Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 20

Da Wikisource.
N. 20 - 15 maggio 1842

../N. 19 ../N. 21 IncludiIntestazione 24 marzo 2021 25% Da definire

N. 19 N. 21
[p. 87 modifica]

GAZZETTA MUSICALE

N. 20

DOMENICA
15 Maggio 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


DLLLL PRE8ESTI COR9MZIOKI DELLA MUSICA* AimcoLO il. (Vedi Tarticolo I." nel foglio N. 17. di q’uesta Gazzetta). già lo dicemmo, sono le ^opinioni degl individui sulle Ig&odierne condizioni della musica

feìàd’Italia, perchè varie sono le

educazioni, le intelli genze, e quindi varie le fantasie, i gusti, i desiderj, le idee di perfezione di chi ne scrive e ragiona. Seguendo una legge troppo naturale per essere violata, tutti non vedono al di là della propria penetrazione o della propria facoltà di discernere. Mentr tanto la Gazzetta usciva dal e per t nulla quasi coll’unico intendimento di porre un argine ai traviamenti ed all inerzia dell’arte, che per quanto pareva ad alcuni era venuta a sinistra fase di decadimento, eravi chi. collocandosi precisamente all’emisfero antartico della Gazzella., e beandosi d’una immensità di delizie armoniche, non dissimile da quella che Pittagora aveva immaginata nell’ordine infinito dell’universo, veniva vantando una miriade di fatti gloriosi e di nomi di semidei, che per vero ancora non avean veduta la soglia dell’immortalità. per asserire che la musica nostra era salita alla più bella eminenza di splendore. A cosiffatta opinione accostavasi l’onorevole signor Meliini, il quale coll’articolo pubblicato nel N. 5 di questo foglio R), non solo affermava che la musica melodrammatica, recata alla somma sperabile altezza dai genj di Rossini e di Bellini, avventuratamente si mantiene in fime anche oggidì, ed anzi è ••ra al colmo del suo fiorire-., ma accennando i varj miglioramenti da ultimo nell’arte introdotti, i recitativi perfezionati, le rimosse inopportune ripetizioni, i pezzi di concerto convenevolmente collazione combinati, i modi strumentali possibili, tutti a segno esauriti che l’accrescerli solo di un tratto in abuso ca(I) Il dclto articolo fu (lato da noi niente più clic (piale manifestazione di una individuale opinione, la quale, se non per altro, vuol essere rispettata anche perchè sono in essa in cerio modo formulate le convinzioni di molta parte di coloro che tra noi si erigono a’ giudici di cose musicali. Considerato sotto questo punto di vista, l’articolo del sig. Mellini, clic già fu argomento di doppia controversia nella medesima nostra Gazzella, poteva essere accollo in essa, senza che corresse verun obbligo per noi ili farci solidari delle sue sentenze. Anzi l’ammissione del medesimo riusciva opportuna appunto perché dava argomento a diverse discussioni interessanti intorno alle presenti condizioni della musica in Italia. L’Estera. drelibe, s’argomentò di conchiuderne che ella non possa più oltre progredire in eccellenza; che niuno potrà più inai tentare di migliorarla in appresso; che ella ha spiegato tutta la inspirazione che può infonderle il genio, e tutta la perfezione che può ricevere dall arte; che questo nostro nella memoria dei posteri ne sarà il secol di oro; e per fine che condannabile ed ingiusto è il lamento mosso da alcuni erranti dal vero, che oggi vi sia penuria di buoni compositori e di opere eccellenti, stimando egli all’incontro die ce ne sia dovizia tale ila non avere nell opinione de’ popoli che due o tre idoli nei principali maestri, e da lasciar andare lutto il resto conjuso fra la turba de’ mediocri. Assorellando egli la pittura colla musica, e paragonando la storia dell una con quella dell altra, vieti sostenendo che per legge di natura le arti, quando sono all apogeo della loro carriera sono obbligate di ndiseendere. E questa la vicissitudine di tutte le cose sublunari. 11 perchè, essendo ora noi pervenuti al secolo de’ Michelangeli e de’ Baffaelli musicali, la bella fra le arti del cuore deve per natura decadere; e valendoci ancora delle sue espressioni, diremo che cotest arte nubilissima ora mostra di volgere alla sua decadenza. Ci siam fatti a parlare dell’articolo del signor Mellini, non già per movere una polemica che porrebbe aver faccia di personale opposizione, sibbene perchè in esso sono assai ben raccolte le sentenze del maggior numero de presenti opinatoti, e può dirsi il manifesto per eccellenza delle professioni di fede di molti de moderni intenditori di musica. E questo diciam pure acciocché sia noto che non per capriccio di scendere a conflitti abbiamo assunto di discorrere sulle attuali condizioni della musica, ma perché sia meglio conosciuto il vero cammino per cui intendono inoltrarsi coloro che s’avvisano di giovare all arte coll organo della critica. Prima anzi di oltrepassare nel discorso crediamo di dovergli attestare sincera stima dell’ingegno letterario eli’ egli ha dimostrato adoperando una nobile e studiosa dizione, e molto assennatamente volgendosi ad argomentare delle vicende di un’arte col raffrontarla alle sorti di un’altra. Non in diverso modo si possono risolvere certi problemi, il cui scioglimento sta nel segreto dell avvenire, clic deducendolo dagli avvenimenti del passato. In questo non senza verità di merito egli vuol essere lodato. Se non che, ove si vogliano trattare scientifiche discussioni, più che la bella letteratura imporla d’inferire le conseguenze da cause ben ordinate, e tali che mai non si discostiuo dal retto sentiero del raziocinio e della logica, che noi ameremmo chiamare la scienza della ragione. In ciò appunto nc pare che gravemente sia infirmato l’articolo del signor Meliini. E innanzi tutto vogliam notare che, se non l’assoluta realtà, almeno una grande apparenza di contraddizione ne sembrò di scorgere nel suo ragionamento, il quale, fin dal bel principio facendo veduta, come già dicemmo, di Voler provare, clic l’arte nobilissima mostra di volgere alla sua decadenza, perché, essendo a’dì nostri pervenuta al supremo suo grado etl avendo dato lutto il massimo sviluppo, è per inevitabile necessità che debba declinare in basso, quand’egli ha ben preposta la narrazione d alcuni fatti, dal cui esame s attenta di provare questo assunto, e di convincerne (pie molti a’ (piali per avventura paresse strabocchevole e strano: quando egli, ripetiamo, ha ben premessa la narrazione del fatti: quando ha ben comparata la musica del secolo decorso colla pittura del secolo di Giotto: quando, storiando i successivi andamenti dell arte, la quale progredì sempre eli meglio in meglio, ha riferito che le stelle di Cimarosa e di Paisiello furono ecclissate da quelle di Paér e di Mayer: che i Mayer ed i Paèr furono oscurati da Generali: che Generali fu oscurato da Rossini, Rossini da Bellini, e che per opera di questi la musica fu prodotta alla maggiore sua perfezione, in luogo di condurre il lettore, come ognun se lo stava aspettando, alla promessa conclusione del decadimento, esce estemporaneamente in questa esclamazione: Or chi negherà che cotest’arte non sia oggi in fiore tra noi? E chi si argomenterà di migliorarla in appresso? Gei lo la sorte di tutte le arti sarà pur quella della musica: lei pure vedremo volgere in decadenza, e questa eccellenza a cui è salila nel dimostra, oltre La (piale non è concesso di aggingnere... Noi però consoliamoci che quest’arte ora è al COLMO del suo forile... Se non ci bastano le opere del rapito Bellini., le sessanta ilei copioso Donizetti (si badi che dimentica niente di meno che Rossini) le molte e gravissime del severo Merendante, le tante e leggiadre de’ graziosi fratelli Ricci, quelle del Nini, del Raciui, (che doveva essere nominato prima) del Persiani, del Coppola e del Pacca], (che doveva essere nominato prima); perchè non ci rivolgiamo a quelle di Mazzuccato, ecc., ecc,, ecc.?! [p. 88 modifica]È lampante ohe una testa logica, la quale | dai preparativi deU’argcmentazione si fosse 1 predisposta a discendere, arrivando inopinatamente a quel colmo del suo fiorire, non potrebbe trattenersi dal chiedere al sig. Meliini: Ma come va questa faccenda? O andiamo in alto,: o andiamo al basso: o dite bianco prima., o dite bianco dopo. Se, come dicevate prima, la musica ino sica eli volgere alla sua decadenza, come può essere quello che asserite dopo, eli ella si mantiene in fiore, anche oggidì, ed anzi che essa ora è al colmo del suo fiorire? Se essa è al colmo del suo fiorire e si mantiene in fiore anche oggidì, come può stare di’ ella mostri di volgere alla sua decadenza? Date la testa, direbbe il Monti, in qualunque corno volete del mio dilemma che in uno dei due bisogna rompersela. Ma ancorché una tanta piaga nella parte più interessante della discussione, che è quanto dire la conclusione, sia cosa non indegna di riflessibile rimarco, noi non la romperemo in alcuno, perciocché piuttosto che battere il capo negl’inciampi delle contraddizioni amiamo, ove si possa, di giungere reciprocamente ad illuminarci. E per illuminarci fareni di chiarire l’idea del signor Meliini, la quale, se non erriamo nell" interpretazione, potrebbe esser questa, cioè, che la musica dell età nostra sospinta a grande altezza da quel colosso atlantico di Rossini; fu sollevata alla sfera di tutta la sapienza da quel genio benefico di Bellini, per la cui opera soltanto la musica incominciò ad essere un dramma, e. un dramma fia musica: che morto Bellini ella non è più oltre salila, perchè più non poteva salire; ma clic nulladiineno ella si è pur sempre sorretta ad uno stato di bella luce, da cui appena appena, senza per altro aver ancor mosso il suo passo sinistro, fa sembianza di voler declinare frappoco; perchè, non potendo più andare innanzi, è per una forza superiore1 alte sue forze costretta a ritornare indietro. Il lettore già da sè stesso f ba preveduto che non tutti potevano essere di quest avviso. Anzi, ritornando di bel nuovo sull’immagine di Pittagora, il quale aveva detto che poema è il mondo tuttofai cui altissimo e dolcissimo concento sono per avventura sordi o rinchiusi gli orecchi dei mortali, noi lo confessiamo di buona fede, noi siam di questi mortali che bau gli orecchi rinchiusi alle incomprensibili armonie della musica de’ nostri giorni; e pensiamo all’opposto ch’ella sia discesa dalla sua sedia immortale, per venire dolcemente a coricarsi sovra un letto di fiori Soporiferi. Si, osiamo ripeterlo; l’arte della musica è al tempo in cui ragioniamo decaduta da quella ch’era non pochi anni addietro. Checché si vanti e si magnificili da coloro che portano diversa opinione, ella è decaduta perchè la grandezza delle arti non si misura dal nome de’ molti artisti viventi o vissuti, ma dal valore e dal numero sempre crescente delle vere opere grandi. Ella è decaduta, perchè da vent’amii in poi il ceppo della musica italiana non ha dato più vermi rampollo che sia da porsi a fronte di quelli che germogliarono vent anni avanti. Ella è decaduta, perchè col debito rispetto di tutti i compositori cresciuti in quest ultimo tempo non hanno nulla creato che sia destinato ad arricchire il tesoro delle nostre armonie. E decaduta. perchè dacché per il teatro italiano si tacquero Rossini e Bellini nessuno de’ novelli campioni ha dato segno d’aver ereditato la vena inesauribilmente feconda dell’uno, e l’anima ed il senno profondamente sentimentale dell’altro. E decaduta, perchè Mercadante, Donizetti, Vaccaj e Pacini, chesi adducono come veri onori dell’arte, e che onori son veramente. si debbono riguardarle come spettanti ad a11r’epoca, all’epoca in cui la floridezza della loro mente produsse i più inspirati loro capolavori. Già da parecchi anni s.on essi nati e cresciuti alla scuola d’Italia. Ayjfh’essi poco più, poco meno son figli del periodo fortunato che produsse un Rossini, un Bellini; e noi parlando del decadimento dell’arte vogliamo alludere a que’ maestri che dopo di loro comparvero sull’orizzonte teatrale. E di questi parlando, che hanno essi fatto di così grande, di cosi immaginoso, di così profondo, che si possa non comparare ma appena avvicinare al Guglielmo Teli, al Barbiere di Siviglia, al Diosé, alla Semiramide, alla Norma, alla Sonnambula, ai Puritani, all Elisa è Claudio, ni Normanni in Parigi, al Giuramento, alla Polena, al1 Elisir d’amore e a tutti i migliori parti di quei veri distinti ingegni? Hanno eglino ben considerato i vantatori delle presenti ricchezze, che tutti i veri capolavori della nostra melodrammatica sono creazioni d intelletti che sorsero al teatro oltre vent’anni addietro? E Donizetti medesimo che ha egli fatto di meglio della sua Polena, del suo Ehsire: e Mercadante de’suoi Normanni: e Vaccaj della sua Giulietta, e Pacini de’ suoi Arabi? I veri primi acquistarono il vigor della scienza scemando la favilla dell immaginazione: i secondi rimasero secóndi, e non ci compensarono dell’esaurimento dei primi che con produzioni che ricordavano appena i pregi individuali de’ loro antecessori, poco o nulla aggiungendo di veramente originale. Se ben si bada, tutti cotesti compositori secondarii non ebbero, qual meno, qual più, che l’ingegno de’ Petrarchisti, e non furono più o meno che felici od infelici imitatori dei primi. Anzi molti de’ nomi viventi che si citano come famosi non sono di certo designati a rivivere nei secoli venturi; e se dovessimo avvalorare quest’asserzione col testimonio di alcuni, sapremmo citarne più d uno le cui opere.se non mancano «l’un certo brio, e di certa vena, melodica che massimamente aggelila al nostro orecchio, sono, lo direni coraggiosamente, di pochissimo pregio all’occhio della scienza, epperciò facilmente periture. Un attento esame che la Gazzetta Musicale offerisse d’alcuno de loro più recenti lavori, verrebbe opportunamente corroborando quest’opinione, che può per avventura parer temeraria. S’è apprèsa ne’ cultori dell arte del comporre una foga attaccaticcia simile a quella dei cultori dell’arte del canto. Appena sanno essi armonizzare una cavatina, una cabaletta, come i secondi la sanno cantare, col pili scarso patrimonio di dottrina si gittano addirittura suiteatro; e da questo avviene ciò che si vede sì spesso, che dopò un primo esperimento, che riesce alcuna volta fortunato per la novità e freschezza delle immagini melodiche, il maestro, invece d’aggrandirsi s’incurva sotto sè stesso, e cade nell’impotenza e nell’infecondità, perchè povero ed imperito nella scienza. La musica che non consiste che di brevi e leggiere melodie è un fiore che nasce ed appassisce in un giorno. Dopo appena qualche tempo, perduto il prestigio del nuovo, cade come la beltà che non. «l’altro s’adorna che di giovinezza. L’umana intelligenza ama di essere operosa: ama di appagare sè stessa e la propria vanità scoprendo ciò che non a tutti è concesso di scoprire: epperò le grandi opere tutte, così dulia pittura, che della scultura e della poesia, racchiudono bellezze che non ad ogni sguardo sono palesi: il medesimo avvidi della musica. Perchè I ingegno s’alimenta.dell’ingegno, essa vuol ornare, abbellire, incorporare la melodia colle armoniche consonanze, in che 1 azione dell’arte è maggiormente riposta. E vuole in guisa adornarla che le grazie debbano ad una ad una uscire alla vista dell indagatore, quasi premio e mercede della fatica dell indagine. È vero che i pregi musicali non debbono di soverchio essere nascosti perchè trattasi di un’arte le cui immagini passano coll’istante che le produce. nè danno tregua all’ascoltatore di prenderle in considerazione, differendo in questo dalle altre arti «piasi tutte; ma l’accorgimento del maestro saprà opportunamente ravvisare fin dove debbano starsi celati. Le opere di Bellini, per «pianto trattasi di melodia, son piene di epieste ritrose veneri, che tutte non si denudano se non a chi si dà la cura di spogliarle: il perchè la più parte di esse non fu ben apprezzata se 11011 dopo parecchie ripetizioni. Di scpiisitezze armoniche risplendono sopra tutte le creazioni più recenti, le ultime di Mercadante. Ma riconducendoci sulla nostra via, non è dunque vero, se vero è il nostro ragionamento, quanto l’onorevole sig. Meìlini asserì, che la musica sia ora al colmo «lei suo fiorire, che epiesto sia il sècolo di oro, e che intempestivo etl indebito sia il lagnarsi che fanno alcuni del suo deterioramento. A buon dritto se ne lamenta chi da non pochi anni la riconosce impoverita c scarsa di frutti veramente grandiosi; e non senza molta ragione la Gazzetta è venuta affermando ch’ella aveva bisogno del sussidio degli esperti; solo è da augurarsi che il fine dell’opera corrisponda all’intenzione dell’intrapresa. E poiché fine dell’opera è quello appunto di addirizzare la musica italiana a «juella perfezione artistica, che non ancora sembra aver agognata, parleremo anche di un’altra opinione, che in tale proposito trovammo non conforme al vero nello scritto dei signor Melimi, trattando la quale verremo opportunamente e progressivamente dilucidando il soggetto del nostro discorso. Geremia Pitali. POLEMICA. SI sig. S’étis e 1» nostra Gazzetta. Probabilmente i nostri lettori non avranno dimenticate le osservazioni che noi credemmo necessario di fare alle prime lettere del sig. Fétis riguardanti lo stato attuale della musica in Italia. - A cpielle osservazioni a noi suggerite dal naturale desiderio di contrapporre le nostre quali pur siensi opinioni a que’ giudizii del sig. Direttore del R. Conservatorio di Brusselles che a noi non potevano nè doveano sembrare pienamente ammissibili, replicò questi colle seguenti righe premesse in forma cl’esordio alla quinta delle anzidette lettere. Le riproduciamo tali e «juali. in primo luogo perchè ne paiono dettate con qutelia moderazione e con quel garbo che mai non dovrebbe scompagnarsi dalle controversie ® artistiche,, poi perchè ne offrono argomento (Senne il SetjPjpleinentaJ. [p. 89 modifica]a soggiungere alcune poche cose in forma di postille, opportune a chiarire a quali limiti voglia essere circoscritto il dissentimento nostro da quanto ebbe ad affermare il detto sig. Fétis in riguardo alle presenti condizioni della musica in Italia. B. «Avant de continuer l’examen auquel «je me suis livré dans mes premières letti très il est nécessaire que je dise un mot «de la polémique qu elles ont fait naître «dans la Gazette Musicale de Milan. Toute «question qui touche d’une manière plus a ou moins directe à 1 amour-propre, diu sons à l’orgueil d’une nation, y excite «toujours une certaine émotion. Je ne suis a donc pas étonné de voir les rédacteurs «d’une Gazette italienne prendre la dé«fense de la musique de 1 Italie, et faire des efforts pour atténuer 1 ellet des opiii nions que j ai manifestées, dans l’erreur h où ils se trouvaient à l’égard de mes iii«tentions. Ils n’ont vu dans ce que j’ai dit ii qu’une prévention nationale, un désir de h rabaisser la musique italienne au profit de h la musique française (a).Vos lecteurs, monti sieur, savent ce qui en est: ils savent que tt les grands artistes de l’Italie, ces illustres «compositeurs, ces anciennes et belles tt écoles de chant n’ont pas eu de plus tt ardents apologistes que moi j ils savent tt que mon admiration pour ces artistes et tt ces écoles m’a attiré d’assez rudes adtt mouestations de la part des partisans «exclusifs de la musique française ou de tt l’allemande. J’ajouterai que ceux qui me tt connaissent savent aussi qu il n y a point tt de prévention dans mon esprit, point tt d’étroites considérations d’honneur liait tional à propos de la culture d un art, «point d’autre préférence enfin que celle tt du beau, dont j’ai peut-être acquis le «droit de me faire l’appréciateur par mon tt ardent amour pour cet art et par les «études incessantes d’une vie que je lui «ai dévouée tout entière (b). (a) Noi in vero non crediamo punto di avere inauildsialo questo sentimento, o se mai qualche nostra parola potè far credere al signor i’étis che noi lo sospettiamo animato da prevenzione nazionale contro la musica italiana, lo preghiamo di attribuirlo più che ad altro a 11011 sulliciente esattezza di espressione. Ben siamo persuasi che in generale gli stranieri nel giudicare delle cose nostre sono troppo facili ad abbandonarsi ad una severità, che 11011 sempre, od anzi ben di rado, ei si danno la pena di giustificare coll’appoggio, dei fatti; 0 per leggerezza o per albagia, 0 per negligenza il più deile volte, in parlando delio stato delle lettere, delle arti e de’ costumi tra noi, ei ci sentenziano di inferiorità e di povertà, senza punto darsi la briga di mostrare che si sonò occupati scrupolosamente delle indagini necessarie a dare ai loro assoluti giudizii il peso di una piena evidenza. È quindi naturalmente spiegato come avvenga che nelle pociie occasioni in cui ne accade di pigliar a difenderci contro le loro accuse, si il facciamo con umor vivo anzichenò, anche allorquando si tratti di polemiche ispirate da sulfìceute rispetto alla verità, com’è il caso del signor Fétis. (a) Per conto nostro non crediamo di aver dato argomento al signor Fétis di non crederci persuasi della verità di queste sue parole. Per la migliore redazione di questa nostra Gazzella ne accadrà senza dubbio di dovere ricorrere più volte alle diverse pregevolissime opere da lui dettate intorno alla lilosolia, alla storia e alla biografìa musicale, e in tali occasioni si vedrà in quanta considerazione noi teniamo i severi e nobili suoi studii; e se mai talora dovremo addimostrarci 11011 al tutto ligi alle sue opinioni, nò ammettere come incontrovertibili alcuni fatti da lui esposti in esse opere, riguardanti l’arte musicale italiana, ciò non vorrà dire die in generale noi non stimiamo assaissimo la molta sua erudizione e la non comune sua assennatezza. Ciò valga anche a schiarimento delle parziali obbiezioni da noi apposte in forma di note alle prime sue lettere sulla musica in Italia. In quelle note noi ci siamo posti in conllitto col signor Fétis, non per quanto si riferisce al modo in genere col quale egli riguarda lo stato attuale delle arti musicali tra noi, che per tale proposito siamo anzi inclinati a dividere in gran parte il suo rammarico, ma per ciò che è più propriamente di alcuni parziali suoi giudizii, conica cagion d’esempio quelli che si riferiscono a Bellini ed alla considerazione in che egli debbo essere avuto come compositore di genio e di sapere, sul qual punto abbiamo più specialmente insistito per dichiararci di opinione al tutto diversa da «J ai dit dans mes premières lettres, et ■a je le répèt encore, qu’en voyant l’Italie, a je 111e suis mieux pénétré de la conviction a que les Italiens sont en général mieux orA ganisés pour la musique qu’aucun autre peuple*, qu’ils ont l’instinct de cet art a au plus haut degré et que cet instinct leur suffit souvent pour atteindre à des ■a résultats qui sembleraient exiger des con- | k naissances techniques. Que de fois, j ai! u entendu des simples amateurs chanter ■a les morceaux les plus difficiles des opén ras nouveaux., des duos, trios, quatuors, sans autre guide que leur oreille, sans u autre étude de l’art du chant que habitude i6 d’entendre chanter! cependant à l’audik tion vous les eussiez pris pour des arte tistes de profession, tant il y avait de tt sûreté, de nerf et d’entraînement dans 44 leur exécution. Quelles cireostances out 44 pu faire descendre une population ainsi te faite du rang élevé qu’elle occupait au44 tre fois dans fart? Quelles causes ont 44 opéré la transformation de ses penchants 44 artistiques, lui ont fait aimer le bruit 44 qu’elle détestait, substituer les éclats des et voix et les cris à h art du chant des Marce chesi, de Crescentini et de Tacchinardi (c) 44 et preférér la déclamation brique de Fan44 cien Opéra français aux cantilene^ or44 nées de fioritures, qui seules lui plai44 saient il y a vingt ans (d)? A la pureté 44 de style si justement admirée dans les «production des grandes maîtres des écoles 44 de Rome, de Bologne et de Naples, qui 44 donc a pu faire succéder ces suites d’har44 monies incohérentes, ces dissonances 44 sans résolutions,ces modulations forcées? 44 A la richesse des formes, quelles causes 44 ont fait préférer la monotonie de for44 mules? Enfin quelle influence funeste quella del signor Fétis. Anche sul conto di Donizclti ne parvero un po’ troppo assolute alcune sentenze del signor Fétis, e ci Siam quindi provati a porle a conllitto colle nostre e crediamo anche di aver combattuto con qualche vantaggio. - Bel resto per tutto quanto ebbe a aire di Mercauante e di Bacini, 11011 che pei molto severi giudizii profferiti sui tanti e tanti altri maestri italiani viventi, dappoiché abbiamo riprodotto il testo delle sue lettere senza apporvi nota veruna crediamo avere abbastanza addimostrato che nonjdissentiamo da lui, ma anzi col nostro silenzio ne pare di avere confermati i suoi giudizii. (e) Certamente noi non vogliamo ora affermare, nò mai abbiamo affermato che al presente l’arte del canto sia in Italia nel suo più bel flore, nò eli cila segni la via che meglio può ricondurla al primiero suo splendore! Ma ad ogni modo la condanna del signor Fétis ne pare di sovverchio assoluta ed ò questo un altro caso in cui, se in genere non dissentiamo dall’opinion sua, vogliamo peraltro invocare dalla sua imparzialità qualche eccezione. Se ai tempi che corrono l’Italia non può vantare i Marchesi, i Crescentini, i Tacchinardi, ella è nondimeno in diritto, e ciò 11011 è poca cosa, di citare con orgoglio i nomi di Rubini, di Tamburini, di Lablache, di Ronconi, della Persiani, della Grisi e di alcuni altri valenti, educati alla vera buona nostra scuola. Ed è poi ancora sì viva nelle menti de’ giusù e colti apprezzatoli la memoria di un’esimia artista italiana di incontrastata celebrità europea, che al certo non è temerità la nostra il produrla come una gloria dell’epoca attuale. Pur troppo oggidì una folla di sedicenti virtuosi di canto ingombra il campo dell’arte e, con reiterati e fatalmente felici escmpii di rapida fortuna e rinomanza carpila, induce confusione nelle idee del bello e mira a sconvolgere i principii del vero buon gusto: ma se invece di limitarsi ad indicare asciuttamente questo fatto, ormai abbastanza notorio, il signor Fétis si fosse occupato colla molta sua dottrina ed acume ad additare le cagioni e suggerire gli opportuni rimedii al male, di certo avrebbe latto opera più utile e tale, che, non alcune nostre obbiezioni parziali, ma la gratitudine nostra e d’ogni più savio cultore dell’arte sarebbeSi procacciata. (d) Osserviamo al signor Fétis che se la grossa moltitudine che accorre ai nostri teatri lirici si compiace del cattivo genere di canto declamatorio esageralo in questi ultimi tempi venuto in voga, l’eletta schiera de’ veri buongustai riprova altamente, questa pessima tendenza e si professa perseverante fautrice della vera buona scuola di canto, la quale riposa principalmente su una ben temperata fusione dei modi espressivi, animati e caldi di verità e giusta misura d’accentazione colla pura e sobria eleganza, e colla spontanea e naturale modulazione della "voce. Questo fatto voleva essere accennato dal signor Fétis, e in tal caso avremmo ommessa anche la presente obbiezione che crediamo dover porre nel novero di quelle necessarie, di cui abbiam detto più sopra.:4 semble avoir anéanti sans retour le ve•4 ritable style de la musique d’église, ou a l’Italie avait acquis une glorie incompa44 rable? Questions plus faciles â poser que 44 a résoudre, et dont la solution exige44 rait de trop longs développements pour 4<. Fé tendue de ces lettres. 44 Mais, suivant la Gazette. Musicale de 44 Milan, ces dégradations de Fart qui me 44 font gémir ne seraient qu’un réve de 44 mon imagination. En vain lui objecterais44 je que j ai vu mes opinions partagées 44 par les artistes italiens même les plus 44 haut placés aux yeux de toute l’Europe, 44 elle ne m’assurerait pas moins que les com44 positeurs, dont elle a grossi la liste que 44 j’avàis données, sont des hommes de gé>5 nie et de talent: que Fart d’écrire n’est 44 pas cultivé avec moins de succès dans 44 îés écoles d’aujourd’hui que dans les an44 ciens Conservatoires et que les éleves de 44 ces écoles ne sont pas moins habiles que 44 ceux des Durante et de Leo (e)-, enfin, 44 aux opinions que j ai avancées sur la 44 valeur de quelques productions drama44 tiques, d’apres l’analyse que j’en ai faite, 44 et qui, je l’avoue, leur sont peu favora44 bles, elle opposerait de simples dénéga44 tions, comme elle l’a fait, et se rejoui44 rait de ni avoir réfuté, corne cela lui est 44 arrivé dans un de ses derniers nume44 ros (f). A tout cela pourtant j’ai une ré44 ponse à faire: c’est que c’est mal enee tendre les intérêts de sa nation que de 44 vanter son déclin et que on peut ainsi 44 faire naître des doutes sur la réalité des 44 prospérités d’autre fois. Il ne faut pas se 5? servir des mêmes termes en parlant des 44 oeuvres de Cimarosa ou de Rossini et de 44 celles de leurs faibles successeurs*, car sans 44 éléver celles-ci 011 risque d’abaisser les au44 très (g). L’évidence ne se démontre pas, 44 mais elle pénètre dans l’esprit par ce la 44 seul quelle est l’évidence, et y établit (e) Un solo sguardo che il signor Fétis avesse dato ai fogli finora pubblicati di questa nostra Gazzella Io avrebbe persuaso che noi non siamo punto inclinati a fanatizzarci ciecamente (coin’ei gratuitamente suppone), per la odierna gloria musicale italiana. A maggior schiarimento della cosa ripetiamo qui ciò che altra volta avemmo a dire appunto in occasione della nostra prima polemica col signor Fétis. «Al par di chicchessia noi siamo persuasi che ed egli e molti altri distinti stranieri teoristi e pratici rinomati, non parlano allatto alla ventura allorachò lamentano l’attuale decadimento dell’arte musicale italiana; ma se su questo proposito ci siam preparati a dir delle verità non molto gradevoli nella mira che abbiano ad essere seme di buoni e utili frutti, non vorremo però lasciar di opporre le nostre contrarie osservazioni ogni qualvolta ne parrà che le sentenze di condanna che si scaglieranno a disdoro dell’Italia musicale d’oggidì escano dai limiti del vero e sappiano un po’ di sistematica preoccupazione c di nazionale gelosia». (f) Ci siamo serviti di simples dénégations a rispondere al signor Fétis solo là dove nelle sue lettere era egli caduto in errori di fatto, perocché in simili casi non crediamo necessarie le discussioni, ma ne pare bastar debba opporre il vero al falso, cominciando appunto dal diniegar questo; ci siamo serviti di simples dénégations là dove, appoggiato alle sole sue analisi a tavolino, il signor Fétis si arrogò di condannare di intimità alcune produzioni di maestri italiani dell’epoca presente che, prodotte alla scena col necessario prestigio della esecuzione, destarono dovunque le più vive commozioni del pubblico, e in questo caso ci siam serviti di simples dénégations perchè crediamo non esserci bisogno di serie ragioni a provare che il bello de’ prodotti delle arti non sempre vuol essere pesato sul freddo bilancino della scienza, ma debbe pregiarsi in proporzione dell’entusiasmo che vale a suscitare negli animi. Quanto alla nostra compiacenza di averlo confutato il signor Fétis vorrà perdonarcela come naturale sentimento in chi si crede da meno di lui in fatto di dottrina musicale; e questa compiacenza poi ci ne permetterà di conservare fintantoché non ci abbia provato che nell’opporre le nostre alle sue opinioni, nel rettificare le sue colle nostre asserzioni ci siamo interamente ingannati. (g) Verissimo! e la schietta severità con cui noi abbiamo già più d una volta giudicate le cose musicali italiane e l’alta ammirazione manifestata pei pochi grandi compositori stranieri dei quali avemmo finora a tener discorso sono argomento sufficiente a convincere il signor Fétis che queste sue parole non ponno essere con giustizia a noi rivolle. m [p. 90 modifica]dïnvincibles convictions. Cette evidence m’a saisi dans l’examen que j’ai fait de la situation actuelle de la musique en Italie, et c’est elle qui m’a dicté ce que j’en ai dit. Mais en même temps j’avais une certitude que rien ne saurait ébranler: c’est qu’une nation telle que l’italienne sera toujours prête â ressaisir le sceptre de la domination artistique des que les circostances lui deviandront plus favorables. «t Je ne terminerai pas sur ce sujet sans faire remarquer que la Gazette Musicale de Milan a pour excuse de son langage dans la polémique dont il s’agit la position, la nouveauté de son existence, et le caractère impressionable de la nation a qui elle s’adresse. Il lui faut un public qui lui soit favorable dans son début et le meilleur moyen de ce le concilier est de défendre ces goûts contre les attaques d’un étranger qu’on est fort disposé à considérer comme malveillant par cela seul que son langage n’est pas celui de la louange (h). Malgré mes vivives simpathyes pour l’Italie, je n’ai pas dû m étonner qu’on m’ait représenté dans la Gazette de Milan comme son détracteur (i)?>. (h) Dimandiamo mille perdoni al signor Fétis, ma le note da noi apposte alle prime sue lettere sulla musica in Italia non furono punto dettate dalle ragioni ch’egli or qui suppone. Fin dal bel primo momento in cui ci accingemmo a pubblicare questa Gazzetta ci siamo proposti la più assoluta indipendenza di opinioni anche in faccia al medesimo paese cui la Gazzetta stessa è dedicata. La franca esposizione della verità, la schietta e libera manifestazione delle nostre convinzioni, ecco con quali disposizioni d’animo ci siamo accinti alla difficile nostra intrapresa. Forse avremo errato nei nostri giudizii, forse avremo proclamato talora principii non al tutto indisputabili, ma se ciò fu è da darsene cagione alla nostra fallibilità non a seconde mire od a spirito di accondiscendenza o di adulazione nazionale. A prova che la Gazzetta musicale di Milano non mirò punto a blandire la vanità italiana, ma si propose all’incontro di porre al nudo i lati più deboli dell’arte tra noi, per venir poi additandone i rimedii al modo che le darà la sua qualunque dottrina ed esperienza e la molta sua buona volontà, valga una sola occhiata al nostro programma non che all’articolo di introduzione che si stampò in fronte al primo numero. (1) In questo proposito il signor Fétis è assolutamente in inganno. La nostra Gazzetta fu ben lontana dal volere dipingerlo all’Italia musicale come un suo detrattore., anzi coH’avcr.e pubblicate ne’ proprii fogli quasi in intero tradotte esattamente le lettere di lui e coll’essersi limitata a non discutere che della validità di alcune sue opinioni in esse lettere espresse, mostrò di volere abbandonare all’imparziale esame del pubblico italiano i suoi giudizii sull’attuale stato dell’arte presso di noi. La grave accusa che ci fa il signor Fétis è dunque al tutto insussistente e dà a sospettare in noi un’intenzione ben diversa da quella che ci mosse nell’intraprendere con esso lui la polemica in quistione. Del resto noi protestiamo un’altra volta riolla nostra più sincera stima per la molta dottrina "del signor Fétis, pel non comune suo amore all’arte, e per la importanza de’suoi numerosi lavori. Per quanto poi riguarda le sue convinzioni sul conto della musica italiana de’giorni nostri, ripetiamo che se in generale ne paiono desunte da molta cognizione della materia c da indagini non vane, in alcune specialità le avremmo desiderate esposte con maggiore scrupolo e riguardo e più.maturamente ponderate. B. BIBLIOGRAFIA. Sulla opportunità di una nuova Segnatura musicale, Ragionamento di Giuseppe Homo. — Milano, presso Andrea Ubiditi. E questo il titolo di un opuscolo di poche pagine dettato dal sig. Borio, nel quale con singolare acume e con non volgare dottrina ei si prova a dimostrare la creduta bontà dei principii dati a fondamento della Riforma proposta dal sig. E. Gambale. - Abbenchè gli esperti non siano punto persuasi avere il sig. Borio raggiunto lo scopo che si propone, è pur da dirsi molto lodevole il suo assunto, e ciò tanto più ove si noti il modo pieno di riserbo e di bella modestia con cui adoperò ad esporre le proprie opinioni. Il sig. Borio, anche volendo riconoscere ammissibile la Rforma del sig. Gambale, non esagera l’importanza di questo ingegnoso trovato, ma 10 accoglie e lo blandisce con quella giusta misura di parole che in Germania, in Francia, in Inghilterra si osservò ogni qualvolta simili progetti di rivolgimento nella segnatura musicale (caduti poi a vuoto l’uno dopo l’altro) vennero proposti da innovatori non meno zelanti del sig. Gambale. Pel miglior effetto delfopuscoletto del sig. Borio avremmo poi bramato che anche 11 sig. M. Parma, il quale lo fregiò di una specie di prefazione, non si fosse abbandonato ad alcune troppo vive espressioni di entusiasmo, le quali per la sovverchia enfasi con cui esaltano la Riforma Gambale, invece di predisporre gli animi a favore di essa, corrono il rischio di farli più dubbiosi sul valore della medesima, perchè già è noto che le esagerazioni riescono sempre al risultato opposto a quello cui mirano. E qui appunto ne cadrebbe molto bene in acconcio di ripetere alsig.M. Parma le medesime parole da lui rivolte a quegli scrittori i quali, cornei dice, usano fare un monte di vesciche per dar pur qualche importanza ai loro dettati poveri di vera e solida dottrina; ma cene asteniamo, perchè abbiamo la certezza che la sovverchia ridondanza delle frasi da lui usate a preconizzare il trionfo della Riforma del sig. Gambale non sono altro che l’espressione sincerissima di un animo ingenuo avvezzo ad accendersi di passione per tutto che si appresenta sotto l’abbagliante aspetto di straordinaria novità. In altro articolo ci occuperemo deifesame dell’opuscolo del sig. Borio.’ CARTEGGIO. (Come abbiamo preveduto, il nostro collaboratore corrispondente sig. L. F. Casamorata ci mandò la seguente risposta all’articolo dell’anonimo bolognese inserito nel 77. -17 di questa Gazzetta. Mossi dulia nostra imparzialità e dal proposito di accogliere in questo giornale ogni qualunque discussione artistica - musicale concepita nei termini convenienti, vi diamo posto con tanto maggior piacere in quanto che riteniamo sarà essa accolta colla soddisfazione dovuta a chi saviamente e decorosamente nianjfesta le proprie convinzioni). Firenze il 17 maggio Sig. Estensore pregiatissimo Fino da quando intrapresi ad esporre la mia qualsiasi opinione sullo Stabat di Bossini, prevedeva che quelle mie osservazioni avrebbero trovato oppositori, avrebbero suscitato una polemica, e ciò era appunto quello che io bramava, comecché mi paresse poter essa riuscire utilissima all’arte della quale come critico ho intrapreso ad occuparmi; sì per la importanza dell opera di cui trattavasi, sì pel nome grande e celebratissimo dell’autore. Nè avrei mai pensato che ciò facendo potesse cadere in mente d’uomoch io fossi mosso da irriverenza verso quel sommo, come a niuno tra i sani è mai avvenuto di condannare come irriverenti quei critici che han detto e stampato che la Cantica del Paradiso di Dante è inferiore in generale a quella dell "‘Inferno, che l’Aminta del Tasso è componimento freddo a paragone della Gerusalemme, e (per non uscire dalla specialità della musica) che il Cristo sulF Oliveta di Beethoven non è la migliore tra le cose sortite dalla penna di quel fecondissimo compositore, che i cori della Creazione di Haydn, comecché di squisita fattura, pure per forza e vigore di concetto sono inferiori a quelli di Haendel, e così via discorrendo. Nè accomunando Bossini con questi grandi credo di fargli torto. Ma la cosa non è andata così. Vi sono certi lodatori quand ménte cui ripugna 1 idea che possa pur da lungi revocarsi in dubbio il pregio assoluto e illimitato delle opere dei grandi; che non intendono come talora un semplice peccaluzzo di questi offra subietto di studio più utile che tutti i parti regolari della mediocrità; che poi si avvisano ritenere come un’offesa a lor fatta personalmente l’accusar qualche menda in ciò che senza restrizione a lor piace. Ora tutti costoro, se imprendono a scendere nell’arena per combattere contro chi diversamente da loro la pensa, © non volendo o non sapendo trattare artisticamente e filosoficamente la questione, portano nella disputa tutte personali passioni, e al freddo ragionamento sostituiscono ogni sorta di motti piccanti. Così avvenne circa! un secolo fa in Francia all’epoca delle note quistioni tra i Piccinisti e i Gluckisti, e’ così pare far si voglia oggi con me, nella cui franchezza si è voluto vedere ad ogni costo un’irriverenza, se giudicar ne debbo dai primi saggi di polemica relativi al mio articolo inserito nel N. 14 di questo foglio che mi son pervenuti, ed in prima di ogni altro dall articolo già stampato nel N. 15 del periodico bolognese La. Favilla, e riprodotto con savie annotazioni vostre nel N. 17 di questa Gazzetta. Certo vi confesso che mentre vedo in Italia lasciarsi discutere in pace il merito delle idee e dei sistemi fdosofìci di Bomagnosi e di Bosmini, ecc., non mi sarei atteso mi si dovesse gridare la croce addosso solo per essermi arrischiato a discutere liberamente e coscenziosamente il merito di una composizione musicale. Ma essendo così la cosa, per mezzo di queste righe a voi dirette mi piace dichiarare ad ognuno a proposito delIarticoloai cui punti generali voi già avete risposto, e nel quale del pari che nel suo anonimo autore, per comodo rilengo come concentrata la rappresentanza di tutti gli scritti e di tutte le persone dei miei contraddittori della specie di quelli che finora si sono mostrati, che rispetto troppo il pubblico per chiamarlo testimone di una lotta di motti più o meno pungenti, di parole più o meno scortesi; che rispetto troppo me stesso per scendere a questo; che far servire a ciò la stampa è a senso mio prostituirla; che per ciò a tutte le personalità che mi si potessero scagliar contro apporrò sempre il silenzio figlio di un meritato disprezzo, tanto più quando, come per l’autore del ridetto articolo annotato da voi, si avrà avuto ricorso al modo biasimevole clelfanonimità, di fronte a me, che non al certo, per vana gloriuzza, chè non ve n’era ragione, ma per servire al dovere che 1 onestà impone ad ogni uomo onorato, sono sceso nell’arena a pugnare a viso scoperto senza celare, qualunque siasi, il mio nome W. — Belativamente poi a quella larva (1) A proposito di ciò debbo dirvi che non so fare a meno di riconoscere come mera vostra liberalità il titolo alquanto presuntuoso di maestro con che accompagnaste il mio nome nell’esordio che apponeste alle mie osservazioni: titolo al quale, come non so di aver diritto per ottenerlo, così non nutro pretensione veruna. [p. 91 modifica]di ragionamento die come prò forma di tanto ni tanto si allaccia nel citato articolo, avete bastantemente risposto nelle vostre i note, ne altro so aggiungervi per ora clic le seguenti osserva,noni. 4.’ Che le parole da me usate osservando che r al la del tenore dello Stabat rammenta un poco l Assedio di Cornilo e il Guglielmo Teli, parole in vero un po’ compendiose, potranno da chi lo brami completarsi cosi «rammenta un poco colla prima frase del canto il motivo principale della stretta dell introduzione dea Assedio di Corinto, e una Ifase complementare del primo coro del liliale secondo del Guglielmo Teli colla frase intercalare strumentale alla line del ritornello e dopo il primo riposo del canto». E siccome pare si voglia sottilizzare sulle parole, ripeto rammenta per escludere che quella sia una ripetizione o copia di quei concetti musicali, e per indicare soltanto la molta analogia che passa tra gli uni e gli altri, ad onta della diversità delle ligure con cui sono espressi e del differente movimento clie loro conviene. 2.u Che a proposito di quello si dice nel riferito articolo, non esservi cioè motivo in dupla o in tripla del quale alterando il movimento, 11011 possa farsi una quadriglia o un valzer, e che 1 acquistare una cantilena un carattere piuttosto che un altro uipende dalla qualità della voce o dell istruuiento che l’eseguisce, o dalla istromentazione che l’accompagna, 11011 vi è chi, per quanto poco esperto di estetica musicale possa essere, non senta quali strafalcioni essi sieno. -.Relativamente al primo punto, anche senza scendere all’esagerazione di Goethe die nello stabilire i principii estetici della musica sostiene non vi essere altra musica che abbia carattere proprio tranne la musica sacra e quella da ballo, e che quella musica che non è spiccatamente né 1 uno né 1 altro, o dell’uno e dell altro partecipa è musica empia (*), si può ben dire che una cantilena che si presti bene alla danza manca per sé stessa del carattere di musica sacra, sia qualunque il movimento che dar le si possa; come viceversa una cantilena di espressione grave o religiosa non può, senza esserne guasta, ridursi atta alla danza. E comechè si tratti di asserzione di fatto che solo dall" esperienza dei latti può essere contraddettaci prenda a modo di esempio il motivo del bel terzetto «Celeste provvidenza» nel terzo atto deli Assedio di Corinto, o quello della successiva commovente preghiera in fa diesis o.“ minore, e si veda se riuscirà di farne veramente un valzer, quantunque e l’uno e 1 altro sia in tripla; o viceversa se del bel valzer svizzero del Guglielmo Teli si potrà mai far convenientemente altro che un valzer; come pure se del Magnificat, o del Benedictus della messa dei morti di Mozart, concepiti e l’uno e l’altro veramente in dupla, quantunque scritti in tempo ordinario, riuscirà fare una buona quadriglia! Relativamente poi alla seconda asserzione, nulla di meglio per addimostrarne la fallacia può farsi, che ricorrere a quelfargomentazione che dicesi ab absurdo. Pongasi per vero che ogni cantilena debba la sua espressione caratteristica soltanto ail’istromerltazione o al modo di esecuzione,, ecco la conseguenza che ne verrà: che, jfÀTf (b Avvertasi bene, e ciò dico per quelli che se sanno ffigm °, voglion leggere non sempre sanno 0 vòglion capire, 1cne non ammetto per veri gli esclusivi priiicipii libi lilosofo estetico tedesco. cioè, ogni compositore non privo affatto di qualche talento, ina senza genio del lutto, purché abbia una sufficiente cognizione pratica dell’effetto degli stromenti e delle voci, con i più insulsi motivi che giù gli cadran dalla penna potrà comporre musica tale da rivaleggiare con quella dettata dal genio il più ispirato, il più privilegiato dalla natura. - fina cantilena che abbia un carattere, benché non troppo spiccato, quella tanto più che lo abbiti ben marcato, acquisteranno ai certo forza maggiore e faranno meglio sentire questo carattere se slromeutate a dovere; ma se una cantilena ne sarà priva o ne avrà uno falso, si può slidare arditamente chiunque a darglielo nel primo caso, a mòdilicarlo c correggerlo nel secondo per mezzo della più studiata istromcntazione. In una parola, la stromenlazione è nella musica quello che il colorilo è nella pittura: ne ajuta la espressione, ma soia e ili per sé non la costituisce. Si riduca ed alteri quanto si può volere la istromentazione del primo tempo dell’introduzione del Guglielmo Teli, e, o si distruggerà affatto, o 11011 si potrà farsi a meno che non sia di genere pastorale, come non potrà farsi a meno die non sia eli genere marziale l’allegro dell overture elei— l’Opera stessa, anche se suonisi sul pieno semplice dell’organo, stromento, per le idee che vi si congiungono, lutto fuori che marziale. Ognun sa che Mozait sorpreso dalla morte non potè terminare il suo Requiem e che la istromentazione vi fu aggiunta in molte parti da altro maestro; il quale, quantunque abilissimo, pure non può credersi in tutto abbia raggiunto, se pur non ha offeso le idee dell autore: ma quella composizione era tanto piena di appropriata espressione e di sentimento religioso, che non si è potuto fare a meno ili ritenerla ciò nonostante come un modello in tal genere. 3.° Che il dire che segue e seguirà dello Stabut ciò che seguì a proposito delle prime Opere di Rossini ed in ispecie del Barbiere, è falsare la situazione delle cose, giacché allora si trattava di mettere in corso una riforma nella musica drammatica, ed era naturale che suscitasse la opposizione di tutti quelli che o per abitudine o per interesse eran ligj all antica maniera. Ma ora non siamo per nessun modo nel caso di una riforma dello stile musicale sacro, ma trattasi unicamente di sapere se Rossini avendo adottato in molti dei pezzi dello Slabat lo stesso stile della Semiramide., dall’Assedio di Corinto, ecc., abbia ben fatto a sanzionare con la preponderanza del suo gran nome, e del suo possente esempio, un sistema a cui pur troppo la maggior parte dei maestri ita chiesa si è data da lungo tempo tra noi, scrivendola musica sacra nello stesso stile che si usa in teatro; con questa differenza soltanto, che Rossini, ciò facendo, ha portato in Chiesa musica che considerata indipendentemente dallo scopo a cui è dedicata è bellissima, gli altri ne portali della migliore o della peggiore secondo che la loro capacità lo permette. 4.” Che il dire essere inutile oggimai discutere il merito relativo della musica dello Stabat, perchè è stato costantemente applaudito per tutto dove fu prodotto, è lo stesso che dar ragione a chi sostiene che, in generale e salvi sempre alcuni pezzi, è composizione di stile più conveniente al teatro e alla sala che alla Chiesa, perchè appunto sui teatri e nelle sale, e non nelle chiese, è stato eseguito e ap-; piaudito. j 5.° Che quando si sostiene non esservi < differenza tra la forma estrinseca e l’in- t trinseca, ossia, come direbbe la scuola, tra l’accidente e l’essenza, si avanza massima sommamente erronea, a qualsivoglia genere di lilosofia la si voglia riferire, perchè in metafìsica guiderebbe addirittura al materialismo, in morale, a nulla meno che a ritenere non esservi differenza tra l i]iocrisi a e la virtù. Che se poi la si voglia ristringere (come pare) alla sola lilosolìa estetico-artistica, senza accingersi a lunghi ragionamenti per mostrarne a priori la fallacia, basta osservare appunto, a proposito ih arti imitative, come avvenga, per esempio, che si dipinga una figura vestita a lutto, con volto pallido, con grosse lagrime cadenti dagli occhi la quale poi esprima sì poco il dolore da lasciar chi la guarda freddo ed indifferente del tutto. Eppure in quella figura son riprodotti i segni lutti, ossia le forme esterne dei dolore: ma pur nonostante, siccome il pittore non lo lui sentito, egli non ne ha saputo trasfondere la sensazione nello spettatore. E se questo esemplo non basta, si può osservare ciò che tutto giorno accade in scultura; come cioè formato sul vero il ritratto di alcuno, fattane, come suol dirsi, la maschera, quantunque 11011 [tossa dubitarsi che l’opera plastica risultante non riproduca esattamente le forme materiali del modello, pure è tanto lontana dal renderne la somiglianza, da restare sconosciuta agli stessi familiari di lui. E perchè? Perchè in quella produzione manca il sentimento intrinseco, lo spirito della fisonomia, a costituir la quale le sole forme materiali 11011 servono. Se il tuono che va prendendo questa contesa non spingesse a temere che se ne voglia bandire del tutto la buona fede, non sarebbe fuor di luogo il rammentare che, in sostanza, non Ito mai contestato il pregio della musica dello Stabat considerata in sè stessa e astrazion fatta dallo scopo religioso a cui è dedicala: ho scritto e stampato infatti in grosse lettere che è bulla anzi che è BELLISSIMA musica; e solo lio avanzato che lo stile in cui è scritta, nel suo insieme ed eccettuati alcuni lezzi non è conveniente alla chiesa. •— E egli ciò vero? Ecco la questione come dee porsi, nè da questa si dee deviare. Chi vuol fare altrimenti, mostra o di mancare di buona fede o di non avere inteso e forse non letto quello che scrissi. E in qualunque di questi casi non sarò io che perderò il tempo ad occuparmi, o che abuserò della pazienza dei lettori di questo foglio a dimostrare le incongruità di quanto potesse dii-si. Del resto credo, mio gentilissimo signor Estensore, che un modesto letteratuccio giornalista come sono io, abbia ben donile per consolarsi trovandosi fatto segno dei motteggi di costoro, se ridetta che un grand uomo come Rossini è pur condannato a soffrire le loro ’odi. Crediatemi sempre il vostro deditissimo L. F. -Casamorata. NOTIZIE VARIE. Milano. — Il Barbiere di Siviglia di Rossini all’1. R. Teatro della Scala. — Noi non siamo di coloro (e non si contano in piccol numero ) i quali hanno uso di lagnarsi della troppo frequente riproduzione di questa meravigliosa Opera rossi [p. 92 modifica]niana. Tutt’al contrario noi opiniamo che i pochi veri capolavori della fatta di questo Barbiere, i sommi modelli dell’arte abbiano di tempo in tempo a richiamarsi ali’onor della scena onde con essi ritemperare, per cosi esprimerei, il gusto del pubblico tanto spesso trascinato fuor (iella buona via dalle incessanti aberrazioni dei (Q) compositore!li da dozzina. Ma perchè queste Opcrc-moi dclli, destinate dal genio ad eterna vita, alloracchò si! vengono riproducendo, ottengano l’effetto or accennato,! servano a correggere, a purificare il criterio del pubblico e giovino di insegnamento pratico agli artisti che si de1 dicano alla melodrammatica, è mestieri sicno eseguite con quella assoluta precisione e piena abbondanza ed accordo di mezzi vocali e stromentali, e accuratezza e decorosità Scenica che sole valgono ad attestare in quale venerazione denno aversi i grandi capolavori. Se a tali indispensabili condizioni siasi adempito in ì proposito del Barbiere di Siviglia di Rossini datosi alT I. R. teatro alla Scala la sera del i or passato, lasciamo che il dicano in piena buona fede coloro a’ quali - l’incertezza dell’intonazione - il modulare la voce senza garbo - lo svolgere con istento le più line e leggiere frasi - l’addimostrarsi poco sicuri della scena - il non indovivinarc insomma che a’ lampi le squisite caratteristiche bellezze di una musica ridondante di spirito comico, di vezzi melodici e di verità di espressione, non paiono di | certo gli clementi più proprii alla migliore interpretazione | di uno spartito classico per ccce.icnza. K nondimeno a taluno degli artisti cantanti or prodot| tisi all’I. R. teatro della Scala col Barbiere toccarono qui e qua degli applausi lusinghieri c in qualche parte anche ineritati alla belPe meglio! Parigi. — Il 23 dello scorso aprile una compagnia di cantanti tedeschi diretta dal signor Schumann. incominciò un corso di rappresentazioni d’opere tedesche col DerFreyschutz di Weber. Il pubblico parigino, cui non era nuova questa musica, nel suo genere sublime, per averla già più volte udita, dapprima colla riduzione del signor Castil-Blaze e sotto il titolo di Robin-desbois^ ultimamente nella sua quasi integrità, e con i recitativi musicati dal signor Berlioz, non la accolse col favore clamoroso al quale forse si aspettavano i caldi fautori della scuola alemanna. Ciò a giudizio di molti giornali fu più che altro cagionato dalla non felicissima esecuzione. La Jessonda di Spolir fu la seconda Opera data dai cantanti del sig. Schumann. «Il faul ètre vraiment autiste et homme de metier pour se plaire à faudition de la musique plus calculée qu’inspirée de Sphor. Jessonda c*est un tableau flamand, une figure de Metzu curieusement et lìnement peinte: c*est une partie cFéchecs compliquée*, si nous etions moins amateurs de ce genre de musique, nous dirions c*est un casse-tète chinois??. Sono queste le parole colle quali la Gazette musicale de Paris accenna il giudizio elvella reca della musica della Jessonda, e noi consentiamo pienamente che tutte quelle produzioni artistiche, massime musicali, nelle quali traspare più 1*elaborazione che l’ispirazione, più lo sforzo della scienza che non il «-listo e la fantasia denno essere trattate colla maggiore severità dalla critica. — L’ultima domenica cTaprile il principe della Moskovva esimio dilettante di musica, fece eseguire della bellissima musica religiosa nella chiesa così detta Des Missions-étrangères. Un Kirie ed un elit iste a sette voci, un O salutaris a sei voci, ed un Domine salvuin di sua composizione; servirono di esordio e di perorazione, insomma di cornice ad un Gloria, un Credo, un Sanctus, un Behedictus ed un Agnus della famosa messa di Palestrina detta di Papa. Marcello. La cornice non guastò il quadro; vogliami dire che lo stile severo ed elevato del signor principe della Moskovva si armonizzò molto bene colla dizione sì pura e -sì nobile del padre della vera musica religiosa. Fu poi eseguita con ® notevole beninsieme e precisione. — Ripetiamo le precise parole colle quali un giornale francese, la Quo t idi e mie ^ fa cenno dell* Opera francese la Favorite di Donizetti riprodottasi, ultimamente con ottimo successo sulle scene de VOperaco mi (/uè. 4* Le librette de la Favorite c’est un sim44 pie et touchant poème qui sort des for44 mes ordinaires des librettes d’opéra. Dans 44 celui-ci on trouve autre chose que des 44 lieux communs de scènes lyriques, et 44 1 intérêt y est soutenu par des belles si44 tuations de drame. La partition de. son 44 côté ne la cède en rien au poème c*est a une des meilleures, des plus dramatiques 44 et des mieux conçues, dans les convenan44 ces de l’opéra français que Donizetti ait 44 écrites». — Cherubini, Rciéha, Choron e Wilhem, i quattro maestri che più degli altri hanno contribuito a sviluppar il gusto e la passione della musica in Parigi, ora più non esistono. L’arte qui ha perduto i migliori suoi rappresentami dal lato teorico. Wilhém, il fondatore dell’insegnaménto popolare di musica in Francia e che occupava il posto d ispettore generale delle scuole di canto, troppo presto compì l’operosa sua carriera, già assai feconda in risultati. Le sue esequie, alle quali concorsero circa 30U0 persone, fra la più commovente pompa furono celebrate a S- Sulpizio la mattina del giorno 2 corrente. — Alla fine dell’ora scorso suo ottantaquattresimo anno si estinsc Bouilly, l’illustre autore delle Due Giornate, il collaboratore di Cherubini, del quale pochi giorni prima aveva pubblicamente celebrato la gloria e pianto la morte con alcuni versi pieni di tenerezza e di eleganza. Pocbi autori drammatici hanno ottenuto un successo grande e popolare al pari di Bouilly; il suo Abbé de V Epèe, fu tradotto in tutte le lingue; e la Leonora o YAmor conjugale poi servì ad esperimentar il genio e l’abilità di tre compositori di musica appartenenti a tre diverse scuole; 1 originale fu posto in musica per l’Opéra Comique da Gaveaux; tradotto in italiano fu ornato di melodici ed affettuosi concetti da Paër, e commutalo il titolo di Leonora in quello di Fidelio con parole tedesche si acquistò distinta rinomanza per opera di Beethoven. — Londra. La prima riunione delle classi di canto dirette giusta il metodo di Wilhem ebbe luogo mercoledì nell’Excter-Hall. L’esito fu straordinario, e tutti gli spettatori, fra quali il principe Alberto e le principali notabilità britanniche, rimasero sorpresi. Non meno di -1700 voci eransi unite per eseguire in coro un’antifona di Farrant, un mottetto di Palestrina, alcuni Salmi di Lutero e di Hacndel, il Dio salvi l’/mperadore di Haydn, un madrigale di Baldassare Donato ed un inno composto dal maestro Hullah, l’abile e zelante direttore delle classi riunite di canto. Dopo gli or citati pezzi sopra parole inglesi, si fecero varj esperimenti di lettura a prima vista c di decifrare e dividere la musica, ed in ogni esercizio emerse il vantaggio del metodo popolare. Questa accademia riuscì di buon augurio per i progressi di un’arte la cui influenza è sì favorevole alla civilizzazione. — La Società della musica antica (presieduta dall’Arcivescovo di York) ultimamente diede un concerto, nel quale si eseguì la messa in re minore di Cherubini. È inutile il dire che questa produzione del celebre compositore venne accolta fra generale entusiasmo. INDUSTRIA. Perfezionainent o nella fabbricazione dell’Organo. Leggiamo nel giornale dei Débats: «Questo strumento aveva il difetto di opporre una dura resistenza al tatto, d’essere quindi malagevole a suonarsi, c per certe combinazioni, ristretto a’ limiti molto angusti. Questa resistenza de’tasti sarebbe stata più grande d’assai, se non si avesse avuto cura di restringere la dimensione delle animelle che danno passo all’aria per far risuonarc le canne. Ma la strettezza delle animelle fa luogo a tali inconvenienti clic i fabbricatori di Inghilterra e di Germania erano venuti in questi ultimi anni ad allargare di nuovo tutti i condotti e ad accrescere per! conseguente la resistenza dei tasti. Dopo lunghe specu-! laziorti, il sig. Barkcr ha risoluto il problema. La sua I scoperta consiste in uno apparecchio intermedio fra il! tasto e le animelle. Questo apparecchio composto di un! piccolo inanticcllo a ciascun tasto, alimentato da una! speciale aria ed apposita, ha per oggetto d’impiegare! la virtù medesima dell’aria per vincere la resistenza di ’ ciascun tasto. La tastiera diviene per tal modo agevole, j eguale e dolce al pari di quella del clavicembalo, qua- j lunquc sia il numero de’ tasti o delle tastiere riunite. 1 Ma il più importante risultamento della scoperta del | sig. Barkcr, è l’ottenere la moltiplicazione reale dei i giuochi senza aumentare il loro numero e senza can- j giare il nome loro, un accrescimento straordinario della I virtù dell’istrumento, ed una varietà nuova e gradevole! di eflètto. Il meccanismo di Barker applicato ad un organo da tre tastiere, porge all’organista quelle risorse j che potrebbero dargli dieci o dodici mani. Questo mee-; canismo è già stato posto in opera con successo com- j pleto nell’organo di Saint-Denis: e d’allora in poi; esso è divenuto d’esclusiva proprietà dei celebri fabbri- j| calori Daubiainc e Collinet. Tale discoperta è utile c bella senza contrasto, ma li avrà V inconveniente di prestare a certi virtuosi che mal comprendono il line dell’arte loro, la facilità di servirsi dell’organo come del pianoforte, e di potere così agevolmente introdurre nella musica religiosa le forme leggieri, i frivoli adornamenti, i tratti, di agilità, in una parola lo stile scherzevole che ne deve essere ad ogni patto sbandito. Per mala sorte costò d’ogni novella facoltà che l’arte va acquistando: esse sono più impiegate all’abuso di quello che all’uso. Per dirlo anche una volta, il perfezionamento del vocalizzare, che introduce le rifioriture e le volate nella musica patetica e severa, e l’essersi nell’orchestra introdotti i tromboni c gli altri strumenti rumorosi, sono germi di quell’anarchia che presentemente disonora la più parte delle produzioni musicali della Francia e dell’Italia. Ciò non importa che i cantanti non abbiano a possedere l’arte di vocalizzare a tempo c luogo, c che ci abbiamo a privare del potente efTetlo degli struménti a percussione e degli ottoni, ottimo ed eflicacc, usato che ei sia saviamente». MOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL* I. II. STABILIMENTO N AZIONALE PRIVILEG.° Di GIOVANNI Kltoum. -L$ fETotanuuitî C. SCS-IUBERTSa Op. 3. Avec accompagnement, de Fiano.. Fr. 5. Avec accompagnement d’Orchestre..»12. imODÏSTIClT ET 7i.?.:!.T’CHS BRILLANTES pour ùi Flûte SUR UN THÈME DE L OPÉRA LA Ml’KTTE Ui: POHTICI PAU Op. 52. Avec accompagnement de Fiano Fr. 3 50. Avec accompagnement d’Orchestre» 5 — m immmi /iour le Violoncelle k B. ROMBERG Op. 21. Avec accompagnement de Fiano Fr. 3 50. Avec accompagnement de Quintuor» 4 50. DANS L OPÉRA LUCREZIA BOIIGIA I»E DONIZETTI trans crii te |>otir Violoncelle AVEC ACCOMP.1 DE PIANO PAR An BATTA Fr. 2. csiAAna b’axxaxvia MUSICA DII. MAESTRO mmm & OPERA COMPLETA PER PIANOFORTE SODO Fr. 18. DIOVA.Y.YI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. StaSeiBSmcnto ^’azionale l’i’lvllcsiato •Il Calcografia, Copisteria e ’Cineografi» Musical» di GIOYAWJSI RICORDI. Contraila deyli Ommoni <Y. 1720.