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I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento/Dell'antichità origine e sito della città di Benevento/Delle antiche vie che passavano per Benevento e primieramente della via Latina

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2. Delle antiche vie che passavano per Benevento e primieramente della via Latina

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2. Delle antiche vie che passavano per Benevento e primieramente della via Latina
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2. delle antiche vie che passavano per benevento
e primieramente della via latina


Una fitta rete di vie intersegava il Sannio prima e dopo di esser divenuto provincia di Roma1, e delle quali varie attraversavano Benevento e il suo territorio, essendo questa città un sito strategico e punto quasi obbligato del commercio con l’Oriente. Ma, pria dei romani, la più parte delle vie erano mulattiere; furono questi che prima le munirono di ghiaia, e poi man mano lastricarono le maggiori. Questo popolo, che si levò tant’alto sulle altre genti, non innalzò soltanto le grandiose moli architettoniche, ma, per poter trasferire i suoi valorosi eserciti e sviluppare il commercio, costruì vie meravigliose e gittò ponti monumentali, i cui vestigii ancora tuttodì formano l'ammierazione degli intelligenti.

Oltre alle notizie che rattrovansi sparse nei varii antichi autori intorno alle grandi vie dell’impero romano, tre documenti ce ne han conservato più precise notizie; essi sono: l’Itinerario di Antonino, quello Gerosolimitano e la Tavola Peutingeriana2; ai quali documenti faremo sovente ricorso. [p. 247 modifica]

Tav. XXXVI.


Veduta sopra corrente del Ponte Tufaro

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La Tavola Peutingeriana3 segna cinque vie uscenti da Benevento: il ramo dell’Appia per Caudio e quindi per Roma, una via per Sirpium4 e Sepinum5, che si congiungeva con Alife, la via Ignatia per Troia, il prosieguo dell’Appia per Eclano e Venosa, e finalmente una via per Avellino. Vi torneremo sopra.

Troppo dovrei dilungarmi, se volessi entrare in un argomento così vasto di tutte le vie di questa nostra importante regione; e non si confarrebbe al lavoro attuale; mi restringerò, per conseguenza, a parlare delle sole vie Latina, Egnatia, Appia e Traiana.

Una delle tre vie che Strabone chiamò nobilissimae viarum6 (le altre due son l’Appia e la Valeria) era la Latina, così detta perchè menava nel Latio. Essa, uscendo da Roma per la porta omonima, correva tra l′Appia a destra e la Valeria a sinistra, sino a Casilino7, ove incontrava l’Appia. Passava per Tusculo, per il distrutto castello di Algido, per Anagni, Ferentino Frusino, per il territorio dell’antica Fregella, la quale lasciava sulla sinistra, per Interamna, oggi Isoletta del Liri, alla confluenza del Liri col Garigliano, per Aquino, Cassino e Teano. A Casilino la [p. 250 modifica]via perdeva il suo nome di Latina propriamente, ma da Teano, secondo l’Itinerario di Antonino, staccavasi un ramo, che per Alife e Telese menava a Benevento8.

Non mi occuperò a descrivere più particolarmente il cammino sino a Telese, nè altri rami secondarii della stessa via, i quali portavano pure a Benevento, per potermi intrattenere alquanto sul tratto che più ci interessa da Telese a Benevento. Pratilli asserisce9 che questo ramo della via Latina traversava il fiume Sabato al di sotto di Pietrelcina, e giungeva in Benevento per un luogo che dice chiamarsi dal volgo Santa Maria della Strada. Innanzi tutto la via latina non toccava affatto il fiume Sabato, il quale scorre nel versante meridionale, ma risaliva la sponda destra del Calore. È vero che il primo si scarica in questo, a piè di Benevento, ma, riuniti, conservano il nome unico di Calore, sino allo sbocco nel Volturno. E poi questo ramo di via non cavalcava il corso d’acqua a valle, ma a monte della confluenza del Sabato col Calore, al termine della contrada Cellarulo10, nel sito dove ancor oggi vedonsi i ruderi di un ponte, che per tanto è detto Ponte Fratto, cioè ponte rotto. Questi ruderi veramente non si appartengono all’antichissimo ponte romano, ma è indubitato che la via abbia cavalcato colà il corso d’acqua, imperocchè esistono ancora sotto l’attuale livello di campagna sufficienti avanzi della via romana da questo ponte al nuovo tempio di Maria SS. delle Grazie, abbenchè vandalicamente anno per anno li sieno andati distruggendo.

Da due tavole topografiche, l’una della città e l’altra del territorio di Benevento, alligate al tomo II dell’opera citata del Borgia11, rilevo che questi abbia segnato il cammino di questa via, che intitola «Strada romana per la via di S. Germano» per la campagna Beneventana di Roseto, a partire dall’attuale Ponte Calore, accosto la città, facendola risalire per di sotto la masseria [p. 251 modifica]della Caprara. La qual cosa non parmi esatta. È vero che tutte le vie menavano a Roma, secondo l’adagio volgare, ma, se fosse esatta la idea di Borgia, non sarebbe spiegabile la esistenza di Ponte Fratto in un sito tanto a valle e lontano dal cammino tracciato da Lui sulle sue piante topografiche. Invece, sia per l’ubicazione di questo ponte, sia per l’obbiettivo che doveva avere la via, di convergere il più brevemente sulla città, che allora era situata in contrada Cellarulo12, la via stessa doveva svolgersi a mezzodì ed occidente della collina di S. Vitale, secondo la via mulattiera ancora esistente a dispetto del vandalismo esercitatovi per secoli. E la via segnata da Borgia dovette essere un braccio differente dal principale, il quale nell’epoca di mezzo potè divenire il più frequentato, quando cominciò l’abbandono delle valli per rifugiarsi sui colli e sui monti. E certamente la via segnata da Borgia percorse Carlo d’Angiò, allorchè venne a dar battaglia a Manfredi13.

Oltre il ramo che da Ponte Fratto entrava immediatamente nell’antica città14, un altro dal ponte medesimo continuava il cammino sulla sponda destra del Calore, cavalcava il valloncello Malecagna, e poi, volgendo a destra, dirigevasi un’altra volta in linea retta verso l’attuale città, secondo è segnato oggi dalla mulattiera che sola dal vallone sudetto menava per la piana dei Mazzone a Benevento, pria della costruzione del viale per la stazione ferroviaria. Però anticamente altri ponti esistevano sul Calore accosto la città attuale. Uno era sito dove al presente è il pubblico macello, in contrada Posillipo; e se ne distinguono ancor bene la spalla sinistra, in parte di opera laterizia, e, allorquando il fiume è in magra, la fondazione di una pila. Di questo ponte ha preso le veci l’attuale, il quale nella parte più antica sotto corrente si appalesa di costruzione medioevale, e nella parte sopra corrente fu costruito dal celebre Vanvitelli15, che lo prolungò [p. 252 modifica]di un’arcata e lo allargò. Altro ponte era quello della Maurella, i cui ruderi scorgonsi ancora su ambo le sponde a monte dell’attuale Ponte Calore. Tali ruderi veramente non sono di opera romana; ma che sia colà esistito un altro ponte è fatto sicuro, imperocchè da quel punto muoveva una via romana la quale dirigevasi verso la cappella di Santa Lucia, fuori Port’Aurea, un poco più a valle. Le tracce della qual via, fiancheggiata da tombe, furono scoperte ed esaminate da me allorquando, pochi anni or sono, ivi fu cavata la trincea della ferrovia per Avellino. Questo ramo s’innestava, sulla campagna a sinistra del Calore, tanto con l’Egnatia che con l’Appia.

Se è indubitato, dunque, che la via Latina, pervenuta al Ponte Fratto, staccava un ramo a destra per entrare immediatamente sulla contrada Cellarulo, e poi proseguiva di un altro bel tratto per cavalcare il Calore alla Maurella, e innestarsi alle vie Egnatia ed Appia, che menavano nei paesi degli Irpini e dei Dauni, devesi convenire con più sodo criterio che la città più antica sia stata situata laggiù, tra Porta S. Lorenzo e Cellarulo. Diversamente non saprebbesi spiegare la opportunità della costruzione di un altro ponte e del braccio di via per la Maurella.

La via Latina dovè essere più antica dell’Appia, e la sola comunicazione diretta tra Roma e queste contrade, pria che l’altra fosse estesa da Capua a Benevento.

La Tavola Peutingeriana non segna questa via diretta da Alife a Benevento, ma, ivi giunti, distacca un ramo a sinistra per Sepino, Sirpio16 e Benevento, ed un altro ramo di IX miglia a destra per Calatia sul braccio dell’Appia da Capua a Benevento per Caudio.

Note

  1. Corcia, storia delle Due Sicilie, Napoli 1843, tom. 1, pag. 381
  2. L’Itinerario Antonini Augusti è un antico libro da alcuni ritenuto dell’epoca degli Antonini, il quale contiene tutte le più rinomate vie militari condotte per le città, per le borgate, per i villaggi e le poste di ciascuna provincia. Esso è di somma importanza. L’Itinerario Gerosolimitano è dell'epoca Cristiana, e tratta delle vie che allora erano ancora in essere massime nei rapporti con l’Oriente. Questi due itinerarii non vanno sempre di accordo tra loro, nè con la Tavola Peutingeriana, la quale prese tal nome dall’essere stata scoverta nella città di Ausbourg, in Alemagna, presso un tale Corrado Peutinger, dottore in diritto e amante di antichità. Ciuverio la ritiene, una all’Itinerario di Antonino, opera di Ammiano Marcellino; altri la riferiscono ai tempi di Teodosio, onde la dissero pure Carta Teodosiana. In essa trovansi denotate graficamente le vie che negli Itinerarii sono descritte. Vedi Bergier, Histoire des grandes chemins de l’Empire Romain, a Bruxelles, 1728, pag. 335, 343.
  3. Segmentum IV.
  4. Questa città era a miglia XVIII da Benevento e a miglia XII da Saepinum, secondo la Tavola Peutingeriana. Vedi Corcia, op. cit. pag. 328 del tom. 1.
  5. Esisteva sul monte vicino l’attuale paese, nel luogo dove scorgonsi ancora gli avanzi di grandi muraglie poligonie. Corcia, op. cit. tom. 1. pag. 325.
  6. Strabonis, Geographia, Amstelaedami, MDCCVII, V. p. 237.
  7. Città distrutta su ambo le sponde del Volturno, tre miglia pria dell’antica Capua. Erroneamente Strabone (luogo di sopra citato) dice, invece, Cassino, il qual luogo trovavasi molto più indietro, discosto assai dall’Appia, e sul corso proprio della via Latina.
  8. Pratilli, op. cit. pag. 414.
  9. Op. cit. pag. 422 e 423. È seguito anche dal Corcia, op. cit. tom. 1 pag. 383, con tutti gli errori.
  10. Di sopra menzionata, a pag. 244.
  11. Memorie Istoriche di Benevento.
  12. Vedi pag. 244.
  13. Vo meditando un breve lavoro sull’itinerario di Carlo d’Angiò in quella famosa azione, sul sito della battaglia e sul ponte presso di cui Manfredi ebbe sepoltura.
  14. Vedi pag. 244.
  15. Come io feci osservare anni sono all’egregio amico Prof. Enrico Isernia. Vedi la sua Istoria di Benevento, vol. 3° pag. 347 e seg.
  16. Vedi pag. 249 di quest’opera.