Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro I/IX

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Libro I - Cap. IX

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CAPITOLO NONO.

Si continua il viaggio per terra sin’alla Regia di Pekin.


R
Ese le grazie per lo cortese albergo a Monsignor Vescovo, e’ due Padri suoi compagni, Sabato 15. dopo desinar mi posi in viaggio. Ebbi la ventura di andar in compagnia con un Dottor [p. 96 modifica]Cinese Cristiano graduato ad esser Mandarino; mancandogli solo il denaro, senza il quale non si danno impieghi in Cina: il cui Padre era Sacerdote. Uscimmo insieme per la porta onde era io entrato, detta Simuen, o porta d’Occidente, che non è inferiore in bontà alla descritta, tenendo tre usci di ferro, e in quelli da 60. passi di fabbrica. Fuor della quale entrammo in una barca, e passati per sotto il ponte (che è quivi fabbricato di più archi) seguitammo il cammino per lo canale all’intorno le mura della Città. Cambiammo appresso altra barca, nel cui passaggio mi sortì un’accidente ben male, che mi avrebbe interrotto il viaggio: e fu il dimenticarsi i servi, benche avvertiti, d’un capezzale di tavole coperto di pelle all’uso Cinese, chiuso a modo di bauglietto, detto fusceu, in cui aveva io riposte cento pezze da otto; usandolo i Cinesi per dormire, e serbar le loro scritture. M’avvertii della mancanza di questo, dopo esser andato cento passi avanti con la seconda barca; ma i barcaroli della prima furono sì leali, che corsero dietro noi chiamandoci, che’l prendessimo. Passato il Kian, che è il maggior fiume della Cina, ed ha in quel [p. 97 modifica]luogo due miglia di larghezza, e profondità a bastanza; con due ore di giorno dopo 12. m. di cammino giugnemmo nella Città di Pukeu posta a sinistra del medesimo fiume. Tiene il muro di quella dieci miglia di giro, chiudendo dentro e colli, e monti, e piani disabitati, perciocchè la Città ha poche case, piacendo più a coloro di viver ne’ Borghi, che sono ben lunghi. Pernottammo in quello di Tien chya alla riva del fiume, ove passai la notte allegramente col Dottor Cinese, bevendo vino di riso, benche sì caldo, che mi scottava le labbra: essendo costume in Cina di ber caldo, e mangiar freddo. Le tante cortesie, che usava meco il Dottore, eran troppo a me nojose: mentre le si prendevan i due bastoncelli d’avorio per mangiare, bisognava, che precedesser molte cerimonie prima: se s’incontrava, se si dava, se si riceveva, nell’entrare, nell’uscire, nel bere, e in ogni altra azzione, benche naturale, fa di mestiere il ceremoniale Cinese: usando della parola Zin, ch’appresso loro è l’erba bettonica di tutte le cortesie; poiche s’alcuno lascia di praticarle, è stimato incivile, e barbaro. M’importunò tanto il Dottor la sera a far porre i due miei [p. 98 modifica]servidori a tavola, che per non fargli dispiacere vi condescesi; ma ben poi conobbi l’errore, poiche nel cammino presa meco confidenza con loro, mi servirono malamente, come si dirà col progresso del tempo.

Domenica 16. prima di porci a cavallo prendemmo qualche cibo, ed uscendo appresso fuora i Borghi, attendemmo ivi la brigata; e perciocchè indugiarono i vetturini a venire, un soldato Tartaro con la frusta ad un diede tanti colpi, che li fè la faccia tutta insanguinata.

Femmo il cammino d’un tratto tutto il giorno per colli, e monti, e piani ben accasati; ma l’abitazioni eran picciole, fuor solamente che una. Posammo la sera nella Villa di Tansican. Per lo cammino incontrammo a calca i passaggieri, e caravane di mule, e d’asini, che vanno, e ritornano dalla Corte, ed ancora picciole carrette ad una rota tirate, e girate da due persone, sopra ogn’una delle quali pongono tre, e quattro balle, che non porterebbono due mule in viaggio sì lungo.

Lunedì 17. in compagnia de’ suddetti soldati Tartari ripreso il viaggio, di buon’ora passammo la Villa di Suìì keü. [p. 99 modifica]Questa è cinta da più miglia di muro, e di palude. Salita appresso una montagna trovammo nell’alto di quella una Pagode di Bonzi. Quindi fatta una lunga scesa restammo a desinar nella Villa di Tà chiauteu: e fatti altri 15. m. pernottammo nella Villa di Tàà scianpu.

Martedì 18. femmo 30. m. per piani; e restammo a desinare nella Villa di Qualempù la mattina, e la sera in quella di Xuannipù. Le mule allogansi per poco prezzo: e la spesa dell’albergo è ben poca; bastando a chi si sia mattina, e sera otto fuen, che corrispondono a 13. grana, e mezzo della moneta di Napoli; ma chi vuol vino di riso il paga a parte, il qual usasi a ber caldo, e la mattina cotto col riso, bevendosi, e mangiandosi insieme. Un’Europeo durerà fatica sul principio ad acconciarsi a tali vivande, e salze Cinesi, che non han sostanza alcuna, ma tutte consiston in brodo, ed erbe; mangiandosi anche delle malve, che noi consumiamo ne’ rimedj: e’l peggio si è, che le vogliono mezze cotte, e fredde, conoscendole il cuoco, quando sono apparecchiate, all’odore. Nondimeno al lor gusto tutto sembra ben condito, poiché lascian le galline per l’erbe: come [p. 100 modifica]facevano due miei fanti; avendosi una buona gallina in quel viaggio per tre grani Napoletani. Ma quelle vivande Cinesi al mio gusto non eran punto grate: et io pagava l’oste senza toccarle, facendomi provvisione di presciutti, galline, anitre, et altro per li giorni di grasso.

Mercoledì 19. si continuò il viaggio per piani, ove accommiatossi a mezza giornata l’un Tartaro, rimanendo l’altro col Dottor Cinese in mia compagnia, che m’assisterono con affetto. Desinammo a mezzo dì nella Villa di Linxüaij xien. E quella ben grande, e cinta di mura; e bagnata d’un fiume navigabile, il qual le fa più lagune all’intorno; amando i Cinesi di viver nell’acque come anitre, o presso a quelle. Si passa il fiume sopra un ponte di barche: trovandosi nell’opposta riva un buon borgo. Incontrammo quel dì un Mandarino in sedia con tredici lettighe, in cui andavan le sue donne; le lettighe Cinesi son più agiate dell’Europee, andandovi dentro tre donne agiatamente; le portan le mule, e gli asini. Restammo dopo 32. miglia di strada nella picciola Villa d’Yuàn gian.

Giovedì 20. per paesi piani passato il fiume sopra un ponte di pietra, e fatte [p. 101 modifica]poche miglia desinammo nella Villa di Cucen, ben popolata per cagion d’un fiume, che la bagna, e le mantiene il commercio. S’incontran quivi ogni dì quantità di falconi, che si portan continuo in su, e giù; poiche i Cinesi sono altrettanto inchinati, quanto i Persiani alla caccia. La sera dopo 35. m. pernottammo in Xuàn cian: dove il letto fu di canne, come in tutto il cammino, mentre ogn’uno porta seco il suo materasso.

Venerdì 21. per l’istesso terreno coltivato, e piano venimmo a desinare nella Villa di Nansuceu: dove il Tartaro (che continuo batteva i Vetturini) percosse nel volto un di quelli sì crudelmente, che l’altro per timor venne a fuggirsi nella mia stanza, coprendosi con paglia sotto il mio letto. Gli diedi a mangiar gallina, e non la volle, perche era d’una setta, che non mangia carne; intanto che per cagion dei Tartaro non passammo più avanti, restando in quella Villa dopo aver fatti 20.m. Tiene quella tre miglia di giro con buone mura bagnate tutte all’intorno dal fiume; ma poco è abitata, fuor solamente che nel borgo, ove è molta gente.

Sabato 22. per esser partiti tardi, non [p. 102 modifica]riposammo a mezzo dì: e prendendo un boccone a cavallo, venimmo dopo 25. m. alla picciola Villa di Senfun.

Domenica 13. posti prima del giorno a cavallo dopo 15. m. desinammo in Tauscian-ìj picciola Villa: e dopo altrettanto cammino venimmo in Suceù, che è termine della Provincia di Nankin per quella parte. La Villa è ben grande per la comodità d’un grosso, e molto rapido fiume, che le passa da presso: et è detto Xùanxo, o fiume giallo, perche corre sempre torbido, e con loto. I Borghi, che sono su le rive di quello, son ben più grandi della medesima Villa, e più ripieni di popolo. Si passa il fiume sudetto in barca, ma per cagion della sua rapidità bisogna andar molto in su, perche la corrente trasporta all’opposta riva due tiri di moschetto più sotto. Nello smontar dalla barca incontrai il Padre Sisaro Milanese eletto Vescovo di Nankin: il quale andava da Nancianfu a Macao in lettiga con quattro soli suoi servidori, per ivi esser consagrato da quel Vescovo. Per mancanza d’orzo i Cinesi danno a’ lor giumenti fagioli neri cotti (de’ quali, come de’ bianchi abbonda il paese) e ne vivon quelli animali [p. 103 modifica]dell’istessa maniera, come delle biade.

Quattro ore innanzi giorno Lunedì 24. ci ponemmo in viaggio, passando di buon’ora un grosso fiume sopra un ponte di pietra. Desinammo dopo 20. m. in Nuzan, ove all’uscire vidi più Contadini, che con una rete su le Spalle a modo di padiglione acconciata su quattro legni curvi, andavano per lo campo a prender le quaglie, le quali volandovi, rimangon inviluppate, portandosi quella bassa. Passammo poi in Uncianchyaì il fiume in scafa: ove quell’altro Tartaro, che ci accompagnava, prese da noi commiato per giunger prima di noi a Pekin.

Questi Cinesi sono ben duri al freddo: e tutto che quello la mattina si faccia ben sentire, vogliono partire di buon’ora per essere con tre ore di giorno al luogo del riposo; di maniera che Martedì 25. due ore prima del giorno posti a cavallo, desinammo in Lincien: e dopo 35. m. restammo in Sciaxotien. Per rinfresco usa quivi l’oste di tener preparata una conca d’acqua calda, ove alle volte ha cotti fagioli, o altri legumi, di cui si lavan, e bevon i passaggieri, che non han l’erba Te, o non hanno possibiltà di comprarla; mentre ne’ tempi più caldi, e canicolari, [p. 104 modifica]non mai bevono, o si lavan con acqua fresca; facendosi maraviglia degli Europei, che ciò usano.

In que’ luoghi non nasce riso per cagion del clima freddo (sentendolo io di que’ tempi, benche portassi pelliccia, e calzoni imbottiti di bombace, e calze di pelle col pelo a rovescio) onde suppliscono a tal mancanza col grano, facendo pane ripieno di cipolle tagliate ben minutamente, il qual pongono a cuocere al fumo, traversando alcune stanghe sopra una caldaja che bolle, per porvi la pasta: la quale ne riman cruda, come prima, che mangiata poi si pone su lo stomaco, come una pietra. Altri osti danno a mangiar lasagne sottilmente tagliate. Usano eglino nondimeno per compenso del riso il Taufù, o fagiolata, che è la delizia loro, poiche serve d’intingolo alle loro vivande un così morbido sapone. Sogliono farlo di fagioli bianchi macinati, e ridotti in pasta, de’ quali abbonda molto il Norte: benche il facciano ancor di grano, e d’altre vettovaglie.

Mercoledì 26. di buon’ora prendemmo un boccone in Chiay-Xoìì: e al vespro passammo per la Villa di Zuxien, picciola, ma cinta di mura. Nel borgo di [p. 105 modifica]quella è una gran fabbrica in quadro, e dentro più Pagodi con Bonzi. Gl’Idoli son di tante mostruose figure, che sarebbe nojoso a riferir le favole, che ne narrano. Havvi nondimeno un buon giardino con alti alberi. Venimmo la sera nella Villa di Tuntantien dopo 30. miglia di viaggio. Io fò conto delle miglia, e non de’ Lij, come usano i Cinesi, per andar con miglior ordine; perche in una Provincia son quelli di 260. passi, e in altre più, e meno.

Giovedì 27. di buon’ora passammo la Città di Jenchiefù della giuridizione della Provincia di Xantun. E’ posta quella in piano, come tutte l’altre; poiche i Cinesi non fabbricano ne’ colli. Stendonsi le sue mura in quadro quattro miglia: et avvi un famoso ponte di pietra. Desinammo a mezzodì nella picciola Villa di Caùxiò: e posammo poi la sera dopo 30. miglia, nel Borgo della Villa di Vvenscianscien. La Villa non è ben’accasata nel recinto di tre miglia di mura, che tiene in quadro; essendovi dentro campi, e giardini.

Venerdì 28. riposammo nel Borgo della Villa di Tun-pin-chieu: quindi passando per lo mezzo di quella, la trovai lunga un [p. 106 modifica]miglio e mezzo, et uno larga; ma vi son dentro molti campi, e case dirute: e l’altre son di mattoni, e di paglia. Le sue mura son di terra amnmassate. Venimmo la sera dopo 30. m. in Chieuxìen picciola Villa.

Sabato 29. sù l’alba traversammo la Villa di Tungo-scia, cinta di lunghe mura di terra, ma da poca gente abitata. Passammo appresso sopra la scafa il fiume di Tungo, per esser caduto il ponte: e venimmo a desinare in Tun-ceny. La notte poi dimorammo in Scipinxien dopo 34. miglia di cammino.

In quella strada non essendovi monti per far le loro sepolture, i Cinesi piantano nel piano quadri di cipressi, o d’altri alberi: e nel mezzo pongonvi i tumuli coperti di mucchi di terra. La notte dentro l’osteria vi è una sentinella, che continuo batte due legni per segno, che non fà dormire i passaggieri.

Domenica 30. desinammo nella Villa di Sintien: quindi passando per quella di Cautanceu (la quale ha mura di terra, ed è poco popolata) giugnemmo dopo 30. miglia in Iau-ciaen.

Lunedì 31. di buon’ora passammo la Villa di Ghinxianà, la quale tiene [p. 107 modifica]lungo recinto di mura, e pochi abitanti. Prima di mezzodì desinammo nella Villa di Cuscipò, Giungemmo poi in quella di Taciò, che per la commodità del fiume è ben popolata nel circuito di tre miglia di mura, e molto più ne’ Borghi, che tiene: avendo buone piazze, e botteghe d’ogni genere di mercatanzia del paese, e di comestibili. Passammo ivi in scafa il fiume, che bagna le mura, per la qual cosa rare volte si paga, essendo dalla Città provvisionati i barcajuoli. In questo fiume comincia la Provincia di Pekin. Pernottammo dopo 34. miglia di viaggio nella Villa di Linci-miau. In quel viaggio ritrovai asini, che giunti al termine della lor posta, non passano più oltre, ancorché s’uccidessero a bastonate: appunto come son quelli da Salerno a Napoli.

Martedì primo di Novembre con un’ora di Sole passammo la Villa di Kinceu cinta di mura di terra: la quale non ha altro di buono, che una Torre; essendovi dentro sol picciole casette di loto con pochi abitanti. Desinammo in Lecocimiau: quindi vedemmo la Villa di Fucenchiè, la quale è composta similmente di mura, e di case di loto: ed è [p. 108 modifica]peggior di Kinceu. Posammo la notte dopo 33. miglia di viaggio in Fuciany: ove era sopra la porta una cappelluccia fatta all’Idolo protettore della Città: la qual cosa usano a fare i Cinesi in tutte l’altre loro Città.

Mercoledì 2. ben di mattino passammo un ponte di pietra posto sopra il fiume della Villa di Scialè cevà. Appresso vedemmo la Villa dì Scienghenà murata di terra, e poco abitata. Dopo la quale passammo in scafa (per esser caduto il ponte) il rapido fiume della Villa di Tangaxià: e rimanemmo a desinare in quella di Sciankelin. Partimmo poi per la Città dì Xochienfu, la quale ha poche case comprese in due strade: e’l resto tutto è campo, e case abbattute; e’l suo circuito è di quattro miglia in quadro; ma solo il lato del Norte è finito di mattoni, essendo gli altri tre di terra rialzata.

Nell’uscir che feci da quella Città, incontrai una procession d’idolatri. Precedevano più banderole portate da uomini, e da donne, in cui eran dipinti draghi, pantere, e basilischi; due tamburini di bronzo si battevano da due ragazzi: e una tromba appresso sonavasi da un’uomo in suon lugubre. In una sedia era [p. 109 modifica]portato da due uomini un Mostro seduto dentro: veniva appresso una gran bara portata da più persone, a cui d’intorno, e dentro era un’infinità d’Idoletti di creta seduti, e in piedi, di figure spaventevoli. Eranvi nondimeno due nel mezzo seduti, come dinotassero essere gl’Idoli maggiori. Un maestro di cappella precedeva con una carta in mano, come insegnasse ad intonare alla turba, che seguiva la bara. I contadini tutti, che l’incontravano, per riverenza s’inginocchiavano; ma i nobili, e la gente civile non fan conto alcuno di tali cose: ed entrano nelle Pagodi dell’istessa maniera, come se entrassero in una stalla, perciocche poco credono alla vita futura.

Dovrebbono l’osterie per la vicinanza della Corte esser quivi le migliori: e nondimeno son le piggiori per otto giornate all’intorno; perciocchè i Cinesi non volendo accrescer l’usato pagamento della sera per stanza, e cena di 40. Zien, che sono 13. grana meno un terzo di Napoli: gli osti lor danno erbe, e brodi; poiche quivi i viveri costan più cari: e quando un volesse pagar loro più per esser meglio trattato, non lo trova, per la cagion sudetta, ma bisogna provvedersi di fuora. [p. 110 modifica]Giugnemmo la sera dopo 32. migliaia Rescilipù.

Giovedì 3. desinammo nella Villa di Ginchyeuxien: e dopo passammo per entro quella di Manciù, cinta in parte di mura di terra, ed affatto disabitata. All’intorno le son laghi, e paludi. Essendo andato otto, e più miglia fra quelli, per posar la notte nel Borgo della Villa di Xìunxien, prima d’entrarvi m’incontrai con l’esequie d’un morto, che preceduto da più banderuole di carta dipinte, e da suoni, portavasi da più becchini entro un’arca su della bara. La Villa ha due miglia di giro, ma è poco abitata. Il Borgo è buono, e li passa per mezzo un fiume. Portan le contadine di quella Provincia di Pekin l’ornamento della testa singolare dall’altre; perciocchè di tutti i capelli attortigliati fannosi tre, e quattro volte dietro la coppa, e coprongli con berriuole fatte di seta nera, o di bambagia, passandovi uno spillone per tenerle ferme. Altre ne fanno un gran nodo nella sommità, e’l coprono con una scudella di seta con oro: a cui alcune aggiungono un cerchio intorno alla testa largo tre dita di seta, ed oro, come un frontale. Non lasciano perdere cosa [p. 111 modifica]gli accorti Cinesi: prima dell’alba per quel cammino vanno in sù, e giù i contadini con due cesti appesi ad un’asta avanti, e dietro, raccogliendo gli escrementi degli animali, per ingranar la terra. Altri con un rastello di legni uncinati, tratto per terra, raccolgono le paglie, e le fronde per lo fuoco, perciocchè le legna quivi costan carissime. Femmo la giornata di 32. miglia.

Venerdì 4. per lo fiume di Xiùnxien andammo a desinare nella Villa di Pecuxò assai bene abitata per la comodità del fiume. Giungemmo la sera nel Borgo della Villa di Sanchinxien. Ha quella due miglia di giro nelle sue buone mura di mattoni: ed è ben popolata, come anche i suoi Borghi, che son forniti di tutto ciò, che è necessario. Femmo in tutto 30. miglia.

Sabato 5. vedemmo la Villa di Ciòceu, la quale benche cinta di bastite di terreno, è nondimeno ben’abitata anche ne’ Borghi. Venimmo a desinar, dopo aver passato un lungo ponte di legno, e due altri di pietra, nella Villa di Liolixoa. Partimmo appresso per la Villa di Leanxien-xiè, la quale ha buone mura di mattoni, lunga un miglio: quindi [p. 112 modifica]posammo in quella di Gian Singhien dopo aver fatte 32. miglia. Fù questa penultima giornata nojosa per gli tanti carri, e cammelli, e giumenti, che vanno, e ritornano da Pekin; in tanto che difficilmente potevamo passare. Quivi in tutto il cammino d’uno in due miglia son sempre guardie, che su la strada alzano un mucchio di terra, e sopra quello una casetta di loto, in cui la notte vegghiano per sicuezza de’ passaggieri.

Domenica 6. dopo aver costeggiati asprissimi monti per 20. miglia di strada giunsi in Pekin, dopo due mesi, e undeci giorni di viaggio dal dì, che partii da Canton; essendo andato 2150. Lij per terra da Nankin a Pekin, e 3250. per acqua da Canton a Nankin; contando i Cinesi da Canton a Pekin 5400. Lij di quelli, che contengon ciascuno 260. passi.