Il Cristianesimo felice nelle missioni de' padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai/Parte I/Capitolo V
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CAPITOLO V.
Della Religion de barbari Indiani.
Stanno poco distanti l’una dall’altra le loro Popolazioni, e pero frequente è fra loro la comunicazione, i conviti, e l’ubbriachezza con danze generali. Quivi solamente il Cacique comanda con qualche figura di Principato, servendo cadaun Popolo al suo a guisa di vassalli e sudditi, con fabbricargli le case, coltivare i suoi campi, e mantenergli la tavola del buono e del meglio del paese. Egli solo comanda, e gastiga con rigore i rei, dispensando fiere bastonate, che talvolta rompono l’ossa. Gli paga il Popolo la decima della caccia e della pesca, alla quale non vanno senza aver prima chiesta licenza da lui. Anche il sesso femineo rende ubbidienza alla Moglie principale del Cacique, giacchè egli ne tien quante vuole. Maggiormente si scorge la forma Principesca di questo governo, perchè va per successione nel Figlio primogenito del Cacique, al quale, giunto che sia all’età competente per maneggiare i pubblici affari, il Padre dà l’investitura e il possesso del governo con molte cerimonie, senza perdere per quello l’amore e il rispetto de’ Vassalli, finché vive.
La falsa Religione di questi varj Popoli, che ho compresi col nome di Manacichi, sembra aver qualche barlume della vera, perché per tradizione de’ lor Maggiori tengono, che una bellissima Signora senza opera d’uomo concepì un vaghissimo Figlio, il quale cresciuto in età operò insigni miracoli nel Mondo; finché un giorno sotto gli occhi di una copiosa turba di seguaci si levò in aria, e trasformossi nel Sole, che ora miriamo. Perciò que’ Sacerdoti fan credere al Popolo, essere il Sole un’Uomo luminoso, tuttoché noi dalla terra non arriviamo a discernere le sue fattezze. Ma non per questo adorano punto il Sole. Tre Dii principali ammettono, e una Dea, che dicono Moglie del primo, e Madre del Dio Urasana, che è il secondo. Nella Sala del Cacique, che fa figura di Tempio, se crediamo a i Missionarj, si lasciano visibilmente vedere in mostruose forme questi Dii, o Demonj, al Popolo ivi congregato, nel mentre che tutti stan bevendo e danzando. Al loro comparire alza la gente altissimi gridi d’allegrezza, e danno il ben venuto a queste Deità, le quali con somma cortesia li esortano a ben mangiare e bere, perché con ciò dan loro gusto; e poi generosamente promettono abbondante caccia e pesca, ed ogni altro bene, che già han preparato per loro. Anzi siccome buoni compagni dimandano anch’essi da bere, e vuotano allegramente le tazze. Ma egli è ben più giustamente da credere, che tutti quelli sieno giuochi di mano del loro Mapono, o sia Sacerdote. Imperciocché sta coperta una parte della Sala da un cortinaggio, e questa è come il Sancta Sanctorum, dove a niuno è lecito di metter piede, o di mirar con occhio, fuorché al Mapono, il quale come si fa nelle nostre Commedie, dee sapeRe mandar fuori dal Sacrario persone sue confidenti con volti ed abiti strani, facendoli credere alla stolta gente per Deità calate dal Cielo. Propone talvolta esso Mapono dimande e dubbj a nome del Popolo, stando dietro a quel sipario, e con voce alta, che si può udir fuori da ognuno. Poscia uscendo rende ad esso Popolo le risposte delle lor Maestà divine, per lo più di buone venture; e guai se taluno, come accade alle volte, ridesse all’udir cotante bugiarde promesse con dire: gli Dii han bevuto bene: il Mapono infuriato uscendo del Tabernacolo minaccia morti, tempeste, e fulmini; con che li fa tacere. Non rade volte ancora quelli Sacerdoti ciurmadori a nome di que’ creduti Dii istigano il Popolo ad assalir le vicine Popolazioni, e alle ruberie, e alle stragi; e quantunque alcuni pochi s’avveggano d’essere illusi, trovandosi poi vinti e spogliati da i vicini : pure con tutta la sperienza continuano a dar fede a coloro, e dopo gli oracoli offeriscono a quelle false Deità parte della lor caccia e pesca. Si lasciano anche dare ad intendere, che il Mapono sia volato in Cielo, da dove poi torna in terra dormendo in braccio della Dea Quipoci, la quale canta con assai melodia varie Canzoni, ma senza lasciarsi vedere, perchè sta ritirata nel Tabernacolo. Allora il Popolo prorompe in voci di somma allegria, dando a quella buona Dea la ben venuta con titoli di grande affetto e riverenza, a’ quali anch’essa corrisponde con somma cortesia, chiamandoli per suoi Figliuoli, e dicendo d’essere lor vera Madre, e che li difende dallo sdegno de gli Dii, che son crudeli: il perchè spesso la invocano ne’ lor bisogni, e nelle loro calamità. Tutto questo, torno a dire, è a noi permesso di riputar trufferia di que’ tristi Maponi, i quali perciò son temuti e rispettati al pari del Cacique, e ricavano dal Popolo anch’essi la decima della caccia e del ricolto. L’immortalità dell’Anime è credenza fissa anche in questi Popoli, tenendo, ch’esse sieno portate da i Sacerdoti nel Cielo per viver’ ivi eternamente in gioja. Per prestare un servigio di tanta conseguenza a quelle povere Anime, non ha difficultà il Mapono di prendere le poste verso il Paradiso. Il paese, per dove egli passa, è tutto Selve, Montagne, e Valli, dove corrono parecchi profondi Fiumi, uno de’ quali maggior de gli altri dopo varj giorni di cammino, s’incontra, e si passa sopra un ponte di legno, alla cui custodia sta un Dio chiamato Tatutiso, somigliante in tutto a Caronte, il cui ufizio è di nettar l’Anime da tutte le immondezze. Arrivano queste finalmente ad un Paradiso, ma ad un Paradiso ben povero di contenti, perché non v’ha che una sorta di gomme, e del mele, e del pesce, con cui si mantengono quell’Anime Indiane. Tutti questi viaggi di quegl’impostori Sacerdoti, ed altre chimere, truovano facilmente fede in Popoli, immersi nelle tenebre della semplicità e dell’ignoranza.
Truovansi ancora altri Popoli, che tengono Sacerdoti, i quali esercitano nello stesso tempo l’ufizio di Medico. Per giugnere a questo impiego, bisogna aver combattuto più volte colle bestie selvatiche, e principalmente contri le Tigri, con portar qualche segno d’essere stato morsicato, o almen graffiato, essendo probabilmente indizio di merito raro l’averla passata netta in quelle battaglie. Costoro poscia, e in altri luoghi i Caciqui, o Capitani, son chiamati a curar gl’infermi, senza che essi sappiano adoperar altri rimedj, che due molto stravaganti. Il primo è di succiar’ il male, chiedendo prima al malato, dove sia andato ne’ giorni innanzi, e se per sorte avesse sparsa per terra la Ciccia, cioè la loro amata bevanda; il che dee essere gran peccato; o se avesse gittato a i cani qualche pezzo di carne di Cervo, Tartaruga, o d’altro animale. Se ciò è accaduto, ecco la cagion del male: l’anima di quella bestia per vendicarsi dell’affronto è entrata in corpo all’infermo, e il tormenta. Perciò gli succiano la parte addolorata, e danno di gran colpi in terra colla mazza intorno al malato, per ispaventar quell’anima, e farla fuggire. Quell’infelice infermo resta come prima; e Se la natura non l’ajuta a risanarlo, cede alla forza del male. Tengono nondimeno i Missionarj, che parte di quegl’infermi muoja più di fame e necessità, che pel malore, non dandoli loro che l’ordinario cibo d’un pugno di Maiz o sia Frumentone mal cotto, ch’essi per lo più non possono o non vogliono gustare, senza che i domestici se ne prendano altra cura, mentre intanto il saggio Medico mangia le galline, ed altre buone vivande alla barba dell’afflitto paziente. L’altro rimedio ben crudele, e proprio di gente barbara, era fra alcuni di que’ Popoli la persuasione, che il loro male fosse proceduto da qualche Femmina; e l’immaginarsene alcuna, o il risaperlo dal Medico, che volea far qualche vendetta, bastava, perchè i suoi andassero a levarle la vita. E contuttoché la sperienza facesse lor toccar con mano, che nulla giovava sì pazza ricetta, purè non guariva la loro stolta immaginazione, fissa in credere, che i mali vengano da cagione esteriore, e non mai dall’interna alterazione de gli umori. E sulle prime veggendo, che i Missionarj li curavano con salassi, e purganti, questa parea loro una bestialità, finchè sperimentando molte volte miglioramento da tali rimedj, impararono a conoscere gl’inganni e la sciocchezza de’ loro antichi Medici.