Falaride secondo

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Luciano di Samosata Antichità 1862 Luigi Settembrini Indice:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 2.djvu racconti Letteratura Falaride secondo Intestazione 7 maggio 2023 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini


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XXX.

FALARIDE SECONDO.1



Io non sono, o cittadini di Delfo, nè ospite pubblico degli Agrigentini, nè ospite privato di Falaride, nè ho altra cagione particolare per volergli bene, o speranza di essergli amico; ma avendo udito gli ambasciatori da lui mandati parlar ragionevole e moderatamente, e vedendo che si tratta di cosa pia insieme e profittevole al comune, e particolarmente convenevole ai Delfi, mi sono levato per confortarvi di non fare questo oltraggio ad un principe religioso, non rifiutare un voto promesso a questo dio, e che sarà un’eterna memoria di tre cose grandissime, di un’arte eccellente, di un pensiero pessimo, di una pena giusta. Il dubitar che voi fate ed il mettere a partito se si dee ricevere l’offerta, o rimandarla, io credo che sia un’irreligiosità, anzi giunga ad un’empietà massima: questo non è altro che un sacrilegio, tanta più grave degli altri, quanto il dissuadere chi vuole offerire è cosa più empia che rubare le offerte, lo vi prego, essendo di Delfo anch’io, e partecipe della pubblica buona fama, se ce la manterremo, del biasimo che potrà venirci da questo affare, di non allontanare dal tempio le persone religiose, nè discreditare innanzi al mondo la città nostra, come quella che cavilla su i doni mandati al dio, ed esamina con giudizio e tribunale i donatori. Nessuno più si attenterà di portare un’offerta, sapendo che il dio non accetterà ciò che prima non sarà piaciuto ai Delfi. Eppure Apollo ha mostrato chiara la sua volontà intorno a questo dono: che se egli odiava Falaride, ed abborriva il dono, gli era facile affondarlo in mezzo al Jonio con tutta la nave che l’ha portato; ma per contrario egli ha dato loro, come dicono, un bel tempo nella traversata, e sbarcar [p. 150 modifica]salvi in Cirra. Onde è manifesto che egli gradisce la pietà di questo monarca: e voi dovete volere ciò che egli vuole, ed aggiungere questo toro agli altri ornamenti del tempio: perchè sarebbe la cosa più assurda del mondo, che chi manda un sì magnifico dono al dio, ricevesse dal tempio una condanna, e per premio della sua pietà fosse giudicato indegno anche di fare un’offerta. Il mio avversario, come ei fosse or ora sbarcato d’Agrigento, ha fatto un gran dire delle uccisioni, delle violenze, delle rapine, delle incarcerazioni del tiranno; e per poco non ci ha detto che le ha vedute egli con gli occhi suoi, mentre sappiamo che egli non è andato neppure sino alla nave. Cotali cose non bisogna del tutto crederle neppure a quelli che dicono di averle patite, perchè è incerto se dicono il vero; molto meno conviene a noi, che non le conosciamo, farne un’accusa. Ma se anche qualcosa di queste è avvenuta in Sicilia, non ce ne dobbiam brigare noi in Delfo, se non vogliamo invece dei sacerdoti farei giudici, invece di sacrificare e ufficiare il Dio e raccogliere le offerte che si mandano, stare a discutere se oltre il Jonio ci ha tiranni giusti o ingiusti. Gli affari degli altri vadano a modo loro: noi, credo io, dobbiamo badare ai nostri, che come andarono per lo passato, così vadano al presenta, o fare il nostro meglio per l’avvenire. Che noi abitiam fra le rupi, e coltiviamo le pietre non dobbiamo aspettare che ce lo dica Omero, ma lo vediamo; e se fosse per le nostre terre, potremmo morir di fame. Il tempio, Apollo, l’oracolo, i sacrifizi, i divoti, questi sono i campi di Delfo, questi l’entrata, di qui l’abbondanza, di qui il nostro sostentamento (siamo tra noi, e bisogna dire il vero), e come dicono i poeti, senza arare e senza seminare ci nascono tutti i beni; il nostro Iddio coltiva i nostri campi, e ci dà non pure i beni che nascono tra gli altri Greci, ma se ve n’è tra i Frigi, i Lidii, i Persi, gli Assirii, i Fenicii, gl’Italioti, gl’Iperborei stessi, tutto viene in Delfo. Dopo il Dio siamo onorati noi da tutto il mondo, non ci manca niente, siamo beati d’ogni cosa. Così ab antico, così fin’ora; seguitiamo a vivere così. Nessuno ricorda che da noi si è fatto mai un giudizio sopra un’offerta, nè si è vietato ad alcuno di sacrificare ed offerire: e così, a creder mio, il tempio è tanto cresciuto e straricchito in offerte. Non bisogna [p. 151 modifica]adunque innovar nulla, nè contro l’uso de’ nostri maggiori mettere la legge di giudicare rigorosamente le offerte, e cercar la geneologia di ciò che si manda, e donde viene, e da chi, e che è: ma riceverlo, e senz’altra briga consagrarlo; e così farem servigio al Dio ed ai divoti. A me pare, o Delfi, che voi prenderete un ottimo partito in questo affare, se prima ripenserete di quanti e quali cose si tratta. Si tratta primamente del Dio, del tempio, dei sacrifizi, delle offerte, dei vecchi costumi, delle antiche leggi, della gloria dell’oracolo; dipoi di tutta la città, del bene pubblico in generale, e del particolare di ciascuno; e sopra lutto della buona o della cattiva fama tra gli uomini. Di queste cose io non so, se voi che avete senno, ne conoscete alcuna più grande e più necessaria.

Ecco dunque di che deliberiamo, non del solo Falaride tiranno, nè di questo toro, nè di solo bronzo, ma di tutti i re e di tutti i potenti che ora usano del tempio, di oro, di argento, e di altri doni preziosi che spesso saranno offerti al Dio: e noi prima d’ogni altra cosa dobbiam badare all’onore del Dio. Perchè dunque non facciamo come si faceva anticamente, come si è fatto sempre intorno alle offerte? che male vi troviamo da mutare i costumi antichi? e ciò che mai non è avvenuto tra noi da che abitiamo la città, e Apollo oracoleggia, e il tripode parla, e la sacerdotessa è inspirata, faremo ora, stabiliremo ora di esaminare e giudicar gli oblatori? Per quell’antico costume di permettere a tutti indistintamente di portare doni, vedete di quante ricchezze è pieno il tempio: tutti hanno offerto, ed alcuni hanno fatto doni al Dio maggiori delle loro forze. Se voi vi metterete ad esaminare e giudicare le offerte, temo che non avremo più materia da giudicare; che nessuno più >orrà presentarsi come reo, e, avendoci speso e pagato del suo, farsi giudicare, e mettersi a pericolo del capo. E che si farà della vita chi è giudicato indegno di offerire un dono?



Note

  1. Un Sacerdote vuol persuadere quei di Delfo di ricevere il dono di Falaride.