I Nibelunghi (1889)/Avventura Trentacinquesima

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Trentacinquesima
Avventura Trentaquattresima Avventura Trentaseesima

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Avventura Trentacinquesima

In che modo Iringo fu ucciso


     Di Danimarca allor gridò il margravio,
Iringo: L’opre mie lunga stagione
A l’onore affidai, buone e leggiadre
Opere feci in assalti e tenzoni
5Di gente in campo. Or tu m’apporta l’armi,
Chè qui restar vogl’io, d’Hàgene a fronte.
     Hàgen gridò: Cotesto io vi sconsiglio!
Però, giù di costà fate voi cenno
Che gli Unni eroi discendano. Se due,
10Se tre di voi sobbalzano in la sala,
Scender io li farò giù pei gradini
Assai malconci. — Ed Iringo dicea:
     Per ciò appunto non vo’ lasciar cotesto,

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Ch’io già prima tentai cotali imprese
15D’alto periglio. E qui vogl’io da solo
Starti di contro con la spada. Oh! dunque
Che mai ti giova la superbia tua,
Quale addimostri a me col tuo sermone?
     Tosto allora fu armato Iringo prode,
20Anche Irnefrido di Turingia, un forte
Giovinetto, ed Hawardo il valoroso,
Con mille eroi. In ciò che Iringo a fare
Incominciava, assisterlo egli vollero.
     Ampio drappello assai vedeva intanto
25Il suonator di giga, e quella schiera
Con Iringo venìa chiusa nell’armi.
Portavan elli sovra il capo avvinte
Celate buone assai. D’alma crucciosa
Volkero ardito allor si fe’. Vedete,
30Hàgene amico, Iringo che s’approccia,
Lui che da solo vantasi col ferro
Di starvi a fronte? A leal cavaliero
Come s’addice la menzogna? Questo
Io commendar non vo’. Mille guerrieri,
35E forse più, vengon con esso armati.

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     Non dite mai ch’io vo’ mentir! gridava
Iringo, l’uom d’Hawardo. Io di gran voglia
Farò ciò che promisi, e non per tema
Alcuna a dietro mi trarrò. Per quanto
40Hàgen tremendo sia, da solo a fronte
Io gli starò. — Pregava con instanza
Iringo allora li congiunti suoi,
Anche gli uomini suoi, perchè il lasciassero
Starsi di fronte al valoroso; e quelli
45Di mala voglia fean cotesto, e noto
A tutti era davvero il baldanzoso
Hàgene di Borgogna. Eppure, a lungo
Quei supplicò che ciò dato gli fosse,
E i suoi consorti che vedean desire
50In lui sì fermo, ch’ei sua gloria ambìa,
Concedean ch’egli andasse. Or, per que’ due,
Orribile tenzone incominciava.
     L’asta in alto levò di Danimarca
Iringo allora; il valoroso prode
55Si coprìa del pavese. Ei per la sala
Sovr’Hàgene correa rapidamente,
E fragore alto assai fra i due guerrieri

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Allora si levò. Di man con forza
Egli appuntâr per i compatti scudi
60L’aste ai fulgidi arnesi, e ne schiantaro
Alti i tronconi assai. Brandîr le spade
I due prodi gagliardi, inferociti.
     Vigor d’Hàgene ardito era assai grande,
E di tal foggia Iringo egli colpìa,
65Che tutta ne suonò la casa intorno.
Echeggiavano forte a’ colpi suoi
Palagio e torri, ma la voglia sua
Iringo battaglier non fe’ compiuta.
     Iringo star lasciò senza ferite
70Hàgene e venne al suonator di giga.
Ei si credea che di gagliardi colpi
Potrìa domarlo, ma sapea l’uom prode
Da ciò bene schermirsi. Il menestrello
Tal colpo gli sferrò, che via le borchie
75Gli schiantâr dallo scudo, a quel vigore
Della man di Volkero, onde costui
Egli lasciò non tocco. Era davvero
Iringo un tristo, e corse egli a Gunthero
Di quelli di Borgogna. Erano forti

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80Entro misura a battagliar cotesti,
Ambo, e l’un l’altro si mandâr lor colpi
Gunthero e Iringo, non però di tanto
Che rifluisse da le piaghe il sangue,
Che ciò togliean quell’armi loro. Ed erano
85Buone e forti quell’armi. Anche Gunthero
Iringo abbandonava e correa forte
Dietro a Gernòt. A sprigionar scintille
Ei cominciò dalle guerresche maglie,
Ma Gernòt, prode di Borgogna, a morte
90Colpì vicino Iringo audace. Un balzo
D’innanzi al prence diè costui, ch’egli era
Agile molto, e quattro de’ Burgundi
D’un sol tratto abbatteva, egli valente
D’assai e prode, quattro di quell’inclita
95Compagnia che da Worms ch’è posta al Reno,
Era venuta. Di più grave sdegno
Ardere allora non potè Gislhero.
     Disse Gislhero giovinetto: Iddio
Ben sa, principe Iringo, in qual mai guisa
100Darete voi di questi che vi giacciono

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Dinanzi a’ piedi qui, guerrieri morti,
Debita pena! — E corse incontro a lui,
E il danese colpì, sì ch’ei restava
Immoto al loco suo. Giù l’abbattea
105Nel sangue, innanzi a sé, Gislhero ardito,
E creder si potea che il buon guerriero
Nessun colpo mai più ne le tenzoni
Sferrato avrìa. Ma si giaceva Iringo
Senza ferita innanzi da Gislhero.
110Al rintronar dell’elmo e al tintinnio
Della spada nemica, i sensi suoi
Smarrìansi forte, sì che di sua vita
Coscienza non ebbe il cavaliero
Ardimentoso. Giselhèr valente
115Fatto cotesto avea con suo vigore.
Ma poichè lo stordir dal capo suo
A fuggir cominciò, ch’ei si dolea
Forte pel colpo sì tremendo, in core
Iringo si pensò: Vivo son io,
120Nè son ferito. Or sì che di Gislhero
Mi si fe’ nota in pria quanta la forza!
     E s’accorgea che stavangli nemici

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Da tutte parti attorno. Oh! se cotesti
apean del vero,1 più d’assai di male
125SFatto ancora gli avrìan! D’accanto a quelli
Anche Gislhero egli scoprìa. Di quale
Foggia involarsi a que’ nemici suoi,
Egli intanto pensava. Oh! come snello
Dritto ei levossi da quel sangue sparso!
130Davver! che a sua snellezza egli dovea
Render sue grazie! Ei si cacciò da quella
Casa correndo, ma incontrossi al varco
In Hàgene, e a costui tremendo colpo
Ei disferrò con la possente mano.
     135Hàgene si pensò: Di morte omai
Esser dêi tu! Se a te non è difesa
Il diavolo maligno, oh! tu non puoi
Andarne salvo! — Ma inferìagli colpo
Iringo, l’elmo trapassando. Questo
140Fe’ con Waske l’eroe; Waske era buona
Arma davvero! Ma poichè ferita

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Hàgen prence toccò, fra le sue mani
In terribile guisa ei fe’ rotare
La spada a cerco, e l’uom fedel d’Hawarto2
145Dovè fuggir. De’ gradi per la scala
Hàgene l’inseguìa. Ma sovra il capo
Tenea lo scudo Iringo ardimentoso,
Nè però intanto ch’ei facesse colpo
Hàgen soffria, non se più lunga ancora
150Di gradi tre stata fosse la scala;
E le scintille che dall’elmo suo
Schiantavano, in qual foggia eran lucenti!
     Novellamente a’ suoi salvo tornava
Iringo intanto, ed a Kriemhilde questo
155Anche fu noto, ciò che fea costui
Ad Hàgene dinanzi in la battaglia.
Molte grazie d’assai incominciava
A render la regina. Oh! ti compensi,
Iringo, illustre cavaliero e buono,

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160Iddio signor! dicea. L’anima e il core
M’hai confortati assai, poichè la veste
D’Hàgen di sangue tinta ora vegg’io!
     Ed ella stessa gli togliea di mano,
Segno d’amor, la targa. — Oh! voi dovete
165Entro misura ringraziarlo! disse
Hàgene allora. S’egli mai volesse
Tentar la prova, bello in cavaliero
Sarìa cotesto. Tornisi qui adunque,
Ed uom sarà di fermo cor. La piaga
170Che toccaimi da lui, poco davvero
Potrà giovarvi! E perchè voi di sangue
Rosse vedete queste maglie mie
Per mia ferita, a dar morte a parecchi,
Sappiate voi, ciò mi sospinge. Ed ora,
175La prima volta inver, son io cruccioso
Per l’uom d’Hawardo, anche se piccol danno
Fecemi Iringo cavaliero. — Intanto
Iringo, l’uom di Danimarca, incontro
Erasi posto allo spirar dell’aria,
180Sè a rinfrescar ne le sue maglie, e l’elmo
Aveasi sciolto. Allor dicean le genti

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Ch’era ben grande la sua forza, e core
Il margravio3 ne assunse alto d’assai.
     Ma Iringo gli dicea: Deh! amico mio,
185Sappiate voi che d’uopo è sì che tosto
L’armi alcuno mi cinga. E meglio assai
Tentar vogl’io se l’uomo oltracotante
M’è dato superar. — Giacea spezzato
Il pavese; un migliore ei ne raccolse.
     190Rapidamente assai di miglior guisa
Fu armato il cavalier. Per l’odio suo
Forte d’assai recossi un’asta in pugno,
E là con essa egli volea di contro
Ad Hàgene restar. Ma il ricevea
195L’uom sanguinario con feroce aspetto.
     Hàgene cavalier già non potea
Attenderlo, e con scuotere e colpire
D’armi in contro gli corse e de’ gradini
In sino al fondo. Grande il suo disdegno,
200E picciol frutto Iringo si toccava
Dalla sua forza. Ei di tal guisa i colpi

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Su le targhe vibrâr, che fean principio
Scintille a turbinar d’un rosso fuoco,
E l’uom d’Hawarto d’Hàgene dal ferro
205Grave, per la corazza e per lo scudo,
Ebbesi una ferita. Oh! da tal piaga
Ei non guarì più mai! Come toccava
Questa ferita Iringo cavaliero,
Alla cinghia dell’elmo alto si trasse
210Lo scudo, e ratto si pensò che pieno
Era il danno che s’ebbe. Oh! ma più fiero
Colpo di re Gunthèr l’uom gli assestava!4
     Hàgen scoverse innanzi a’ piedi suoi
Giacersi un’asta. Iringo ei ne colpìa,
215Di Danimarca il prode, in cotal guisa,
Che il troncon gli sporgea fuori dal capo.
Hàgen valente gli ebbe fatta allora
Trista la fin del viver suo. Dovette
Appo i Danesi suoi ritrarsi Iringo,
220E pria che al prode sciolta la celata
Per altri fosse, l’asta via dal capo

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Altri gli svelse. Avvicinava omai
La morte sua. Piangean li suoi congiunti,
Chè vera doglia li toccò. Su lui
225Chinossi allora la regina e a piangere
Il forte Iringo incominciò. Piangea
Le ferite di lui, grave dolore
L’era cotesto assai. Ma il cavaliero
Ardito e accorto innanzi a’ suoi congiunti
230Così dicea: Lasciate il pianto voi,
Inclita donna! E che vi giova il pianto?
Abbandonar degg’io veracemente
La vita mia per piaghe che toccai.
La morte più non vuol ch’io lungo tempo
235Ad Ètzel presti e a voi li miei servigi.
     A quei di Danimarca e di Turingia
Ei disse allora: Di nessun la mano
Accolga d’ora in poi della regina
I doni, l’oro suo che assai risplende.
240Veder dovrà la morte sua chi a fronte
D’Hàgene sta. — N’è pallido il colore
E della morte già si porta i segni
L’ardito Iringo. Fiera doglia a lui!

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Chè salvo non potea quest’uom d’Hawarto
245Uscirne mai. A una battaglia ancora
Quelli scender dovean di Danimarca.5
     Irnefrido et Hawarto alla regale
Magione si balzâr con mille prodi,
E terribile strepito s’udìa
250Da tutte parti, intenso e forte. Oh! quante
Aste possenti fûr vibrate quivi
Contro a quei di Borgogna! Ed Irnefrido
Arditamente al menestrello corse,
Chè grave danno da la man di lui
255Toccato avea.6 Ma l’inclito di giga
Suonator lui colpì, per l’elmo forte,
Lui, di terre signor. Deh! che cotesto
Gli fu mal che bastò! Prence Irnefrido
Colpì di giga il suonator gagliardo,
260Sì che i gheroni de le maglie forte
Schiantar dovean. Se ne coprì (lucenti

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Eran di fuoco) la corazza;7 eppure,
Morto cadea dinanzi al menestrello
Quel di terre signore. Hàgene e Hawarto
265Incontravansi allor. Chi li guardava,
Mirar dovea portenti. Ora, alle inani
Cadean de’ forti colpi assai di spada,
E per costui de la Burgundia terra8
Morir dovette Hawarto. Allor che spento
270Di Danimarca e di Turingia i prodi
Videro il prence loro, alto e tremendo
Per quella casa si levò scompiglio,
Pria che con mano poderosa attingere
Ei potesser la soglia. Elmi e pavesi
275Andâr spezzati in novero d’assai.
     Itene a dietro e fate sì ch’egli entrino!
Gridò Volkero. Non vedranno mai
Compir desìo ch’egli hanno, ed anche è d’uopo

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Che muoian tutti qui. Con la lor morte
280Ciò che lor dava la regina, ei mietono.
     Come balzâr dentro la sala quelli
Ardimentosi, caddero di molti
Le teste al suol, sì che a’ tremendi colpi
Fu lor d’uopo morir. Bene pugnava
285Gernòt ardito, e Giselhèr valente
Cotesto anche facea. Mille nell’aula
Entraro e quattro, e sibili tremendi
Fûr visti lampeggiar da’ ferri in volta.
Tutti là dentro caddero conquisi
290Esti prodi; oh! davver che meraviglie
Dir si potean di quelli di Borgogna!
     Un silenzio seguì là v’echeggiava
Fragore in prima, e in tutte parti il sangue
Da’ morti eroi scorrea giù pei pertugi,
295Per le doccie scorrea. Fatto cotesto
Quelli del Reno avean con lor valore.
     Or si assidean per riposarsi alquanto
Quei della terra di Borgogna. L’armi
Ei si calâr di mano e i lor pavesi,
300Ma dinanzi a l’albergo anche si stava

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L’accorto menestrello. Egli attendea
Se alcuno mai volesse in giostra seco
Tornarsi ancora. Intanto, assai piangeva
Ètzel re, ciò facea quella sua donna,
305E si dolean dame e fanciulle. Credo
Che lor rovina ordì la morte stessa.
Per gli ospiti però molti ne andavano
Anche perduti valorosi prodi.





Note

  1. Cioè che Iringo non era morto.
  2. Iringo.
  3. Hawardo.
  4. Hàgene.
  5. Dovevano far ciò per vendicar la morte d’Iringo.
  6. Con la morte d’Iringo.
  7. Le maglie squarciate, nel cadere, coprirono la corazza. Tale è l’interpretazione di questo passo oscuro data dal Bartsch.
  8. Hàgene.