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La capitana del Yucatan/6. Un brindisi che salva la vita

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6. Un brindisi che salva la vita

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CAPITOLO VI.


Un brindisi che salva la vita.


Il cuoco di bordo aveva eseguito puntualmente gli ordini ricevuti da Cordoba.

La tavola era stata preparata con molto lusso e con molto buon gusto. Piatti d’argento, posate d’oro, cristalleria di Boemia, alzate di dolci e di frutta sormontate da piramidi di fiori che sembravano appena raccolti in un giardino, manicaretti squisiti che tramandavano profumi appetitosi e bottiglie di xeres, di champagne, di wiskey e di malaga autentica coprivano la candida tovaglia di fiandra, ornata di leggieri pizzi.

La marchesa, che conservava una tranquillità tale da [p. 48 modifica]meravigliare non solo Cordoba ma anche tutti i marinai di quarto, i quali la guardavano con occhi stupiti, si sedette invitando il compagno a fare altrettanto e cominciò a mangiare col miglior appetito, senza occuparsi del monitor che s’avanzava rapidamente, vomitando dalle ciminiere torrenti di fumo.

— Orsù amico, — disse la marchesa, vedendo che Cordoba, invece di mettersi a lavorare di denti, teneva gli occhi fissi, con una viva inquietudine, sulla nave da guerra. — Assaggia un po’ di questa zuppa di pesce: ti dico che è veramente squisita.

— La zuppa!... Il pesce!... — disse il lupo di mare. — Guardo quel dannato squalo che pare abbia una voglia pazza di mandarci all’aria la tavola con un obice, donna Dolores.

— Non l’oserà, Cordoba.

— Donna Dolores, voi mi fate uscire dai gangheri?...

— E perchè, amico mio?...

— E me lo chiedete? Per centomila pesci cani! Io mi domando se è vero che noi ci troviamo seduti dinanzi a questa tavola o se sogno!

— Forse che gli altri giorni non fai colazione?

— Ed il monitor?

— Lascialo correre.

— Non è che a un miglio.

— Lo vedo, — rispose la marchesa, versandosi un bicchiere di xeres e bagnando le sue labbra coralline nel liquido squisito. — Assaggia, Cordoba; è delizioso questo vino di Spagna. Ti metterà in buon umore, credilo.

— Mille balene! — esclamò il lupo di mare, riempiendosi il bicchiere e vuotandolo d’un colpo solo. — È meglio che beva o voi mi farete perdere la testa. Succeda quello che si vuole, vi tengo compagnia donna Dolores.

— Benissimo, Cordoba, — rispose la marchesa. — Affrettati, o ti mancherà il tempo. —

Il lupo di mare stava assalendo un pezzo di tonno, quando sulla prora del monitor si vide balenare un getto di fuoco, poi rimbombò un colpo di cannone.

— Te lo avevo detto che ti sarebbe mancato il tempo, — disse la marchesa, con accento leggermente ironico, mentre Cordoba si alzava precipitosamente, lasciando cadere il boccone. — Un colpo in bianco, è vero amico?

— Sì, donna Dolores. Ci invitano a mostrare la nostra bandiera ed a metterci in panna.

— Ebbene fa alzare sul corno il vessillo messicano. —

La marchesa vuotò flemmaticamente il suo bicchiere di xeres, poi si alzò e si accostò alla murata, guardando il monitor con una certa curiosità.

Il vascello da guerra si era arrestato a cinquecento metri dall’yacht, in modo da minacciarlo coi suoi cannoni di babordo. Il [p. 49 modifica] [p. 51 modifica]fumo della prima cannonata, sparata a sola polvere, ondeggiava ancora sulla prora, disperdendosi lentamente.

Sul ponte di comando si vedeva il capitano in alta tenuta circondato dal suo Stato Maggiore, ed in piedi sulle murate e nelle coffe corazzate dei due alberi parecchi marinai, mentre altri parevano occupati a preparare una scialuppa per poi calarla in mare.

Cordoba, fatta spiegare la bandiera messicana sul picco della randa di maestra e imbrogliare le due rande, aveva raggiunta la marchesa.

— Fra poco gli yankees saranno qui, — le disse, con apprensione.

— Li riceveremo gentilmente, — rispose la marchesa.

— Badate a quello che fate, donna Dolores. Giuochiamo una terribile carta.

— È a posto mastro Colon?

— Sì.

— Allora tutto è pronto.

— Per farci saltare tutti?

— Senza fretta però, amico mio. Se dovremo saltare, lo faremo quando saremo addosso al monitor. Andarcene all’altro mondo soli no, amico Cordoba; ci andremo cogli yankees per scorta.

— Era quello che volevo dirvi.

— Lo faremo, sta’ tranquillo. Ah! Vengono!

Una baleniera era stata calata a babordo del vascello da guerra, armata da una mitragliatrice e venti uomini, comandati da un tenente, vi avevano preso posto.

Dieci si disposero ai remi, gli altri invece, che erano armati di fucili, si raggrupparono a prora, attorno alla mitragliatrice.

La marchesa si volse verso gli uomini di quarto che si erano raccolti dietro di lei e disse:

— Mostratevi tranquilli, ed io rispondo della nostra salvezza.

— Siamo pronti a tutto, — risposero i marinai.

— Sono chiusi i boccaporti?

— Tutti.

— Va bene.

La baleniera si avvicinava rapida, sotto i vigorosi colpi di remo dei dieci marinai. In meno di cinque minuti attraversò la distanza e giunse sotto la scaletta di tribordo che Cordoba aveva fatto abbassare.

Sei marinai armati balzarono prontamente sulla piattaforma legando la baleniera, poi salirono la scala e comparvero sulla tolda dell’yacht dicendo:

— Che nessuno si muova. —

Il tenente di vascello li aveva seguiti, tenendo in pugno la spada.

Era un uomo sui trentacinque anni, alto, biondo e roseo come lo sono quasi tutti quelli di razza anglo-sassone, con una barba tagliata alla nazzarena e due occhi grigiastri e penetranti. [p. 52 modifica]

La marchesa gli era mossa incontro con aria altera e le ciglia aggrottate, come una persona che si mostra incollerita di venire importunata, e dicendogli con voce un po’ acre:

— Ebbene, cosa si vuole da me, signor tenente? —

L’ufficiale, vedendo quella splendida donna, mentre credeva forse di trovarsi dinanzi a qualche ruvido lupo di mare di cattivo umore e forse pronto alla resistenza, si era arrestato, guardandola con stupore.

Rimase per alcuni istanti immobile, come imbarazzato sotto lo sguardo altero e ardito della gentildonna, poi abbassò lentamente la spada, dicendo con aria impacciata:

— Perdonate, signora...

Cordoba si era fatto innanzi. Salutò gentilmente l’ufficiale, poi disse:

— Permettete, signor tenente, che vi presenti la duchessa Mary di Castildiaz, suddita messicana, proprietaria di questo yacht.

L’ufficiale s’inchinò correttamente, poi ringuainò la spada, dicendo con galanteria:

— Ben felice, di aver avuta la fortuna di conoscere la più bella donna che io abbia veduto finora. Signora duchessa, i miei omaggi.

— Grazie, signore, ma non mi avete ancora detto lo scopo della vostra intimazione, un po’ brutale, nè della vostra visita.

— Perdonate, duchessa, siamo in tempo di guerra.

— Sono messicana, signore — rispose la marchesa con alterigia. — Che io sappia, non è scoppiata la guerra fra il Messico e gli Stati Uniti.

— È vero, signora, anzi i due governi sono in perfetto accordo, però voi navigate in acque sospette.

— Volete dire, signore?

— Che Cuba non è lontana e che il commodoro Sampson ha dichiarato il blocco dell’isola.

— La mia rotta non è Cuba.

— Dove andate, adunque?

— Mi reco alla Giamaica a visitare le mie possessioni.

— E venite, signora?

— Da Vera-Cruz.

— Non porterete, spero, nessun contrabbando di guerra.

— Eh, signore!... — esclamò la marchesa, aggrottando la fronte e con accento offeso. — La duchessa di Castildiaz non ha mai fatto la contrabbandiera.

— Scusate, signora — disse l’ufficiale, arrossendo. — Non ho avuto alcuna intenzione di offendere una così bella dama. D’altronde per la patria o per simpatia verso una potenza amica, si può diventare anche contrabbandieri, a scopo patriottico.

— È vero, signore; devo però dirvi che io detesto gli spagnoli.

— Voi, che siete messicana!... [p. 53 modifica]

— Sono oriunda inglese, signore o meglio americana e se non avessi sposato il duca di Castildiaz sarei ancora la baronessa Mary d’Hartford.

— Ah!... Ora comprendo perchè non condividete, coi messicani, le simpatie per la Spagna. Signora, perdonate se abbiamo interrotto il vostro viaggio.

— Come, ve ne andate di già?...

— Siamo di crociera.

— E non visitate il mio yacht?....

— È inutile, signora duchessa.

— Signor tenente, io ed il capitano Bob Harris stavamo facendo colazione, come bene vedete. Se non posso trattenervi, abbiate almeno la cortesia di vuotare un bicchiere di champagne.

— Se si tratta di brindare ai vostri begli occhi, non rifiuterò.

— Come vi piace ed io brinderò pel trionfo della squadra americana, — disse la marchesa, ridendo.

Cordoba aveva fatto saltare il turacciolo d’una bottiglia ed aveva riempiti i bicchieri, mentre due marinai offrivano agli uomini della baleniera dei bicchieri di wiskey.

— Alla vostra salute, signora duchessa — disse il tenente, alzando il bicchiere, entro il quale spumeggiava lo champagne.

— Al trionfo della flotta americana, al commodoro Sampson ed alla libertà di Cuba — rispose la marchesa, toccando.

— Grazie, accetto l’augurio, signora.

Il tenente vuotò la tazza, salutò militarmente, strinse la mano alla marchesa che lo guardava sorridendo, poi si volse ai suoi uomini, dicendo:

— A bordo!... —

Stava per scendere la scaletta onde imbarcarsi, quando un improvviso pensiero parve che lo avesse colpito. Fece cenno ai suoi marinai d’arrestarsi, poi tornò rapidamente indietro, risalendo sulla tolda.

La marchesa, vedendolo fare quel brusco fronte indietro, non ostante il suo coraggio straordinario, impallidì leggermente. Cordoba invece aveva dato uno sguardo verso poppa come se già vedesse scatenarsi un uragano di fuoco e di rottami.

Cosa voleva significare quel brusco ritorno? Un sospetto aveva forse attraversato il cervello del tenente, quando ormai tutto l’equipaggio dell’yacht cominciava a respirare liberamente e la marchesa si teneva sicura di aver giuocato quegli odiati e pericolosi nemici?...

— Desiderate, signore?... — gli chiese la valorosa donna, movendogli incontro e forzandosi a mostrarsi tranquilla e sorridente. — Volete fare un brindisi ancora?...

— No, signora duchessa, — rispose il tenente. — Volevo farvi una domanda.

— Parlate. [p. 54 modifica]

— Voi venite da Vera-Cruz, mi avete detto.

— Sì, tenente.

— Avete costeggiato l’Yucatan?...

— Sì, è vero, capitano Bob?...

— Sì signore, — rispose Cordoba che cominciava a rinfrancarsi, avendo ormai indovinato lo scopo di quella domanda.

— Per caso avete incontrato un piccolo legno a vapore, d’un tonnellaggio forse eguale al vostro yacht?....

— Sì, signore — rispose Cordoba. — Era un vapore a due alberi, senza pennoni sul maestro e sul trinchetto, armato d’un cannone e di due hotchkiss.

— Sì, d’un pezzo da dieci centimetri e di due cannoni revolvers.

— Lo abbiamo incontrato ieri sera, verso il tramonto. Un bel legno da corsa, signore!... Doveva filare ventidue o ventiquattro nodi all’ora.

— È vero, un velocissimo legno — disse il tenente, la cui fronte si annuvolava. — Dove l’avete incontrato?

— A quaranta miglia dalle Jolbos.

— Quale era la sua rotta?...

— Andava verso il nord-est.

— Avete potuto rilevare il suo nome?...

— Sì, — rispose Cordoba. — Col cannocchiale ho potuto leggere il suo nome.

— E si chiamava?...

— L’Yucatan.

— Mille tuoni!... Era lui!...

— Chi lui, se è permesso saperlo? — chiese la marchesa.

— Un piccolo incrociatore carico di fucili e di munizioni per la guarnigione spagnola di Avana e che da due giorni cerchiamo di catturare — disse il tenente, con sorda rabbia.

— Eh, signore!... — esclamò Cordoba. — Credo che ormai sia tanto lontano da farvi perdere la speranza di prenderlo. Non credo che il vostro monitor possa competere con quel velocissimo legno.

— Però forse sappiamo dove sbarcherà le armi.

— Ah!... — fe’ la marchesa, trasalendo e scambiando con Cordoba un rapido sguardo.

— Se deve scaricare sulle coste occidentali di Cuba, giungerete troppo tardi, signore, — disse il lupo di mare che aveva compreso il significato di quello sguardo.

— Credete che a quest’ora abbia potuto giungere al capo Sant’Antonio?

— È là che dovrà sbarcare le armi? — chiese la marchesa.

— In quei paraggi, — rispose il tenente incautamente.

— Abbiamo la Cushing in quelle acque, — disse il tenente, come parlando fra sè. — Grazie, signora, delle vostre informazioni e vi auguro buon viaggio. [p. 55 modifica]

— Buona fortuna alle armi americane — rispose la marchesa.

Il tenente fece cenno ai suoi uomini di seguirlo, scese nella baleniera, salutò un’ultima volta la marchesa che si era curvata sulle murate e diede il comando di prendere il largo.

La marchesa attese che la rapida scialuppa si fosse allontanata, poi volgendosi verso Cordoba ed incrociando le braccia, gli chiese con aria canzonatoria:

— Cosa dici di tutto ciò, mio bravo lupo di mare?...

— Io dico che siete un diavolo in gonnella, — rispose Cordoba.

— Ti sei divertito?...

— Tanto che mi pare di avere indosso la febbre; eppure sento una voglia pazza di scoppiare dalle risa. Donna Dolores, io credo che non esista al mondo una commediante più abile di voi, nè una donna che possa, per audacia, eguagliarvi.

— Sei contento, mio lupo?...

— Con voi andrei anche all’inferno, sicuro di tornarmene indietro senza malanni.

— Credi che riuscirei ad ingannare anche messer Belzebù? — chiese la marchesa, scoppiando in una risata.

— Ne sono convinto ed al pari di me lo sono i nostri marinai; è vero giovanotti?...

— Sì, signora marchesa — risposero gli uomini di quarto che si trovavano presso di loro.

— Siete anche voi contenti del felice scioglimento di questa pericolosa visita?

— Potete crederlo, quantunque noi fossimo già pronti a saltare in aria — disse un mastro-timoniere. — Con simile Capitana noi opereremo miracoli, signora marchesa.

— Siamo pronti a seguirvi anche in mezzo alla flotta dell’ammiraglio Sampson — aggiunse un giovane colosso dalla pelle assai abbronzata.

— Vedremo più tardi se sarà il caso di tentare un buon colpo di testa — rispose la marchesa. — Orsù, miei bravi, spiegate le vele e andiamocene.

In quel momento il monitor, raccolta la baleniera, aveva riprese le mosse, mettendo la prora verso il nord-est. Il suo comandante, informato dal tenente che l’yacht carico d’armi e di munizioni era stato veduto in quella direzione, aveva certamente dato ordine di rimettersi in caccia, sperando di poter ancora giungere in tempo di catturarlo prima che sbarcasse il carico.

Il magnifico vascello da guerra passò a trecento metri dall’Yucatan, ammainando tre volte la bandiera americana in segno di cortese saluto, poi passò oltre filando a tutto vapore e lasciandosi dietro una lunga scia biancheggiante.

— Va’, corri sulle tracce del Yucatan — disse la marchesa, con ironia. — Lo troverai presto.

— Faremo fare, a quei piratacci, un viaggio di piacere verso [p. 56 modifica]il nord, — disse Cordoba. — Se sapessero di essere stati così bene corbellati, che scoppio di rabbia!...

— Non siamo però ancora a Cuba, amico mio. Hai udito che verso il capo Sant’Antonio incrocia la Cushing?...

— Sì, donna Dolores.

— Conosci quella nave?

— Molto bene e aggiungerò che avremo un avversario temibile se la cattiva stella ce lo facesse incontrare.

— È qualche potente incrociatore?

— No, una torpediniera d’altomare lunga quarantadue metri, armata d’un cannone di 120 millimetri e di alcuni pezzi a tiro rapido e che fila ventidue o ventiquattro nodi all’ora.

— Quella la faremo correre, Cordoba. Tu sai che a tiraggio forzato possiamo toccare anche i ventisei nodi.

— Riaccenderemo le macchine?

— Questa sera. Non distiamo che centocinquanta miglia dal capo Sant’Antonio, è vero?

— Circa, donna Dolores.

— Dal capo alla baia di Corrientes Guadiana ve ne sono ancora?...

— Una quarantina.

— Domani mattina, prima dell’alba, possiamo quindi esservi.

— Sì, se non facciamo cattivi incontri.

— Sono decisa a far parlare il cannone, Cordoba.

— Il consiglio è buono, donna Dolores. Ora che sappiamo di non aver dinanzi nè monitor, nè corazzate, nè incrociatori, possiamo dare battaglia alla Cushing, se le viene voglia di sbarrarci il passo. Mastro Colon è un artigliere d’una precisione matematica.

— Sta bene: a questa sera, Cordoba. —

L’yacht si era rimesso alla vela e quantunque il vento fosse piuttosto debole, s’avanzava nel largo canale del Yucatan con una velocità di cinque a sei nodi all’ora.

Già con un cannocchiale si distinguevano benissimo le montagne di Cuba, le quali si disegnavano nettamente verso l’est, ma prima di poter rilevare il capo Sant’Antonio, che forma l’estremità della provincia di Pinar del Rio, dovevano trascorrere parecchie ore, essendo piuttosto basso.

Il mare, dopo la scomparsa del monitor, era ridiventato deserto. Nessuna vela si scorgeva all’orizzonte e nessun pennacchio di fumo annunciante la presenza di una nave a vapore.

Verso il mezzodì una calma quasi assoluta tenne l’yacht immobile, facendogli anzi perdere via in causa della grande corrente del golfo, che come fu detto, corre verso la costa del Messico; però verso le quattro una leggera brezza si alzò da terra, spingendolo verso Cuba con una velocità di sei nodi all’ora.

Alla sera, dopo il tramonto del sole, le vele furono ammainate, gli alberi riabbassati, le manovre levate e fu invece accesa [p. 57 modifica]la macchina per passare a tutta velocità, l’ultimo tratto del canale e forzare il blocco.

Le torrette furono pure sollevate e le artiglierie ricollocate a posto, onde essere pronti alla lotta nel caso, molto probabile, che dovessero incontrare la torpediniera americana.

Alle dieci l’Yucatan correva a tutto vapore verso la costa cubana, la quale non doveva ormai distare più di quaranta o di cinquanta miglia. La marchesa e Cordoba si erano messi al timone, mentre l’intero equipaggio era salito in coperta, armato di fucili. Il pezzo di prora e i due cannoni-revolvers erano già stati caricati per essere pronti a rispondere al primo attacco.

Alle 1 del mattino, poco dopo la scomparsa della luna, nascostasi dietro una fosca massa di vapori che s’alzava dal nord, l’yacht giungeva dinanzi al capo Sant’Antonio di Cuba.

Cordoba, che stava accanto alla marchesa, aveva già dato ordine di virare, quando a prora si udì mastro Colon a gridare:

— Ohe!... Attenzione!... Vi è qualcuno che ci piomba addosso!... —