognoscere la bontà di Dio in sè, cioè, vedere che Dio per amore le aveva dato l’essere, e tutte le grazie e li doni che erano posti sopra Tessere; onde vedendo e gustando tanto amore ed abisso di carità, non vedeva in che modo potesse rispondere a Dio, se non che amore: ma perchè utilità a lui non poteva fare, non gli poteva dimostrare T amore; e però si dava a vedere e cognoscere se trovava d’amare alcuno mezzo per lui, per cui manifestasse l’amore, onde ella vedeva che Dio sommamente amava la sua creatura che ha in sè ragione, e quello amore che ella trovava in sè, quello trovava in tutti, perocché tutti siamo amati da Dio, e questo era quello mezzo che ella trovava, che manifestava, se ella amava Dio o no, in cui ella poteva fare utilità. Onde ella allora si lèvava ardentemente nella carità del prossimo, e concepeva tanto amore alia salute loro, cli

volentieri arebbe data la vita per la salute loro: sicché dunque, quella utilità che non poteva fare a Dio, desiderava di fare al prossimo suo; e poiché ebbe veduto e gustato, che li conveniva rispondere col mezzo del prossimo, e così renderli amore per amore, siccome Dio col mezzo del Verbo del suo Figliuolo ci ha manifestato T amore e la misericordia sua, così vedendo, che col mezzo del desiderio della salute dell’anime, dando l’onore a Dio e la fatica al prossimo si piaceva a Dio,.guardava iu che giardino, e in su che mensa si gustava il prossimo.


Allora manifestava il nostro Salvadore, dicendole; Dilettissima figliuola, nel giardino della Sposa mia tei [p. 240 modifica]2$0 conviene mangiare, e in su la mensa della santissima croce, cioè con tua pena, e con crociato desiderio, e con vigilie, e con orazione, e con ogni esercizio che tu puoi, e senza negligenzia: e sappi che tu non puoi avere desiderio della salute dell* anime, che tu non l’abbi della santa Chiesa, perchè ella è il corpo universale di tutte le creature che partieipano il lume della santa fede, e non possono avere vita, se non sono obbedienti alla Sposa mia; e però tu debbi desiderare di vedere li prossimi cristiani e gl’infedéli, ed ogni creatura che ha in sè ragione, che si paschinò in questo giardino sotto il giogo della santa obbedienzia, vestili del lume della fede viva, cioè con sante e buone operazioni, perocché fede senza operar è morta. Questo è quello desiderio e fame generale di questo universale corpo, ma ora, ti dico e voglio, che tu cresca fame e desiderio, e dispongati di ponere la vita se bisogna, in particolare nel corpo mistico della santa Chiesa, per riformazione della Sposa mia; perocché, essendo reformata, seguita l’utilità di tutto quanlo il mondo: come? perocché con la tenebre, ed ignoranzia, ed amore proprio, ed immondizie, e con enfiata superbia ha generato, e genera tenebre, e morte nell’anime de’sudditi; onde io invito te e gli altri servi miei, che v’affatichiate in desiderio, in vigilie ed in orazioni, ed in ogni altro esercizio, secondo i’ attitudine che io do a voi, perocché io ti dico, che a me è tanto piacevole questa fatica e servizio che si fa a lei, che non tanto cli

sia rimunerata ne’ servi miei, che hanno dritta e santa intenzione, ma anco sarà remunerala nelli servi del mondo, i quali spesse volle per amor proprio di loro la servono, ed anco lai volta per revcreuzia della Chiesa sanla. Onde, io ti dico, che non sarà niuno che con reverenziii la serva (tanto l’ho per bene) che non sia remunerato, c dicoti clic non vedrà morte eternale, siccome m coloro clic offendono e diservono la Sposa ima con poca revcreuzia, io 11011 lascierò impunita quella of-

[p. 241 modifica]’ 2\I fesa, o per uno modo o per un altro. Allora, vedendo tanta grandezza e tanta larghezza nella bontà di Dio, e quello che si doveva lare per più piacere a lui, cresceva tanto il fuoco del desiderio, che se possibile le fosse stalo mille volte il dì di dare la vita per la’santa Chiesa, e bastasse di qui all’ultimo dì del giudizio, le pareva che fosse meno che una gocciola di vino nel mare; e così è veramente. Voglio adunque, e v invito alle fatiche per lei, come sempre avete fatto, sicché siate colonna, il quale sete posto per appoggiare ed aitare questa Sposa, e così dovete essere come detto è; sicché nè consolazione, nè tribolazione vi muova mai, nè perchè venghino 1 molti venti contrarj per impedire quelli che vanno per la via della verità, non dobbiamo noi per alcuna cosa volgere il capo a dietro; e però vi dissi che io desideravo di vedervi colonna ferma. Orsù dunque, carissimo e dolcissimo ’patire, perocché il tempo è nostro, in questa sposa di dare l’onore a Dio e la fatica a lei. Pregovi per l’amor di Cristo crocifisso, che preghiate il santo padre, ’ che ogni rimedio che si può pigliare, conservando la coscienzia sua nella riformazione della santa Chiesa, e nella pace di tanta guerra, quanta si vede in dannazione di tante anime, che elli il pigli con ogni sollicitudine e non con negligenzia, perocché d’ogni negligenzia e poca sollicitudine, Dio il riprenderà dtmssimamente, e richiederalli l’anime che per questo periscono.

Raccomandatemeli ed umilmente gli domando la sua benedizione. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio, Jesù dolce, Jesù amore.

S. Cotenna da Siena. Opere. T. III. [p. 242 modifica]Annotazioni alla Lettera 39.

‘ (A) MlcoJò da Osimo, cui scrive la santa due lettere, fa della famiglia antica e nobile de Romani, protonotario apostolico e segretario a due pontefici, Urbano V e Gregorio XI, dt quali godè la stima ed il l.itore. Di questo giovossi egli, non a proprio vantaggio, ma a prò d’altri, e singolarmente della patria, cui ebbe 1’ ooore di rendere la dignità del vescovado, levatale da Giovanni XXII insieme col contado in pena della morte data al vescovo Berardo da liipazzo e ad Andrea Gozzolini, che la tenevano iu signoria. Urbano "V restituì quella città all’ aulico onore. Morì questo pio e caritatevole prelato nel 1406.

(Z?) Perché anima sia privata della consolazione e dell esercìzio dell’offuio, e de*molti salmi, e di non dirlo a luogo ed a tempo suo.

Conviene ohe questo prelato si fosse doluto colla santa, o d’aver dovuto farsi dispensare daHa recita di tutto o di parte dell’uffizio di* no, o pome par più verosimile, del non poterlo recitare con tolta quella applicazione dell’ animo che avrebbe desideralo.

  • » * [p. 243 modifica]a43 A NICOLÒ l i OSIMO (’!).

I. L’ esorta ad esser pietra ferma fondata sopra la dolce pietrj, Gesù Cristo, dimostrando il modo di fare 1’ edificio deH’a* cima nostra, e come ad esso concorrono le tre persone divine per mezzo del sangue di Gesù Cristo.

II. Dell’officio delle tre potenze dell’ anim* in ordine a qnesl’edificiu, ed all’acquisto della vera carità; con che Io prega a stimolare il pontefice che voglia Tenire n Roma, ed effettuare il santo passaggio che s’aspettava.

III. Lo prega n voler procurare appresso il papa, acciò provveda l’Ordine suo d‘ un buon vicario, e se gli pire nn tal M.

Stefano, avendo inteso che il presente doveva esser promosso ad nn altro benefizio. .

IV (ili offerisce l’ajuto di Fra Raimondo per li bisngn«, disanta Chiesa.

■. SìcikTfl 40* Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce..

i. A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi ima pietra ferma, fondata sopra la dolce pietra ferma Cristo Jesù. Sape.te che la pietra e Io edificio, che fosse posto, e fatto sopra l’arena e sopra la terra, ogni piccolo vento, o piova che venga, il dà a terra, Così l’anima che è fondata sopra le cose transitorie di questa tenebrosa e caduca vila, che passano tosto come