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X.
Imaginiamo, per un momento, che il primo anello pro-
jettato dal Sole, cioè l’anello che rompendosi formò Nettuno,
non si rompa realmente finché non avviene la projezione
dell anello dal quale nacque Urano; che quest’ultimo anello
rimanga di nuovo intatto finché avvenga 1'emissione di
quell'anello dal quale nacque Saturno; che quest'ultimo di
nuovo rimanga intero finché avvenga l’emissione di quella
forma che originò Giove — e cosi via. Imaginiamo, in una
parola, che non avvenga nessuna dissoluzione negli anelli
fino all'emissione finale di quello che diede origine a Mer-
ourio. Noi cosi ci dipingiamo, agli occhi della mente, una
serie di cerchi concentrici coesistenti, e considerandoli tanto
in essi stessi quanto nei procedimenti per cui, secondo, l’ipotesi di Laplace, essi furono costrutti, noi vediamo subito
un'analogia molto singolare cogli strati atomici ed i pro.-
cessi dell’ irradiazione, originale come io 1’ ho descritta. È
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forse impossibile, misurando rispettivamente le forze per
mezzo delle quali ogni cerchio planetario successivo fu
emesso — cioè, misurando le successive eccedenze di rotazione su la gravitazione che hanno cagionato le projezioni
successive — di trovare più decisamente confermata l’analogia in questione? È forse improbabile che noi scopriamo
che queste forze hanno cambiato, come nell' irradiazione
originale — proporzionalmente ai quadrati delle distanze ?
Il nostro sistema solare che consiste principalmente in
un sole con sedici pianeti, certamente e forse alcuni di più
che roteano attorno ad esso a differenti distanze, e accompagnato da diciassette lune, per certo, ma molto probabilmente da altre ancora — si può considerare, ora, come un
esempio delle innumerevoli agglomerazioni, che continuarono
a prodursi in tutta la Sfera Universale, di atomi al ritirarsi
della Volontà Divina. Io intendo dire che il nostro sistema
solare deve essere considerato come un caso generico di
queste agglomerazioni, o, più correttamente, delle ulteriori
condizioni a cui esse arrivarono. Se noi fissiamo la nostra
attenzione sull’ idea della massima quantità di Rapporti
possibile, come è nel disegno dell'Onnipotente e sulle precauzioni prese per compirlo per mezzo della differenza di
forma tra gli atomi originali e dell' inequidistanza particolare, noi troveremo impossibile il supporre anche solo per
un momento che due qualsiasi delle agglomerazioni incipienti raggiungano alfine precisamente lo stesso risultato.
Noi saremmo più tosto inclinati a pensare che non vi sono
due corpi stellari nell’ Universo simili in particolare — siano
essi soli o pianeti o lune — mentre tutti lo sono in generale. Allora, noi possiamo sempre meno imaginare che due
gruppi qualunque di tali corpi — due « sistemi » qualunque
— possano avere una rassomiglianza più che generale (1).
1 nostri telescopi, su questo punto, confermano interamente
le nostre deduzioni. Considerando, dunque, il nostro sistema
solare semplicemente come un tipo libero e generale di tutti
gli altri, noi siamo andati tanto lontano nel nostro soggetto
da poter esaminare l’universo sotto l’aspetto di uno spazio
sferico sul quale esistono, dispersi ovunque con un'eguaglianza puramente generale, un numero di sistemi simili
puramente in generale.
Ora, allargando le nostre concezioni, consideriamo ciascuno di questi sistemi come un atomo per sè stesso; ciò
(1) Non è impossibile che alcuni imprevisti perfezionamenti ottic1
possano scoprire, tra i riiimerevoli varata di sistemi, un sole lu;
minoso, circondato da anelli luminosi e non luminosi, entro e fuor1
e fra i quali girino dei pianeti luminosi e non luminosi accompagnati da lune colle loro lune — ed anche queste ultime colle loro
Lgine particolari. [p. 70modifica]ÈUREKA
che è realmente vero, se noi lo consideriamo come una sola
delle incalcolabili miriadi di sistemi che costituiscono l'Universo. Considerandoli, dunque, ognuno come colossali atomi,
dotati ognuno della stessa indistruttibile tendenza all’Unità
che caratterizza i veri atomi da cui è composto — noi. entriamo ad un tratto in un nuovo ordine di aggregazioni. I
più piccoli sistemi, in prossimità di uno più grande, dovranno inevitabilmente essere attirali sempre più vicino.
Un migliajo si riunirà qua: un milione là — qui forse ufi
bilione — lasciando cosi degli smisurati vuoti nello spazio.
E se ora mi si domandasse perchè nel caso di questi si-
sterni — di questi atomi veramente Titanici — io parlo unicamente di un « insieme » e non, còme nel caso degli atomi
positivi, di un’agglomerazione piu o meno consolidata: — -
se si domandasse, per esempio, perchè io non sostengo fino
alla sua legittima conclusione ciò che dichiaro, e non descrivo allo stesso tempo quest’ insieme di sistemi-atomi che
si precipitano e si consolidano in isfere — e condensando i
diventano un magnifico sole — la mia risposta sarebbe
questa : mCio — io non mi arresto che un solo momento sulla Soglia del Futuro. Per ora, chiamando queste
riunioni « gruppi », noi li consideriamo negli stadi incipienti della loro consolidazione. La loro consolidazione assoluta deve ancora compiersi.
Noi siamo ora giunti ad un punto da cui contempliamo
l’Universo come uno spazio sferico cosparso non ugualmente
iti gruppi. Si deve notare che qui io preferisco l’avverbio
« non ugualmente » alla frase « con un’ uguaglianza puramente generale », già usata prima d'ora. È evidente, in
fatto, che l'uguaglianza di distribuzione diminuirà in ragione del progresso dell’agglomerazione — cioè, come le
cose distribuite diminuiscono di numero, cosi l’aumentare
dell’ ineguaglianza — un aumentare che deve continuare
finché non arriverà un'epoca, o prima o poi, in cui l’agglomerazione più larga assorbirà tutte le altre — deve essere considerato semplicemente come un indizio che conferma ta tendenza all'amia.