Giá fui misero amante, or trasformato
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Questo testo fa parte della raccolta Opere (Lorenzo de' Medici)/III. Rime
lxvi
Sonetto fatto ex tempore, ad saxum in lucu repertum.
Giá fui misero amante, or trasformato
per la vaghezza di due occhi belli
da una ninfa tra verdi arbuscelli,
di amante un duro sasso diventato.
Se qualche gentil cor quinci è passato,
per esemplo di me sia piú saggio elli;
né faccia gli occhi alla ragion ribelli,
perché son tesi i lacci in ogni lato.
Benché rigida pietra, ancor mi resta
tanta pietá, che ammonir posso altrui
e farlo saggio col pericol mio.
Cauto cogli occhi bassi e con la testa
passi di qui chi è come giá fui,
ché ancora in questi luoghi Amore è dio.