Il Novellino/Parte prima/Novella IX

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Novella IX - Un preite giace con la comare, il marito ne devene geloso, lei se fenge spiritata, il preite la libera, e gode senza sospetto

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Novella IX - Un preite giace con la comare, il marito ne devene geloso, lei se fenge spiritata, il preite la libera, e gode senza sospetto
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NOVELLA IX.




ARGOMENTO.


Un prete giace con la comare: il marito geloso lor vieta la pratica: la giovene se finge spiritata: mandano il marito in pellegrinaggio, il prete torna a godere con la comare senza sospetto.


AL GENEROSO MISSER DRAGONETTO BONIFACIO.1


ESORDIO.


Tornandomi a memoria, generoso e spettabile Cavaliero, aver più volte confabulando insieme nei nostri ragionamenti trascorso2 quanto corta e poca fede oggi si può e dee meritamente avere a preti monaci e frati, a confirmatione di quelli mi è occorso, dandote avviso d’un piacevole caso, render gli ascoltatori accorti de la strana cautela novamente da i preti nel loro andare in corso trovata: li quali accorgendosi che per religiosi a loro sia la conversatione di donne usurpata3, per vendicarsi la perduta preda, si sono ingegnati a divenire delle belle giovani compari, non facendo del violare alcun caso [p. 112 modifica]il celebratissimo sacramento del battesimo, ove la maggior parte de la nostra santa e cristiana fede consiste. Così adunque tradendo Cristo, beffando San Giovanni, e ingannando il prossimo, né vivi né morti uscir de le loro branche possemo. Onde Iddio per eterno miracolo a ciascuno la mente illumini di cognoscere i loro occulti tradimenti, come tu, prudentissimo Cavaliero, ottimamente discerni.


NARRAZIONE.


La Pietra Pulcina è un castello posto in Valle Beneventana, da rozza gente, e più atta alla coltura o massaria de bestiami che ad altri traffchi o lucrevoli esercitii, abitato: ove essendo a questi dì passati un prete giovene e di bona presentia, e sapendo pur un poco leggere con l’aiuto di Madonna Santa Croce unico favore de ignoranti, fu creato arciprete de detto castello; e come lui fosse stato di gran lunga migliore inversatore di bosco, che pastore di anime umane, pure cominciò ad esercitare l’ufficio lo meno mal che possea; ed oltre che in breve tempo de la maggior parte di uomini e donne de detto castello compare divenisse, ai tempi necessari ed ordinati a ciascuno gli spirituali sacramenti donava. Costui finalmente come quello che poco caso facea di mettere ad un bisogno San Giovanni intro un pertuso, posti gli occhi addosso ad una giovenetta sua comare, di singolare bellezza ornata, il cui nome era Lisetta, di quella fieramente s’innamorò. Era la detta giovene donna moglie d’un giovine, il Veneziano chiamato, il quale essendosi come fante a piedi nella prossima passata guerra al soldo esercitato, e per [p. 113 modifica]li frutti che la pace comunemente ai soldati dona a l’ultimo repatriato, domando la terra con la zappa e l’aratro, col proprio sudore la soa vita e de la bella moglie onestamente ducea. Ed essendosi accorta che il suo compare di lei era invaghito, cognoscendolo per la nuova dignità per il primo de la terra, a grandissima sorte sei reputava, e seco medesima più volte di ciò gloriandosi, volentieri lo averia interamente satisfatto; se non che il marito, come pratico, era di lei in maniera divenuto geloso, che andando ogni dì alla solita cultura dei campi in soa compagnia de continuo la menava. Ma accadendo un giorno, per essere la giovene indisposta, di restarsi in casa, e lo marito andar fora con suoi bovi; essendo tutto da l’Arciprete sentito, di fare de l’amor de la comare esperientia totalmente si dispose; e passando alla sua casa dinanzi, Bondì, disse, comare. Alla voce del quale tutta gioconda affacciatasi, rendutogli il conveniente saluto, ove andasse così per tempo il domandoe; alla quale ridendo in tal forma rispose: Io era adesso venuto che il compare è andato fora, e tu pur sei una volta rimasta, a pregarte che la sua cavalla insino a la vigna mi prestassi, dopo che lui ne è tanto scarso che non solamente non consentiria che alcuno la cavalcasse, ma che appena se non appresso di lui se vedesse. Lisetta che discretissima era, avendo ottimamente compreso di quale cavalla ragionato li avea, ancor lei sorridendo in tal modo rispose: Compare mio, il pensiero per oggi vi è vero fallito, imperò che site a tal tempo venuto che volendo imprestarvela non potria, attento che ha per maniera guasto il dosso che de la stalla uscire non potrebbe; e volendoci mio marito [p. 114 modifica]questa matina all'alba cavalcare, per lo difetto ricontato per niuna via possette. L’arciprete inteso molto bene la natura del male. Ed anche questo, disse è di nostra ventura, che non so quando sì bel destro come adesso aver si potesse, avendo io massimamente provvisto di tanta biada donarle che dinanzi avanzatale sarebbe, e sì bene governarla che un'altra volta son certo di miglior talento imprestata me l’avresti. Ahimè, disse la giovane, tutti siete così avantatori e baldanzosi! ma io non vidi mai cavalla per ammorbata che fosse che le avanzasse un granello dinanzi. Come no? rispose lui; or priega pur Iddio che vi monti su, che i veri effetti maggior testimonio ne renderanno, a che la giovene disse; Or va con Dio, compare, che fra quattro o sei giorni spero se le potrà mettere l'imbasto, e saremone su la pruova. E con simili ragionamenti partiti, il corto termine valicato, e la cavalla in maniera ridotta che ogni gran fatica avrebbe sostenuta, andando il Veneziano al costumato esercitio, la giovene che la fatta promessa osservare intendea con colorata cagione in casa si rimase. Il che saputo l’arciprete senz’altro intervallo dinanzi a l’uscio de la giovene si condusse, e in quello, senza essere da alcun veduto, entrato, trovatala cavalla in ordine, acconciatesi con poche parole a suo modo le staffe, e di sopra montatovi, le donò una stretta sì fiera che a non partirle gli speroni dai fianchi si trovò avere de bene due miglia e mezzo e in brevissimo spazio il suo camino avantaggiato; e se la bestia dentro il corso per lo ratto correre di sotto non gl’inciampava, facilmente come già proposto avea averebbe il terzo miglio fornito; e a tal che gli effetti da le parole non discrepassero ad ogni miglio [p. 115 modifica]la biada le avantaggiava. Onde con grandissimo piacere tutto quel giorno cavalcando, senza saper la sera il numero de soe fatte miglia, il cominciato camino continuarono. Appressandosi finalmente l’ora che il Veneziano a casa ritornar dovea, l’arciprete con buona ordinatione accomiatatosi, la cavalla quasi stracca, ma non satia al suo stabulo lassoe. Ove successe che essendo dal marito, o per vizio di gelosia, o per esserne fatto accorto, vietata e monita4, che per quanto non volea la morte ricevere, si guardasse per lo innanzi di avere con l’arciprete parlamento alcuno; la donna ricordandosi de l’abbundante biada del suo caro compare, molto difforme da quella del marito, dal quale appena una piccolissima misura la settimana li ne toccava, fu quasi morta di dolore; e fattolo all’arciprete sentire, e da lui con rincrescimento mai simile tollerato, dopo molti e vari trattamenti per una fida mezzana adoperati, al fine in uno più piacevole che pericoloso fatto si fermarono. E per mandarlo senza dimora ad effetto, una domenica matina uscendo da la chiesa in presentia de tutto il popolo fingendosi la nostra Lisetta spiritata, di mano, di bocca, e di occhi a torcersi cominciò, e in maniera urlando che quante brigate v’erano per verissima spiritata la fuggivano. Il marito che più che la propria vita l’amava, vedendo tal novità, dolente sino a morte e piangendo amaramente, fattala in casa condurre, e avendo il dolore in parte cacciata la gelosia, e mandato subito per compare arciprete, che scongiurassero spirito e vedesse con qualche santa oratione di farlo di quinci partire, lacrimando il supplicò; lo quale con gravità fattosi avanti, e con solito ordine cominciando sua [p. 116 modifica]scongiura chi ello fosse lo addimandoe; a cui la giovene, come già ordinato aveano, rispondendo disse: Io sono lo spirito del padre de questa poveretta giovane, e di andare dieci anni tapinando in tal modo sono dannato. Il Veneziano sentendo quello essere il suo socero, accostatoglisi piangendo cosi gli disse: Deh, io ti prego da parte di Dio che tu esci de qui, e non voler più affligere tua figliuola. E rispondendo la spirito disse: Fra pochi giorni io uscirò de qui, ma te annunzio che entrerò poi nel corpo tuo, dove starò tutto il tempo che te ho detto a purgare il mio peccato, attento che tu fosti allegro de mia morte. Il povero Veneziano udita la fiera novella, lassato de la moglie il presente dolore, per la paura de’ suoi prossimi futuri guai tutto territo disse: Ah, dolente me, e non si troverà alcun remedio, o per via de elemosina o di altri beni, che tal sententia l’evocare se potesse? Maisì, rispose lo spirito, se tu volessi. Disse egli: Come, s’io voglio? io ne venderò insino all’asino mio. Allora lo spirito disse: A te conviene andare quaranta dì in peregrinaggio a quaranta chiesie, e a ciascuna far dire una messa per remissione de’ miei peccati; e lassa ordine a l’arciprete tuo compare, del quale iniquamente hai pigliata gelosia, che fra questo mezzo ne debbia dire qui altretante, e che ogni dì venga a dire tutte le ore canoniche all’orecchia di tua moglie, imperò che le soe orationi sono molto accette nel cospetto di Dio, attento quanto è e da bene e spirituate persona; e però da qui avanti gli abbi fede e divotione grandissima, che per le soe orationi io spero di non solamente riceverne la grazia, ma che Iddio ve abbia da multiplicare continuo le tue massarie. Il Veneziano udendo che pure alcun riparo se [p. 117 modifica]trovava a tanto male, quanto lui per indubitato tenea essergli apparecchiato, rispose senza altra dimora ogni cosa ad effetto manderebbe; e subito al santo compare voltatosi, e a quello supplicato che tutto el sopradetto eseguisse, e che per ispedizione di quello il suo bel porco vendesse, si mise brievemente in camino. L’arciprete che con gli occhi aveva finto di lacrimare, e col cuore da dovero riso, pigliò incontanente il cargo di quanto dal compare gli era stato ordinato, e repigliata la possessione de la moglie e de le piccole facoltà sue, prima che il marito dal santissimo viaggio ritornasse, per fermo si può tenere che per cavare uno spirito dannato da quello afflitto corpo de la giovene, con grandissimo piacere di tutti doi asssai più d’un centinaro ve ne posero di beati. E così ad un medesimo tempo le non cominciate messe furono finite, il Veneziano tornato da li fatti peregrinaggi, e Lisetta liberata, e lo spirito purgate le pene: restò il Veneziano per causa de tanti beneficii obbligatissimo al santo compare, tal che per innanzi mai più non ebbe de la sua bella moglie gelosia. La quale nel tempo de la soa infermità tutti i segreti e di uomini e di donne che le davano noia, come gli spiriti sogliono fare, aveva rivelati, come colei che dall’arciprete gliene era fatta molta copia per averli avuti5 da coloro in confessione, secondo la reprobata usanza e dannata pratica de tal pravissima generatione.


MASUCCIO.


Piacevolissime cose sono state quelle de la [p. 118 modifica]raccontata novella, e non senza riso da trapassarle, e tra l’altre de la inciampata de la bestia che non fe' fornire il terzo miglio al bon cavalcatore; il quale camino da cui non ne è fatta esperientia pare che con difficoltà si possa credere. Nondimeno con abbominatione grandissima si può e debbe considerare la pessima qualità e pravi costumi non solo del rustico arciprete ma de la maggior parte de’ sacerdoti, i quali non fanno più caso o difficultà a rompere e violare il celebratissimo sacramento del Battista, o revelare i secreti de la santissima confessione, che farebbeno errandosi una minima particella nel dire di loro devoto uffizio: e quando l’uno dall’altro di alcuno dei detti esecrabili vizii o maggiori se confessa, se maggiori commettere se ponno, e per quelli meritasse non che la perpetua carcere ma la penosa e orrenda morte del foco, si danno per penitentia un paternostro, come se in la chiesia avesse sputato; e quando per caso li venisse alcun secolare tra le mani, che fosse in qualsivoglia de’ detti detestandi errori cascato, oltre il rumore che gli fanno in testa, il condannano per eretico, né mai ad assolverlo si concordano se prima non abbiano la facoltà de la madonna Santa Croce. E che ciò sia vero mostrerò in la immediata seguente decima novella, e ultima a più trattare dei fatti loro, come un vecchio penitenziere non in villa o in luogo rustico, che l’ignoranza il potesse in parte iscusare, ma nell’alma città di Roma, e nel mezzo de San Piero, per somma cattività e malitia vendea a chi comperare il volea come cosa propria il paradiso, si come da persona degna di fede m’è stato per verissimo ricontato.

Note

  1. Alfonso I d’Aragona rimunerò parecchi suoi benemeriti. «A Dragonetto Bonifacio, del seggio di Portauova, donò la Castellania d’Aversa, li feudi di Cantora, con l’ufficio in Napoli di Giustiziero delli Scolari.» Summonte lib. V. p. 44. Nell’edizione della gatta questa novella si legge dedicata «Al magnifico Messer Cavalerino d’Arezzo» il quale non so chi sia stato.
  2. nap, invece di discorso.
  3. Qui non è chiaro, ed io lascio come sta.
  4. ammonita.
  5. Intendi i segreti: averlo avuto, no, troppo vago; e in questo periodo il concetto non viene subito chiaro.