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Il Novellino/Parte quinta/Novella XLIII

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Novella XLIII - Misser Mazzeo Protojudice trova la figlia con Antonio Marcello, mandala a morire,
per compassione campa, e con l'amante gode de la eredità paterna

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Novella XLIII - Misser Mazzeo Protojudice trova la figlia con Antonio Marcello, mandala a morire,
per compassione campa, e con l'amante gode de la eredità paterna
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NOVELLA XLIII.




ARGOMENTO.


Messer Mazzeo Protojudice trova la figliola con Antonio Marcello, il quale non conosciuto se fugge: el patre manda a morire la figliola: li famigli ne deveneno pietosi, la poneno in libertà, la quale per omo pervene in corte del Duca de Calabria: recapita col suo signore a Salerno, alloggia in casa de l’amante, trovalo erede del patre devenuto, dà la conoscenza, pigliansi per marito e moglie, e godeno de la eredità paterna.


AL MAGNIFICO MISSER JOANNI GUARNA1.


ESORDIO.


Persuadome, magnifico mio missere Joanni, che avendote tu medesimo de la patria degli amici e dei parenti per alcun tempo voluntario privato, che lo scrivere degli amici e lo sentire dei nostri antiqui compatrioti fare alcuna menzione unicamente te delettano; per la cui cagione ho pensato con scriverte la presente e a te e alla nostra de tanti anni continuata amicizia in parte satisfare, a tale che in sì longa absentia leggendola, el tuo Masuccio de continuo a li occhi de la mente te se presente. Vale. [p. 448 modifica]


NARRAZIONE.


Recordome più volte da mio vetusto avolo avere per verissimo sentito recontare, come nel tempo de Carlo Secondo fu in Salerno un singulare cavaliero d’antiqua e nobile famiglia, chiamato misser Mazzeo Protojudice, ricchissimo de contanti e d’altre notevoli robe oltra ogni altro suo compatriota, il quale essendo omai d’anni pieno, gli si morì la sua donna, e di lei una sola figliola remastane Veronica nominata, giovene bella e discreta molto, la quale o per lo soperchio amore che il patre come a unica e virtuosa le portava, overo per farne alcuna alta parentela, ancor che da molti gli fosse stata per moglie dimandata, pure in casa non maritata la tenea. Dove avvenne che essendo praticato da la sua fanciullezza in casa loro un nobile giovinetto, chiamato Antonio Marcello, con colorata cagione di certa larga parentela che con la moglie del cavaliere avea, Veronica gli avea posto in maniera el suo amore addosso che non ne possea riposo alcuno pigliare. Antonio ancorché discreto e onestissimo fosse, e dal patre de lei come a proprio figliolo amato, pur avendo el fatto ottimamente inteso, e come a giovine non possendo a li colpi d’amore col suo debil senno reparare, da pari fiamma acceso, avendo l’attitudine al comune volere conforme, con acconcia maniera d’amor gustar li più soavi fruiti; ed ancor che con discretissimo ordine godendo continuassero in tanto piacere, pure loro provedimento non bastò a reparare al gran naufragio che da la invida fortuna lor era apparecchiato. Però che essendone una notte insieme lietissimi e senza alcun sospetto, avvenne [p. 449 modifica]che per un non pensato caso furono da un famiglio de casa visti, il quale chiamato subito il Cavaliere, e raccontatoli el fatto, di male talento ripieno con soi famigli andò dove erano coloro, i quali nel colmo di lor piacere furono a salva mano presi: nondimeno Antonio, che gagliardo ed animoso era molto, per forza uscitoli da le braccia, e con la spata in mano fattose far loco, senza essere stato da alcuno cognosciuto né offeso, se ne ritornò a casa sua. Messer Mazzeo dolente a morte rimasto, vedendo a che termini era la cosa, volse saper da la figliola chi el giovine fuggito fosse stato: el che lei come a prudente cognoscendo la intera virtù del padre che per non finir gli anni de sua vecchiezza con tanto cargo per modo alcuno le averla la morte perdonata, deliberò la vita del suo amante esserle più che la sua cara, e per final resposta gli diede che prima averia sofferto ogni tormento con la morte insieme che il giovine palesare. El padre nel furor raccendendosi dopo più e diversi tormenti datile, e vedendola pure in sul negare ostinata stare, ancor che l’affetion de la carne lo strengesse, pure con virilità grande per ultimo partito già prese de farla morire; e subito senza volerla più vedere comandò a doi sol privatissimi famigli che in quella ora andassero con una barca, e strassinatala prima, la buttassero parecchie miglia in mare. Coloro come che male volentieri il facessero, pur per obbedire prestamente ligatala, al lito del mare la condussero, e nel racconciar de la barca a uno de loro venne compassione, e acconciamente tentato el compagno che con non meno rencrescimento di lui in tanto crudelissimo caso intervenea, da una parola a un’altra [p. 450 modifica]trascorrendo de pari consentimento deliberarono, se morte ne dovessero recevere, non solo donarle la vita ma in libertà ponerla; e così disligatala le dissero, come da pietà mossi non voleano procedere a la cruda sententia del padre loro imposta; per merito del quale2 la pregarno, che de tale e tanto beneficio recordandose, se avesse depatriata in maniera che per alcun tempo tale loro operare da suo patre non fosse stato sentito. La poveretta giovene cognoscendo da soi medesimi servi in dono recever la vita, e non bastare lo render le grazie de gran lunga a tanta recompensa, pregò el remunerator de tutti i beni che de sua parte gli guidardonasse di tanto inestimabil dono; e dapoi che a tanto timore e terrore ebbe alcun loco dato, lor promesse e giurò per la salute quale le donavano, de governarse per modo che non che al dispiatato padre ma ad alcuno vivente averia de sé notizia data giammai. E così tondati li capelli, e con li loro panni medesimi lo meno male che possettero in omo travestitala, datile quei pochi denari che addosso se trovarono, dirizzatala per lo camino de Napoli, lacrimando da lei se parterno; e con soi panni a casa ritornati, al lor Signore affermarono che uccisa con una gran pietra in gola l’aveano circa dieci miglia in mare sommersa. La infelice e nobile giovene, che mai da la città non era uscita, quantunque a ogni passo se sentiva gli spiriti venir meno solo per lo pensare a lo lassar del suo Antonio senza speranza de revederlo mai, e molti vani pensieri de retornarse le andassero per lo capo, pur del recevuto beneficio e de la fatta promessa insieme ricordandosi, la [p. 451 modifica]gratitudine come a fior d'ogni virtù ebbe in lei tanta forza che ogni altro contrario pensiero cacciò via. E così postase la via tra piedi, come che de caminare solita non fosse, recomandandosi a Dio, andando e non sapendo dove, tutto el remanente de la notte con.grandissimo affanno camino, e trovandose in sul far del dì presso Nocera, fu gionta da certe brigate che a Napoli andavano con le quali familiarmente se accompagnò. Dove tra li altri essendo uno gentiluomo calabrese, che certi sproveri mutati3 al Duca de Calabria portava4, parendoli el giovene de assai bono aspetto, el domandò donde fosse, e se volea partito pigliare. Veronica a la sua puerizia contrafando in casa una vecchia pugliese avea da quella molti vocaboli de tale idioma imparati, e le occorse de quelli de continuo servirsene, e rispose: Missere, io sono pugliese, e non per altro che per trovar partito de casa mia me son mosso; ma perchè figliolo de nobile padre sono, mal volentieri a vili servigi me ponerei. Disse il calabrese: Darìate el cuore governar uno sproveri? El che a Veronica fu carissima tale domanda, attento che lei non che uno ma molti ne avea in casa del padre con gran delicatura governati, e gli rispose che de soa fanciullezza non si era in altro esercitato. Dove dopo più parole caminando se fu a tener un sproveri con lui acconciato. E gionti a Napoli, e dal suo patrone reposto in arnese che da dovero parea un liggiadro e acconcio scodieri; o che li fati lo avessero deliberato, o che la soa gentile presenza lo inanimasse, avvenne che al [p. 452 modifica]presentare degli sproveri, el Duca con lo sproveri insieme volse el pugliese che ottimamente il governava. E così fu fatto, e posto in lista con le brigate de casa, con un gentiluomo napolitano fu accompagnato: el che tanto a le virtù e a ben servire se diede che in breve tempo la grazia del Signore in maniera acquistò che de’ primi favoriti ed onorati era da lui; e in tale fatto de continuo augmentando dimorò finché a la fortuna piacque le soe cose per altro camino indirizzare. Il vecchio padre de intollerabile dolore pieno rimasto, essendo il fatto in pubblica voce del volgo divenuto, lo più del tempo renchiuso in casa, talvolta in villa solitario e melanconico se dimorava. Antonio dopo che con amare e sanguinose lacrime ebbe la sua morta Veronica pianta e ripianta, avendo per cauta via sentito che il cavaliero non avea chi el fuggito giovine fosse giammai possuto sapere, per togliere de sé ogni sospetto, anzi mosso da compassione, dopo alcuni dì del soccesso caso quasi de continuo con tenerissimo amore a casa sua el visitava, il più delle volte fora la città li facea compagnia, e non altramente che proprio e obbediente figliolo ossequioso e de carità repieno gli si dimostrava. El che a messer Mazzeo oltra modo era caro, però che parea che lui solo a tanto conflitto non lo avesse mai abbandonato; per la cui cagione e per le singulari virtù del giovine era costretto come proprio figliolo amarlo; e così verso lui il suo amore volgi che una sola ora non possea senza il suo Antonio dimorare. E cognoscendolo in tale ossequio, e ben servirlo con amore e timore continuare, nacque nell’animo al cavaliero, doppo che la sua prava sorte lo avea senza erede lassato, volere lui [p. 453 modifica]e in vita e in morte in figliolo adottare; e su in tale pensiero fermatose, fatto suo ultimo e finale testamento d’ogni suo bene mobile ed immobile costituì e fece erede il suo Antonio; e non doppo molto tempo passò de questa vita. Antonio de sì grande ereditate lo signor devenuto, e alle proprie case del cavaliere reduttose, non era niuno loco che per rimembranza de la sua donna non avesse dove lacrimato e dove sospiri buttato, e rammentandose de continuo che lei aveva eletta la morte prima che palesarlo, de tale debito d’amore vinto, ed altre cose assai de la soa Veronica esaminando, con seco medesimo ordinato e decreto avea de mai a togliere moglie se condurre. E in questi termini stando accadde che el Duca deliberò in Calabria passare: lo che al pugliese oltre modo fu caro, attento che non solo la lassata patria vederia, ma del suo amante, e ancora del padre, quale per niun modo odiare possea, averia qualche odore sentito; però che, per non dare de sé alcuno cognoscimento, non dimandandone, niuna cosa ne avea sentita giammai. E arrivati in Salerno, e tutte le brigate del Duca in diverse case alloggiate secondo le loro conditioni, avvenne come a la fortuna medesima piacque, che per uno non pensato ordene toccò in sorte ad Antonio Marcello recevere in casa il pugliese e il compagno: il che quanto a Veronica fosse giocondissimo ciascuno ne può fare giudicio. Essi furono da Antonio onorati e accarizzati molto, e la sera loro diede suntuosamente da cena, e in quella medesima loggia dove le più de le volte con la soa donna solea piacere pigliare; e attento or l’uno or l’altro mirando, gli si representavano alquanto le immagine de la soa [p. 454 modifica]donna, della vita e della morte de la quale recordandose, ogni sua parola de calenti sospiri accompagnava. Veronica vedendose nella sua casa medesima condotta, ancora che unicamente le piacesse vedere il suo fidele amante signore de tutto, pure non vedendo né il padre né niuna de le brigate da lei lassatevi, da debita pietà astretta, desiderosa de saperne novella, temeva di dimandare; e così confusa nella cena stando, el compagno domandò Antonio se quelle arme che erano nella loggia dipinte fossero le sue; al quale Antonio rispose di no, anzi essere state d’un dignissimo cavaliere nominato missere Mazzeo Protojudice, il quale essendo rimasto a la sua vecchiezza senza figlioli, aveva lui d’ogni suo bene erede lassato; per el che come adottato da lui non solo la roba ma il nome de la casa e l’arme come di proprio padre aveva già pigliate. Quando Veronica sentì tale novella, fu de tanta imprevista allegrezza repiena che con gran fatica le lacrime tenne, pur temperatase per fare la cena fornire: quale finita, parve già tempo a la donna de recevere con le braccia aperte el suo medesimo bene da lieta fortuna insino allora conservatoli; e preso Antonio per mano, el compagno con più altre brigate lassando, in camera se ne entrorno; e volendo dire alcune parole come seco preposto avea, per vedere se in alcuno modo la recognoscesse, non le fu da l’allegrezza né dal lacrymare d’aprire la bocca concesso, a adebilita nelle soe braccia se lassò cadere, dicendo: O Antonio mio, può egli essere che non me cognosci? Lui, che come ho detto, gli avea parso la sua Veronica raffigurare, odendo le parole fu subito del suo dubio fatto certo, e da grandissima tenerezza vinto [p. 455 modifica]disse: Deh, anima mia, se’ tu viva ancora? E ciò detto lui anche se lassò sopra de lei cadere. E doppo che per longo spatio senza alcuna parola se ebbero abbracciati tenuti, e in sé ritornati, e gran parte de loro accidenti narratisi, cognoscendo Antonio che non era da tenere il fatto in tempo, con comune piacere gli disse quanto in pronto gli era occorso de dovere fare; e de camera al compagno usciti, come che tardi fosse, Antonio mandò spacciatamente a rechiedere tutto el parentato della donna e el suo, che per cosa de grandissima importanza a casa sua se conducessero. I quali subito venuti e insieme radunati, li pregò che insino al palazzo del Signore el volessero accompagnare, perchè lui intendeva con loro favore chieder de grazia al Duca lo reintegrasse d’un feudo nobile stato di Messer Mazzeo, e già de molti anni da altrui senza receverne frutto per non cognosciuto occupato tenuto. E tutti di brigata volentieri andativi, ed essendo dinanzi al Signore, lui presa la sua Veronica per mano, in presentia di quanti ve ne erano ogni loro passato e successo caso senza resparagno alcuno tutti doi pontualmente recontarno, dechiarando appresso come dal principio del loro amore per marito e moglie se aveano e per fede e de pari consentimento già presi, e come intendeano con grazia de Sua Signoria in tanto degno spettacolo tale matrimonio in pubblico mandare ad ultimo effetto. El che ancora che el Duca con soi Baroni e col comune parentato, e ogni altro cittadino e forestiero ne restassero ammirati, la qualità de li strani casi ascoltando, nondimeno a ognuno fu carissimo vedere che el fine in bene e onore comune se terminava; e a maraviglia furono le operationi [p. 456 modifica]di Antonio con le virtù de la donna insieme da ciascuno commendate. El Duca con grandissimo piacere ne li remandò a casa; e la matina fatta con gran cerimonia la messa celebrare, nel suo cospetto e di altri assai nobili e populi, e con generale contentezza de’ nostri salernitani, fe’ Veronica ad Antonio dignamente sposare, e fatti loro grandissimi doni, con felicità e ricchezza, con grandissimo amore e belli figlioli la loro lunga età terminaro.


MASUCCIO.


Però che el fine de la recontata novella fu sì lieto e giocondo e onorevole e fruttuoso che ogni d'altrui sentito dolore e de li loro infortunii la compassione avuta mitiga ed occupa; lassando i doi cari amanti el perduto tempo restorare, e solo de la virtute del passato, e forse primo passato, Duca di Calabria ricordandome5, me invita a seguire l'ordene con un'altra magnificentia e virtuosa liberalità per el nostro moderno illustrissimo signore Duca de Calabria usata; la quale dubitatamente gli altri principi avanza, così questa che appresso a soa illustrata Consorte de scrivere intendo, tutte le ricontate de gran lunga trapassa, come da chi legge ne sarà fatto giudicio.

  1. Questo Giovanni Guarna che volontario usci dalla patria, potè forse seguire il Duca Giovanni d’Angiò in Francia. E forse fu parente di Andrea Guarna, illustre Salernitano, se pure non fu egli stesso, e chiamato Giovanni Andrea. La famiglia Guarna una delle più nobili di Salerno diede quel Romualdo, arcivescovo, medico, e storico, che era congiunto in parentado con gli stessi monarchi Normanni; diede anche Rebecca Guarna, medichessa. V. il De Renzi nella sua Storia della Scuola medica di Salerno.
  2. della qual cosa, e forse sarebbe meglio di che.
  3. Sparvieri mudati.
  4. Questo Duca di Calabria, figliuolo di Carlo II di Angiò, fu Roberto, poi Re.
  5. Il primo erede del trono che ebbe titolo di Duca di Calabria fu Carlo II angioino.