La capitana del Yucatan/20. La cattura del cubano

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20. La cattura del cubano

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CAPITOLO XX.


La cattura del cubano.


Gli uomini che Cordoba aveva scambiati per insorti, erano marinai del Yucatan in perfetta tenuta di combattimento, come se si recassero ad eseguire qualche pericolosa ricognizione od andassero ad affrontare il nemico.

Erano una trentina, guidati da un contro-mastro, un giovane alto quanto un granatiere di Pomerania e robusto come un toro e che aveva già dato prove non dubbie d’un coraggio a tutta prova e d’un'abilità ed intelligenza non comuni.

Cordoba in pochi salti aveva raggiunto i suoi bravi marinai, i quali non parevano meno sorpresi di lui di quel fortunato incontro.

— Dove andavate voi? — chiese egli, fermandosi dinanzi al contro-mastro.

— Ma... in cerca di voi, mio tenente, — rispose il marinaio.

— Di me?...

— Avevamo saputo che eravate assediato in un fortino assieme alla Capitana. [p. 170 modifica]

— E da chi lo avete saputo?

— Da Alvaro.

— È giunto a bordo quel bravo?...

— Sì, signore, e da sole due ore, — rispose un marinaio facendosi innanzi.

— Tu!... — esclamò Cordoba.

— Io, mio tenente. Perdonerete se non sono giunto prima a bordo del Yucatan; mi sono smarrito parecchie volte in mezzo a queste dannate foreste.

— Tu sei un valoroso, mio caro, ed avrai una bella ricompensa. Sono felice di rivederti qui; avevo temuto che i ribelli ti avessero preso o fucilato.

— Sono sfuggito loro per miracolo, tenente. Ma... e la Capitana?... Io non la vedo con voi.

— Si trova nelle mani degl’insorti! — gridò Cordoba, con uno scoppio d’ira.

— La Capitana nelle mani di quei cani!... — esclamarono i marinai, con stupore.

Carrai!... — esclamò il contro-mastro. — Noi andremo a liberarla, tenente, se ci date il permesso. Noi siamo decisi a tutto.

— Sì, ci andremo, ma non ora, — rispose Cordoba. — Essa non si trova più nella foresta.

— E dove dunque?

— Ai cayos di S. Felipe.

— Andiamo a S. Felipe, tenente! — gridarono i marinai ad una voce.

— Ci anderemo, miei bravi, non dubitate. La marchesa del Castillo, non rimarrà a lungo nelle mani degl’insorti di Pardo. Dov’è l’Yucatan?...

— Dietro questo bosco, signore, — rispose il contro-mastro. — Ci siamo ancorati più al largo per tema d’una sorpresa.

— È a bordo, mastro Colon?...

— Sì, signore, egli non ha voluto abbandonare la nave sospettando un tradimento dopo la ricomparsa di Del Monte.

— Di Del Monte!... — esclamò Cordoba. — È venuto qui quel pezzo di galeotto?

— È a bordo tenente.

— A bordo!... Mille fulmini!...

— Coi ferri ai piedi e guardato da due marinai.

— Cosa è venuto a fare a bordo?... Quel furfante è dunque stanco di vivere? Quale audacia!...

— Pretendeva che si sbarcasse immediatamente il carico.

— Canaglia!...

— Diceva che era stato incaricato di quell’ordine dalla signora marchesa.

— E Colon?... [p. 171 modifica]

— Non ha creduto affatto, non avendo quel birbante di cubano alcun ordine in iscritto, nè vostro nè della Capitana.

— E poi?...

— Allora è diventato furioso, ha minacciato di farci appiccare tutti, di dare fuoco alle polveri e di mandare all’aria l’Yucatan. Mastro Colon lo ha fatto prendere, legare e cacciare in una cabina.

— E si trova ancora prigioniero?...

— Due ore fa era ancora nella cabina.

— A bordo, miei valorosi!... Andremo ad appiccare quel miserabile!... — urlò Cordoba che pareva avesse perduto, forse per la prima volta, la sua calma abituale.

Il drappello si mise prontamente in marcia, costeggiando una specie di penisola che si spingeva molto innanzi nell’ensenada di Corrientes, formando forse il capo omonimo che chiude la profonda baia dal lato meridionale.

Quella sponda però non era molto facile da percorrersi, in causa della natura del terreno. Ad ogni istante s’incontravano delle piccole paludi coperte da canne palustri, che servivano di ricettacolo a migliaia di uccelli marini e soprattutto di fenicotteri, poi venivano ammassi di paletuvieri che i marinai erano costretti ad attraversare con grande prudenza, aggrappandosi alle molteplici radici di quelle strane piante, onde non correre il pericolo di capitombolare in mezzo al fango tenace che serviva di fondo.

Verso il tramonto però, sorpassata l’estrema punta della penisola, Cordoba che camminava innanzi a tutti, fiancheggiato dai due soldati spagnuoli, riusciva a scoprire l’Yucatan il quale si trovava ancorato presso la foce del fiumicello, a circa trenta metri dalla riva più vicina.

Nel vedere la bella e rapida nave, un sospiro di soddisfazione gli uscì dal petto.

— Finalmente!... — esclamò. — Credevo di non doverla più ritrovare, nè comandare. Oh!... Se anche donna Dolores fosse qui! Mille pesci-cani!... Quel miserabile cubano la pagherà cara!...

Il sole tramontava rapido tingendo l’orizzonte di fuoco e facendo vivamente scintillare il mare che si estendeva al di là della baia, fra il capo Corrientes e quello lontanissimo di S. Antonio.

Sotto i boschi che circondavano le rive, già l’oscurità cominciava a diventare fitta. Le tenebre calavano rapide mentre dai paletuvieri s’alzava una leggera nebbiola carica di miasmi mortali, di quei miasmi che racchiudono in loro i germi della terribile febbre gialla.

Bande di uccelli acquatici e lunghe file di fenicotteri le cui ali rosse fiammanti scintillavano come strisce di fuoco sotto gli ultimi raggi del sole morente, traversavano la baia con un gridìo assordante, per andare a trovare sicuro rifugio fra i canneti della grande palude di Guanahanabiles. [p. 172 modifica]

Qualche brutto pipistrello, dalle ali grandissime e qualche vampiro, cominciavano ad apparire, volteggiando irrequietamente fra l’umida e semi-oscura atmosfera.

Cordoba ed i suoi marinai si affrettavano, guizzando e balzando fra le radici dei paletuvieri, sapendo già quanto fosse pericoloso trovarsi fra quelle piante trasudanti la febbre. Fosse l’umidità, o l’ora, o le tenebre che continuavano ad accumularsi sulle rive della baia od altro, parevano tutti inquieti ed i loro sguardi si fissavano, con una certa ansietà, sulle gigantesche piante che ingombravano le terre circostanti, come se là sotto si nascondesse qualche temuto pericolo.

Erano già giunti a trecento metri dall’Yucatan, quando sulla prora si udì una voce minacciosa a gridare:

— Chi vive?...

— Cordoba!... — rispose il tenente. — Mettete in acqua la scialuppa e venite ad imbarcarci.

Non aveva ancora terminato di parlare che già la piccola baleniera si staccava dai fianchi della nave, accostandosi rapidamente alla riva. A prora stava ritto un uomo che Cordoba subito riconobbe.

— Colon!... — esclamò.

— In persona, mio tenente, — rispose il mastro balzando fra i paletuvieri. — E la marchesa?...

— Silenzio ora: a bordo!... —

Prese posto nella scialuppa assieme ai due spagnuoli ed a sei marinai ed in pochi colpi di remo si fece condurre sull’Yucatan, dove l’intero equipaggio lo attendeva sulla tolda, in preda ad una viva ansietà, non avendo scorto la Capitana.

— Parlate, vi prego, signor Cordoba, — disse mastro Colon, che pareva angosciato. — Cos’è successo della signora marchesa?

— È prigioniera degl’insorti, ma fra poco noi partiremo e andremo a liberarla. Che si accendano i fuochi e che si tengano gli uomini sotto le armi.

— Si parte? — chiesero i marinai, stringendosi attorno a lui.

— Per i cayos di S. Felipe. La Capitana si trova colà, prigioniera degl’insorti. —

Uno scoppio di rabbia seguì le sue parole.

— Prigioniera!...

— Nelle mani di quei furfanti!...

— Andremo a farli a pezzi!...

— La salveremo, dovessimo far saltare tutti i cayos!...

— Partiamo!... Partiamo!...

— Silenzio!... — gridò Cordoba. — Ingegnere!... —

Il capo-macchinista fu pronto ad accorrere.

— Quanto tempo occorre per avere la massima pressione?...

— Un’ora, tenente.

— Sbrigatevi!... Andremo a tutto vapore!... —

Poi volgendosi verso Colon, riprese:

— Dov’è quel furfante di Del Monte?... [p. 173 modifica]

— In una cabina del quadro, guardato da due uomini, — rispose il mastro.

— Conducimi da lui.

— Ho fatto male ad imprigionarlo?...

— Dovevi appiccarlo, Colon, — rispose Cordoba. — È stato lui a tradirci.

— Lo avevo sospettato: seguitemi, signore. —

Mentre il macchinista ed i fuochisti si precipitavano nelle camere delle macchine e la piccola baleniera andava ad imbarcare i marinai rimasti fra i paletuvieri, Cordoba e mastro Colon scendevano nel quadro di poppa, arrestandosi dinanzi ad una cabina guardata da due marinai armati di fucili.

Il mastro aprì la porta ed introdusse il tenente in una stanzetta di due metri quadrati, provvista solamente d’un lettuccio e d’una sedia.

Il signor Del Monte stava seduto su quell’unica sedia, colle gambe imprigionate da una solida catena che non gli permetteva di fare il minimo passo. Voltava il dorso alla porta e guardava la baia attraverso la piccola finestra circolare, la quale d’altronde era tanto stretta da lasciar passare a malapena un gatto.

Udendo aprire la porta si volse e nello scorgere Cordoba non seppe frenare un gesto di stupore, mentre il suo volto manifestava un terrore che non poteva assolutamente celare, nè dominare.

— Mi conosci, canaglia!... — urlò Cordoba, avvicinandosi al cubano coi pugni alzati.

— Voi, signore!... — esclamò Del Monte, affettando una certa calma e provandosi a sorridere, senza però riuscirvi. — Sono ben lieto di vedervi qui; almeno voi farete capire a questi idrofobi marinai che io sono un galantuomo.

— Ah!... Lo sfrontato!... — gridò Cordoba, minacciandolo colle pugna. — Tu un galantuomo!...

— Avete forse da lamentarvi di me?... — chiese il cubano, che tentava di giuocare d’audacia.

— Miserabile!... Io ti appiccherò all’estremità del picco della randa!...

— Volete scherzare, signor Cordoba?...

— Ti dico che fra dieci minuti tu eseguirai il ballo della morte!... — urlò il tenente, che usciva dai gangheri. — Tu osi ancora dirmi se io voglio scherzare?... Traditore!...

Il cubano impallidì e parve che per un istante tutta la sua straordinaria audacia sfumasse, ma dopo alcuni istanti, riprese:

— Pare che voi abbiate da rimproverarmi qualche cosa, signor Cordoba. Vi prego di spiegarvi.

— Eh!... Eh!... — fece il tenente, al colmo della rabbia. — Mio caro signor Del Monte, anima dannata del capitano Pardo, finitela colla vostra commedia o perdo la pazienza e vi accoppo a pugni. Credete che io non sappia le vostre belle imprese?... [p. 174 modifica]Ditemi, mio caro signor Del Monte, quanto vi ha dato Pardo per tradirci?...

— Per tradirvi?...

Cordoba, impotente a frenarsi, furibondo per la sfrontatezza del traditore, allungò una mano ed afferratolo pel colletto lo sollevò di peso, scuotendolo come se fosse un semplice ragazzo.

— Canaglia!... — gli urlò agli orecchi. — Ti appiccherò fra due minuti!...

— Sia, — rispose il cubano, che era diventato terreo. — Ma Pardo appiccherà voi e farà fucilare la marchesa. Ora uccidetemi, se l’osate!...

Cordoba aveva lasciato ricadere il cubano. A sua volta era diventato pallido e guardava il traditore con inquietudine, cercando di leggergli negli occhi la verità di quelle parole:

— Pardo mi appiccherà!... Pardo farà fucilare la marchesa!... — esclamò. — Tu menti!... Pardo è lontano e la marchesa si trova ormai ai cayos di S. Felipe!...

— Pardo è vicino, — rispose il cubano.

— Dove?...

— Non lo so, ma vi dico che è vicino e che presto vendicherà la mia morte.

— Tu cerchi d’ingannarmi. —

Il cubano alzò le spalle.

— Dimmi tutto o ti faccio scorticare!... — disse Cordoba.

— Nulla ho da aggiungere.

— Tu mi nascondi qualche cosa.

— È probabile.

— Allora parla.

— Sì, — disse il cubano, con un sorriso. — Parlerò, se lo vorrete, ma ad una condizione.

— Quale?...

— Che voi mi fate grazia della vita.

— Credi che la tua confessione valga la grazia della tua pellaccia!...

— Si tratta del vostro Yucatan, signore.

— Fulmini!... Del mio Yucatan!...

— Corre un grave pericolo.

— Continua.

— Voi non mi avete promesso di lasciarmi vivere, signor Cordoba.

— Vivere sì, ma la libertà no.

— Sia pure: a me basta che non mi appicchiate, — disse il cubano, mentre un lampo di gioia gli balenava negli sguardi. — È inutile che vi dica che io era ai servigi di Pardo e che il tradimento era organizzato...

— Lascia il tradimento; parlami del pericolo che può correre il mio Yucatan, — lo interruppe Cordoba. [p. 175 modifica]

— Allora fate accendere subito i fuochi e preparate le armi, poichè le rive della baia sono guardate dagl’insorti. Quando voi cercherete di muovervi vi vedrete assalire.

— Ah!... Gl’insorti mi assaliranno!... Ebbene, li prenderemo a cannonate e sfonderemo le loro scialuppe. —

Il cubano alzò gli occhi guardando Cordoba quasi ironicamente, poi sbozzando un sorriso, disse:

— Eh!... Eh!... Le scialuppe?...

— Cosa vuoi dire, furfante?... — chiese il lupo di mare.

— Dico che non avrete da fare solamente con delle scialuppe, signor mio. —

Cordoba fece un passo indietro, urtando mastro Colon.

— E contro chi avrò da fare adunque? — chiese, con una certa apprensione.

— Pare che vi sia qualche cosa di più grosso d’una semplice imbarcazione.

— Per centomila diavoli dell’inferno!... — urlò Cordoba. — Getta fuori, furfante.

— Sapete che gl’insorti di Pardo hanno sorpresa ed assalita una cannoniera spagnola che si trovava ancorata nella baia della Guadiana?...

— Io non so un cavolo!...

— Allora ve lo dico io.

— E poi?...

— Quella cannoniera è stata già avvertita che l’Yucatan è qui.

— E verrà a prendere parte alla battaglia?...

— Sono certo che avrete da fare con quel legno.

— Non l’ho ancora veduta.

— Verrà al momento opportuno, signor Cordoba.

— Morte e sangue!... Vogliono misurarsi coll’Yucatan?... Ebbene, avranno il loro conto!

— Badate!... Quella cannoniera deve avere quattro pezzi grossi ed un cannone da 75 millimetri a tiro rapido.

— Fulmini!... — esclamò Cordoba, aggrottando la fronte. — Chi ti ha detto ciò?...

— Il capitano Pardo, — rispose il cubano.

— E quella cannoniera verrà qui?...

— Vi chiuderà il passo all’uscita dell’ensenada.

— Ah!... Lo si vedrà!... —

In quell’istante un marinaio entrò, dicendo:

— Signor tenente, abbiamo la massima pressione.

— Dà ordine che si salpino le ancore e che si smascherino il nostro pezzo della torretta ed i due hotchkiss.

Poi volgendosi verso Colon, continuò:

— Vieni, vecchio mio; noi usciremo da questa baia, dovessimo misurarci colla Jowa, che si dice sia la più grande corazzata degli Stati Uniti. [p. 176 modifica]

— Signor Cordoba!...

— Cosa vuoi? — chiese il lupo di mare, volgendosi verso il cubano.

— Ho la vostra parola, è vero?...

— Il diavolo ti porti! Meriteresti la tortura invece della corda, furfante. —

Ciò detto uscì col mastro, sbattendo furiosamente l’uscio della cabina.