I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento/Del teatro antico/Descrizione del monumento

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II. Descrizione del monumento

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Del teatro antico - Erroneamente fu ritenuto anfiteatro Del teatro antico - Epoca del monumento
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ii. descrizione del monumento


La icnografia del maestoso teatro non è lavoro di fantasia sulle tracce di pochi ruderi, ma sibbene il frutto di un paziente e dispendioso lavoro di scavi e di rilevamento. Tutto ciò si vedrà ivi raffigurato esiste; esistono gli ambulatorii del pianterreno [p. 344 modifica]con le loro volte, esistono i vomitorii, esistono le volte di sostegno delle scale, esiste l’orchestra, esiste la scena. Per quei corridoi ho camminato, sotto quelle volte son penetrato, sebbene spesso con grave disagio, della scena vedo ogni giorno il muro postico elevarsi dal piano della campagna. Oggi quegli ambulacri, quegli anditi, quei vomitorii, per la più parte nel completo dominio privato, sono adibiti a cantine, a pozzi neri, e qualcuno addirittura ad abitazione!

Il pianterreno, o primo ordine del Monumento, è per conseguenza quasi tutto sotterra; ne emerge soltanto poca parte. Su di questi si elevano (Tav. XLIX) degli altri due ordini informi ruderi, racchiusi la più parte da moderne abitazioni. Sull’estradosso delle volte degli ambulacri e dei vomitorii corrono una strada e alcuni vicoletti, ed una strada circonda tutto il portico esterno del teatro.

Dopo quello che dissi sulla fine del paragrafo precedente, non deve recar meraviglia se questo grandioso teatro non sia affatto conosciuto. Han saputo i dotti, ha saputo mai il Ministero della Pubblica Istruzione che a Benevento esiste un teatro antico, quasi perfettamente conservato nel pianterreno, e meritevole di esser dichiarato Monumento Nazionale? Se il Prof. Sorda lo scambiava per un crittoportico, gli altri patrii scrittori lo credettero un anfiteatro; ancora oggidì la via che lo circonda e i vicoli che lo attraversano son denominati nelle pubbliche tabelle viarie via e vicoli anfiteatro. Voglio sperare che dopo questa mia pubblicazione il Consiglio Comunale cambierà la erronea denominazione. Così spero pure che lo Stato e il Comune di Benevento si accingano ad espropriare, per ora, almeno tutta la parte sotterranea, al fine di mostrare al pubblico un Monumento così grandioso.

Esaminiamone ora un poco la icnografia (Tav. XLVI).

Il muro postico della scena misura la lunghezza di m. 88,80; ma il diametro del perimetro esterno semicircolare del teatro è ancora più lungo, a causa dello sporto delle colonne addossate ai pilastri e del primo scalino o zoccolo del monumento. Donde vedesi già che per le sue dimensioni questo teatro eguagliava quasi quello di Marcello a Roma. Ventitre arcate eguali t, intercalate [p. 345 modifica]

Tav. XLVIII.


Particolari dell’ordine del pianterreno dell’antico teatro

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da pilastri o, costituiscono l’intercolunnio arcuato; altre due arcate attaccano il semicerchio al rettangolo della scena con due corridoi c, che vanno dritti dalla periferia all’orchestra. Le prime danno adito al primo ambulacro semicircolare n n n; ed alternativamente corrispondono, per mezzo delle altre arcate interne m, m', m'', o direttamente alla scala l, o alla scala l' di ritorno dal secondo ambulacro semicircolare i i i, o al corridoio traverso l'', il quale collega i due sudetti ambulacri semicircolari n, n, n e i, i, i. Da quest’ultimo, per di sotto gli archi g ed h, si perviene o nel compreso e o in quello f. Il primo non ha uscita, ed è coverto da una volta conica, la quale era di sostegno alla prima cavea. Il secondo, invece, costituiva un vomitorio, dal quale, mediante la scaletta f'', si perveniva ai posti della prima cavea. Di esso, però, una sezione 1h, coverta da volta, faceva pure da sostegno della prima cavea, mentre il tratto f' rimaneva scoverto. Gli archi k, k', k'' e quelli m, m', m'' limitavano la lunghezza delle scale priricipali, il cui senso in ascesa è determinato dalla direzione della freccia. I corridoi c, c, convergenti verso l’orchestra, vanno restringendosi dalla periferia al cerchio dell’orchestra. Su di essi stavano le tribune per i magistrati e per le vestali.

Di tutti gli ambulacri, i corridoi, le arcate e gli imi recessi accennati esistono tuttora intatte le volte di covertura.

Sulla volta dell’ambulacro i i i correva la precinzione, la quale separava gli stalli della prima cavea, più bassa, da quelli della seconda. Alla sommità di questa si elevava un muro semicircolare sulla verticale del circuito m, m', m'' del pianterreno. Oggi ne esiste ancora qualche avanzo, e in un rudere verso il mezzo del semicerchio stesso m, m', m'' vedesi un nicchio, il quale doveva contenere certamente una statua. Questo muro separava la sommità della cavea dal portico che ivi esisteva, secondo i precetti di Vitruvio, riproducente all’esterno ad un dipresso le stesse arcuazioni t del pianterreno. Questo portico era coverto da tetto.

Dell’orchestra non ho potuto determinare esattamente il diametro per non aver potuto operare uno scavo accosto il suo perimetro semicircolare interno. Da prima io lo aveva assegnato della lunghezza s q, di m. 30,00, facendo riuscire il cerchio tangente in z alla retta z y; ma poi ho pensato che essendo la z y [p. 348 modifica]una obliqua e risultando la grossezza del muro q r s minore di quella dei muri concentrici g, k, m, t (mentre questo muro riceve tutta la spinta delle volte e col relativo sovraccarico), tale ipotesi non fosse accettabile, e che, invece, il raggio dell’orchestra fosse limitato alla lunghezza d x di m. 14,40. Con questa ipotesi la grossezza del muro q r s risulterebbe eguale a quella degli altri sudetti muri concentrici, e il cerchio dell’orchestra, x u, risulterebbe tangente in u alla retta u y v, la quale non solo è parallela al diametro, ma concorre al punto v, centro di un torrino, il quale con la sua concavità rivolta all’orchestra, dimostra essere stato probabilmente un nicchio della scena, così come vedesi nei teatri di Pompeo e di Marcello.

Così si troverebbe pure la lunghezza della scena, dal compreso 4 di sinistra al suo corrispondente di destra, essere il doppio del diametro dell’orchestra, giusto il precetto di Vitruvio1.

L’andito 4, in comunicazione con il corridoio c, e quindi con l’orchestra, faceva passare da questo al portico esterno, postico alla scena, e di più faceva montare sulla scena stessa per via di scale. Scavi più completi metterebbero a nudo tante altre parti della scena che io non ho potuto disseppellire.

Come dissi, il muro postico della scena si eleva ancora tuttodì molto alto dal piano degli orti contigui. È costruito col paramento visto o cortina di laterizii. Mostra di tratto in tratto delle piattabande pure di laterizii.

Alfonso de Blasio2 asserisce che le colonne doriche di marmo bianco scannellate che sono al presente nel nostro Duomo sieno state prese dalla scena di questo teatro; ma egli non riporta nessun documento a sostegno di questa sua opinione.

Del portico semicircolare esterno presento i particolari in quattro figure della Tav. XLVII. Sebbene queste sieno chiare di per sè, pur tuttavia mi tocca aggiungere una particolare descrizione.

Pilastri — I pilastri si compongono (figure 1.a, 2.a e 4.a) di un’appendice interna i, x, reggente le volte dell’ambulacro, del pilastro esterno k, v, f, reggente le arcate esteriori del portico con [p. 349 modifica]l’imposta più bassa del primo, e di una colonna e, sporgente per due terzi dal fronte di quest’ultimo. Il pilastro esterno si eleva su di una base composta di alto zoccolo o plinto, di un toro, di un listello e di un guscio, ed è coronato per tre lati da una cornice di imposta con astragalo (Tav. XLVII figura 1.a e 2.a e Tav. XLVIII). La colonna ha la stessa base del pilastro con l’aggiunta di un altro piccolo toro al di sopra del guscio, che questa volta è più basso. Tanto il pilastro esterno che l’interno son costituiti di grossi parallelepipedi di pietra calcarea. La base della colonna e quella del pilastro esterno, sino alle risvolte, formano un sol grosso masso di pietra. Molti pezzi delle colonne, come quelli p, d, e (Tav. XLVII fig. 1.a e 3.a) fanno parte del pilastro o del timpano.

Arcate — Nove grossi cunei di pietta calcarea, con estradosso piano, formano il fronte dell’arcata, larga m. 3,50, alta dal secondo scalino m. 4,62. La serraglia q (Tav. XLVII fig. 1.a, 2.a e 3.a) è alta m. 1,00 e lunga m. 1,87, cioè undici centimetri più lunga del pilastro esterno, che è grosso m. 1,76. Tutto il rimanente dell’arcata è costituito pure di grossi cunei di pietra calcarea. Degli stessi grossi massi son costituiti eziandio i timpani ed i rinfranchi tanto delle arcate (Tav. XLVII fig. 1.a e 3.a) che della volta del primo ambulacro semicircolare. Il rimanente della volta di quest’ultimo è costituito di un filare di tufi e di uno di grossi laterizii, siccome vedesi raffigurato nell’intervallo r s (fig. 3.a). Il fronte esterno dell’arcata a (fig. 1.a) era decorato dell’archivolto scorniciato c (vedesi meglio rappresentato nella Tav. XLVIII), molto consunto dal tempo. Esso era ricavato dagli stessi cunei dell’arcata.

Ordine — Sull’estradosso piano dell’arcata doveva poggiare la trabeazione; e per conseguenza al livello dell’estradosso stesso doveva terminare la colonna col suo capitello. Oggi non esistono più tracce, almeno nelle parti visibili del monumento (ammeno che non ve ne sieno nelle muraglie delle case contigue) della trabeazione e dei capitelli delle colonne. Di quest’ultimi dovea esistere qualcuno ai tempi dell’erudito Giovanni Colle De Vita, imperocchè egli nella citata sua opera3 riporta una incisione in [p. 350 modifica]cui appare una colonna con capitello. L’altezza di tutta la colonna, compresi base e capitello, era di diametri sei e mezzo, ossia moduli tredici. Sia da queste proporzioni, che dalle sagome della base, si argomenta che l’ordine inferiore del teatro dovea essere il Toscano, alquanto greve. Al di sopra di esso esistevano altri due ordini, l’uno sino all’altezza della seconda cavea, l’altro da questa al tetto. E di tre ordini soprapposti componevansi appunto i teatri di Pompeo e di Marcello. Nello scorso anno (1892) scavandosi una grotta in una casa ivi prossima, venne alla luce un grossissimo pezzo di pietra calcarea appartenente forse ad una delle trabeazioni degli ordini del teatro, perchè aveva una curvatura esterna convessa. Esso aveva le dimensioni di m. 1,35 × 1,32 × 0,84 ed abbracciava l’architrave e il fregio. La cornice dell’architrave costituita di un listello, della gola rovescia e di due fasce divise da un fusarolo, accenna tanto all’ordine ionico che al corintio. Però, essendo il pianterreno decorato dell’ordine toscano, è a credere che su di esso non vi fossero che prima il dorico e poi il ionico. Onde quel masso si sarebbe appartenuto alla cornice ultima di coronamento.

Il portico esterno del pianterreno si eleva di uno scalino o (Tav. XLVII fig. 1.a 2.a e 4.a), che ricorre tutto intorno. Però in epoca posteriore alla prima costruzione, e forse a creder mio per garentirsi dalle piene del fiume Sabato o dalle acque pluviali cadenti sulla strada, al primo scalino fu aggiunto un altro n nella luce delle arcate. E che sia stato aggiunto apparisce manifesto non solo dalla mancanza di ricorrenza rispetto alle linee della base e del pieno dei pilastri, ma benanche dal notare due grossezze di pavimento l’una sull’altra (fig. 2.a) per raggiungere il nuovo livello l m dello scalino aggiunto. Il pavimento sottoposto è di grossi lastroni di argilla di 0m,61 × 0,61 × 0,04, mentre il superiore è di battuto, spesso da 0m,10 a 0,15. Vi ha di più. Accosto il primo scalino rinvenni dei tegoloni di argilla lunghi 0m,90, larghi 0,62, situati in guisa da formare un canale di scolo delle acque.

Il pavimento degli ambulacri e degli anditi non serba un piano orizzontale, ma va in declivio dall’ambulacro n n n verso l’ambulacro i i i sin dentro i cavi o celle e (Tav. XLVI). Così [p. 351 modifica]

Tav. XLIX.


Veduta dei ruderi del 1.° e 2.° piano dell’antico teatro in Benevento.

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essendo, il suolo dell’orchestra riuscir dovea più basso del livello della soglia delle arcate esterne, giusto come vedesi praticato anche nei teatri di Marcello e di Ercolano4.

Tutti gli archi son di mattoni, e di mattoni son pure i paramenti visti dei pilastri interni e dei muri lungo i corridoi e gli ambulacri. Il masso interno è di muratura emplecton, stratificata ad altezze costanti da grossi mattoni di argilla di 0m,61 × 0,61 × 0,04. L’emplecton, al solito, è formato di ciottoli di fiume e di buona malta di rapillo vulcanico. La muratura delle celle e (Tav. XLVI) è di pietrame calcareo senza apparecchio per l’altezza di m. 0,85 dal piano di risega della fondazione; è reticolata con pietrame calcareo per l’altezza di 0m,35; e nel rimanente, sino al nascimento della volta, ha la cortina o paramento visto di mattoni.

Avendo avuto la ventura di poter scendere fin sotto il piano di risega delle fondazioni, constatai che queste furono costruite entro cassoni di legno. Esistono a distanza, nella muratura, gli incassi dei travicelli verticali e le impronte delle tavolette orizzontali che insieme ai primi formavano le casse.

Prima di por termine a questo capitolo, devo aggiungere alcuni altri schiarimenti.

Vitruvio5 consigliava di situare un portico alla sommità della cavea, come lo si vede disegnato da Canina per i teatri di Pompeo e di Marcello6; perchè esso impediva la dispersione delle onde sonore che venivano emesse dalla scena; di più riparava gli spettatori della summa cavea dai raggi del sole, e permetteva disporvi al di sotto gli stalli della plebe più bassa, che non era ammessa a sedere neppure nella summa cavea. Il Canina stesso, però, riconosce che non tutti i teatri lo abbiano avuto7.

Sovente sulla sommità della cavea girava un muro, semplice o decorato, come se ne ha esempio nel teatro di Ercolano. Così era cinta la cavea del nostro teatro dal muro che dissi elevarsi al secondo ordine sulla verticale del perimetro m, m', m'' (Tav. XLVI). Questo muro poteva essere pure decorato di un ordine [p. 354 modifica]o con colonne addossate alla parete, o con semplici paraste. E i nicchi, dei quali ancora evvi un avanzo, decoravano l’intercolunnio. Evidentemente nel nostro teatro il portico, anzi che stare al di dentro della cavea, girava all’esterno, sulla verticale del descritto portico del pianterreno e del primo piano.

Vedemmo che sull’estradosso piano delle arcate del portico esterno al pianterreno (Tav. XLVII, fig. 1.a e 2.a) poggiava la trabeazione dell’ordine. Così essendo, questa faceva da parapetto alle arcate dell’ordine superiore, imperocchè sull’estradosso stesso correva il pavimento del primo piano.

Non devo omettere che la orientazione del teatro sia proprio quella consigliata da Vitruvio8, per non avere urti da mezzogiorno, imperocchè la convessità da questo lato impediva che il sole avesse recato molestia agli spettatori.

Per chiarire le cose dette, e per mostrare al lettore tutte le parti interne del nostro teatro, io avrei voluto darne almeno un solo spaccato verticale; però me ne è mancato il tempo, e ne chiedo venia. Ed avrei voluto tanto più soddisfare a questa mancanza per quanto era vivo in me il desiderio di mostrare che, se di molti antichi teatri si andò indagando per ipotesi le varie membra, nel nostro, invece, quasi tutto l’organismo è al suo posto, massime del pianterreno e della scena. Se ventura portasse che il governo si decidesse a farne eseguire il disseppellimento, si metterebbe in luce uno dei più grandiosi edifizii che gli antichi ci abbiano lasciati.

Note

  1. Op. cit. lib. V, capo VII.
  2. Manoscritto citato.
  3. Thesaurus Antiquitatum Beneventanarum, pag. 84 dissert. X.
  4. Canina Tav. CV e CIX.
  5. Libro V, capo VII.
  6. Tav. CIII e CV.
  7. Canina op. cit. vol. 8, parte II capitolo VI pag. 358.
  8. Libro V, capo VIII.