I cacciatori di foche della baia di Baffin/2. Gli orsi bianchi

Da Wikisource.
2. Gli orsi bianchi

../1. Attraverso i ghiacci della baia di Baffin ../3. La scomparsa del Polaris IncludiIntestazione 30 marzo 2020 100% Da definire

1. Attraverso i ghiacci della baia di Baffin 3. La scomparsa del Polaris


[p. 138 modifica]

CAPITOLO II.

Gli orsi bianchi.


I
tre marinai della Shannon, vedendo cadere il loro vecchio mastro e l’orso precipitarsi innanzi, si erano coraggiosamente lanciati in soccorso del pover’uomo. Vedendo però che non potevano giungere in tempo in causa della neve che non si era ancora indurita e che imprigionava i loro piedi, scaricarono le loro carabine, colla speranza di abbattere il formidabile avversario.

La belva, toccata da qualche palla, infatti cadde, ma si rialzò prontamente. La sua pelliccia era macchiata di sangue un po’ sotto la spalla destra, ma forse quella ferita non era mortale, possedendo quei mostri dei ghiacci eterni una vitalità veramente prodigiosa, pari a quella degli orsi grigi delle Montagne Rocciose.

Quel momento di sosta era bastato pel vecchio Tyndhall. Con un’agilità sorprendente pei suoi cinquant’anni, il gigante si era rialzato. Aveva lasciato nella neve il fucile, arma ormai inutile quanto un bastone, ma aveva impugnato il bowie-knife.

Vedendo l’orso venirgli addosso, invece di attenderlo lo caricò con grande furia, a corpo perduto, puntandogli un ginocchio nel ventre per non farsi stritolare le ossa [p. 139 modifica] o soffocare fra la folta pelliccia, poi colla mano armata vibrò una coltellata così violenta che la lama intera si immerse.

Quantunque nuovamente ferito, e forse mortalmente, la belva non cadde. Aveva strette le zampacce attorno all’avversario e cercava di soffocarlo con una potente stretta, mentre colle mascelle tentava di stritolargli il cranio; ma mastro Tyndhall non era alla sua prima lotta e mentre abbassava sempre più il capo, col ginocchio puntava con sovrumano vigore.

– Tenete fermo, padrone! gridarono i marinai, che avevano impugnati i ramponi.

– Non temete, rispose il mastro, che non abbandonava il manico del coltello. Cacciate un rampone nel corpo di questo vecchio birbone!

Charchot, che già si trovava vicino, alzò la terribile arma, munita di un ferro di lancia in forma di V, ma coi margini interni assai grossi, e vibrò un colpo disperato. La lama scomparve tutta intera nel dorso dell’orso troncandogli la spina dorsale e vi rimase infissa.

Quel colpo, vibrato con grande destrezza, era mortale. Tyndhall sentì la stretta allentarsi, poi vide il colosso piombare a terra, agitato da furiose convulsioni.

– Al diavolo il vecchio dal pelo bianco! gridò il mastro. Ancora un poco e mi sgretolava il cranio come fosse un semplice biscotto.

– Siete ferito, mastro? chiesero i marinai.

– No, ma se Charchot tardava un po’, la mia grossa casacca di tela non mi avrebbe salvato dagli artigli di quel... Oh!...

– Lampi!...

– Corna di caribou!...

– Alla barca!... Alla barca!... [p. 140 modifica]

Quelle diverse grida erano state strappate dalla improvvisa comparsa di due altri orsi; una grande femmina ed un orsacchiotto, ma che era già abbastanza sviluppato ed in grado di far uso dei suoi denti e dei suoi artigli.

Senza dubbio erano stati attirati dagli spari ed accorrevano, se non più per aiutare, almeno per vendicare il vecchio maschio.

Prima ancora che il mastro ed i marinai potessero battere in ritirata, l’orsa, che pareva furiosa, si era gettata su di loro, emettendo rauche urla.

Ai marinai mancava il tempo di ricaricare le armi e per fuggire era troppo tardi, poichè quelle belve dei ghiacci eterni, sebbene siano grosse e pesanti, corrono molto più rapidamente degli uomini. Bisognava accettare il combattimento o soccombere.

– Coraggio, ragazzi! tuonò mastro Tyndhall, strappando un rampone a Grinnell. Io vi do l’esempio.

E senza attendere i compagni assalì coraggiosamente l’orsa, mentre Charchot e Mac-Chanty si gettavano sull’orsacchiotto che accorreva in aiuto della madre, e Grinnell afferrava precipitosamente la scure che portava appesa alla cintola.

I tre marinai rimasti a bordo della Shannon, vedendo i loro compagni in pericolo, s’affrettarono a balzare sul pack; e mentre uno di loro teneva la gomena per impedire che la barca si allontanasse, gli altri si slanciarono verso il luogo della lotta seguiti dal grosso cane di Terranuova.

Intanto mastro Tyndhall, niente affatto spaventato dalle urla dell’orsa, tentava di colpirla mortalmente. Già le aveva vibrato un colpo in pieno petto producendole una larga ferita dalla quale sgorgava il sangue in grande copia, ma non era mortale. [p. 141 modifica]

La belva balzava a destra ed a sinistra con rapidità sorprendente, sfuggendo ai colpi di rampone ed ai colpi di scure che Grinnell le vibrava.

Ad un tratto il grosso cane di Terranuova entrò in campo abbaiando con furore. Senza badare al pericolo, balzò contro l’animale mordendolo ferocemente ai garretti.

Mastro Tyndhall vedendo l’orsa curvarsi per difendersi da quel nuovo avversario, vibrò un ultimo e più tremendo colpo di rampone. L’arma acuta e tagliente, diretta da quel braccio formidabile, entrò più di mezza nella carne.

Un colpo di scure di Grinnell, assestato sul cranio della fiera, bastò per completare la vittoria.

L’orsacchiotto, vedendo cadere la madre, fuggì di galoppo verso un accatastamento di hummoks, scomparendo agli sguardi dei marinai.

– Per centomila foche! tuonò il mastro. Speriamo che la sia finita con queste dannate bestiacce!... Presto, ragazzi, assicurate la gomena della Shannon.

– È fatto, mastro, risposero i due marinai che erano accorsi in aiuto dei compagni.

– I ghiacci urteranno la barca?...

– No, mastro Tyndhall. Siamo perfettamente riparati e non corriamo alcun pericolo.

– Allora possiamo gustare un po’ di riposo.

– E dare un colpo di dente ad un arrosto d’orso, disse Charchot. Un po’ di carne fresca la desideravo davvero.

– Ne abbiamo per tre settimane, mio bravo cacciatore. È una provvista preziosa guadagnata con poca fatica e che terrà lontano lo scorbuto. Mac-Chanty, tu che sei il più abile, puoi scuoiare le nostre due bestie. [p. 142 modifica]

– Sì, mastro.

– Tu, Grinnell; che vai pazzo per gli arrosti, t’incaricherai della cucina. Quando avremo mangiato discorreremo, amici miei.

– Sul viaggio? chiesero i marinai, vivamente.

– Sì, ragazzi. Vi dirò il motivo per cui vi ho guidati in mezzo ai ghiacci della baia di Baffin in una stagione così inoltrata, mentre tutte le altre navi fuggono ormai al sud a vele sciolte.

– Era tempo, mastro, disse Charchot. Se continuavate a rimanere muto, come un pesce, io non vi avrei seguìto per molto tempo, diamine!... Salire verso il nord al principiare dell’inverno polare, è una pazzia.

– Ma che il governo dell’Unione paga bene, rispose Tyndhall. Vi ho arruolati con una paga che nemmeno un capitano di corvetta può guadagnare. Vieni, Charchot. Intanto che i nostri compagni scorticano gli orsi, noi andremo a dare uno sguardo ai ghiacci della baia. Spero di trovare qualche passaggio libero verso l’ovest.

Mastro Tyndhall ricaricò con grande cura il suo fucile onde trovarsi pronto nel caso che l’orsacchiotto cercasse di assalirlo e si diresse verso un altissimo ice-berg che si era incrostato al campo di ghiaccio.

Charchot lo aveva seguito portando due ramponi, armi di difesa, ma anche validissime in una ascensione sulle montagne di ghiaccio.

Giunti alla base dell'ice-berg, s’arrestarono alcuni istanti per cercare dei crepacci che permettessero a loro d’intraprendere la difficile salita e trovato una specie d’incavo che pareva fosse stato prodotto dalla fusione delle più alte cime del colosso, aiutandosi l’un l’altro e piantando profondamente i ramponi, cominciarono ad elevarsi lentamente. [p. 143 modifica]

L’ascensione era faticosa e anche pericolosa su quei pendii così lisci e così sdrucciolevoli; ma quei due uomini ne avevano compite ben altre sulle coste del Labrador e su quelle della Terra di Baffin, e dopo mezz’ora riuscivano a raggiungere le più alte cime.

Mastro Tyndhall gettò un lungo sguardo all’intorno, riparandosi gli occhi colle mani per vincere quella luce bianca, acciecante, prodotta dal rifrangersi della luce sui grandi campi di ghiaccio e che i naviganti delle regioni polari chiamano ice-blink.

L’ampia baia di Baffin era quasi tutta coperta di packs, di streams, di ice-bergs e di hummoks che la corrente trascinava confusamente verso lo stretto di Davis e verso le coste occidentali della lontana Groenlandia.

Qua e là però si vedevano degli spazi liberi e dei vasti canali, ma che ad ogni istante cambiavano dimensioni pel continuo agitarsi di quei bianchi figli del gelido polo.

Nessuna nave, nessuna barca si vedevano navigare fra quegli spazi liberi e nemmeno alcuna costa si scorgeva sul fosco e ormai nebbioso orizzonte. Solamente pochi uccelli, dei gabbiani, qualche oca bernida e qualche procellaria volavano silenziosamente sui ghiacci, dirigendosi verso il sud.

Mastro Tyndhall fissò l’acuto sguardo verso l’ovest, rimanendo immobile parecchi minuti. Pareva che in quella direzione cercasse di discernere qualche costa, che il nebbione aveva ormai reso invisibile.

– Eppure non dobbiamo essere lontani, mormorò, crollando il capo.

Poi volgendosi verso il compagno, gli chiese:

– Charchot, vedi nessuna terra verso l’ovest?

– Non vedo che nebbia e ghiacci, rispose il marinaio, dopo d’aver guardato con grande attenzione. [p. 144 modifica]

– Allora abbiamo camminato come i granchi o poco meno, disse il mastro. Sono già due buone settimane che abbiamo lasciata Discko.

– Quindici giorni precisi, mastro.

– Mi sembra strano che non si possa ancora vedere la costa di Cumberland.

– Ma ditemi, mastro, dove andiamo noi? Sono quindici giorni che ve lo domandiamo senza che vi si possa strappare una risposta.

– Oggi ve lo dirò.

– Finalmente!... Comprenderete, mastro, che avventurarsi agli ultimi di settembre fra i ghiacci del polo, in così piccolo numero, su di una barca solida sì, ma sempre troppo piccola per un lungo svernamento, e senza sapere dove si vada, non è una grande bella cosa. Ci avete arruolati con delle paghe straordinarie, è vero, ma ci va di mezzo la pelle.

– È vero, rispose il mastro, sorridendo, ma ti ho detto che oggi parlerò.

– E saremo ben lieti. Voi sapete che noi siamo uomini da seguirvi anche al polo.

– Lo vedremo, Charchot.

– Diavolo! esclamò il marinaio. Ho detto di seguirvi fino al polo, ma spero che non avrete l’idea di condurci fino là.

– No, ma ben lontani di certo, ed è per la tema di un rifiuto da parte vostra che finora non ho parlato. Andiamo a far colazione, amico Charchot, e fra due bottiglie di gin e di whisky apprenderai lo scopo del nostro viaggio.