La secchia rapita (1930)/Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita/Canto quarto

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Canto quarto

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Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto terzo Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto quinto
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CANTO QUARTO

S. 2, v. 6: La «montiera» è un cappelletto alla spagnola da portare in casa, che usavano anche gli antichi; onde Svetonio in Augusto: Domi quoque non nisi petasatus sub dio spatiabatur. Augusto per rispetto de’ crepuscoli non passeggiava in casa allo scoperto senza la montiera.

S. 3, v. 1: Chiama seme de’ latini i modanesi, perché Modana era stata colonia de’ romani. [p. 243 modifica]

S. 3, v. 4: Gli scrittori antichi mettono il Lavino fiume nel territorio di Modana. Ma Carlo Magno, nella divisione che fece de’ confini d’Italia, divise col Panaro i confini di Modana e di Bologna, perché in quel tempo Modana era distrutta e spopolata e Bologna populatissima. Succederono poi Federico Barbarossa e Federico secondo, i quali avendo i bolognesi per difidenti e per nemici tenevano un presidio a Modana, e non lasciavano goder loro quel territorio in pace per le ragioni antiche.

S. 4, v. 1: È castello su la strada maestra ne’ confini de’ bolognesi, oggidí aperto.

S. 15, v. 1: Furono veramente i parmegiani aspri nemici di Federico secondo. Veggansi l’istorie.

S. 21, v. 8: La I è una canzone triviale che si canta in Lombardia; e cominciando dalle chiome dice:

     Le belle chiome c’ha la mia Rossina,
Rossina bella fa la li le lá:
Viva l’amore e chi morir mi fa:

e cosí va seguendo.

S. 28, v. 1: Il testo prima diceva: «Uccise d’un gran taglio Angel Rasello». Et era un ritratto cavato dal naturale d’un personaggio ora morto, che quadrava a puntino.

S. 39, v. 1: Avendo i Ferraresi cacciato Aldobrandino da Este per l’alterigia sua, s’elessero per signor Salinguerra Torelli, o Garamonti com’altri vogliono. Ma poco dopo Salinguerra fu anch’egli cacciato, e fu restituito il dominio ad Azio da Este figliuolo d’Aldobrandino. Vogliono nondimeno alcuni speculativi che qui il poeta alluda alla cacciata di qualche altro signor piú moderno. Salinguerra, secondo l’istorie del Biondo, fu aiutato da Ezzelino tiranno di Padova ad acquistare il dominio di Ferrara, perché era suo cognato e gli Estensi erano suoi nemici.

S. 40, v. 3: Questo è un contrasegno del marchese Fontanella conte di San Donnino, che soleva far quell’atto.

S. 61, v. 7: La famiglia Canossa era fino a quel tempo molto nobile e gli storici dicono che Guido Canossa fu veramente capo del popolo reggiano in quella guerra, e che, trasportato dall’impeto del cavallo e ferito, s’affogò in una fossa.

S. 64, v. 1: Questa potrebbe esser giudicata da qualcheduno invenzione del poeta per ischernire i reggiani; e non è cosí; [p. 244 modifica] perciò che veramente nell’archivio de’ signori Pii si trova una sentenza data in Rubiera l’anno 1255 alli 20 di febbraro, regnando Federico secondo imperatore, ed essendo suo vicario in Modana il signore Alberto Pio; e tal sentenza fu data dal dottore Andrea Canossa da Parma, giudice deputato da esso signore Alberto nella controversia che allora si disputava tra la comunitá di Reggio e quella di Modana, la quale per esser cosa lunga non la riporterò qui tutta, ma le parole e clausule solamente che contengono il punto di questo accidente. E sono quelle che seguono:

Christi nomine repetito, etc.

Dicimus, sententiamus et pronuntiamus et diffinimus, et index quietamus liberamus et absolutos, quietos et liberatos esse iubemus et condemnamus et ut arbiter arbitramur et sententiatum esse volumus et condemnamus ut infra, videlicet:

Dictos de Reggio, seu prædictam communitatem Reggii teneri et obligatos seu obligatam esse extrahere videlicet cothurnos, stivalia, soturales et crepidas, in signum honoris et reverentiæ debitæ et debendæ prædictis Mutinensibus, in itinere pedestri, equestri et navali, in quibuscumque domibus hospitiis et ad omnem quamcumque voluntatem prædictorum Mutinensium requirentium et petentium sibi calciamenta extrahi debere et stivalia cothurnos sotularia vel crepidas, sic extractas vel extracta purgare, mundare, lavare et eisdem et quibuscumque eorum, ut dominis suis eos vel ea presentare. Et ita pronunciamus omni meliori modo etc.

Præsentibus ambobus prædictis procuratoribus seu mandatariis D. D. Pietro de Nana et Francisco Regino etc.

Actum in Castro Herberiæ etc.

A questa scrittura precedono e seguono le solite clausole, le quali, come ho detto, per brevitá si tralasciano, bastandoci avere accennata qui la sostanza del fatto. Se poi tale scrittura sia cosa vera e reale o pur finta, me ne rimetto all’altrui giudicio, bastandomi aver significato che l’originale è in casa de’ signori Pii di Savoia, e che non è invenzione del poeta.

S. 65, v. 6: «A sesta», cioè a misura. Ma questa pur anco parrá ad alcuno invenzione del poeta contra i medesimi reggiani: e nondimeno nell’istorie del regno d’Italia sotto l’anno 1152 e in altri autori ancora, si legge ch’essendo in lega i modanesi co’ parmegiani ruppero l’esercito de’ reggiani e ne menarono a Parma un gran numero di prigioni; e che ’l giorno seguente, mostrando di volerli arder vivi, accesero in piazza un gran foco; [p. 245 modifica] poi trattili di prigione con una canna in mano per ciascheduno, che aveva in cima una banderola di carta, li facevano passare per certo luogo stretto, e nel passar che facevano davano a ciascheduno uno scappezzone o scappellotto su la nuca; e in cambio d’arderli facevano loro degli soffioni e ardevano loro la barba, e poi li mandavano via cosí svergognati e spauriti.

S. 66, v. 7: I reggiani oppongono ai modanesi che mirano la luna nel pozzo, perché veramente i modanesi hanno in costume, quando veggono un pozzo, di correr subito a mirarci dentro. E i modanesi oppongono ai reggiani che abbiano le teste quadre, perché realmente molti di loro non l’hanno né tonde né ovate, come anche si dice de’ genovesi che abbiano le teste acute, perché molti di loro l’hanno cosí. Però come questo è accidente di molti, non di tutti, il poeta finse che quelli solamente che patteggiati uscirono di Rubiera avessero le teste quadre, e che i medesimi soli fossero ubbligati a cavar gli stivali o le scarpe ai modanesi quando s’incontravano per viaggio. In ogni evento è da considerare che i capricci de’ poeti non fanno caso, e tanto piú de’ poeti burleschi, che hanno per fine loro il diletto e non la veritá; perché ben si sa che per altro li signori reggiani sono molto onorati.