Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. II/Libro II/VII

Da Wikisource.
Cap. VII

../VI ../VIII IncludiIntestazione 5 giugno 2020 75% diari di viaggio

Libro II - VI Libro II - VIII
[p. 228 modifica]

CAPITOLO SETTIMO.

Si prosiegue il viaggio sino a Sciras.


M
I avea più e diverse volte stimolato il Padre Francesco di S. Giuseppe a far con esso lui il viaggio di Roma; ma vedendomi alla per fine fermo nel mio proponimento di passare nell’Indostan, s’indusse a fare ancor’egli lo stesso cammino. Prese adunque in affitto 12. mule da un Ciarvattar di Sciras, per le nostre persone, e per la roba; ci ponemmo in istrada a due ore di notte il Mercordì primo di Settembre, io, il P. F. Francesco, il P. Costantino dello Spirito Santo Portughese parimente Agostiniano, e’l Pad. Severino di San Giuseppe Carmelitano Scalzo di Napoli; dandoci scambievoli abbracci di tenerezza co’ Padri dell’Ospizio. [p. 229 modifica]

Usciti d’Ispahan, e delle vicine contrade seguitammo il cammino favoreggiati dal lume della Luna; e dopo aver fatte nove miglia in quattro ore per paese piano sì, ma sterile, arrivammo al picciolo Villaggio di Spaneca; nel cui fangoso Karvanserà convenne albergar la notte, e trattenerci il Giovedì 2. per aspettar la soma del vino, rimasa nell’abitazione degli Olandesi, per negligenza del Ciarvattar. In quello Casale il Re Scia-Abas diede molte Terre a un Signor Persiano in iscambio de’ due Villaggi di Ispahan, pigliatisi quando vi trasferì la sua Sede da Sciras. Dicono, che quel Signore era così potente, che il Re in passando avanti la sua casa, smontava da cavallo; però io non intendo esserne mallevadore.

Avendo io fatto caccia di molte colombe, ed essendo già venuta sin dal Mezzodì la soma del vino, cenammo la sera allegramente. Poi circa un’ora di notte montati a cavallo, facemmo 24. miglia in dieci ore, sino al Casale, e Karvanserà di Mayar, incomodati molto dal freddo, e dal vento. Quivi demmo per nostra cortesia quattro Abassì a’ Rattar; ma per istrada non avevamo voluto dar [p. 230 modifica]nulla a due meschini, che guardavano il passo in vicinanza de’ monti. Il mentovato Karvanserà era mezzo miglio lontano dal Casale, fatto edificare 12. anni prima da Scia-Selemon: e veramente l’edificio è magnifico, essendo fatto di buoni mattoni, ed adorno di lunghe file d’alberi, e d’una caccia riserbata all’intorno per lo Re.

Riposati tutto il Venerdì 3. partimmo la sera all’istessa ora, e dopo 16. miglia, e 6. ore di strada, per paese anche sterile, giugnemmo in Cumuscia, picciola Città fangosa, porta in un fertile piano, ed abbondevole d’ottime frutta. Quivi trattenutici tutto il giorno de 4. passai il tempo alla caccia delle colombe.

Il viaggiar di notte era cagionato dalla malizia de’ Ciarvattar; perocchè eglino a vicenda dormivano sopra l’asino, più tranquillamente che in un letto, nulla curando, che noi perdessimo il sonno. Per dar rimedio a sì fatto male, deliberai col Padre Francesco di minacciargli di bastonate, se mai più dormivano sull’asino; perche al’ora certamente averiano viaggiato di giorno. Or non approfittandosi essi dell’avviso, n’ebbero quella notte una buona prebenda, essendo colti sul fatto: ed in tal guisa, siccome [p. 231 modifica]avevamo preveduto, cominciarono a camminar di giorno.

Il Sabato 4. adunque ci ponemmo a cavallo con due ore di luce, e fatte 16. miglia in sei ore per paese sterile, ci fermammo nel famoso Karvanserà di Massur-Bek, presso al quale erano due case di campagna. La Domenica 5. ci partimmo alla stessa ora, e fatte dieci miglia prima d’un’ora di notte, passammo per lo picciolo Casale di Aunabat; dove oltre il Karvanserà si vede un Forte di terra, fattovi fare dal Re. Dopo altrettante miglia albergammo nel buon Karvanserà della Terra di Yyesacas, ch’è posto in riva al fiume; conciossiecosa che le altre abitazioni siano poste sulla rocca, e in tal guisa, che stimasi esservi stata anticamente una Fortezza. Vi trovammo miglior pane d’Ispahan, essendo gli abitanti tutti bene agiati de’ beni di fortuna. Quella notte si permise a’ Ciarvattari dormir sul loro letto asinino, in premio della diligenza usata in partire il dì antecedente.

Il Lunedì 6. ci partimmo all’istess’ora, e in 12. ore facemmo 32. miglia di strada per valli nude affatto di frondi, e soprammodo esposte all’insolenza de’ ladri; a cagion de’ quali Scia-Abas II. fece farvi [p. 232 modifica]a mezzo cammino la Fortezza di Giambet, guardata anche oggidì con guarnigione. Sull’apparir dell’Aurora andammo nel Karvanserà del Casale di Dighirdù; ma trovatolo occupato, ne bisognò dormire in una casa dirupata, o per meglio dire stalla, in compagnia delle bestie. Il solo patimento del vegghiare (la notte per lo cammino, e’l giorno per le mosche) ne dava molestia; perche quanto al vitto se ne trovava abbastanza da per tutto a prezzo ragionevole; sicchè per tre o quattro carlini di Napoli si stava lautamente: e poi al difetto de’ Karvanserà suppliva una cucina portatile del P. Francesco, provveduta di tutti stovigli; di maniera tale che fuori del bevere in neve, non v’era cosa che desiderassimo.

Nel seguente Martedì 7. avemmo qualche disturbo, dall’avere il Padro Francesco rotto il capo a un’Armeno, perche con soverchia mala creanza difendeva un suo compagno, che gli avea truffati 45. Toman. Ci riposammo tutto il dì nel Casale, medicando intanto la ferita il P. Severino Napoletano; e prendendo noi il passatempo di veder passare Cafile, o Caravane di quattro e [p. 233 modifica]cinquecento mule, e cammelli per volta: per esser quella la strada più frequentata per lo traffico nell’Indie.

Montammo a cavallo all’ora solita, ed indi a sei miglia passammo per lo Karvanserà di Chivala; e dopo altre 16. il fiume di Rutcunà, dove i Giorgiani, che venivano con noi, presero (colle reti c’hanno in costume di portare) ben cencinquanta libre di grosso e buon pesce. Fatte sei altre miglia, restammo ad albergare nel famoso Karvanserà del Casale di Cuschisar; (che significa veleno secco) luogo assai freddo per la vicinanza di montagne sempremai coperte di neve. Il terreno della contrada è in varie parti tagliato; costumando i Persiani, trovata l’acqua in qualche luogo, portarla per profondi fossi a fecondare i lor campi.

Mentre stavamo riposando il giorno di Mercordì 8. furono portati nel Karvanserà quattro Struzzoli (detti in lingua Persiana Citor-morgo, cioè Cammello uccello) e due vacche selvagge, che il Sultan di Baheren (Città porta nel seno Persiano, conosciuta per la pesca delle perle) o Governadore della Provincia mandava al Re. Queste vacche sono grandi quanto una delle nostre vitelle, [p. 234 modifica]ma assai più grasse, e tenere, benche mangino paglia: il loro colore tende al bianco, fuor che la coda, e i piedi, che sono neri: la testa pari niente ha grandi macchie nere; gli occhi sono lucenti; le corna sottili, diritte, liscie, ben rotonde, e lunghe due palmi con agute punte nere.

Sul tramontar del Sole ripigliammo il Cammino per pessima strada, essendo o pianure paludose, o sterili ed orride montagne; fra le eguali vedemmo il dirupato Karvanserà di Danbaynè, assai buono per l’addietro, ma poi lasciato in abbandono per esservi stato ucciso il Karvanseradar da’ ladri. In fine dopo sette ore avendo fatte 20. miglia di cammino, e l’ultime tre di precipitevole scesa, giugnemmo nell’antico Karvanserà del Casale di Aspas, dove le case de’ contadini sono poco migliori che capanne.

Il Giovedì 9. ne partimmo eziandio con due ore di giorno; e dopo aver fatte 16. miglia di strada piana in 6. ore, smontammo nel Karvanserà d’un Villaggio detto Ugium, composto di poche case fangose. Il suo terreno non è avaro di biade, a cagion del vicino fiume, che si passa per un ponte di nove archi di [p. 235 modifica]pietra. Quivi ebbi l’incomodo di non potere avvalermi di alcune monete di rame; perche in tutto il Regno ciascheduna Provincia ha le sue proprie, nè riceve quelle dell’altra: anzi in alcuni luoghi non si spende nè anche quella d’argento coniata in altro Governo.

Il Venerdì 10. alla medesima ora rimessici in via, facemmo in prima otto miglia in salire, e scendere una disastrosa montagna; poi a capo di altre miglia passammo per lo Casale, e Karvanserà di Mumusada; e finalmente dopo altre 12. fermammo nel buon Karvanserà del Calale di Mayn. In questo luogo, quantunque posto in mezzo d’alte montagne, mangiammo buoni fichi, abbondando di varj alberi fruttiferi, e oltreacciò di buon tabacco, che si porta in Ispahan. Il P. Severino, prima di giungervi, cadde due volte dal suo mulo (si era disagiato il sentiero) ed essendo avvertito ad accomodar la bardella venuta sul collo della bestia; rispose facetamente; voglio che paghi la pena dei suo fallo; e in così penoso stato lasciò il mulo sino che non fu venuto il Ciarvattar, che stava indietro due miglia e mezzo, cioè mezza lega di Persia. I Giorgiani, ed Armeni amici pigliarono [p. 236 modifica]una prodigiosa quantità di pesce; e noi n’avemmo la nostra parte.

Si cavalcò il Sabato 11. per 20. miglia di paese sempre piano, passando il fiume sopra un bel ponte di fabbrica, lungo un quarto di miglio. Albergammo poi nel Karvanserà d’Abigherme (cinque miglia lontano dal ponte) di cui si stava attualmente ristorando un lato, che minacciava rovina: ivi da presso era il monte spianato da Alessandro il Grande, per farvi passare il suo esercito.

Tardi ci partimmo la sera della Domenica 12. per andare in un Casale vicino al Palagio di Dario. Avendo smarrita la strada in un paese paludoso, ne condussero i Catergì nel bujo della notte a passare per uno stretto ponte di legno; ma essendo caduto nel fiume, con tutto il cavallo, il mio servidore Armeno, che fu il primo a far la pruova (senza farsi altro male, che di bagnarsi colla roba) si mutò consiglio, ripigliandosi l’ordinario cammino: e così avendo consumate sette ore di tempo, giugnemmo dopo 20. miglia nel Karvanserà di Policor. Quattro miglia prima di giungervi passammo per una strada, o ponte di due miglia, lastricato di selici; con tutto ciò a gran fatica si [p. 237 modifica]tolsero dal fango un cavallo, ed uno schiavo del P. Francesco.

Essendosi già asciuttate il Lunedì 13. due balle di tappeti, partimmo ad un’ora di notte, e fatte 12. miglia per aspre montagne, passammo per lo Karvanserà di Besciagà, e dopo altrettanto di cammino allo spuntar dell’alba il Martedì 14. arrivammo in Sciras.