Istorie dello Stato di Urbino/Libro Primo/Capitolo Quarto

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Libro Primo, Capitolo Quarto

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CAPITOLO QUARTO.

De i termini del Paese, che in Italia habitarono i Senoni, e delle singolari prerogative di esso, in rispetto al Cielo.


I
l Paese, che toccò in sorte à i Senoni: benche trà l’Apennino, e l’Adriatico, nell’estremo del triangolo Gallico, alle sponde dell’Esino, da gli antichi Scrittori collocato venga: nulladimeno nell’assegnare al medesimo verso l’Occaso il limite, trà loro non poco differenti si mostrano: Però che Livio, nel citato luogo vuole; che dall’Esino scorra, sin’al fiume Vite, che hoggi Ronco da’ Paesani s’appella, il quale dall’Apennino scendendo, trà il Savio, e l’Amone camina; secondo che riferisce Plinio, nel terzo Libro delle sue Historie al Capitolo Terzo decimo. da che mosso Girolamo Rossi nel primo Libro dell’Historie di Ravenna, pose la Città istessa nell’Umbria Senonia, in tal guisa scrivendone: Multis deindè post annis, cum Galli in Italiam erpissent, ut Livius memoriæ tradit, Senones ab Ufente ad Aesim incolentes, Ravennam etiam post Umbros tenuere.

Polibio, che prima d’ogni altro parlò de’ Senoni, con tutti conviene, che questa Regione, circa i lidi fertili dell’Adriatico, intorno à Senigaglia giacesse: mà non assegnandole altri confini, che dell’istesso Adriatico l’onde, con la vicinanza de gli Egani, esso indeterminata lasciolla.
Plinio nel sopracitato luogo, al Capitolo duodecimo, descrivendo questi Popoli, confusamente gli pone con gli Umbri, d’Italia nella sesta Regione, à cui assegna, verso l’Occaso, per termine il fiume Crustumio, al presente chiamata Conca, che non molto dalla Cattolica lungi, nel Mare si scarica; dove ne i secoli antichi, per testimonio di Leandro Alberti, nella Descrittione d'Italia, di Abramo Ortellio nel Theatro del Mondo, di Cesare Clementini nel primo Libro dell’Historie di Rimino, ed altri [p. 10 modifica]Auttori veridici; Era una Città nomata Conca, la quale fù poi dalle marine onde sommersa in mezzo à cui, nel tempo sereno, ancora veggonsi le reliquie. Portio Catone nel libro dell'orig. più innanzi alquanto verso gli Egani, di questo Terreno dilatando i confini, gli assegnò da quella parte per ultimo termine, il fiume Rimino, hoggi detto da i paesani Marecchia. E più oltre allargandolo Sempronio nella divisione d'Italia, sopra le sponde del famoso Rubicone lo ferma; à cui successe in sorte, dopò la cacciata de' Galli, in luogo dell'Esino di terminare l'Italia. E dell'istesso parere fù Claudio Tolomeo, nella Tavola Sesta di Europa, mentre non distinguendo in Regioni l'Italia, mà in quarantacinque Popoli, che l'habitarono, trà l'Esino, & il detto Rubicone pose de' Senoni le stanze.

A questa opinione io m'appiglio, giudicandola sopra d'ogni altra verace; essendo che io mi renda certo, si come questi furono investigatori sagaci delle cose, le quali dissero; così nel descrivere questa Regione, non siansi ponto ingannati: E tanto più, à ciò credere mi risolvo, quanto nei tempi, che visse Tolomeo, questo paese, non che all'Italia, mà à tutto il Mondo era noto, non tanto per la vicinanza di Roma Metropoli dell'istesso Mondo, quanto perche da i Prencipi Romani erano assai favoriti gli habitatori di quello, i quali à i carichi Publici, che ad huomini conferisconsi di valore, da quel Senato erano preferiti, come più innanzi dimostraremo à pieno. Essendo per tanto i limiti questi della Regione de' Senoni, non s'estende più in lungo miglia sessantasei: però che solo questi numeransi dal Rubicone all'Esino; & intorno à trentacinque si allarga: essendo questa l'ordinaria distanza dalle cime de gli Apennini, all'Adriatico; benche in alcuni luoghi maggior si dimostri; & in altri anco all'incontro minore, secondo che i sopradetti Monti si vedono d'appresso, over al Mare lontani, dove che la sua figura bistetragona restando, solamente frà due cento miglia di circonferenza, si racchiude: Al presente della medesima una merà nel Piceno contiensi, e l'altra, nell'Emilia, sin'all'onde famose di detto Rubicone si distende; Onde essa si come in due parti eguali dall'Isauro è divisa, così dall'istesso fiume, il Piceno dall'Emilia resta disgiunta. Ne i secoli più antichi, essendo questo paese habitato da gli Umbri, frà l'altre parti connumeravasi di questa gran Regione: Onde non con altro nome, che d'Umbria, commune à tutta la medesima Contrada, veniva chiamato. Mà soggiornandovi poscia un tempo i Galli Senoni, fù con questa giunta specificante, Umbria Senonia nomata, cioè quella parte dell'Umbria, dove detti Senoni habitarono; cosi da i più celebri Cronisti è stata d'ogni hora per l'innanzi appellata. Si trova questa felice Regione tanto in riguardo al Cielo: quanto all'altre parti del Globo terrestre, nel più bel sito del [p. 11 modifica]Mondo; imperòche secondo scrisse l'allegato già Tolomeo, anzi secondo chi si vede nell'apparenza del Cielo, trovasi all'elevatione situata dell'Artico Polo, intorno à gradi quarantatre, e mezo, il cui zenit è posto nelle sfere Celesti, quasi ad eguale distanza dal Polo sudetto, e dalla linea Equinottiale, nel Paralello terzodecimo del quinto Clima, il qual poco men, che in due parti eguali divide la temperata Zona, che trà il circolo di Borea, e il Tropico di Granchio da' Geografi si descrisse
Parimente ancora la medesima, gode tutti quei favori, che gl'influssi dolci di quel benigno Cielo, à tutte l'altre Regioni, sotto l'istesso Clima comparte: come sono in particolare la Macedonia, & il gran Bisantio, i lidi fecondissimi del Mar maggiore, e dell'Hircano, che all'Ostro, & all'Oriente stan dirimperro, il famoso Regno de Batriani, la Saca trà l'Imao, e la Scithia fuori, della ricchissima China il centro, & il Cataijo, che è la maggior Città del Mondo. Et più verso l'Occaso, l'antichissima Liguria, i Massigliensi, con Avenio della Narbona, che de' Sommi Pontefici un tempo garreggiando con Roma, fù la Santa Sede, e nella sua vicinanza la nobilissima Tolosa, oltre i Pirinei la Navarra, l'Asturia, e la Galitia. Poscia nell'altro Emisfero la più nobil parte della Virginia, ove à punto quel terreno, da questo medesimo Cielo fecondato, à consolatione d'avari produce l'oro; e più innanzi la vasta Provincia di Ponteach, ed altri più ricchi, e famosi Regni. Il più gran giorno dell'anno, che in questa Regione risplende, dal nascere al tramontar del Sole, osservasi non durare più di diecisette minuti, sopra quindici hore; & il minore sopra otto quarantatrè. Quivi gli habitanti si godono l'aria temperatissima, in tutto alla benignità del Cielo confacevole; non essendo impedito da' paludi, ò da' putrefatti stagni, che sogliono d'animali velenosi esser il nido; nè meno essendo alterato da' venti pestilentiali del mezo giorno, facendo à tutta la medesima Regione da quella banda sicuro, e fermo riparo le schiere ben'ordinate de gli alti Apennini; e se bene à' venti Boreali stà per alquanto esposta, non ricevesi però da quelli nocumento notabile, moderando essi nell'onde salse dell'Adriatico l'estremo rigore del freddo, che da i Monti Alemani, Illirici, e Liburnici procede; per lo che più tosto salutiferi, che nocivi à gli stessi habitatori si rendono, come l'esperienza pienamente insegna: anzi per lo continuo soffiar de' venti Orientali, à cui tutto questo Paese esposto giace, non vi si sente mai caldo eccessivo, ne freddo soverchio; siche fatto emulo de i campi Lucani si gode non men che Pesto, Primavera eterna. Quindi nasce, che ne i luoghi aprici di esso, salvansi l'Inverno i Naranci, e i Cedri, con altre piante più nemiche al gelo. Mà perche qui non è il luogo, dove trattar si deve della felicità di questa Contrada, facendo à questo il fine, ad altri Discorsi impiegheremo la penna.