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Istorie dello Stato di Urbino/Libro Terzo/Trattato Primo/Capitolo Primo

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Libro Terzo, Trattato Primo, Capitolo Primo

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Libro Terzo Trattato Primo - Capitolo Secondo

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CAPITOLO PRIMO.

Dell'edificatione di Corinalto, suo sito, e grandezza.


A
rsa, e distrutta dall'empio Alarico la bella, e famosa Città di Suasa, l'Anno della nostra Salute 409. come si è scritto, quelli, che da gl'incendij avanzarono per salvarsi, fuggirono verso il vento Cecias, dentro i vicini colli, che coperti di boschi, diedero à loro segreto, e fidato ricetto: ove raccoltisi insieme, dopò haver sparse amare lagrime, piangendo l'esterminio della Patria, l'acerba morte de i loro figli, parenti, congionti, ed amici, che con essa caduti frà le rovine sue giacevano estinti; determinarono trà quelle selve (per non esser nell'avvenire da' nemici scoperti) riedificare la nuova Suasa. Onde fatta scielta d'un di quei colli, che di sito, e di figura parve loro il più vago, (che è quel medemo, dove hoggi fondato scorgesi Corinalto, dieci miglia discosto dal[p. 2 modifica]l’Adriatico, e tre dalla Città giacente) effettuaro il pensiero, fondandola tra mezo alli due fiumi famosi, Misa, e Cesano; quello alla destra, e questo alla sinistra, incirca un miglio, e mezo à lui distanti, che da opache, e delitiose riviere spalleggiati, col piè d’argento, corrono maestosi inverso à Borea à dar tributo al Mare. Nè li disaventurati Suasani eressero in questa nuova Patria case magnifiche, ò Palagi superbi (come nell’antica possedevano) mà di arbori, & di gionchi fabricarono rozze capanne, e pagliareschi tuguri. Nè meno trà quei deserti gustavano cibi soavi, e delicate vivande, come nelle delitie della Patria erano soliti; mà d’herbe, di ghiande, et d’altri cibi silvestri si nodrivano. Con la rovina delle contrade Senonie, e di molt’altre d’Italia, havendo Alarico inalzate le sue glorie, non meno gonfio di superbia, che armato di crudeltà, se ne passò à Roma, contro di cui essercitando il solito furore, havendola con istretto assedio aspramente battuta: finalmente l’Anno 410. (come riferisce Procopio) all’entrata d’Aprile la prese, saccheggiolla, ed arse. Intenti à danni di Roma i Barbari, abbandonarono la distrutta Regione Senonia: Onde s’assicurarono gl’intimoriti Suasani uscire dalle selve, e darsi alla coltura de’ campi, che senza questa rimasti, divenivano sterili, & infecondi. Quindi avvenne, che si come co’ cibi domestici, le forze del corpo rinvigorirono; cosi con generosi pensieri la virtù dell’animo ristorarono: però che sprezzati i vili tuguri, e le rozze capanne nel medesimo luogo, con le rovine di Suasa, l’Anno del parto della Vergine 411. diedero principio à fabricare una Città formata, con regole, e disegno d’Architettura, cingendola di forti, & di alte muraglie: indi compartendola in ispatiose Contrade, l’ornarono di belli, & di sontuosi edifici, che se non in grandezza, nella figura almeno rassembrava l’antica Città, dalla quale, si come desideravano, che fosse differente di sorte; così vollero, che con altro nome s’appellasse: onde dall’altezza del colle, ove la situarono, & dall’effetto, che dalla bassa Suasa per salvarli, à quello corsero, lo chiamarono Corinalto, quasi curre in altum; cosi riferisce Sebastiano Macci Durantino de bello Asdrubalis libro secondo, dicendo: Ex Suasę ruinis Corinaltum, ubi ante erat Ostra urbs nobilis &c. à verbo curre in altum conditum constat. Il medesimo afferma Gio:Battista Baffi sopra citato, Medico celebre della sua età, Cittadino di questa Patria, in una lettera di Aldo Manutio, dell’origine di Corinalto: e nel libro secondo de Cometis ne scrisse, come quì sotto: Igitur in istis Senonum Gallorum Mediterraneis Patria Corinaltum condita est, & Oppidum hoc sic dictum esse crediderim, quoniam in eminentiori situm est loco. Con ambedue questi gravi Scrittori conviene Monsignor Rodulfi nelle Croniche sopracitate della Diocesi di Senigaglia, in cui di Corinalto, & della sua origine trattando, con queste medesime [p. 3 modifica]parole ne ragiona: Constat autem post Suasam aversam, quasdam hominum reliquias, (ut frequentius accidit in urbium excidijs) fugam cæpisse; non enim poterant in dumetis latere diutius, & sylvis, quibus ager Corinaltensium abundabat; sed cursu, & fuga concitati, ab effectu nomen imponentes, Corinaltum, quasi curre in altum dixere. Nè chi legge si creda che questi famosi Scrittori ciò volontariamente asserissero, havendo eglino à favor loro tanti testimonij, quante sono l’antiche memorie, che di Suasa in Corinalto, e suo Territorio, in varij tempi trovate ne furono, come le medaglie, le Imagini de gli Idoli Suasani, le Tavole, et le Colonne di marmo, con le Iscrittioni. Che se bene alcune se ne vedano in parte rotte, ed altre all’ingiuria del tempo cancellate, che difficilmente additano del contenuto il senso (come il citato Rodulfi ne fa mentione in queste seguenti parole: Multis ab hinc Annis (nescio quo eventu) effossæ sunt, & repertæ in agro Corinaltensium Columnæ, & Tabulæ marmoreæ, quæ antiquitatem maximam redolent, in quarum una, Cæsaris nomen exprimitur, in altera literæ temporis iniuria consumptæ.) Tutta volta però altre, meno dal detto tempo ingiuriate, con facilità si leggono, e specialmente le due, che nel muro del Palazzo publico stanno commesse, come si è detto di sopra, quando di Suasa favellavamo. Da gli Elogij, che in queste si mirano impressi, chiaramente raccogliesi, che esse dalle ceneri dell’arsa Città estratte furono da i Cittadini, che dal conflitto scamparono, & in Corinalto portate non tanto per ornamento di quelle mura, quanto per conservare nella nuova Patria le memorie dell’antica, e li segnalati fatti degli Antenati loro.

Mà più assai, che non fanno questi vecchi Marmi, assicurano quanto quì si scrive dell’origine di Corinalto non essere inventione Poetica le tre Gotiche Iscrittioni, che in tre pietre distinte, à caratteri maiuscoli stavano scolpite; le quali sino al principio di questo secolo alla Piramidi della Cappella Gotica dell’Altar Maggiore di Santa Maria del Mercato facevano base, in cui espressamente leggevasi:

Scriba Prencipe Goto di Corinalto in quei giorni Signore, dalle rovine del Tempio della Dea Bona.

Per eccitare la divotione de’ Corinaltesi, & de’ Popoli del Territorio di Suasa, che in Corinalto hebbero l’origine, e Leggi: à gli ossequij di Maria Vergine Madre di Dio, Dea nel Cielo (veramente buona) da fondamenti haver eretto quel mirabil Tempio; e l’Anno della nostra [p. 4 modifica]salute 504. haver egli procurato, che in esso i primi culti latrij à Dio Ottimo Massimo, da Sacerdoti si rendessero. Mà essendo questo nel principio del presente secolo da Giuliano della Rovere di esso Abbate ristaurato, & in forma moderna ridotto, furono per ordine suo le pietre Gotiche trasportate à Pesaro, e nel suo palazzo serbate trà molte altre cose, che della grandezza de gl'Antichi fanno testimonianza. Da queste principalmente il sodetto Rodulfi, ed altri Scrittori han preso l'autentico di quanto hanno scritto di Corinalto; si come la cognitione della Tirannide di Scriba, che molti Anni tenne sopra di lui, come più à basso se ne darà notitia chiara.

L'equivoco, che ordinariamente pigliano i Cosmografi nella Geografia di Claudio Tolomeo Alessandrino, sopra la sesta Tavola d'Europa, che pongono Corinalto trà le Città mediterranee del Piceno, per Cupra Montana, all'elevatione del Polo Artico à gradi 43. e min. 10. (come specialmente si vede appresso Sebastiano Monstero Alemano, Giacomo Guastaldo Piamontese, Girolamo Ruscelli, Giovanni Malombra, & altri simili scrittori) intieramente consolida sopra la stabile base del vero questo discorso: imperoche sapendo eglino certo per manuscritti d'antichi istorici, Corinalto esser Terra nobile nel Piceno, dalle reliquie d'una celebre Città edificato; mà non havendo potuto haverne altra notitia, s'imaginarono (per una certa similitudine di nome, ch'egli hà con Cupra Montana) che dalle rovine di essa trahesse l'origine: Onde nelle loro Tavole, nel medesimo sito lo posero, e sotto l'istessa elevatione del Polo; il che con l'esperimento dell'Astrolabio si vede essere manifestamente falso, alzandosi il detto Polo à Corinalto gradi 43. e min. 26. che questo à punto varia poco dal sito, dove Tolomeo collocò Suasa: perciò meglio haverebbero fatto li citati Cosmografi, quando l'havessero posto sotto la detta elevatione, e Suasa distrutta l'havessero chiamata, come han fatto Gio: Antonio Magini nella Cosmografia d'Italia; ed Abramo Ortelio nel Theatro del Mondo, non variando eglino punto il sito, in cui l'edificarono i fuggitivi Suasani. E anco voce commune di tutti gli habitatori di quella Contrada, passata per traditione di età, in età, sino à nostri tempi, che questa Patria (come si è scritto) delle reliquie di Suasa sia parto legitimo. E chi ardisse negarlo, se non istolto, almen temerario fora da paesani tenuto. Mà perche li Cittadini, che scamparono dall'incendio di Suasa, furono in picciol numero; à proportione de' loro bisogni, eressero la nuova Città, minore assai dell'antica; percioche (come si raccoglie dal recinto delle vecchie mura) solo di settecento ordinarie habitationi era capace; nel cui essere si conservò, sino all'Anno del Signore 1360. nel qual tempo, per ordine del Cardinale Egidio Carilla, Legato d'Innocenzo sesto, Sommo Pontefice, fù da Galeotto Malatesta distrutta, & arsa, [p. 5 modifica](si come al suo luogo meglio si farà noto,) & dalle sue rovine, per industria de gli suoi Cittadini risorgendo, fù da i medesimi, con la successione de gli Anni, assai più ampliata, & nell'essere, in cui si vede al presente, ridotta. E bastando (per mio aviso) quanto si è detto, per intelligenza dell'origine di questa Patria, passarò à discorrere del suo bello, e fecondo Territorio.