Il Quadriregio/Libro quarto/XV

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XV. Di coloro che col lor sangue fondarono la fede, e delle cose che dobbiamo credere

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Federico Frezzi - Il Quadriregio (XIV secolo/XV secolo)
XV. Di coloro che col lor sangue fondarono la fede, e delle cose che dobbiamo credere
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CAPITOLO XV

Di coloro che col lor sangue fondarono la fede,
e delle cose che dobbiamo credere.

     Paulo mi mise poi nel tempio sacro,
fatto di sangue e fatto di fortezza
di santi, morti a duolo acerbo ed acro.
     Parea ch’andasse al cielo la sua altezza,
5edificato in dodici colonne,
e quattro miglia o quasi nell’ampiezza.
     Né Capitolio mai, né Ilionne
fu di bellezze e gioie tanto adorno,
né ’l tempio, che ’l gran saggio fe’ in Sionne,
     10quante questo n’avea intorno intorno;
di mille luci splendea in ogni parte,
sí come luce il sol di mezzogiorno.
     Mai Policleto, né musaica arte,
neanco Giotto fe’ cotal lavoro,
15qual era quel di quelle membra sparte.
     Parean i lor capelli fila d’oro,
e lor vermiglie ven parean coralli,
e purpuresche le ferite loro.
     La carne e l’ossa chiar piú che cristalli,
20tutte ingemmate a pietre preziose,
pien di iacinti e di topazi gialli.
     Mostrò a me Paulo tra le belle cose
prima san Pietro e poi piú altri assai,
che Cristo in pria per fundamento pose.
     25Mostrommi cento e piú papi primai,
i quai fûn morti per la santa fede,
ch’ora risplende di cotanti rai.

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     Per la qual cosa a chi saliva in sede
si trasse dirli:— Vuoi esser pastore
30con quella valentia, che si richiede?—
     Ciò era a dire:— Hai tu tanto valore,
che sia costante a sostener la morte
per santa fede senza alcun timore?—
     Poi disse:— Or mira il giovinetto forte,
35il qual inverso il cielo alza la faccia
e per me prega con le braccia sporte.
     Stefano è quel, che disse:— O Dio, a te piaccia
che facci agnello del lupo rapace,
che li tuoi cristian sí mette in caccia.—
     40Allor refulse in me lume verace,
e caddi in terra e poi risposi a Cristo:
— Chi se’, Signor? farò ciò ch’a te piace.—
     Laurenzio e poi Vincenzio ed anco Sisto
mostrommi poi ed il mio Feliciano
45tra le gemme piú chiare ivi permisto:
     li martiri sepolti in Vaticano,
in via Salaria, Callisto e Priscille,
ognun lucente, chiaro e diafáno.
     Io vidi poi le fortissime ancille,
50Lucia, Agnese, Marta e Caterina,
Cecilia, Margherita e piú di mille;
     e quelli che refulsono in dottrina
in santa Chiesa con tanti splendori,
quanti ha nel ciel la stella mattutina;
     55e, sopra a tutti, li quattro dottori,
intra li quali risplende Augustino
tanto, ch’ecclissa li raggi minori.
     Tra quelle luci sta Tomas d’Aquino,
Anselmo ed Ugo, Ilario e Bernardo,
60quasi carbonchi posti in oro fino.
     Isidoro, Boezio e ’l buon Riccardo,
Crisostomo ed Alano era ivi inserto,
splendente ognun, che mi vincea lo sguardo.

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Il tempio, che di sopra era scoperto,
65avea per tetto il raggio delle stelle,
e ’l ciel ogni splendor v’avea aperto.
     Mentr’io mirava queste cose belle,
Paulo mi disse:— Se tu hai diletto
altro sapere, perché non favelle?—
     70Risposi a lui:— Quantunque io abbia letto
che cosa è fede, ancor non son contento,
se meglio nol dichiari al mio intelletto.
     — Fede è substanza ovvero fundamento
delle cose non viste e da sperare,
75ferma chiarezza ovver fermo argumento.—
     Cosí egli rispose al mio parlare;
e poi subiunse che qui la substanza
vien da quel verbo, che sta per substare.
     E, perché tutto l’esser di speranza
80sta su la fede e dietro gli seconda,
e senza lei ogni vertú ha mancanza,
     fede è substanza, perché ’n lei si fonda
spene e vertú e vanno dietro poi
quasi accidenti ovver cosa seconda.
     85Se d’argumento ancor tu saper vuoi,
ciò è chiarezza, ché la fede è chiara,
come chi vede ben cogli occhi suoi.
     E fa’ che ’ntendi bene, e questo impara:
ch’alcuna fede è viva, alcuna è morta,
90e sol la fede viva appo Dio è cara,
     perché nell’operare è sempre accorta;
e cosí è vertú da lei produtta,
come da pianta che buon frutto porta.
     La fede morta è quella che non frutta
95l’opere virtuose e non si guarda
né dalli vizi, né da cosa brutta.
     E questa fede è morta, a chi risguarda;
ché, benché dica con parol ch’ell’ama,
nell’opere si mostra poi bugiarda.

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     100Però, se cristiano alcun si chiama
ovver fedele, e vuoi veder la prova,
guarda se ’l frutto porta in su la rama.
     Crede il demonio e teme, e non gli giova,
perché null’atto senza caritate
105esser di frutto buon giammai si trova.—
     Poi vidi scritto: «O voi che ’l tempio intrate,
leggete questo e ben ponete mente,
e, come dice qui, cosí crediate».
     Io lessi: «Io credo in Dio onnipotente,
110e tre persone in un essere solo,
e che fe’ l’universo di niente.
     E credo in Iesú Cristo, suo figliuolo
e nato di Maria e crucifisso,
morto e sepolto con tormento e duolo;
     115e ch’andò al limbo e trasse dall’abisso
i santi padri, e laggiú di quel fondo
quassú di sopra li menò con isso;
     il terzo dí poi florido e giocondo
risuscitò, e poscia al ciel salío
120per sua vertú, partendosi del mondo;
     e siede in forma d’uomo a lato a Dio,
e verrá a iudicare all’ultim’ora,
salvando i buoni e dannando ogni rio.
     Nello Spirito santo io credo ancora,
125e ch’egli è Dio; e credo in santa Chiesa,
che ’n tre persone un solo Dio adora.
     Credo il battismo, che lava ogni offesa,
col cor contrito la confessione,
se a satisfar si tien la man distesa.
     130Credo nel pane della comunione
essere Cristo, quando è consacrato,
in segno che e’ giammai non ci abbandone;
     e che, finito il temporale stato,
che ’l ciel produce, mentre sopra volta,
135dal qual è ogni effetto generato,

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     credo che verrá Cristo un’altra volta,
e che ognun rivestirá sua carne,
quantunque sia disfatta e sia sepolta;
     allora egli verrá a giudicarne
140con pompa trionfante e con maièsta,
col corpo che fu offerto a liberarne;
     e ch’alla tromba della sua richiesta
verranno innanzi a lui i vivi e i morti
alla sentenza della sua podèsta;
     145e quelli poi dividerá in due sorti,
e mandará li rei a valle inferna
e li suo’ eletti agli eterni conforti.
     Credo i beati e credo vita eterna,
che solo a’ virtuosi Dio la dona,
150che hanno fede e caritá fraterna;
     ché, come la Scrittura ne ragiona,
Dio non vuole, né vòlse aver mai seco
se non vertú perfetta e cosa buona;
     E però comandò che ’l zoppo e ’l cieco,
155leproso e brutto non intrasse al tempio,
né fusse offerto a lui infetto pieco;
     e questo fu nel sopradetto esempio».