Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 46
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A DON ROBERTO DA NAPOLI.
4 I. Lo prega ad infiammarsi del fuoco della carità colla considerazione dell’amore di Dio verso di noi, dimostratoci con modo particolare nell’incarnaxione e passione di Gesù Cristo, esortandolo in oltre a non desiderare altro che l’onore di Dio ad esempio di Maria Vergine, alla quale vuole che esso ri* corra con le sue orazioni.
II. Con tal desiderio delPonor di Dio procura animarlo all’acqnisto delTanime, con trarle dai peccai qual desiderio s’acquista per mezzo de’patimenti, e del disonore nella via di Gesù Cristo. « HI. Della fortezza senza timore che deve avere chi seguita Gesù Cristo, e dell’armi di carità.
IV. Dell’umì’tà e conoscimento di sè stesso, con cui devonsi nascondere 1’ armi della carità, e finalmente della pazienzia che si dee aggiungere alle sopraddette virtù.
Al nome di fesiCristo crocifìsso c di Maria dolce.
raccomandovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo, con desiderio di vedervi unito e trasformato nel fuoco della divina carità, il quale fuoco unì Dio coll’uomo, e tennelo confitto c clìiavellato in croce. 0 iuestimabile e dolcissima carità, quanto è dolce 1 unione che hai fatta coll’uomo, ben ci hai mostrato lo ineffabile amore tuo
35 per molle grazie e beneficj fatte alle creature, e specialmente per lo benefizio della incarnazione del Figliuolo luo, cioè di vedere la somma altezza venire a tanta bassezza quanta è la nostra umanità; ben si die* vergognare l’umana superbia di vedere Dio tanto umiliato nel ventre della gloriosa vergine Maria, la quale fu quello campo dolce, dove fu seminato il seme della parola incarnata del figliuolo di Dio; veramente, carissimo padre, in questo benedetto e dolce campo di Maria, fece questo Verbo innestato nella carne sua, come il seme che si gitta nella terra, che per lo caldo del sole germina e trae fuore il fiore ed il frutto, ed il guscio rimane alla terra (J), così veramente fece per 10 caldo e fuoco della divina carità, che Djo ebbe all’umana generazione, gettando il seme della parola sua nel campo di Maria. 0 beata e dolce Maria, tu ci hai donato il fiore del dolce Jesù; e quando produsse il frutto questo dolce fiore? quando fu innestato in su 11 legno della santissima croce, perocché allora ricevemmo vita perfetta. E perchè dicemmo, che il gitsbio rimane alla terra, quale fu questo guscio ? fu la volunta deH’unigenito Figliuolo di Dio, d quale in quanto uomo era vestito del desiderio dell’onore del padre e della salute nostra, e tanto fu forte questo smisurato desiderio, che corse come innamorato, sostenendo pene,e vergogne, e vituperio, infino all’obbrobriosa morte della croce„ Considerando dunque, venerabile padre, che questo medesimo fu in Maria, cioè che ella non poteva desiderare altro che l’onore di Dio e la salute della creatura, però dicono li dottori, manifestando la smisurata carila di Maria, che di sè medesima avrebbe fatta scala per ponere in croce il Figliuolo suo, se altro modo non avesse avuto, e tutto questo era. perchè la voluntà del Figliuolo era rimasta in lei. Tenete a mente, padre, e non v’esca mai dal cuore, nè dalla memoria, ,nè dall’anima vostra, che sete stato offerto e donato a Maria; pregatela dunque, che ella vi rappresenti e doni al dolce Jesù figliuolo suo, ed ella come dolce 3G madre e benigna madre di misericordia vi rappresenterà.
E non siate ingrato, nè sconoscente, perocché ella non ha schifala la petizione, anco 1’ accetta graziosamente.
‘ II. Siate dunque fedele, non raguardando per niuna illusione di dimonia,’nè per detto di niuna creatura, ma virilmente correte, pigliando quello ’affetto dolce di Maria, cioè che sempre cercate l’onore di Dio V ìa salute dell’ anime, e così vi prego, e quanto è possibile a voi studiate la cella dell’ anima e del corpo, e vi studiate per 1’ amore e per santo desiderio dì mangiare, e parturire anime nel cospetto di Dio: e quando foste richiesto nell’ atto delle confessioni, non ci commettete negligenzia niuna, mu con perfetta sollicitudine vi studiate di trargli dalle mani delle dimonia; e questo sarà il segno vero che noi siamo veri figliuoli, perocché a questo modo seguitiamo le vestigie del padre. Ma sappiate che a questo affetto del grande e smisurato desiderio non possiamo pervenire senza il mezzo della santissima croce, cioè del crociato ed affettuoso amore del Figliuolo di Dio, perocché elli è quello mare pacifico, che dà bere a tutti quelli che hanno sete, e desiderio di Dio, e dà pace a tutti coloco che sono stati in guerra, e voglionsi pacificare con lui.
» III. Questo mare gitta fuoco, che riscalda ogni cuore freddo, e tanto il riscalda fortemente, che ogni amore servile perde, e solo rimane in perfetta carità, ed in santo timore di non offendere il Creatore suo, e non teme; nè voglio che voi temiate le insidie e le battaglie delle dimonia che venissero per roba re e togliere la città dall* anima vostra. fNen temete, ma come cavaliero posto nel campo della battaglia combattete con l’arme, e col coltello della divina carità, perocché è quello bastone che flagella il dimonio.
IV. E sappiate,-che a non volere perdere l’arme, con la quale, ci conviene difendere, ce la conviene tenere nascosa nell’anima nostra per vero conoscimento 3 7 di noi medesimi; perocché quando l’anima conosce sè medesima non essere, ma sempre operatore di quella cosa che non è, cioè del vizio e del peccato, subito diventa umiliata a Dio e ad ogni creatura per Dio; e conosce ogni grazia ed ogni benefizio da lui, e vede in sè traboccare tanta bontà di Dio, che per amore di lui ed odio di sè, cresce in tanta giustizia di sè medesimo, che volentieri che non tsrnto che vogli fare vendetta, ma elli sempre desidera che tutte le creature ed eziandio li animali ne /accino vendetta di luì, ed ogni creatura giudica migliore di sè; onde allora nasce uno odore di pazienzia, che non è niuno peso sì grande nè tanto amaro che con buona pazienzia per amore e per giustizia elli noi porti;non vede sè come colui che. annegato in questo amore, nè vede pene, nè ingiurie che gli sieno fatte, ma solo vede c raguarda all’onore di Dio ed alla salute delle creature, ed eziandio non tanto non vede le cose amare, ma le carezze dolci e le consolazioni di Dio per odio di sè, reputandosi indegno di tanta visitazione e consolazione quanta riceve da Dio, per umiltà grida spesse volte nel cospetto suo la parola di s. Pietro, cioè: partiti da me perocché io son peccatore; ed allora Cristo più perfettamente si cougiunge con l’anima, ed allora è diventato gustatore e/ mangiatore dell’anime. Or cosi vi prego da parte di Cristo crocifisso, che facciate voi. Permanete nel santo e vero conoscimento di voi medesimo. Jesù dolce, Jesu amore. .
Annotazione alla Lettera 46.
(A) Ed il guscio rimane alla terra. Sì il testo d’Aldo sì quello del Farri, accordansi in dire gusto in luogo di guscio, cioè dire scorsa, come dee leggersi per quanto cel dimostra il tenore dell'altre parole; onde quelli stampatori non intendendo la voce toscana, hanno storpiato il senso con porgerne altra poco differente nelle lettere, ma assaissimo nel significato.