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Filippo (1783)/Atto quinto

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Atto quinto

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Atto quarto

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FILIPPO TRAGEDIA.

ATTO QUINTO.

SCENA PRIMA.

CARLO.



CH’altro temer, ch’altro sperar che morte?
Sol ti vorrei scevra d’infamia, o morte;
Quindi aspettarti dal crudel Filippo
Deggio d’infamia piena. — In cor sol’ uno
Dubbio, e di morte assai peggior, m’avanza.5
Fors’ei sà del mio amor: ne’ scintillanti
Suoi torvi sguardi un non so qual novello
Furor mal grado suo tralucer vidi....
E il suo parlar colla Regina or dianzi..
E l’appellarmi, e l’osservar.... Che fia?10
Oh Ciel! Che fia se in lui sospetto nasce
Della Consorte pur? Oimè! già forse
Punisce in lei l’incerta colpa il crudo;

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Che sempre suol Tirannica vendetta
L’offésa prevenir.... Ma donde seppe15
Amor, che a tutti, ed a noi quasi è ignoto?
Avran me forse i miei sospir tradito?
Che dich’io? Mai, furo a Tiranno, mai
D’amor noti i sospiri? A cotal Padre
Saper dell’amor mio mestier fors’era,20
Per farsi atroce, e snaturato? Al colmo
L’odio era in lui, nè più indugiar potea.
Ben venga il dì, ben venga, ov’io far pago
Di questa testa il posso. Ah! di fallaci
Amici turba menzognera, or dove,
Dove se’ tu? Nulla i’ vorria da voi,5
Che un ferro; e un ferro, onde all’infamia trarmi,
Pur non m’avrò da niun di voi.... Ma sento,
Disserrar sento le ferrate porte:
Che mi s’arreca? Udiam. Chi fia?

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SCENA SECONDA.

ISABELLA, CARLO.



Carlo

CHe veggio?30
Regina, tu? Chi ti fu scorta? Quale
Ragion ti mena? Amor, dover, pietade?
Come l’accesso avesti?

Isabella.

Ah! tutto ancora
Non sai l’orror del tuo fatal destino!
Tacciato sei di Parricida; il Padre 35
T’accusa ei stesso; un rio Consiglio a morte
Ti danna; ed altro all’eseguir non manca,
Che l’assenso del Rè.

Carlo.

S’altro non manca,
Eseguirassi tosto.

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Isabella.

E che? Non fremi?

Carlo.

Gran tempo è già, ch’io di morir sol bramo.40
E il sai tu ben, tu, cui null’altro i’ chiesi,
Che aspettar morte in queste amate Soglie.
M’è dura sì l’orrida taccia, dura;
Ma inaspettata no. Morir m’è forza;
Ma me l’annunzi tu; fremer poss’io?45

Isabella.

Deh! se tu m’ami, or di morir non parla.
Cedi per poco all’impeto....

Carlo.

Ch’io ceda?
Io? Ben’or veggio, hai d’avvilirmi assunto
L’incarco, tu: dal Genitore iniquo
Ti si commette...

Isabella.

Oh in qual’error ti stai!50
Ministra all’ire io di Filippo?

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Carlo.

A tanto
Potria sforzarti; o forse anco ingannarti.
Ma qui venir come ti lascia ei dunque
A me così?

Isabella.

Nol sà Filippo; oh Cielo!
Guai, se ’l sapesse.

Carlo.

Oh! che dì tu? Filippo
Qui tutto sà: chi infrangeria suoi duri
Assoluti voler?

Isabella.

Gomez.

Carlo.

Che ascolto?
Qual profferisti abbominevol nome,
Terribile, funesto?

Isabella.

Ei t’è nemico
Men, che tu ’l pensi.

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Carlo.

Oh Ciel! S’io niel credessi60
Amico mai, più di vergogna in volto
Avvamperia che d’ira.

Isabella.

Eppur sol’egli
Sente or di te pietà. Del Padre iniquo
Ei mi svelò fa trama.

Carlo.

Incauta, ahi troppo
Credula tu! Che festi? Ahi, perchè fede65
Prestasti a tal pietà? Se il ver ti disse
Di scellerato Rè peggior Ministro,
Ei t’ingannò col ver.

Isabella.

Ma il dir che giova?
Tu proverai di sua pietà non dubbj
Effetti or, sol che mi t’arrendi a’ preghi.70
Ei quì mi mena di nascosto; e i mezzi
Già di tua fuga appresta; io ve l’indussi:
Deh! fuggi; deh! non tarda; il Padre fuggi,

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La morte, e me.

Carlo.

Finchè n’hai tempo fuggi,
Lungi da me fuggi tu stessa: a caso75
Gomez pietà non finge: in qual cadesti
Insidioso laccio! Or sì davvero
Frem’io, davver: qual più v’ha dubbio omai?
Già penetrò del nostro cor l’arcano
Filippo.

Isabella.

Eh nò. Poc’anzi il vidi, allora80
Che i Satelliti suoi dal suo cospetto
Traevan te: d’orribil’ira ardea:
Io l’ascoltai tremante: al tuo simile
Sospetto i’ n’ebbi pur. Ma, in me tornata
Poscia, riando le parole sue;85
E veggio ben, che, fuor di questa, ogni altra
Cosa pensa di te.... Perfin sovviemmi,
Ch’ei t’imputò d’insidiar fors’anco
Col suo vivere il mio.

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Carlo.

Dell’intricato
Laberinto d’infamia, al par di lui,90
Più vile ancor saria mestier ch’io fossi
A penetrar tutte le ascose vie.
Ma certo è pur, che orribil fraude asconde
Tuo quì venir; ciò, ch’ei soltanto appena
Sospetta forse, or di chiarire imprende.95
Ma sia che vuol: Tu prontamente i passi
Volgi da infausto loco: invan tu credi,
Tel giuro, invan, che in mio favor mai Gomez
Voglia adoprarsi, o possa; e invan tu speri.
S’anch’egli il vuol, ch’io gliel consenta mai.100

Isabella.

E fia pur ver, ch’infra tal gente i’ tragga
Gl’infelici miei dì?

Carlo.

Più non indugia,
Deh! troppo è ver; scostati, và; d’angoscia
Più che mortale trammi. In te m’offende
Ogni pietà, se di te non la senti:105

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Và, s’hai cara la vita.

Isabella.

A me la vita
Cara?

Carlo.

Il mio onor dunque, e la fama tua.

Isabella.

Io te lasciare in tal periglio?

Carlo.

In tale
Periglio porti? A che? Già me non salvi,
Te stessa perdi. Anche il sospetto è macchia110
Alla virtù. Deh! la maligna gioja
Togli al Tiranno di poter tacciarti
Rea neppur del pensier. Và: cela il pianto;
Premi i sospir nel core: a ciglio asciutto
Con intrepida fronte udir t’è forza115
Del mio morir. Sacra a virtude i tristi
Giorni, che a me sopravvivrai. Se al tuo
Grave dolor sollievo alcun pur cerchi,
Fra tanti iniqui ottimo un sol quì resta,

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Perez virtù conosce: ei pianger teco120
Potrà di furto; e tu con lui talvolta
Di me parlar potrai. Ma intanto, or vanne;
Esci; fà ch’io non pianga: a brano a brano
Deh! non mi squarcia il cor: l’ultimo addio
Prendi, e mi lascia; va: tutta or m’è d’uopo125
La mia virtude, or che fatale appressa
Ora di morte.



SCENA TERZA.

FILIPPO, ISABELLA, CARLO.



Filippo.

ORa di morte è giunta;
Perfido! I’ son, che te l’arreco.

Isabella.

Oh vista!
Oh tradimento!

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Carlo.

Ed io son presto a morte:
Ferisci tu.

Filippo.

Morrai, fellon: ma pria130
Miei terribili accenti udrete pria
Voi, scellerata Coppia. Infami; tutto,
Io tutto sò: quella, che voi d’amore,
Me, già gran pezza, di furor consuma
Iniqua fiamma sò. Di rabbia oh quanti135
Repressi moti! Oh qual silenzio lungo!...
Ma entrambi alfin nelle mie man cadeste.
A che mi dolgo? Usar degg’io querele?
Vendetta usar deggio; e vendetta estrema
Tosto m’avrò: goder giovami intanto140
Quì di vostr’onta, quì. — Già tu non pensa,
Ch’i’ mai t’amassi, Donna; e che martiro
Desse al mio cor gelosa rabbia: in basso
Loco, qual’è il tuo cor, mai non avria
Posto Filippo l’amor suo; che Donna145
Degna di me, se v’ha, tradir non puommi.

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Me non tuo amante, offeso hai me Rè tuo:
Di mia Consorte il nome, il sacro nome
Contaminato hai tu: mai del tuo amore
Non calse a me: ma in te tremor cotanto150
Dovea albergar del tuo Signor, che ardire
A ogni altro amor, anche in pensier, togliesse. —
Tu seduttor, tu vile,... a te non parlo;
Nulla in te mi stupisce: era il misfatto
Di te sol degno: ad accertarmen prove155
I sospir vostri anche i più ascosi, i moti,
Gli andamenti, il silenzio, il duol, che pari
Negli empj cor chiuso vedea, mi furo,
E son tuttor. Che parlo or più? Voi pari
Foste in tradirmi, in Voi pari fia pena.160

Carlo.

Che ascolto? In lei colpa non è: che dico?
Colpa? Nè l’ombra pur di colpa: il giuro,
Non arse mai suo puro cor di fiamma
Cotal: da me la mia riseppe appena,
E la dannò.

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Filippo.

Fin dove ognun di Voi165
Giungesse il sò; sò, che innalzato ancora
Tu non t’avevi al talamo paterno
L’audace empio pensier; s’era pur altro,
Saresti in vita or tu?... Ma dall’impura
Tua bocca uscì d’iniquo amor parola;170
Essa l’udì; ciò basta.

Carlo.

Io sol t’offesi,
Nol niego: a me lieve di speme un raggio
Sul ciglio balenò; ma il dileguava
L’alta virtù sua tosto. Udì; ma solo
Per mio rossor ella m’udì; per trarmi175
Sol la malnata passion del petto....
Malnata or sì, tale or purtroppo; ed era
Già legittima un dì; mia Sposa ell’era,
Mia Sposa, il sai; tu me la davi; e darla
Meglio potevi, che ritorla.... Io sono180
Ad ogni modo reo: sì l’amo; e tolta
Mi fù da te: che omai mi puoi tu torre?

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Saziati pur nel sangue mio; d’orgoglio
Sbrama la rabbia in me: sola, deh! Padre,
Risparmia lei, risparmia l’innocente....185

Filippo.

Ella? In ardir, non in fallir ti cede.
Taci a tua posta; anche il silenzio, o Donna,
Sì ti convince: abbominevol foco,
Nè val che il nieghi, in cor tu pur rinserri.
Ben mel dicesti; assai, troppo il dicesti,190
Quand’io parlava di Costui poc’anzi
Teco ad arte. Membrando a che n’andavi,
Ch’egli era Figlio a me? Ch’ei t’era amante,
Perfida, dir volevi. Empia, tu meno
Tradisti in cor il tuo dover, l’onore,195
Le leggi, tutto?

Isabella.

....In me silenzio nasce
Di timor nò: stupore alto m’ingombra
Del non credibil tuo doppio feroce
Di sangue cor.... ripiglio alfin, ripiglio
Gli attoniti miei spirti... alfin ch’io emendi200

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Ben’è dover d’esserti Moglie il fallo.
Non t’offes’io finor: al Cielo in faccia,
In faccia al Prence i’ non son rea; nel mio
Petto sì il son.

Carlo.

Pietà di me fallace
Or lei fà dir: deh! non l’ascolta....

Isabella.

Invano105
Me salvar tenti: ogni tuo detto è punta,
Che in lui più inaspra la superba piaga.
Tempo non è, non più di scuse: or tempo
Ben’è sottrarsi a questo aspetto, a cui
Tormento ugual non è. Se mai Tiranno210
D’amor sentisse l’invincibil possa,
Rè, ti diria, che tu fra noi stringevi
Nodi d’amor: i’ ti diria, che volto
Ogni pensier fin da prim’anni avea
A lui; che in lui posta ogni speme, e seco215
Miei dì felici disegnava io trarre.
Virtude m’era, e tuo comando m’era

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L’amarlo allor: chi ’l fè delitto poscia?
Tu, col discior santi legami, il festi:
Lieve era sciorti ad assoluta voglia;220
Ma il cor così si cangia? Addentro in core
Fort’ei mi stava sì: ma fui tua appena,
Che in me repressa antica fiamma tacque:
Spegnerla poscia a mia virtude, al tempo
Ed a te forse s’aspettava.

Filippo.

Or quanto225
In te virtù, nè tempo non poteo,
Io, sì ’l farò: sì, nell’infido sangue
Io spegnerò i’impura fiamma....

Isabella.

Sangue
Versar, sì sangue; e ognor versar più sangue
Tuo pregio è sol; ma non è pregio, ond’io230
Tolto a lui l’amor mio dessi a te mai;
A te dal Figlio tuo dissimil tanto,
Quanto ogni vizio, è da virtù. — Mi festi
Già tu tremar; or non più, nò: l’iniqua

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Mia passion tacqu’io finor, che tale235
La riputava in me: palese or sia,
Or che più iniquo i’ ti conosco.

Filippo.

È degno
di te costui, di lui tu degna. Or, ch’altro
Resta a veder, che se in morir vi sete
Forti, quanto in parlar?



SCENA QUARTA.

GOMEZ, FILIPPO, ISABELLA, CARLO.



Filippo.

Gomez, compiesti240
Miei cenni tu?

Gomez.

Già il temerario Perez
Trafitto cadde: ecco l’acciar, che ancora
Fumante gronda del suo sangue.

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Carlo.

Oh vista!

Filippo.

In lui non è de’ traditor la schiatta
Tutta nò spenta: ma tu mira intanto,245
Qual degna io serbi a’ fidi tuoi mercede.

Carlo.

Ma quante, oimè! Quante quì deggio morti
Pria di morir veder?... Perez, tu pure?...
Ma già ti sieguo. Ove, dov’è quel ferro,
Che spetta a me? Via mi s’arrechi. Oh! possa250
Mio sangue sol spegner l’ardente sete
Di questo Tigre!

Isabella.

Oh! saziar sol’io
Potessi io sola l’inumana rabbia!

Filippo.

Infami, or basta. A scelta vostra i’ lascio
Quel ferro, o quella tazza. O tu, di morte155
Tu sprezzator scegli tu primo.

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Carlo.

O ferro,
Te caldo ancora d’innocente sangue
Te scelgo, te liberator. — Tu, Donna,
Troppo dicesti, ahi troppo! A te sol resta,
Come a me, morte: ma il velen tu scegli,260
Men dolorosa fia. D’amore infausto
estremo: ultimo don d’amore.
In te raccogli il tuo coraggio: — or mira;
Segui il mio esempio... io moro... il fatal nappo
Afferra tosto....

Isabella.

Ecco i’ ti sieguo. O morte265
Tu mi se’ gioja, tu....

Filippo.

Vivrai tu dunque,
Malgrado tuo vivrai.

Isabella.

Lasciami.... oh rio
Supplizio! Ei muor; ed io?....

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Filippo.

Vivrai disgiunta
Da lui, sì tu; giorni vivrai di pianto:
Mi fia sollievo il tuo lungo dolore.270
D’infame amor quando tu scevra avrai
Cara la vita, allor darotti, io, morte.

Isabella.

Viverti al fianco? ove se’ tu starm’io?
Non fia mai nò.... molte son morti.... al tolto
Velen supplir.... de’ ’l tuo pugnale stesso.275

Filippo.

T’arresta.....

Isabella.

Io moro.

Filippo.

Oh che vegg’io?

Isabella.

.....Tu vedi.....
Figlio, e Sposa morir.... ambo innocenti.....
Entrambi per tua man.... Carlo!... i’ ti sieguo....

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Filippo.

Un mar di sangue, e di qual sangue! scorre....
Ben hai Filippo or tu vendetta piena....280
Ma, se’ felice tu? — Gomez, l’atroce
Caso ad ogni Uom s’asconda. — A me la fama,
A te, se ’l taci, salverai la vita.1419