Il guarany/Parte Terza/Capitolo XII
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CAPITOLO XII.
LA DISUBBIDIENZA.
Alvaro appoggiato dalla parte di fuori a una delle finestre della casa pensava ad Isabella.
La sua anima lottava ancora, ma già senza forza, contro l’amore ardente e profondo che lo dominava; procurava illudersi, ma la sua ragione nol permetteva.
Conosceva che amava Isabella, e che l’amava di tal amore, che il simile non avea provato per Cecilia; l’affezione calma e serena d’altra volta avea fatto luogo ad una passione divoratrice.
Il suo nobil cuore ribellavasi contro una tale verità; ma la volontà era impotente contro l’amore: non potea più strapparlo dal suo seno, nè lo desiderava.
Alvaro soffriva, perchè quello che avea detto la sera innanzi ad Isabella era realmente ciò che provava; nè avea esagerato: il dì che lasciasse di amar Cecilia e si rendesse infedele alla promessa fatta a don Antonio, si condannerebbe come un uomo senza onore e senza lealtà.
Consolavasi all’idea che lo stato in cui si trovavano non potea durar a lungo; poco mancava a dover soccombere esausti, affranti di fatica contro alle poderose forze dei nemici che li assaltavano.
Allora nei momenti estremi, sull’orlo della tomba, quando la morte già lo avesse sciolto dai legami della terra, potrebbe con un ultimo sospiro balbettare la prima parola del suo amore; potrebbe confessare ad Isabella che l’amava.
Fin là combatterebbe contro la sua passione.
In quel mentre Pery gli si accostò e lo toccò sulla spalla.
— Pery parte.
— Per dove?
— Per un luogo lontano.
— Che vai a fare?
L’Indiano esitò:
— A cercar soccorso.
Alvaro sorrise con incredulità.
— Ne dubiti?
— Di te no; ma del soccorso.
— Ascolta; se Pery non ritorna, farai tu sotterrare le sue armi?
— Puoi star tranquillo: te lo prometto.
— Un’altra cosa.
— Quale?
L’indiano esitò di nuovo.
— Se vedrai il capo di Pery spiccato dal busto, sotterralo colle sue armi.
— Perchè questo? Che mi vuoi dire?
— Pery va a passare pel mezzo de’ selvaggi e può morire. Tu sei guerriero, e sai che la vita è come la palma; inaridisce quando le altre piante rinverdiscono.
— Hai ragione. Farò quanto mi chiedi; ma spero vederti ancora.
L’Indiano sorrise.
— Ama la signora; diss’egli stendendo la mano al giovane.
Il suo addio era un’ultima preghiera per la felicità di Cecilia.
Pery entrò nella sala, ove si trovava riunita la famiglia.
Dormivano tutti; solo don Antonio de Mariz vegliava sempre, malgrado la sua vecchiezza; la sua potente volontà creava nuove forze, e rianimava il suo corpo prostrato dagli anni.
Non gli rimaneva che una speranza; quella di morire circondato da coloro che più amava, attorniato dalla sua famiglia; come si addiceva morire a un fidalgo portoghese, con onore e coraggio.
L’Indiano attraversò la sala, e collocandosi presso al sofà ove riposava Cecilia addormentata, la contemplò un istante con un senso di profonda mestizia.
Sarebbesi detto che con quello sguardo ardente prendea l’ultimo e solenne congedo; che partendosi lo schiavo fedele e devoto volea lasciar la sua anima allacciata a quella immagine, che rappresentava la sua divinità sulla terra.
Che sublime linguaggio non parlavano quegli occhi intelligenti, avvivati da un brillante riflesso di amore e felicità? Che epopea di sentimento e di annegazione non ci avea in quella muta e rispettosa contemplazione?
Alla fine Pery fece uno sforzo supremo, e a stento riuscì a rompere l’incanto che lo incatenava e lo teneva immobile, come una statua avanti la bella fanciulla dormiente.
Chinossi sopra il sofà, e baciò rispettosamente la frangia del vestito di Cecilia; quando si alzò, una lagrima triste e silenziosa, rigandogli il volto, cadde sulla manina della fanciulla stesa sulla sponda del sofà.
Cecilia sentendo quella goccia ardente, aperse alquanto gli occhi; ma Pery non vide il moto, perchè già si era voltato e si avvicinava a don Antonio de Mariz.
Il fidalgo, seduto sulla sua poltrona, lo ricevette con un mesto sorriso.
— Tu soffri? gli domandò l’Indiano.
— Per loro, per essa specialmente, per la mia Cecilia.
— Per te no? disse Pery con vivacità.
— Per me? Darei la mia vita per salvarla; e morrei felice!
— Ancorchè ti chiedesse di vivere?
— Ancorchè mi supplicasse in ginocchio.
L’Indiano si sentì alleggerito come da un rimorso.
— Pery ti chiede una cosa?
— Parla!
— Pery vuol baciarti la mano.
Don Antonio de Mariz si trasse il guanto, e senza comprendere la ragione di quella richiesta, gli stese la mano.
— Tu dirai a Cecilia che Pery è partito; che andò lungi; non devi contarle il vero: soffrirebbe. Addio. A Pery duole di lasciarti; ma non può farne a meno.
Nell’atto che l’Indiano proferiva queste parole a voce bassa e chinato all’orecchio del fidalgo, questi; stupefatto, si studiava di associarle a un sentimento, che pareagli vago e confuso:
— Che hai in animo di fare, Pery? dimandò don Antonio.
— Quello che vorresti far tu, per salvar la signora.
— Morire!... sclamò il fidalgo.
Pery alzò il dito alle labbra, come per raccomandar silenzio; ma era tardi: un grido partito dal canto della sala lo fece trasalire.
Volgendosi vide Cecilia che avendo udito l’ultima parola di suo padre, volle correre alla sua volta, e cadde in ginocchio senza forze per fare un passo.
La fanciulla, colle mani protese, supplichevoli, parea chiedere a suo padre che evitasse quel sacrificio eroico, che salvasse Pery da quella morte volontaria.
Il fidalgo la comprese:
— No, Pery; io, don Antonio de Mariz, non consentirò mai ad una simil cosa. Se la morte di qualcuno potesse arrecare la salvezza della mia Cecilia e della mia famiglia, a me solo toccherebbe il sacrificio. E per dio, lo giuro sul mio onore, nol cederei a persona; chiunque volesse fraudarmi di tal diritto, mi farebbe un insulto crudele.
Pery volgea gli occhi dalla sua signora afflitta e supplichevole verso il fidalgo severo e rigido nell’adempimento d el proprio dovere; temea quei due contrasti diversi, ma d’una gran possa sopra il suo animo.
Potea lo schiavo resistere a una supplicazione della sua signora, e cagionarle un affanno, quando tutta la sua vita era destinata a renderla lieta e felice?
Potea l’amico offendere don Antonio de Mariz, che rispettava, effettuando un’opera che il fidalgo considerava come un’ingiuria fatta al suo onore?
Pery ebbe un momento di perturbazione, in cui gli parve che il cuore gli si staccasse dal petto, la vita gli sfuggisse e la testa gli scoppiasse, per la pressione violenta delle idee che gli facean tumulto nel cervello.
Nel breve istante che durò quella vertigine, vide aggirarsi intorno rapidamente gli aspetti sinistri degl’inimici, che colle armi alzate minacciavano la preziosa vita di coloro che più amava nel mondo.
Vide Cecilia supplicante, non verso lui, ma verso l’inimico feroce e sanguinario, presto a contaminarla coll’impure sue mani; vide il bello e nobil capo del vecchio fidalgo rotolar mutilato co’ suoi bianchi capelli bruttati di sangue.
L’Indiano inorridito a queste immagini lugubri, che gli pingea la sua delirante fantasia, si strinse il capo fra le mani, come per liberarlo da quella febbre.
— Pery!... balbettava Cecilia; la tua signora te ne supplica!...
— Morremo tutti insieme, amico, quando sarà il momento; dicea don Antonio de Mariz.
Pery alzò il capo e gettò sopra la fanciulla e il fidalgo uno sguardo pieno di fuoco:
— No!... sclamò egli.
Cecilia rizzossi con un moto quasi istantaneo; pallida, piena d’ira e d’indignazione, la gentile e graziosa fanciulla d’altra volta si era di repente trasformata in una regina imperiosa.
La sua bella e candida fronte risplendea d’un enfasi solenne; i suoi occhi azzurri vestironsi di quegli aurei riflessi che illuminano le nuvole nel mezzo della tempesta; i suoi labbri tremoli e lievemente inarcati pareano rattenere la parola, per lasciarla prorompere più libera e più veemente.
Piegando il suo biondo capo sulla spalla sinistra con un gesto d’energia, stese la mano verso Pery:
— Ti proibisco di uscir di questa casa!...
L’Indiano per poco non impazzì; volle gettarsi ai piedi della sua signora, ma retrocesse anelante, oppresso e soffocato.
Un canto, o per meglio dire una gazzarra selvaggia risuonò in lontananza.
Pery fece un passo verso la porta: don Antonio lo rattenne.
— La tua signora, disse il fidalgo freddamente, ti ha dato un ordine; tu lo eseguirai. Calmati, figlia mia; Pery è mio prigioniero.
Udendo questa parola, che distruggeva tutte le sue speranze, e gli impediva di salvare la sua signora, l’Indiano spiccò un salto che misurò metà della sala.
— Pery è libero!... gridò fuori di sè; Pery non ubbidisce più ad alcuno; fa ciò che gli comanda il suo cuore!
Nell’atto che don Antonio de Mariz e Cecilia maravigliati di quel primo atto di disubbidienza guardavano attoniti l’Indiano nel mezzo di quella vasta sala, lanciossi egli ad una rastrelliera di armi; e impugnando un pesante spadone, come fosse un fioretto, corse alla finestra e l’aprì.
Saltando sopra il davanzale, sfavillante di coraggio e di ardore, Pery voltossi per vedere ancora una volta la sua signora.
Cecilia sentendosi vacillare appoggiavasi al braccio di suo padre che la sorreggeva; e colla mano sul cuore, le labbra semiaperte, aspettava una parola, un grido di disperazione che stava per proromperle dal seno.
— Perdona a Pery, signora!
Cecilia mise fuori un grido, e cadde svenuta sul petto di suo padre.
L’Indiano era scomparso.
Quando la fanciulla rivenne, il primo moto fu di strigarsi dalle braccia di don Antonio e correre alla finestra.
Non vide più Pery.
Alvaro e gli avventurieri dallo spianato tenevano gli occhi fissi sull’oleo che elevavasi di fianco alla casa, dalla banda opposta, e il cui fogliame ancora si agitava.
Vedeasi da lungi il campo degli Aimorè; il vento che passava recava il rumore confuso delle voci e delle grida dei selvaggi.