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Filippo (1783)/Atto primo

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Atto primo

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Personaggi Atto secondo

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FILIPPO TRAGEDIA.

ATTO PRIMO.

SCENA PRIMA.

ISABELLA.



DEsìo, timor, dubbia, ed iniqua speme
Fuor del mio petto, fuor... Io di Filippo
Consorte infida di Filippo il Figlio
Oso amar, io?... Ma chi ’l vede, e non l’ama?
5Ardito, umano cor, nobil fierezza,
Sublime ingegno, e in avvenenti spoglie
Bellissim’alma; ah! perchè tal ti fero
Natura, e ’l Ciel?... Ma che dich’io? Strapparmi
Dal cor profondo la sua dolce immago
10Così m’appresto? Oh! se palese mai
Fosse tal fiamma ad Uom Vivente! Oh! s’Egli
Ne sospettasse! Ognor mesta mi vede...
Sì; mesta, è ver; ma del suo aspetto a un tempo

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Fuggir mi vede; e sà, che in bando è posta
15D’Ispana Reggia ogni letizia. — In core
Chi legger puommi? Ah! nol sapess′io, come
Altri nol sà! Così ingannar potessi,
Sfuggir così me stessa come altrui!
Misera me! Sollievo a me non resta
20Altro che il pianto; ed il pianto è delitto...
Ma riportare alle più interne Stanze
Vo’ il mio dolor; più libera... Che veggio?
Carlo? Ah! si sfugga: ogni mio detto, o sguardo
Tradir potriami: oimè! Sfuggasi.



SCENA II.

CARLO, ISABELLA.



Carlo


OH vista!
25Regina, e che? Tu pure a me t’involi?
Te pur tuo aspetto a me infelice togli?

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Isabella.

Prence....

Carlo.

Nemica la Paterna Corte
M’è tutta, il sò; l’odio, il livor, la vile,
E mal celata invidia entro ogni volto
Qual meraviglia fia, se impressa io leggo, 30
Io, poco grato al mio Padre, e Signore?
Ma Tu non usa a incrudelir; Tu nata
Sotto men duro Ciel; Tu non per anco
Corrotta il cor infra quest’aure inique,
Sotto sì dolce maestoso aspetto35
Crederò, che nemica anima alberghi
Tu di pietà?

Isabella.

Ben sai, qual’io mi viva
Vita finor: di questa Terra i nuovi
Per me costumi rigidi quel primo
Amor del suol natio, che in noi può tanto, 40
Tratto di mente ancor non m’han del tutto.
Sò le tue angosce; e que’, che soffri, oltraggi

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Veggo, e men duol; ma che poss’io?

Carlo.

Ten duole?
Oh gioja! Or ecco ogni mia cura asperge
Di dolce oblìo tal motto; e il dolor tuo45
Pur’io divido; e i miei tormenti io spesso
Lascio in disparte; e di tua dura sorte
Penso; e vorrei....

Isabella.

Men dura sorte avrommi,
Spero, dal tempo: i mali miei non sono
Da pareggiarsi a’ tuoi: dolor sì caldo 50
Dunque non n’abbi.

Carlo.

In me pietà t’offende,
Quando la tua m’è vita?

Isabella.

In pregio troppo
La mia t’hai tu.

Carlo.

Troppo? Che dici? E quale,

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Qual havvi affetto, che pareggi, o vinca
Quel dolce fremer di pietà, ch’è noto 55
A ogni alto cor? Che a vendicar gli oltraggj
Val di fortuna; e più nomar non lascia
Infelici Color, che al comun duolo
Porgon sollievo di comune pianto.

Isabella

Che parli tu? Pietade io sì... ma... oh Cielo!..60
Certo Madrigna i’ non ti son: se osassi
A Padre irato del Figliuol non reo
Parlar, vedresti...

Carlo

E chi tant’osa? E s’anco
L’osassi tu, mai nol dei fare. Oh dura
Necessità!... D’ogni sventura mia 65
Cagion se’ tu, benchè innocente, sola:
Eppur tu nulla a mio favor...

Isabella

Cagione
Io di tue angosce? Io?

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Carlo

Nol sai tu? Mie angosce
Principio han tutte dal funesto giorno,
Che Sposa in un data mi fosti, e tolta.70

Isabella

Deh! Che rimembri? Passeggera troppo
Fù quella speme.

Carlo

In me cogli anni crebbe
Parte di me miglior: nudriala il Padre;
Quel Padre sì, cui piacque romper poscia
Solenni nodi.

Isabella

Or che?...

Carlo

Suddito, e Figlio 75
D’assoluto Signor soffersi, tacqui,
Piansi, ma in cor: del mio voler fù legge
Il suo voler: Ei ti fù Sposo; e quanto
Duro il tacer, qual d’obbedir fremessi,
Chi ’l può saper, com’io? Di tal virtude, 80

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(E virtud’era, e più che umano sforzo)
Altero in cor n’andava, e tristo a un tempo.
Stavami innante il grave dover mio
Agli occhj sempre; e, del pensier s’io m’era
Pur reo, sà il Ciel d’ogni pensier segreto85
Conoscitor: nel pianto i lunghi giorni,
Le lunghe notti trapassava in pianto:
Che prò? L’odio di me nel cor del Padre,
Quanto il dolor entro il mio cor, crescea.

Isabella

Odio non cape, il credi, in cor di Padre;90
Bensì sospetto: adulatrice turba,
Che t’odia, e più di tuo spregio s’irrita,
Quanto più ’l merta, entro il paterno seno
Forse versò il sospetto.

Carlo

Ah! Tu non sai;
E possa tu mai nol saper! qual Padre95
Io m’abbia: ancor di questa infame Corte
Gli andamenti non sai; nè dritto core

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Creder li può, non che pensar: crudele
Più d’ogni crudo, che dintorno Ei s’abbia,
Filippo egli è, che m’odia; Ei, che dà norma 100
Alla Turba servil; Ei, ch’esser Padre
Non rammenta, o s’adira. Io d’esser Figlio
Già non oblìo perciò; ma se obliarlo
Potessi pur, ed allentare un giorno
Ai repressi lamenti il fren, mia fama105
Insidiata, Ei non m’udria, nè i tolti
Onor, nè il suo ver me tepido, e poco
Paterno amor da lui ripeter mai;
Di più gran ben rapito i’ mi dorria:
Tutto Ei mi tolse il dì, che Te mi tolse.110

Isabella

Prence, ch’Ei t’è Padre, e Signor, rammenti
Mal tu così.

Carlo

D’alma ripiena escusa
Involontario sfogo: aprirti intero
Mai non potei mio cor.

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Isabella

Nè a me tu aprirlo
Dovevi mai; nè posso io udir.....

Carlo

T’arresta; 115
Deh! Se del mio dolor udito hai parte,
Odilo tutto. A dir mi sforza....

Isabella

Or taci;
Lasciami.

Carlo

Ahi lasso! Io tacerò; ma, oh quanto
A dir mi resta! Ultima speme.....

Isabella

Or quale
Speme ha, che in te non sia delitto?

Carlo

Speme 120
Che tu non m’odj.

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Isabella

Odiar ti deggio, e il sai,
Se amar tu m’osi.

Carlo

Odiami dunque; innanzi
Al tuo Consorte accusami tu stessa.

Isabella

Tuo nome al Rè? Nè profferir pur l’oso.

Carlo

Sì reo m’hai tu?

Isabella

Sei reo tu sol?

Carlo

Tu dunque 125
In cor?....

Isabella

Che dissi? Ohimè! Troppo i’ ne dissi;
O temerario tu troppo intendesti.
Chi son’io, pensa, e chi se’ tu: di tutta
L’ira del Rè siam degni; io, se t’ascolto;
Tu, se prosiegui.

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Carlo

Ah! Se in tuo cor tu ardessi, 130
Com’ardo, e mi struggo io: se ad altri in braccio
Amato Oggetto il dì ben mille volte
Vedessi; oh! qual lieve parriati fallo
L’orme ir cercando del perduto Bene;
E sbramar gli occhj; e desiar talvolta, 135
Qual’io mi fò, di pochi accenti un breve
Sfogo innocente all’affannato core!

Isabella

Deh! Fuggi; và: queste fatali soglie,
Finch’io respiro, e non fia molto, or lascia.

Carlo

E ’l pensi tu? Di man del Padre trarmi 140
Lieve ti par? Fallo novel mi fora
La mal tentata fuga; e assai già falli
M’appone il Padre. Il solo, ond’io son reo,
Nol sà.

Isabella

Nol sapess’io!

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Carlo

Se in ciò t’offesi,
N’avrai vendetta, e tosto. In queste soglie 145
Lasciami: a morte se il mio duol non trammi,
L’odio, il rancor mi vi trarrà del Padre,
Ch’ha in se giurato, entro il suo cor di sangue
Il mio morir. In questa orribil Reggia,
Pur cara a me, poichè t’alberga, ah! lascia, 150
Che l’alma io spiri ove se’ Tu.

Isabella

Qual m’offri
Terribil vista!... Ah! Che purtroppo io tremo;
Finchè quì stai, per te. Mesta una voce,
Presaga al cor del tuo crudel destino,
Mi si fà udir — prova d’amor, se m’ami, 155
Ultima, e prima i’ ti chiegg’io; sottratti
Al Padre.

Carlo

Oh Donna! Ell’è impossibil cosa.

Isabella

Dunque il mio aspetto sfuggi or più di pria;

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Chiara mia fama, e in un la tua deh! serba.
Scolpati, sì, delle mentite colpe, 160
Onde t’accusa invida rabbia: vivi,
Io tel comando, vivi: illesa lascia
Sol mia virtude a me; teco il cor mio;
Teco i pensier; l’anima mia, mal grado
Di me, sia teco: ma de’ passi miei 165
Perdi la traccia; e fà, ch’io più non t’oda;
Più mai. Del fallo testimon finora
È solo il Ciel: s’asconda al mondo intero;
A noi s’asconda: e del tuo cor profondo
Perfin ne svelli il sovvenir... se ’l puoi...170

Carlo

Più non m’udrai? Più mai?



SCENA TERZA.

CARLO.



ME lasso!... Oh giorno!...
Così mi lascia?... Oh misera mia sorte!
Felice or fammi, ed infelice a un punto!

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SCENA QUARTA.

CARLO, PEREZ.



Perez

SIgnor, tuoi passi... Ma che fù? Turbato
Mai non ti vid’io sì... fuor di te stesso... 175
Deh! parla: al tuo dolor me non disdegna
Compagno aver. Di me diffidi? Al fianco
Pur ti crebb’io fin da’ più teneri anni;
E Amico allor tu mi nomasti.

Carlo

Oh! quale
Profferir nome in questa Reggia ardisci!180
Nome ognor dalle Corti empie proscritto,
Benchè mentito spesso. A te funesta
Oggi tua fede, a me non util fora.
Cedi al torrente, cedi; e tu pur siegui
La mobil turba; e all’Idolo Sovrano 185
Porgi con essa utili incensi, e voti.

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Perez

Deh! nò così non m’avvilir: me scevra
Dalla fallace turba. Io... ma che vale
Giurar quì fè? Quì, dove ogni Uom la giura,
E la tradisce ogni Uom. Più certa prova 190
Fà del cor, della man. Per te qual debbo
Periglio alto affrontar? Qual’è il Nemico,
Che più t’offende? Parla.

Carlo

Altro Nemico
Non ho, che il Padre: che onorar di tanto
Nome i suoi vili, or non vogl’io, nè ’l deggio. 195
Silenzio al Padre; ad Essi sprezzo oppongo.

Perez

Ma il ver non lo sà ’l Rè: quindi non giusto
Nasce in lui contra te sdegno; che ad arte
Altri vel desta. Or lascia; in alto suono
Gliel vo’ dir’io per te.

Carlo

Perez, che parli? 200
Più che non credi, il Rè sà il ver; l’abborre

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Più che nol sà: voce Ei non ode in mio
Favor.

Perez

Forz’è, che di natura Ei l’oda.

Carlo

Chiuso a natura inaccessibil core
Di ferro è in lui. Le mie difese lascia 205
All’innocenza; al Ciel, che pur talvolta
Degnarla suol d’alcun benigno sguardo.
Se m’ami tu, meco in silenzio soffri.
Se reo mi fossi, intercessor te solo
Non sdegnerei. Qual d’amistà ti posso 210
Prova dar’io maggior?

Perez

Del tuo destino,
E sia qual vuolsi, a me concedi parte;
Tanto i’ chieggo, e non più: qual mi resta altro
Illustre incarco in sì malvagia Corte?

Carlo

Ma il mio destin, sai tu, che, sia qual vuolsi, 215
Esser non può felice mai?

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Perez

Son tuo;
Non di ventura amico. Ah! s’è pur vero,
Che duol diviso scemi, avrai compagno
Inseparabil me d’ogni tuo pianto.

Carlo

Duol, che a morir mi mena, in cor rinserro;220
Alto dolor, che pur m’è caro; ahi lasso!...
Che nol ti posso io dir? Di te non cerco
Più generoso Amico, e il Sol nol mira:
Pur darti pegno d’amistà verace,
Coll’aprirti il mio cor, i’ nol poss’io. 225
Or và: di tanta, e sì mal posta fede
Che ne trarresti? I’ non la merto: ancora
Tel ridich’io, mi lascia. Atroce fallo
Non sai, ch’è ’l serbare fede ad Uom, cui serba
Odio il suo Rè?

Perez

Ma tu non sai, qual sia 230
Gloria a dispetto d’ogni Rè serbarla?
Ben mi trafiggi, ma non cangi il core

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Col tuo di me dubbiar. Tu dentro il petto
Mortal dolor, che non puoi dirmi, ascondi?
Saper nol vo’. Duol, che ti mena a morte? 235
Io bramo, io chieggio (e tu negar mel puoi?)
A morir teco il tuo dolor mi meni.

Carlo

Tu ’l vuoi? Tu dunque? Eccoti, infausto pegno
Mia destra prendi d’amistade infausta.
Compiango te: ma omai nè di mia sorte, 240
Nè mi dolgh’io del Ciel; del Ciel, che largo
M’è di cotanto amico: assai men sono,
Meno infelice io son di te, Filippo:
Tra pompe vane, e adulazion mendace
Tu, di pietà più che d’invidia degno,245
Santa Amistà non conoscesti mai.