I monumenti e le opere d'arte della città di Benevento/Dell'antichità origine e sito della città di Benevento/Della via Egnatia

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3. Della via Egnatia

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Dell'antichità origine e sito della città di Benevento - Delle antiche vie che passavano per Benevento e primieramente della via Latina Dell'antichità origine e sito della città di Benevento - Della via Appia da Roma a Benevento
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3. della via egnatia


Ho discorso della via più antica tra Roma e Benevento, ed ora che mi trovo d’esser pervenuto pel braccio della Maurella sulla sponda sinistra del Calore, fuori Port’Aurea, voglio continuare il cammino verso le Puglie, secondo il più antico cammino. [p. 253 modifica]

Questa via era chiamata così dalla città di Egnatia, che sorgeva sull’Adriatico, dopo Bari, nel luogo dove oggi dicesi La Torre di Agnazzo1. Forse quella denominazione non appartenne in origine a rutta la via, ma ad un tratto solamente; nonpertanto si è soliti chiamarla così tutta intera fin da Benevento.

È descritta da Strabone2, insieme alla via Appia, a partire da Brindisi, con le seguenti parole, che convien riportare integralmente: »Praeterea e Graecia et Asia rectus est Brundusium traiectus, omnesque huc deferuntur, quibus inde Romam iter est. Sunt autem duae viae, una3 qua muli ire possunt per Peucetios, qui Pediculi dicuntur, et Daunios, ac Samnites, Beneventum usque, qua in via urbes sunt Ignatia, Celia4, Netium5, Canusium, Herdonia6. Via per Tarentum, paululum ad laevam deflectit. Unius diei ambitu confecto, in Appiam pervenitur, quae plaustris patet: in ea sunt Uria et Venusia, illa inter Tarentum et Brundusium, haec in confinio Samnitum et Lucanorum. Coëunt a Brundusio ambae viae apud Beneventum ad Campaniam» All’epoca, dunque, di Strabone l’Egnatia era via mulattiera e l’Appia carreggiabile. Egli, però, non ci descrive il rimanente della via da Herdonia a Benevento, e sol ci fa sapere che ambo le descritte vie si riunivano presso Benevento; ma vi suppliscono gli itinerarii e la Tavola Peutingeriana.

L’itinerario di Antonino segna così il cammino per questo tratto da Benevento ad Erdonia:

Benevento Equotutico M. P.   XXI7
Equotutico Aecas M. P. XVIII
Erdonias M. P. XIX.

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L’itinerario Gerosolimitano lo segna più particolareggiato, aggiungendovi altre stazioni intermedie, a partire da Benevento:

Mutatio Vicus Foro novo M.   X
Mutatio ad Equum Magnum8 M. XII
Mutatio aquilonis M. VIII
Civitas Aecas M. X
Civitas Herdonis M. XVIII.

La Tavola Peutingeriana segna a sua volta un tratto da Benevento a Foro novo di m. X, un secondo da Foro novo a Equo Tutico di m. XII, ed un terzo da questa stazione ad Aecas di m. XVIII.

Sebbene la Tavola del Peutinger si fermi a Troia, scorgesi che il cammino da essa segnato sia lo stesso che quello degli itinerarii, e che per le distanze di questo tratto concordi col Gerosolimitano, mentre l’Antonino tra Benevento ed Equotutico segna in meno un miglio, che poi riprende fra Troia ed Erdonia, in guisa che tutta la distanza da Benevento a quest’ultima risulta di miglia LVIII.

Tralasciando per ora di indagare il sito dove questa via congiungevasi con l’Appia di Strabone, passo a descriverne con maggiori particolari il solo tratto da Benevento ad Equotutico.

Già dissi9 che in antico la via Latina congiungevasi all’Egnazia mediante il braccio per il diruto ponte della Maurella poco al di sotto della chiesetta di Santa Lucia, fuori Port’Aurea; ma [p. 255 modifica]nel tempo che già era stato innalzato l’Arco a Traiano da questo devesi prender le mosse. La via dunque da esso muoveva, e, appoggiando a destra, con leggiera curva per il suolo occupato oggi dalla sudetta chiesetta, perveniva dopo circa mezzo chilometro al Ponticello che cavalca il vallone omonimo quasi alla influenza nel Calore.

Ponticello. È interessante fermarci su di esso alquanto. Ha una sola luce semicircolare di diametro m. 5,05 e di larghezza m. 9,80 verso la spalla sinistra e m. 9,10 verso la diritta. Attualmente il volto ha sopra corrente un anello di muratura moderna di laterizii, di larghezza media m. 0,57; poi un altro, ed è l’antichissimo, della larghezza di m. 4,85, costituito di regolari cunei di tufo trachitico; quindi un terzo della larghezza di m. 1,25, pure di tufi, e, come il precedente, pure di epoca romana, ma meno antico, perchè mostrasi aggiunto; e infine un quarto anello di muratura laterizia, molto recente, per la restante larghezza.

I due anelli di tufo poggiano sopra spalle degli stessi materiali. I cunei di questa sezione hanno l’altezza quasi eguale, da m. 0,34 a 0,35, e lunghezza varia, ma per lo più oltre un metro. Non si può scorgere, a causa delle moderne costruzioni che li serrano, quali sieno le loro rientranze dall’intradosso all’estradosso. È notevole il magistero accuratissimo col quale sono commessi, per cui le unioni appena scorgonsi da presso. Sembra che per ottenere questo risultato i piani di posa sieno stati orsati, così come dissi essere stato praticato per quelli dell’Arco Traiano10.

Questo ponticello, il quale deve il suo nome giusto alle modeste proporzioni, ha non per tanto una importanza grandissima. Innanzi tutto, per esser sopravvissuto alla distruzione della via romana che vi passava, ce ne ha potuto conservare un punto preziosissimo. Poi la sua struttura murale di massi regolari di tufo trachitico ci attesta, insieme ad altri fitti che verrò svolgendo, che i più antichi ponti per questa regione del Beneventano erano di simile struttura. Esso, per di più, è ricordato sovente nei documenti dell’epoca longobarda. Così negli atti della [p. 256 modifica]traslazione in Benevento delle ceneri di S. Mercurio Martire11 è detto ponticulus structura veteri fabricatus; la quale espressione ci attesta tanto l’antichità del nome che quella della costruzione. E nel diploma del principe Arechi di riconferma delle concessioni precedenti al Monastero di Santa Sofia, parlandosi di uno dei fondi donati, dicesi12: »Seu et quod comparavimus in Ponticello casas cum curtibus suis de Egypto filio quoddam Gerduni que est inter duas vias, una via que vadit ad S. Marcum13 et alia via que vadit ad S. Valentinum14.....»

Oltrepassato Ponticello, la via cominciava a salir ad occidente la mezzacosta della collina che scende al Calore, per ridiscenderla di nuovo sul lato di settentrione sino a raggiungere il detto fiume a Ponte Valentino, poco a monte della confluenza col torrente Tammaro.

Il Ponte Valentino, a tre luci ed a schiena nel mezzo, è dei bassi tempi. Borgia15 ritiene che questo nome gli spetti non perchè sia stato costruito o restaurato dall’imperatore Valente, ma per essere esistita ad esso contigua una chiesetta dedicata a S. Valentino. E di vero una chiesa esisteva in quella contrada, facendone parola il diploma di concessione di Arechi al Monastero di Santa Sofia nel passo riportato or ora da me parlando di Ponticello. Ed è proprio la via Egnazia quella cui ivi si accenna: alia via que vadit ad S. Valentinum. Questo ponte anche da Falcone e da Pietro Diacono e chiamato di S. Valentino; poi col tempo gli rimase solo il Valentino. Ad ogni modo il ponte non è l’antico che doveva servire al passaggio della via Egnazia; forse al primo fu sostituito il presente, altri ruderi non scorgendosi in quelle vicinanze.

Appena cavalcato il fiume Calore, la via abbandonava la valle omonima, e prendeva a salire la sponda sinistra del torrente Tammaro16, per portarsi alla prima stazione, a dieci miglia da [p. 257 modifica]Benevento, ad Forum Novum, specie di luogo di mercato. Se ne conserva al presente memoria nella denominazione corrotta Forno Nuovo17 della contrada a monte di Paduli. Vi furono scoverti oggetti antichi di gran pregio ed una colonnetta milliaria col numero XII, corrispondente alla distanza da Equotutico18. Come vedemmo19, è segnato dalla Tavola Peutingeriana e dall’Itinerario Gerosolimitano.

Di qua dirigevasi sotto Buonalbergo al Ponte delle Chianche20; il quale, sebbene malconcio, lotta ancora col tempo; indi per disotto Casalbore portavasi sul torrente della Ginestra degli Schiavoni, sulla cui sponda sinistra, allo sbocco nel torrente Miscano, esiste ancora una spalla del ponte romano di massi lapidei ed un pezzo dell’arcata di mattoni. Da questo ponte la via saliva ad Equo Tutico, la seconda stazione dopo Benevento, a miglia XVIII da Foro Novo secondo la Tavola Peutingeriana e l’Itinerario Gerosolimitano, mentre quello di Antonino segna tutta quanta la distanza in XXI miglia, cioè uno in meno, da Benevento ad Equotutico.

Questa città era chiamata anche, come nell’Itinerario Gerosolimitano, Equum Magnum, perchè la voce osca Tuvtiks corrispondeva alla latina Magnus; di maniera che tutta intera la denominazione equivaleva a Magnocavallo, forse per le razze di cavalli che potettero esistere in quelle campagne negli antichissimi tempi o per una statua dedicata a Diomede21, dal quale, come Benevento, la si ritenne fondata22.

Ebbe una relativa importanza e pubblici monumenti; e per essa passavano quattro strade consolari: l’Appia Traiana, la [p. 258 modifica]Claudia Valeria, quella a Mediolano ad Columnam per Boiano e Venosa23, e la via Erculea24.

Per lungo tempo fu ignorato il vero sito di Equotutico, fino a che il distinto Geografo francese d’Anville25 in una sua escursione scientifica per queste contrade non l’ebbe quasi divinato nelle vicinanze di Castelfranco in Miscano. Di fatti esso era nelle piane di S. Eleuterio, a valle di questo paese della nostra provincia26, ma in tenimento di Ariano, (sulla sinistra dello imbocco della galleria La Starza della ferrovia Napoli, Benevento, Foggia), ove si sono scoverte iscrizioni, oggetti antichi e ruderi di antichi monumenti.

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Tav. XXXVII.


Veduta sopra corrente del Ponte di Apollosa

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Da Equotutico la via menava direttamente a Troia, secondo l’itinerario di Antonino e la Tavola Peutingeriana; ma forse potè passare pure per Vescellium, il quale luogo abitato doveva essere non tra Baselice e Roseto, come asserisce Corcia27, ma alla sinistra di Castelfranco in Miscano, tra questo e Roseto, dove oggi è il bosco di Vetroscello28, cioè poco lontano, a settentrione, di Equotutico. Facilmente l’autore dell’itinerario Gerosolimitano potè scambiare questo Vescellium con la stazione Mutazio Aquilonis; imperocchè le VIII miglia che egli segna tra Equotutico e questa stazione, corrispondenti a chilometri 14.728, son poco più, in linea retta, della distanza che corre tra la contrada S. Eleuterio, ove era sito quest’ultimo, e il bosco di Vetroscello. Anzi, siccome nello avvallamento ad oriente di questo esiste il villaggio di Faeto, io suppongo che di là sia passata la via Egnazia, e che Vescellium sia stata situata poco oltre, se non precisamente ivi. Certo egli è che un’Aquilonia sulla via da Equotutico a Troia non è stata mai conosciuta o menzionata.

Note

  1. Pratilli, op. cit. pag. 429.
  2. Op. cit. lib VI. p. 282.
  3. Ed era l’Egnatia.
  4. Dovrebbe esser scritto Caelia, ed è l’attuale Ceglia (Pratilli, pag. 429).
  5. Tra Bitonto e Bari, e dalle sue rovine surse Giovinazzo (id. id.).
  6. Distrutta, oggi le sue rovine vedonsi presso Ordona, che fu vasta possessione del Collegio Romano della Compagnia di Gesù (id. id.).
  7. Le iniziali M. P. passuum millia, dinotano il miglio italico di mille passi, corrispondente, secondo Viviani (traduz. di Vitruvio, I. tav. in fine dell’opera) a chilometro 1,48148. Le distanze nei primi tempi di Roma computaronsi dalle sue porte per ciascuna via, ma Augusto le fè computare tutte da un unico punto del Foro Romano, dove piantò il Milliario Aureo, così detto per distinguerlo da tutte le altre colonnine milliarie che eran messe lungo le vie successivamente a distanza di un miglio. Di esse alcune osservansi ancora in questa città e nei paesi vicini, per i quali passavan le vie romane; e furono illustrate da varii dotti fin dai secoli scorsi. Ogni colonnina porta inciso in numero romano il proprio milliario ed una iscrizione che ricorda il Principe che costrusse o restaurò quel tratto di via.
  8. Lo stesso che Equotutico, come vedremo in seguito.
  9. Pag. 252.
  10. Pag. 214.
  11. Borgia, op. cit. tom. 1. pag. 227.
  12.  id. id. pag. 291. L’ortografia è autentica.
  13. Questa chiesa esisteva al disotto dell’attuale camposanto.
  14. Quest’altra chiesa era nelle vicinanze del ponte omonimo sul Calore.
  15. Op. cit. tom. 1. pag. 291 e 292, in nota.
  16. Corcia (op. cit. tom. 1. pag. 327) ritiene che questo nome, il quale del resto è antichissimo, così essendo chiamato nell’Itinerario di Antonino, sia di origine Pelasgica, e forse derivato dal primitivo Tomaro o Tmaro. Che i pelasgi abbiano abitato queste regioni è attestato dalle costruzioni poligonie che ancora avanzano nelle vicinanze di Sepino.
  17. È segnata sulle carte topografiche ad 1:50000 dello Stato Maggiore, F. 173, I.
  18. Corcia, op. cit, tom. 2. pag. 510 e seg.
  19. Pag. 254.
  20. Vedi carta top. sudetta, F. 173, I, e F. 174. IV. Vi tornerò sopra.
  21. Corcia, op. cit. tom. 2. pag. 514.
  22. Garrucci, Le antiche iscrizioni, ecc. pag. 17.
  23. Questa via è distinta nell’Itinerario di Antonino così: Iter quod a Mediolano per Picenum et Campaniam ad Columnam, id est traiectum Siciliae, ducit M. P. CCCCLVI. Eccone alcuni tratti:
    Sulmone civitas M. P.   XXVIII.
    Aufidena civitas M. P. XXIV.
    Aesernia civitas M. P. XXVIII.
    Bovianum civitas M. P. XVI.
    Super Tamavi fluvium M. P. XIV.
    Ad Equum Tuticum M. P. XXII.

    Segnando l’Itinerario miglia XIV o chilometri 20,741 tra Boiano e il fiume Tammaro, la via doveva attraversar questo presso Sassinoro (vedi carta topog. sudetta Stato Maggiore, F. 162, III.), non presso Campolattaro e Pontelandolfo, come erroneamente asserisce Pratilli (op. cit. pag. 426), o passare per Coffiano (estremo limite del tenimento di Morcone presso Circello), Bebiano (vedi pag. 147 e 148 di quest’opera), Reino, contrada Santa Barbara del tenimento di S. Marco nella valle del Tammaro, sulla sponda sinistra; e dirigersi o direttamente ad Equotutico o prima sopra Foro Novo. In comprova di quanto io asserisco stanno la esistenza ancora oggidì del Regio Tratturo (grande via pel transito della pastorizia tra gli Abbruzzi e le Puglie) per i siti da me nominati, a partire da Boiano, e l’antichità di questi, ove le scoverte di monumenti, tombe, iscrizioni sono assai frequenti. Di più, solo per questo cammino corrispondono le distanze segnate nell’itinerario. E dovette essere pure questa la opinione di d’Anville (Analyse Géographique de l’Italie, a Paris, MDCCXLIV, pag. 220), perchè ei dice che questa via passava il Tammaro sull’allineamento Boiano Equotutico.

  24. Corcia, op. cit. tom. 2. pag. 515.
  25. Op. cit. pag. 218.
  26. Vedi carte top. citate dello Stato Maggiore, F. 174, IV.
  27. Op. cit. tom. 2. pag. 516.
  28. Vedi carta top. Stato Maggiore sudetta Fol. 174 IV.