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Istoria delle guerre vandaliche/Libro primo/Capo VIII

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Capo VIII

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo VIII
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CAPO VIII.

Onorico persecutore dei cristiani; ed i Maurusii padroni dei monte Aurasio. — Gondamondo successor d’Onorico affligge anch’egli i seguaci di Cristo. — Il fratello Trasamondo cambia le forme della persecuzione, e sposa Amalafrida sorella di Teodorico re de’ Goti. — Gabaone, re dei Maurusii volendo riparare le profanazioni dei Vandali muove lor contro e li sconfigge.


I. Onorico, il maggior de’ fratelli morto Genzone, successe al padre nel regno, ed i Maurusii allora, tranquillissimi per lo innanzi paventando Gizerico, fecero grandi mali ai Vandali riportandone anch’egli in buon dato. Il nuovo re fu peggiore di tutti i suoi antenati nelle inumanità verso i cristiani, ad ogni patto e con ogni maniera di supplizii costringendoli ad abbracciare le dottrine d’Ario; a molti di loro faceva strappare la lingua, e di queste vittime coll’impedita favella avveno ancora a’ miei dì in Bizanzio; a tale gastigo nondimeno soggiacevano unicamente coloro, i quali sapevoli di sue [p. 320 modifica]scelleraggini e lussurie ardito avessero in aperto disapprovale. Egli morì di malattia dopo otto anni di regno, nel cui periodo i Maurusii impadronironsi del monte Aurasio (nella Numidia, volto al meriggio, e trentatrè1 giornate di cammino lontano da Cartagine), dove l’erto e malagevol terreno guarentivali da ogni vandalico assalimento2.

II. Da Onorico la corona dei Vandali passò a Gondabondo figliuolo di Genzone suo fratello, sendo egli il più stretto consanguineo di Gizerico. Esso guerreggiò molto gli Africani, e volle oscurar la fama degli antenati suoi col dare maggiori travagli ai veri seguaci di Cristo; infermatosi di poi si moriva nel dodicesimo anno del suo imperio, lasciando il diadema al fratello Trasamondo, personaggio di bellissime forme, e per [p. 321 modifica]accortezza e valore primo nei fasti di quella discendenza. E’ guardavasi dal tormentare con pene corporali i cristiani, preferendo eccitarli con ricchezze ed onori a ritrarsi dall’avita credenza; ed in guisa sprezzava chiunque desse ripulsa a suoi inviti che nulla curante la condizion loro giungeva sino a fingere di non conoscerli: se alcuno di più volontariamente o per mala sorte fosse caduto in gravi colpe, scontavane apostatando ogni pena. Rimaso in appresso vedovo e senza prole mandò, bramoso di nuove sponsalizie, a Teodorico re de’ Goti chiedendogli la sorella vedova da pochissimo tempo3. Il Goto v’acconsentì e fecela partire coll’onorevol corteo di mille personaggi illustri, e di cinque mila guardie tutte valenti nelle armi; ed a vie meglio testimoniare il contentamento suo di questo matrimonio donò alla sorella il promontorio Lilibeo nella Sicilia, rendendo per sì fatto modo il cognato superiore in grandezza e potenza a qual ti vuoi capo de’ Vandali, e procacciandogli la stretta amicizia dell’imperatore Anastasio: ebbe però costui il rammarico di vedere i sudditi bersagliati sì acerbamente dai Maurusii che invano cercherebbonsi sciagure eguali riandando tutta la serie delle loro vicende.

III. I Maurusii di stanza presso a Tripoli erano allora governati da Gabaone sagacissimo principe ed assai bellicoso, il quale avendo saputo che i Vandali apparecchiavangli la guerra di tal foggia provvide [p. 322 modifica]all’assalimento loro. Prima di tutto fe comando a sua gente che si guardasse dal commettere delitti, dall’usar troppo dilicati cibi ed avere dimestichezze con donne; le impose oltracciò di formare due valli, in una de’ quali rinserrerebbesi egli coll’esercito, e nel secondo chiuderebbe tutto il sesso femminile, con pena di morte a chiunque osasse accostarvisi. Mandò in fine alcuni esploratori sulla via di Cartagine ordinando loro che se i Vandali nel marciare coll’esercito profanassero le cristiane chiese, e’ darebbonsi, partiti gli empj, subito ad operare in affatto contraria guisa, porgandole cioè da ogni immondizia; ed aggiugneva non essere fuor di proposito il far tributo di venerazione al costoro Iddio; imperciocchè sendo egli, qual si ritiene, pietoso, armerassi di sdegno contro i suoi profanatori, e favoreggerà chi studia onorarlo. Pervenuti adunque gl’inviati suoi in quel de’ nemici, e vedendo l’esercito marciare alla volta di Tripoli seguironlo sotto umil abito e forma. I Vandali messo piede nella prima stazione corrono subito ad albergare co’ loro cavalli per entro i tempj, non risparmiando contumelia al Nume ed alla sua casa, e prendendo sino a percuotere dalle terga i sacri ministri acciocchè alla foggia di vili schiavi occupassersi de’ servigi loro. Ma al partir delle truppe incontanente gli altri, fedeli agli ordini di Gabaone, purificavan que’ luoghi dal letame e da ogni sozzurra, e vi abbruciavano aromi; adoranne parimenti i sacerdoti avuti da prima a scherno, e limosinano i mendichi giacenti alle sante porte: così, tenendosi lungo tutto il cammino presso delle truppe, il male operar loro con ogni [p. 323 modifica]diligenza e pietà emendavano. Gabaone poi udendole vicine muove ad incontrarle coll’esercito, e fermatosi in opportuno luogo circondalo, meglio che di steccato, de’ suoi cammelli, ponendone dodici alla fronte. Colloca quindi nel meno del campo insiem col tesoro le donne, i fanciulli ed ogni altra gente imbelle, e fatti imbracciare gli scudi alla truppa schierala ai piè delle belve. A tale ordinanza degli Africani i Vandali non seppero da che parte assalìrli, imperciocchè mancavano di frombolieri, di arcadori e sin di fanti che appiccassero la pugna, non essendo in realtà che una turba di cavalieri armati il più di lance e spade, inetti per ciò ad offendere comunque da lontano; i loro cavalli d’altronde spaventatisi alla vista de’ cammelli ricusavano di farsi innanzi: toccarono adunque mercè delle narrate disposisioni una grandissima sconfitta, venendo per ogni dove oppressi da un continuo nembo di nemiche frecce. Trasamondo poco dopo ricevuta questa rotta dagli Africani morì, avendo regnato ventisette anni.

Note

  1. Tredici giornate (Cous.)
  2. Ecco la bella descrizione di questo monte fatta dal Nostro nel lib. vi degli Edifizj. «È nella Numidia il monte Aurasio, che in tutto il mondo non ha l’eguale. Sorge questo tutto scosceso a prodigiosa altezza, e voglionvi quasi tre giornate a farne il giro. Difficile da salirsi è al primo tratto, nè altro presenta che precipizj. Alla sommità però ha buon terreno, campagna piana, strade facili, grassi prati, orti pieni di belle piante e d’aromi di ogni genere, fontane sgorganti dalle rupi, acque placide, e fiumi riboccanti; e quello che è più mirabile, biade e frutta in questo monte maggiori che in tutto il rimanente dell’Africa. Tale si è la natura del monte Aurasio, il quale avendo i Vandali occupato sino dal principio di loro dominazione, dai Mauri poi fu loro tolto ed abitato fino a che Giustiniano imperatore, cacciati costoro, lo aggiunse all’imperio romano». (Trad. del cav. Compagnoni).
  3. Amalafrida.